Capitolo 1

Era pomeriggio inoltrato. Io e i miei genitori eravamo in banca e aspettavamo il nostro turno per prelevare dei soldi. Avevo cinque anni e a breve ne avrei compiuti sei. Ancora due mesi e avrò l'età dei miei compagni, mi ripetevo. Ero così piccola e innocente. I capelli castani e lisci mi arrivavano a metà schiena, anche se quel giorno mia madre mi aveva fatto le codine ai lati. Gli occhi celeste chiaro mi brillavano sempre, ero sempre felicissima della mia vita. "Ero" è passato, perché quel giorno la mia vita cambiò completamente.
Due ladri entrarono all'improvviso innescando terrore tra la gente. Uno di loro si preoccupò di rubare il maggior numero di soldi possibile, mentre l'altro si stava dirigendo verso di noi. -Ma che bella bambina che abbiamo- disse guardandomi. Io ero terrorizzata e stringevo la gonna di mia madre. Mio padre si mise davanti e ci ordinò di scappare. -Io non voglio lasciare papà!- esclamai. -Papà viene con noi mamma!- dissi a mia madre. Lei mi guardò. I suoi occhi verdi che brillavano di speranza ora erano bagnati da lacrime di disperazione. Sentii uno sparo. Guardai il pavimento e vidi prima degli schizzi, poi il corpo di mio padre sanguinante cadere a peso morto. -La madre non si opporrà vero?- domandò il ladro a mia madre. Lei lo guardò con aria di sfida. Mi sussurrò che dovevo scappare ma io non volevo. Alla fine il ladro sparò anche a lei dopo che mi aveva sorriso. Cadde a terra proprio come mio padre. Quando mi si avvicinò, mi avviai verso la porta e iniziai a correre più veloce che potevo. Non mi fermai per nessun motivo perché avevo paura che quel ladro mi stesse inseguendo. Quando mi fermai per la troppa stanchezza il sole stava per sparire. C'era un bellissimo tramonto ed io mi fermai a guardarlo sulla riva del fiume. Ripensando a quello che era successo qualche ora prima, mi misi a piangere. Mi addormentai poco dopo. Quando mi svegliai, iniziai a cercare qualcuno che potesse ospitarmi, anche per poco. Ma le risposte erano quasi tutte uguali. "Non sei la benvenuta vagabonda", "Se i tuoi genitori non ti hanno voluta, pensa un po' noi!", "Vatti a cercare qualcun altro o muori di fame, piccola vagabonda!". Era già pomeriggio ed ero ancora a girare in cerca di un posto in cui stare. Mi era venuta fame, quindi m'incamminai verso il negozio vicino la scuola elementare che frequentavo ma, quando arrivai, mi cacciarono subito perché non avevo soldi con me. Ero sola e persa. Non sapevo più dove andare. Camminavo senza meta da ormai un'ora e avevo perso ogni speranza di trovare un posto in cui stare. -Ehi!- un bambino mi chiamò quindi mi girai. -Ti sei persa?- mi chiese. -No...- risposi abbassando lo sguardo. Non sapevo che dire. Anche perché ero certa che qualcuno lo avrebbe chiamato perchè "non si parla con gli sconosciuti" o altro. Ormai conoscevo la gente. -Che hai? Ti senti male?- mi chiese ancora. Alzai lo sguardo. -No...- gli risposi. Feci per andarmene ma mi afferrò il polso. -Sei sola vero?- mi chiese di nuovo. Lo guardai e mi chiesi che cosa volesse. -Perché me lo chiedi? - risposi alla fine. Lui non smise di guardarmi. -Te lo chiedo perchè stavi per piangere- disse lui fissandomi con i suoi grandi occhi verde acqua. Aveva ragione, solo in quel momento sentivo le lacrime agli occhi che pian piano scendevano. Chinai la testa per non farmi vedere. Lui mi lasciò il polso. -Perché non stai con noi?- mi chiese dopo qualche secondo di silenzio. -E dove scusa? Ormai non c'è più un posto in cui possa andare- dissi cercando di smettere di piangere. -Aspettami qui! Vado a chiamare la sorellona!- mi disse andandosene. Io mi misi a sedere in terra e lo aspettai. Dopo qualche minuto smisi di piangere e controllai se il bambino era tornato. Vidi una ragazza con dei lunghi capelli verde chiaro che si avvicinò insieme a lui. Mi chiese come mi chiamavo. Io mi alzai e risposi:-Erika Suzuya-. -Io sono Xavier Foster! Piacere!- mi disse il bambino sorridendo. -Rimandiamo le presentazioni a dopo, Xavier- disse fredda lei. Mi disse di seguirla in una stanza dove poteva scrivere il mio nome insieme a quello di altri bambini. Capii che mi trovavo in un orfanotrofio. La fortuna è dalla mia parte, pensai. La ragazza rimase sempre in silenzio. Come faceva a essere la sorella di quel bambino? Erano l'esatto opposto. Una volta scritto il nome, Xavier mi portò delle polpettine di riso. -Sono per te!- mi disse sorridendo. -Ho pensato che avessi fame...quindi ho chiesto se potevano prepararne qualcuna...- si sedette accanto a me. Lo ringraziai. Presi una polpettina e la mangiai. Era buona. Anche Xavier ne mangiò una. -Buona?- mi chiese masticando. -Si, molto- risposi io. -Grazie ancora...- finii. - E di che! Prendine ancora se ti vanno!- mi disse porgendomi il piatto pieno. Annuii e ne presi altre insieme a lui. La ragazza se n'era andata ed io andai a leggere i nomi dei bambini. Purtroppo non sapevo leggere bene il kanji, solo pochi segni. Riuscii a leggere solo un nome: Hiroto. Accanto c'era scritto "Xavier Foster" e capii che Hiroto era il suo vero nome. -Hiroto...- lo chiamai. Lui si girò. -Non chiamarmi così- si scaldò. Gli chiesi scusa. Si avvicinò e guardò l'elenco dei nomi. Indicò il suo. -Hiroto Kiyama non esiste più. Ora mi chiamo Xavier Foster- mi disse senza espressione. -Perché hai cambiato nome?- gli chiesi prendendogli la giacca. Abbassò lo sguardo. -I miei genitori mi hanno abbandonato e da quel momento decisi di non aver più a che fare con loro. Ho cambiato nome per questo- mi spiegò. Sembrava un po' arrabbiato. -I miei sono stati uccisi...qualche giorno fa in banca...- cercai di dirgli in mezzo a qualche singhiozzo. -La sparatoria di qualche giorno fa...la sorellona ce ne ha parlato...mi dispiace molto- mi rispose con tono dispiaciuto. Alzai lo sguardo e lo guardai. -Ma tua sorella come si chiama? E perchè mi ha risposto con quel tono?- gli chiesi. Lui sospirò. -Si chiama Lina Shiller e da questo momento è anche tua sorella- mi spiegò. -Mia sorella? Quindi anche lei...- mi interruppe. -No no...lei è la figlia di un signore che viene sempre qui! Tutti noi lo consideriamo un padre- mi rispose sorridendo. Sentii dei passi dirigersi verso la stanza in cui eravamo. -Ehi, Xavier! Non vieni a giocare?- chiese una bambina con i capelli celeste brillante con due ciuffi bianchi vicino alle orecchie. -Posso giocare anch'io con voi?- chiesi. La bambina annuii. -Tu sei quella nuova! Certo che puoi! Così fai amicizia con tutti!- mi rispose sorridente. Andammo nel cortile dove c'erano altri bambini, forse più grandi di me. Non riuscivo a relazionarmi con i più grandi, ma Xavier mi aiutò e feci amicizia con tutti quel pomeriggio mentre giocavamo a calcio. Mi dissero che ero brava e che l'anno successivo dovevo iscrivermi al Football Frontier. Non sapevo se accettare o no, quindi dissi che ci avrei pensato. Lina ci chiamò per la cena e corremmo tutti a tavola. C'era un buonissimo riso. Poche cose ma almeno potevo mangiare. Dopo cena parlammo un po' e poi andammo a dormire. Io non sapevo in che stanza andare, dato che le camere delle bambine erano occupate. Xavier mi chiese se volessi stare nella sua stanza dove c'era un letto a castello. -Solo per stanotte però...- gli dissi. Lui accettò e andammo nei nostri letti: io dormivo nel letto di sotto mentre lui in quello di sopra. Mi trovavo bene. Da che avevo perso ogni speranza di trovare un posto dove andare, a che avevo trovato un posto dove mi avrebbero trattata bene e accolta senza problemi.

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