Capitolo 11

Arrivati all'Alpine, iniziammo a chiedere in giro dove si trovava Shawn Frost. C'era chi diceva che stava sciando, chi invece sosteneva che stesse provando lo snowboard. Alla fine parlammo con dei ragazzi al cancello principale della scuola e vedemmo il ragazzo a cui avevamo dato un passaggio poco prima. Domandammo la stessa cosa. –Sapete dove possiamo Shawn Frost?-. –Sono io- rispose il ragazzo. Rimanemmo tutti di sasso. –Tu? Shawn Frost? Davvero?- chiese Nathan. Lui annuì. Lina disse che avremmo sfidato l'Alpine per vedere le potenzialità del ragazzo. Nel primo tempo giocò in difesa mentre nel secondo in attacco. Sembrava che avesse due personalità: una timida e innocua e una piena di energia e voglia di vincere. L'allenatrice lo assunse con la disapprovazione di Kevin che se ne andò. Diceva che nessuno avrebbe mai sostituito Axel, che lui era e sarebbe rimasto l'unica vera punta della Raimon.
Dopo un po' arrivò un video da parte della Gemini Storm dove dicevano che avrebbero attaccato l'Alpine Jr High, quindi Shawn ci portò in un posto in cui ci saremmo allenati sulla velocità in modo da batterli: una pista da snowboard. Mark e altri ragazzi erano entusiasti, al contrario di Jude, che ne era indifferente, e Kevin, che lo trovava un gioco per bambini. –Signorina Shiller, noi dobbiamo allenarci, non giocare! Fra pochi giorni dovremmo affrontare di nuovo la Gemini Storm e siamo lontani anni luce dalla loro potenza!- disse quest'ultimo contrariato all'idea. Lo costringemmo tutti e alla fine fu il primo insieme a Mark a provare quel nuovo e particolare allenamento. Andarono via via tutti tranne me. –E tu non vai?- mi chiese Shawn. –No. Io sono già al livello della Gemini Storm. Non ho bisogno di questi allenamenti- gli spiegai. Lui andò a prendere uno snowboard, delle protezioni e un casco. –Nemmeno per divertimento?- mi chiese ancora mostrandomi quel che aveva preso. Guardai gli oggetti e accettai. Provai a metterli ma non ci riuscii, quindi me li mise lui. –Devo metterti anche il casco o fai da sola?- mi domandò ironico ridacchiando. –A che serve il casco?! Io non ne ho bisogno!- risposi con braccia incrociate. Lina scoppiò a ridere e tutti la guardammo. –C-che hai da ridere?!- le chiesi imbarazzata. Sapevo a cosa stava pensando ed era meglio che non lo diceva. –Mi ricordo quella volta quando avevi sette anni e volevi provare ad andare in bicicletta e dicevi "Non ho bisogno del casco! Non mi faccio male!" e poi sei cascata facendoti male dove? Alla testa! Ti consiglio di metterlo!- rispose tenendosi la pancia per le troppe risa. Scoppiarono tutti a ridere ed io diventai rossa come un peperone. Shawn mi mise il casco di nascosto e, quando provai a levarmelo, lui mi spinse sulla pista. All'inizio facevo fatica a rimanere in equilibrio, poi lui mi spiegò come fare e dopo un po' ci riuscii. Arrivati a metà, incominciarono a far rotolare enormi palle di neve ed io le scansai, con molta fortuna. Superato l'ostacolo, volevo finire in bellezza l'allenamento con un bell'atterraggio. Fu tremendo. Quando saltai, lo snowboard mi si levò dai piedi e volò in aria, io caddi e mi feci male e quell'aggeggio che volò chissà dove mi cadde in testa. –Aaaiuuutooooo- dissi cercando di rialzarmi. Si misero tutti a ridere. L'unico che mi aiutò fu Shawn. –Ti sei fatta male?- mi chiese porgendomi la mano. –No guarda. Mi è solo caduto lo snowboard in testa. Sai, è fatto di gomma e non fa male!- risposi ironica prendendola. Dopo di chè andammo in un posto lì vicino e decidemmo di giocare a palle di neve. Rimasi solo io e Mark e Tod, capitani delle due squadre, si litigavano per me. Mi ricordava tantissimo un momento di quand'ero piccola ed ero ancora nell'orfanotrofio gestito da mio padre.
Era il mio compleanno, il 16 Dicembre, e c'era molta neve. Dopo i festeggiamenti, si giocò a palle di neve ed ero l'unica rimasta da scegliere. Xavier e Isabell si litigavano per me e alla fine stetti con mio fratello. Mentre ora scelsi di stare con Mark e vincemmo. Andammo poi a fare i pupazzi di neve e anche lì mi ricordai di quel giorno quando ne feci uno. –Questo sei tu, fratellone!- dissi a Xavier mostrandoglielo. Lui lo guardò e mi rispose che era bello. Anche ora lo feci, lontana da tutti. Lina venne da me lasciando le manager con Shawn. –Pensi sempre a lui, eh?- mi chiese lei accarezzandomi i capelli. Annuii un po' triste. –Non posso tornare per rivederlo? Anche per poco...- domandai. –No. Non devi più tornare in quel posto, anche se c'è lui. Intesi?- mi rispose seria. Si scusò poi per la troppa serietà e le dissi che non importava.
Dopo un po' tornammo all'Alpine e cenammo. Continuammo l'allenamento fino al giorno della partita contro la Gemini Storm. Quel giorno arrivò e noi eravamo preparatissimi. Tutta la squadra riusciva a tenerli testa. Gli avversari erano stupiti dai miglioramenti dei ragazzi della Raimon ed io ero felice, non sapevo perché. Era già la seconda volta che mi sentivo così. Fatto sta che vincemmo. Mentre la squadra festeggiava, io rimasi ferma dov'ero. –Che c'è? Per caso non te l'aspettavi, Jordan?- chiesi a Janus avvicinandomi. –No...è che...- iniziò per poi abbracciarmi forte. –Tra poco lui arriverà...ci infiggerà quella punizione e io non voglio! Digli qualcosa, forse ti ascolterà dato che sei della Gaia...ti prego, Eri...- mi implorò lui in mezzo a qualche singhiozzo. Stava piangendo. Era la prima volta da quando è entrato all'Alius. –Si si, farò qualcosa ma...perchè proprio quella? Un'altra no, eh?- domandai. –No...però digli qualcosa. Io...io non voglio dimenticarti!- mi dichiarò poi. Arrossii un po' e lo strinsi più forte. –Sempre a fare il bambino, Janus? Quando la smetterai di chiederle aiuto?- chiese una voce a noi molto familiare. Lui si staccò e ci girammo dalla direzione da cui proveniva la voce. Era Dvalin. –Per questa volta non si può fare un'eccezione? E poi mi sembra troppo severa questa...le pallonate no, eh? Quella è la meno severa, anzi, la punizione più gentile che si possa ricevere- gli dissi. –Purtroppo quella punizione si usa solo all'Alius per un solo giocatore. Per i perdenti c'è quella- mi spiegò lui preparando il pallone nero per infliggere la punizione alla Gemini Storm. –Quella non era una domanda, Dvalin. Era un ordine. Ti devo ricordare di che squadra sono vice-capitano?- chiesi seria. Lui scosse la testa in segno di negazione. –Io i vostri patetici ordini non li ascolto. Siete i più forti, certo. E quindi? Gli ordini li da' chi sai tu. Quindi chiudi la bocca e lasciami fare quel che devo- mi disse lui innervosito. –Ti rivolgi così a un tuo superiore?! Guarda che i nostri ordini valgono come quelli di nostro padre! Sei tu quello che deve chiudere la bocca e obbedire!- gli urlai stufa di sentire queste cose. Ci guardammo con sguardi di sfida. –Perché non vi calmate entrambi? Erika lascia stare...grazie per averci provato...- ci interruppe con voce innocua Janus, rimasto zitto finora. –Ma Janus! Non può fare questo. Se non sbaglio è proibito dal regolamento!- gli dissi girandomi verso di lui. –Sbagli infatti. Da quando ti sei unita alla Raimon, questa cosa è stata cambiata. Proprio come il progetto- mi spiegò Dvalin. Erano cambiate troppe cose. Dopo di chè, calciò il pallone verso la Gemini Storm. Prima che l'oggetto li fece sparire, Janus mi sorrise piangendo. Quando furono spariti, Dvalin si presentò alla Raimon mentre io ero ancora a fissare il punto in cui era il mio amico. –Sono Dvalin, capitano della Epsilon. Vi avverto che le partite con noi non saranno una passeggiata- spiegò ai ragazzi per poi scomparire. Erano tutti increduli. –Un'altra squadra? E noi che eravamo felici per aver sconfitto la Gemini Storm...- disse dispiaciuto Jack. Cercarono tutti di consolarlo. –Ehi, Erika! Non vieni?- mi chiese Silvia. Mi ripresi in quel momento. –S-si...arrivo...- risposi raggiungendola.

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