~Capitolo 11~

Nel capitolo precedente...

Dawn e Scott si recano in ospedale per controllare la spalla del ragazzo e far visitare lei. La bionda, impaurita dal gesto impulsivo di lui, lo morde e gli confessa i suoi sentimenti. Più tardi i due si imbattono in Mina, un'enigmatica sconosciuta che aspetta un bambino e che sembra disperata. Mossi a compassione, i due decidono di portarla a casa e darle una mano.

***

Scott si chiuse la porta di casa alle spalle e Dawn fece segno alla sconosciuta di sedersi sul sofà prima di andare in cucina e ritornare con un bicchiere d'acqua, che le porse. La ragazza, che sembrava ancora più minuta e fragile con le spalle curve e lo sguardo basso, accettò il bicchiere ringraziandola e la bionda lanciò uno sguardo preoccupato al rosso. Era evidente che quella poverina non stesse bene e quando l'aveva vista ferma in cima alle scale, con una gamba alzata pronta per fare qualcosa di molto stupido, si era sentita gelare e aveva avvisato subito Scott. Il ragazzo l'aveva afferrata e tirata indietro e da allora le avevano sentito pronunciare solo qualche parola e solo per rispondere a domande, mai per aprire un dialogo. Sapevano che si chiamava Mina, non era di quelle parti, aveva diciotto anni compiuti da poco ed era, ovviamente, incinta. Non aveva dove andare quindi si erano offerti di ospitarla a casa loro, lei li aveva ringraziati quasi sussurrando e per tutto il tragitto fino a casa non aveva emesso un solo fiato.

«Allora, Mina» esclamò improvvisamente lei per spezzare quel pesante silenzio. Si sedette vicino alla ragazza e le accarezzò una spalla. «Sai già se è un maschietto o una femminuccia?» chiese, riferendosi al pancione.

La brunetta si fissò il ventre per qualche secondo prima di rivolgere lo sguardo verso di lei. «Maschio.»

Nonostante la poca reticenza nel parlare, Dawn non si diede per vinta e continuò. «Io non so ancora cos'è, è troppo presto per saperlo, però credo sia una bambina. Lo so, è sciocco, ma è come se dentro di me lo sapessi per certo, non so come spiegarlo però è così.»

Mina si limitò ad annuire e nulla di più, seguì un lungo minuto di silenzio e la bionda capì che non era il caso di continuare, era evidente che la ragazza non avesse voglia di parlare.

«So bene di cosa parli» disse poi, sorprendendola.

«Immagino. Comunque sarai molto stanca, se sei d'accordo ti mostro la tua stanza, così puoi riposarti un po'.»

Come un fantasma o un'ombra, la ragazza seguì Dawn fino al piano superiore, era così afflitta che le si spezzò il cuore e per un secondo si odiò perché sembrava incapace di aiutarla. Per la prima volta in vita sua non sapeva come agire o cosa dire, eppure di punti in comuni di cui discutere ne avevano parecchi.

«Ecco, questa è la stanza. C'è un piccolo bagno privato, così puoi farti una doccia in tutta tranquillità. Ti chiamerò più tardi per la cena, va bene?»

Mina annuì e Dawn ritornò di sotto con il morale a terra e la sensazione di essere più inutile di quanto credeva. Scott l'aspettava sul divano e quando vide la sua espressione si preoccupò.

«Che succede? Ha fatto qualcosa di strano?»

«No...» si accomodò accanto al ragazzo. «Solo che è così triste che mi fa male il cuore e io non posso fare nulla al riguardo, è la prima volta che non so cosa dire e non è per niente piacevole.»

«Dawn, le hai salvato la vita e l'hai portata qui, cosa che ammetto non mi fa molto piacere, cosa puoi fare di più? Ora sta a lei decidere cosa fare, se non è disposta ad aprirsi non puoi fare più di così.»

Annuì, sapendo perfettamente che lui aveva ragione, eppure nonostante quella consapevolezza non poteva fare a meno di sentire l'amaro in bocca, la sensazione che si poteva fare di più.

***

Mina si guardò intorno e gettò la tracolla sul letto . Quella casa cadeva a pezzi e la puzza di muffa faceva storcere il naso nonostante fosse evidente che tutto era stato pulito da poco. Eppure, per la prima volta dopo mesi, si sentiva al sicuro. Dopo che i suoi genitori, scoperta la gravidanza, l'avevano cacciata di casa si era rifugiata da Adam, il padre del bambino. Ma anche lui, passato qualche mese, l'aveva sbattuta fuori dicendole di non essere pronto per diventare padre e di non volerne sapere nulla. In quel momento le era caduto il mondo addosso, per un po' era stata da qualche amica ma non poteva approfittare della loro gentilezza per sempre e quando capiva che l'ospitalità si stava trasformando in risentimento, abbandonava anche quella casa. L'unica cosa che le erano rimaste erano le panchine e i rifugi per senzatetto, quindi aveva preso la decisione di partire e di chiedere aiuto all'unica altra figura di riferimento nella sua vita. Sua nonna paterna. Anche se non l'aveva mai vista né conosciuta. Suo padre non aveva mai avuto un bella opinione della donna che lo aveva messo al mondo e per questo non aveva mai parlato di lei, e se lo faceva non era di certo per elogiarla. Stessa cosa per sua zia, anche lei parlava della donna con odio e Mina non aveva mai capito come si potesse odiare così tanto la propria madre. Nonostante negli anni le avessero dipinto un quadro orrendo di sua nonna, le riusciva difficile credere a tutto quello che le avevano raccontato.

Tirò fuori dalla tasca dei pantaloni una vecchia foto rovinata, sullo sfondo c'erano una donna bionda che sorrideva in modo deciso e felice e due bambini piccoli che giocavano nel fango. Quella era l'unica foto che aveva di sua nonna. L'ultima persona in grado di aiutarla.

***

Dawn fissò con orgoglio la tavola piena di pietanze, tutto quello che era riuscita a trovare nel frigo, e alcune verdure che le aveva dato Caroline qualche giorno prima. Voleva che Mina si rimettesse in forze, un buon pasto aveva il potere di migliorare l'umore delle persone e lei sperava potesse accadere anche alla ragazza. I passi pesanti e strascicati di Scott la distrassero dall'ammirare la tavola e quando il ragazzo fece la sua entrata in cucina, lanciò uno sguardo prima alla tavola, reprimendo un'evidente lampo di sorpresa, e poi a lei; notò lo sguardo compiaciuto della ragazza e quando ne capì il motivo alzò gli occhi al cielo.

«Quanto disturbo per nulla, almeno è avanzato qualcosa per poterci nutrire nei prossimi giorni o hai già dato fondo alle nostre misere riserve?»

Dawn s'imbronciò a quella cinica domanda. «Non ho usato nulla se non quello che mi ha portato Caroline e le poche cose non andate a male che avevamo nel frigo.»

Il rosso si limitò ad annuire mentre si sedeva a tavola. «Continuo a pensare che tutto questo disturbo per una sconosciuta sia del tutto inutile, soprattutto se non apre la bocca nemmeno per ringraziare».

«Non possiamo sapere ciò che le è accaduto e il perché del suo mutismo, quindi non essere così duro».

Scott aprì bocca per risponderle con tutta l'acidità di cui era capace, ma dei passi sulle scale non glielo permisero. Decise che le avrebbe detto esattamente ciò che pensava dopo cena, quando sarebbero rimasti da soli. La nuova e muta coinquilina prese posto a tavola senza emettere un solo fiato, fissava come ipnotizzata il piatto vuoto accanto a sé e il rosso non poté evitare di sentire l'irritazione salire dentro di lui. Proprio quando sentiva di star per esplodere Dawn poggiò, con pochissima grazia, la pentola con lo stufato sulla tavola e tutti sobbalzarono. Scott capì subito che lo aveva fatto con l'intenzione di distrarlo da Mina e dal vulcano di rabbia che avrebbe voluto far eruttare, capito l'antifona preferì stare zitto per semplice quieto vivere, altrimenti avrebbe dovuto sorbirsi la sua vocina fastidiosa che lo rimproverava per tutta la sera e non era affatto dell'umore adatto a sopportarlo.

Mangiarono in un silenzio interrotto solo dalla voce di Dawn che chiedeva alla brunetta se la cena era di suo gradimento e se si trovava bene nella camera che le aveva dato. La sconosciuta, ovviamente, si limitò solo ad annuire mentre prendeva piccoli bocconi di stufato e li trangugiava quasi a fatica, come se si stesse costringendo a mangiare più per dovere che per fame e di certo non era colpa del sapore perché uno dei pochi pregi di Dawn era quello di essere brava in cucina tanto quanto lo era a rompergli le scatole. Finirono di cenare e la biondina si affrettò a ripulire la tavola per poter lavare i piatti prima di andare a letto, solo in quell'istante, dopo ore di silenzio, il rosso poté sentire la voce di quell'enigmatica ragazzina.

«Grazie» soffiò quasi impercettibilmente, un sospiro così lieve che Scott si piegò verso di lei senza nemmeno accorgersene. «Vi ringrazio per avermi ospitata nonostante io sia praticamente una sconosciuta».

Lui e Dawn si fissarono sorpresi, non si erano aspettati che facesse cadere così improvvisamente il muro di silenzio dietro il quale si era recintata. La bionda lasciò cadere i piatti nel lavandino, e a giudicare dal rumore Scott capì che uno si era probabilmente rotto, e riprese posto a tavola.

«Non devi ringraziarci, lo abbiamo fatto molto volentieri. Vero, Scott?»

«Sì, noi adoriamo ospitare in casa perfetti sconosciuti». Il calcio che Dawn gli diede gli fece capire che non aveva colto né capito il suo esilarante sarcasmo.

«Ti va di raccontarci cosa ti è successo?» si azzardò a chiederle Dawn e i due rimasero ancora più stupiti quando Mina annuì.

«I miei mi hanno cacciata di casa quando hanno scoperto che ero incinta e anche il padre del bambino non ne vuole sapere nulla, così sono venuta qui per cercare mia nonna. Non l'ho mai conosciuta, ma è l'ultima persona che potrebbe aiutarmi, non so a chi altro rivolgermi».

Lacrime di disperazione brillarono negli occhi della ragazza e Scott pregò che non osasse mettersi a piangere con lui presente, odiava le lacrime e non sapeva come comportarsi.

«Chi è tua nonna?» chiese per distrarla e cambiare discorso.

«Non so come si chiama, ho solo una sua foto».

La ragazza tirò fuori dalla tasca dei pantaloni una foto ormai rovinata e gliela passò, quando gli occhi del ragazzo si posarono sulle persone che sorridevano felici all'obbiettivo il fiato gli si fermò in gola.

«Ma... Questa è Caroline!»

Dawn sgranò gli occhi scioccata e si affrettò a prendere la foto dalle mani di Scott, la donna ritratta era sicuramente Caroline, con venti anni in meno ma era inequivocabilmente lei.

«Sei davvero la nipote di Caroline?» le chiese anche lei.

La ragazza alzò le spalle. «Non lo so, me lo state dicendo voi. Io non so come si chiami quella donna, so solo che è la madre di mio padre».

«E come mai non l'hai mai incontrata? Tuo padre non ti ha mai nemmeno parlato di lei?» Dawn le ridiede la foto.

«Lui... Ecco, sia lui che mia zia non sono in buoni rapporti con lei, la odiano e le poche volte che hanno accennato a lei non era di certo per lodarla».

Scott si lasciò sfuggire una risatina amara, loro si permettevano di odiarla senza mai capire tutti i sacrifici che la donna aveva fatto per quei figli ingrati. Quante volte l'aveva sorpresa a piangere mentre stringeva al petto la foto di quei mostri che aveva messo al mondo? Troppe e lui le ricordava tutte molto chiaramente.

«Bene, abbiamo risolto il mistero di tua nonna. Domani ti porteremo da lei, sei fortunata che sia Caroline la donna che stavi cercando, abbaia un po' ma è fin troppo buona e ti accoglierà a braccia aperte» le disse e la vide rilassare le spalle, come se quelle parole l'avessero sollevata da un grande peso e ora si sentisse libera. Il ragazzo si alzò e lasciò le due a parlare in cucina mentre si dirigeva in salotto per stendersi sul divano. Non riusciva a credere di aver in casa sua la nipote di quella strega, a stento riusciva a credere che l'avesse una nipote! Ed era sicuro che la donna sarebbe stata felicissima di conoscerla e prendersi cura di lei. 

***

— ANGOLINO DI EVELYN —

Ebbene sì, sono tornata e non sono morta. No, nemmeno questa storia è morta, fortunatamente...
È stato difficile riscrivere di Dawn e Scott dopo tanto tempo e so anche che il capitolo non è affatto perfetto, ma spero che chi ha atteso questi due fino ad ora possa apprezzarlo ugualmente, anche se la parte più “succosa” si troverà nel prossimo capitolo e io non vedo l'ora di sapere cosa ne penserete!!!
Se avete aspettato questa storia fino ad ora vi ringrazio, davvero, e spero di non deludervi, datemi solo il tempo di riprendere la mano!

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