Mamma diceva...
Mamma diceva che ero una bambina pura e curiosa, e che un giorno avrei visto tante cose, come lei.
Aggiungeva: ogni cosa a suo tempo.
Mamma amava vedermi sorriderle. Diceva di volermi proteggere.
Mamma diceva che prima o poi sarei cresciuta, ma non sempre sarebbe stato possibile tenermi al sicuro dai mostri là fuori.
Mi proponeva di salvarmi in tempo, mi teneva stretta tra le sue braccia e diceva di volermi fuori dal caos.
Mamma mi indicava le nubi che popolavano il cielo là fuori, ma a me intrigava l'idea di poterle scacciare via.
Mamma diceva che sognavo troppo.
Io crescevo. Mamma chiedeva cosa volessi diventare.
Il mondo nelle sue tenebre mi sussurrava meraviglie, e a mamma presentavo la mia creatività. Lei sospirava.
Chiedeva di darle ascolto, sosteneva fosse una bugia tutto ciò che la mia mente sentisse.
Mamma diceva di aver visto la guerra là fuori, e mi chiedeva di concentrarmi in altro.
Ma i miei occhi dipingevano i sogni che mi coccolavano e mi chiedevano di divenire realtà.
Allora disegnavo, suonavo, e poi scrivevo.
Mamma era però convinta che non fossi all'altezza.
Ma lei mi aveva insegnato anche a combattere, e io continuavo a sognare per dimostrarle che ero in grado di fare tutto.
I miei occhi supplicavano di vedere, di uscire da quella tana di braccia materne, ma mamma mi teneva stretta a lei. Coltivaii le mie passioni annegando nella sua preoccupazione. Scrissi delle nubi che mi indicava. Poi colorai la sua preoccupazione di nero.
Mamma diceva di cambiare.
Mamma diceva che così non andavo bene.
Mamma diceva che era inutile perdere tempo in cose irrealizzabili.
Mamma diceva di pensare a un futuro normale. Ma io mi annoiavo al solo pensiero.
Preferivo la sofferenza a una serenità diffusa.
Mamma si chiedeva quando avrei capito, ma giorno dopo giorno perdeva le speranze.
C'era la mia testa a darmi coraggio.
Mamma diceva che ero troppo testarda, e che non mi fidavo di nessuno, se non di me. Allo stesso tempo mi convinse della mia ingenuità: crescendo nella sua gabbia di amore e protezione non ero riuscita a costruirmi relazioni. Di conseguenza, mi sarei venduta al primo che fosse arrivato... per egoismo.
Mamma diceva che la gente fa sempre male, e che io ero ancora in tempo per salvare la mia purezza.
Ma mamma mi soffocava tra le sue braccia. Io volevo respirare, volevo conoscere.
Mamma però davanti a questa reazione diceva che non pensavo a nessuno se non a me.
Mamma mi dava dell'egoista, diceva fossi troppo viziata.
A lei... non ci pensavo? No?
Mamma mi dava dell'insensibile.
Mamma diceva che non le facevo altro che male.
Diceva che le avevo tolto un senso d'esistere.
Mamma diceva che non avrei potuto capire però, perché non avevo un cuore. Io non ero in grado di amare nessuno se non me stessa.
Mamma non si stupiva della mia solitudine. Chiunque sarebbe fuggito da me.
Intanto la mia testa mi sussurrava fosse giusto così. Da sola potevo farcela, potevo dimostrare a tutti di essere la migliore.
Ma mamma rideva fuori e dentro piangeva: non riusciva a salvarmi.
Mamma diceva che stavo mandando la mia vita a puttane.
Mamma urlava che fossi pazza, folle. Mi dava dell'illusa. Mi dava dell'egocentrica.
Diceva che sarei tornata da lei in lacrime. Mi sarei pentita.
Ma non potevo ancora capirlo.
Mamma minacciava di privarmi di ciò che mi permetteva di esprimere i miei desideri.
Mamma mi vietava di guardare ciò che secondo lei m'annegava nell'illusione.
Ma lentamente, tutto questo diventava per me un'ancora, una salvezza, l'unico mezzo per costruire la mia felicità, il resto lo avevo sacrificato e avrei continuato a sacrificarlo.
Non avrei rinunciato alla mia unica possibilità.
Mamma diceva che avevo tempo. Mi supplicava di cambiare.
Ma la normalità continuava ad annoiarmi.
La mia mente mi urlava diversità: nella sofferenza avrei trovato salvezza.
A mamma non avrei dato ascolto.
Lei mi dava della stupida.
Mamma diceva che mi sarei pentita come lei si era pentita della mia nascita.
Mamma diceva che le avevo solo rovinato la vita.
Mamma diceva che rovinavo la vita a tutti.
Mamma diceva che nessuno avrebbe dovuto osare più affezionarsi a me.
Voleva proteggere tutti dalla mia fame. La gente era mostruosa, ma io in confronto ero il diavolo.
Non avrebbe faticato tanto dopotutto: da me fuggivano in massa.
Però mamma ancora sognava un mio cambiamento. Mamma voleva la mia serenità.
Sapeva di avere fallito, ma continuava a tenermi stretta a lei, ora per proteggere il mondo là fuori, e per tentare un ultima volta di rimediare.
Io continuavo ad annegare nella sua prigionia e scrivevo della libertà di cui poco sapevo.
Cercavo di sognare e di conoscere in quel poco che avevo. Più desideravo di salire in alto più io cadevo.
Arrivai a temere le mie capacità per il buio che creavano attorno a me.
A questo mamma allora mi dava della codarda.
Mamma mi dava della debole.
Diceva di non temermi. Voleva affrontare la merda che ero diventata.
Mamma voleva dimostrarmi quanto fossi sbagliata.
Mamma voleva dimostrarmi quanti pregi deformi avevo dipinto su di me.
Voleva dimostrarmi finalmente che non ero all'altezza.
Non ero abbastanza.
Solo un puntino insignificante come gli altri.
E mamma oggi ha vinto la battaglia. Ora mi ritrovo a barcollare in questo interminabile limbo.
Mamma diceva che col tempo sarei cresciuta, ma prima o poi sarebbe stato troppo tardi per tenermi al sicuro dal mostro che cresce qua dentro.
Ho scelto io questo destino.
Cosa può mai salvarmi?
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