Mr. Bombetta
Questa è la storia di come tutto è iniziato.
L'inizio della fine di un'epoca d'oro. Un'epoca che mai tornerà. La distruzione di un mondo e di una normalità che consideravamo banale e scontata, senza renderci conto di quel che avevamo.
Quel pomeriggio, come al solito, stavo rincasando dal lavoro. Piccole e rapide falcate, con il mio solito passo da fenicottero. I miei capelli rossi svolazzavano nella brezza artificiale scelta dal Programma per quel giorno.
Dopo un breve tragitto, come sempre un pochino annoiata e infastidita dal contatto con l'umanità, ero discesa nel tunnel che portava alla mia fermata della metropolitan airbus conpany per prendere il convoglio intergalattico 45LCN1.
Appena arrivata mi ero messa in coda davanti alla postazione blu di validazione ticket. Quando venne il mio turno aprii la bocca come al solito. Il sensore di genoma del congegno prelevò un campione di saliva.
"Maledetti vecchi catorci di Stato" pensai "ci mettono decisamente troppi nanosecondi per riconoscere la sequenza del DNA e aprire il gate".
Detestavo le tecnologie obsolete come quella ed ero naturalmente priva della benché minima pazienza.
Finalmente sentii un beep e fui autorizzata a procedere verso la banchina del convoglio.
L'airbus era già al suo posto e decisi di sedermi su una delle scomode poltrone blu.
Buttai l'occhio all'ologramma 3D che mostrava una sequenza di numeri binari: il mio turno di partenza era ancora lontano.
Presi a guardarmi intorno. Persone di tutte le età e le etnie erano concentrate a vivere le loro appartate esistenze. Soprattutto i giovani. I pluricentenari sembravano gli unici in vena di parlare e nella condizione di avere ancora qualcosa d'interessante da dirsi.
Io, dal canto mio, decisi d'indossare i touch digitali e il visore olografico per conversare con l'unica persona al mondo di cui mi fosse mai importato qualcosa. Mi concentrai sull'immagine mentale della mia amica Beatrix: capelli viola e blu sulle punte, carnagione e occhi dai colori caldi, labbra carnose e smalto fluorescente. Con quel fotogramma in mente potevo avviare lo psycholouncer della chat.
Muovendo le dita come un suonatore di piano, iniziai a lamentarmi dell'attesa a cui ero sottoposta.
La mia amica, paziente, cercava di assecondarmi e di essere accondiscendente. Ormai era abituata ai continui sproloqui della ragazza eccentrica di nome Vanilla che ero a quei tempi.
Mi stavo lamentando della folle abitudine di alcuni, che utilizzavano gli airbus prima della partenza, al solo scopo di usufruire di un po' di tecnologia ed energia ION gratuita. Poi lo intravidi.
"ION ENERGIA" avevo appena digitato, suscitando l'ilaritá di Beatrix, quando lui si sedette a poca distanza da me.
Non potevo non descriverlo alla mia amica: era troppa bizzarro. Si trattava di un ragazzo, a occhio e croce poco più grande di me, vestito di tutto punto. Fin troppo elegante ed eccentrico. Aveva un completo nero e una bombetta in testa. Sembrava essere pelato e teneva sulle ginocchia una ventiquattr'ore.
Era il cliché dei cliché: l'errore di sistema, l'uomo pericoloso, l'alieno.
Lo dissi alla mia amica con la mia consueta ironia, per poi lamentarmi poiché quell'essere fuori posto tossiva e aveva il raffreddore.
"Odio i germi, non riesco a capire perché in una società iperevoluta come la nostra esistano ancora malattie virali" mi lagnai con la mia povera interlocutrice per poi girarmi il più possibile verso il finestrino.
E poi lo sentii.
Un odore acre e pungente.
Ero, e sono tutt'ora convinta, che arrivasse da Mr. Bombetta.
Si trattava di un tanfo micidiale e letale.
Gli occhi iniziarono a lacrimarmi senza sosta. Mi dibattevo nel tentativo d'inalare la minor quantità possibile di quel miasma.
Ogni pensiero razionale mi aveva abbandonato. Ero completamente dimentica di Beatrix e non riuscivo a formulare un SOS abbastanza efficace per farmi soccorrere.
Il tempo mi sembrava dilatato, continuavo a guardare le strisce dei numeri binari proiettate dall'ologramma 3D per vedere quanto mancasse al mio turno di scendere: sempre troppo, per mia disgrazia.
Quattro fermate.
Continuavo a dibattermi, disperata.
Agonia!
Era una lenta, straziante, agonia.
Due fermate.
Stavo morendo, i polmoni si stavano velocemente atrofizzando e si rifiutavano di processare ancora tutto quel veleno.
Il corpo non rispondeva più e mi stavo accantocciando su me stessa inesorabilmente: la schiena si stava avvitando sul proprio asse.
Allo stremo, lanciai un ultimo sguardo alla proiezione: la mia fermata era la prossima.
Non so dire bene come, ma riuscii a buttarmi fuori dal mezzo. Un addetto al servizio metropolitano mi soccorse sulla banchina di discesa. Sangue rosso e denso mi colava dal naso.
Ero sopravvissuta. Non so bene come, ma ero sopravvissuta! La mia schiena non sarà mai più la stessa, ma sono ancora qui.
Pochi giorni dopo la nostra vita sarebbe cambiata per sempre: la pandemia intergalattica avrebbe spazzato via tutto ciò che era stata la nostra esistenza precedente.
Ma io ce l'avevo fatta.
Sono sicura che tutto sia nato da lì: Mr. Bombetta aveva per le mani un'arma di distruzione di massa e non ha esitato a usarla.
"Vanilla sbrigati" mi urla Beatrix dall'altra stanza".
"Spengo il trascrittore cerebrale di ricordi e sono da te" rispondo con un sorriso.
NOTA DELL'AUTRICE
In questa storia narro di quando, pochi giorni prima della quarantena di marzo, sono andata in Asl a pagare dei ticket. Vicino a me era seduto un tizio con una fiatella d'aglio micidiale: quel giorno ho creduto di morire.
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