Capitolo 3 - Perduto... (Parte Seconda)
Yaro agguantò il portachiavi, per precauzione. I discorsi in pubblico non erano mai stati il suo forte.
«Noi... Io ho incontrato il mio plotone alle stalle dei carva poco prima dell'alba. Abbiamo... riempito le loro borse, contato le nostre scorte e oliato le armi. Poi ci siamo diretti al montacarichi Ovest dell'Anello del Clan Brya per farci calare oltre le mura e iniziare il solito pattugliamento della Foresta della Quiete. Non solito in senso stretto!» si corresse. «In realtà, oggi non sarebbe nemmeno dovuto essere il nostro turno. Il nostro è di Daka e Filka mattina e di Ceka notte. Ma nostro cugino Julan ha chiesto a me e Derval di... cioè, il Capitano Julan ha fatto richiesta ufficiale di un cambio di turno perché lui e il suo ragazzo festeggiavano... Uhm, per ragioni personali. Perciò—»
«Yaro, Yaro» lo fermò il Divino Guraz. «Glissa sui dettagli superflui. Non abbiamo tutto il giorno.»
"Ma aveva appena detto... Non era serio. Ovvio che non era serio, perché ci caschi sempre?"
«Sì, io... perdonatemi. Noi abbiamo... No, quello non è importante» mugugnò, riflettendo a lungo. «Uhm, in breve, non abbiamo riscontrato niente di strano mentre pattugliavamo finché non abbiamo visto Keras. Non... non è stato strano vedere Keras, quanto il fatto che non avevamo ricevuto nessun avviso di un messaggio in partenza per qualche città o gruppo di Esuli. E lei non aveva la scorta.»
«Keras sarebbe... la Guardiana del Clan Nurak rimasta ferita?» domandò la Portavoce Raela.
«Scusate, sì, non l'ho specificato.»
«E perché non avete fatto rapporto di averla avvistata non appena è successo?»
«Abbiamo pensato che l'avviso fosse per strada e abbiamo deciso di aspettarlo. Tanto ci mancava ancora un'ora alla fine del turno.»
«Comprensibile» replicò. «E quando avete deciso invece di non fare affatto rapporto e lanciarvi al suo inseguimento?»
Yaro indugiò. «L'abbiamo sentita gannire. Keras è la Valup più anziana, non avrebbe attirato l'attenzione su di sé senza motivo nella Foresta della Quiete. Abbiamo pensato che fosse in pericolo e non avessimo tempo da perdere. Ma a essere onesti, Der... il nostro Capitano era contrario. L'abbiamo... l'ho convinto io.»
«L'hai convinto...» meditò la Portavoce Raela.
Sia lei che Yaro alzarono la testa verso Derval, che aveva l'aria di chi si sarebbe gettato dietro la prima colonna a disposizione per nascondersi, se solo avesse potuto.
«Ma alla fine abbiamo fatto rapporto su Keras!» tenne a chiarire Yaro.
«Dopo lo scontro con il sylcra nel quale era rimasta ferita, quando non avete avuto scelta» puntualizzò la Portavoce.
Yaro seppellì il collo nelle spalle. «... Beh, sì.»
La Portavoce rivoltò uno dei rapporti e gli diede un'occhiata rapida. «È stata lei a condurvi dal sylcra, corretto?»
«Sì. Ci eravamo divisi per cercarla, affidando i carva a Valia e Frina, e quando io e Lyr l'abbiamo trovata, Keras non aveva alcuna intenzione di venire con noi. Non prima di averci mostrato qualcosa» rivelò. «Quindi, ho mandato Lyr indietro ad avvertire gli altri e l'ho seguita.»
«Deduco che quel "qualcosa" fosse proprio il sylcra.»
«Esatto.»
«I rapporti sostengono che fosse già ferito prima del vostro incontro. Come mai non ti sei accorto subito che non era un figlio della Dea?»
Yaro storse la bocca. «Portavoce, Revi era davvero sporco. Era ricoperto di fango e terra e polvere e solo la Dea sa cos'altro. Gran parte del sangue era secco, non si distingueva dal resto.»
«Il Messo Kae Filla tuttavia sostiene di aver prestato soccorso a un taglio recente sulla sua fronte. Non l'aveva già quando l'hai incontrato?»
«No, quello... gliel'ho fatto io, ma—»
Il Capo Fyn strabuzzò le ciglia bionde. «Yaro, lo hai colpito?»
«Per sbaglio!» sbottò. «E la colpa è anche di Keras! Nel vedere sbucare Revi dalle radici di un Kraji-Dhal, ho avuto paura e ho afferrato la mia lancia. Keras mi ha paralizzato perché non gli facessi del male e, quando mi ha liberato, gli è volata addosso.»
«Keras l'ha difeso?» chiese il Divino Kelon, che finalmente si drizzò.
«Sì, mio Nume.»
«Ha fatto questo e altro. Hai di nuovo letto solo i riassunti?» gli sussurrò in un rimprovero il Capo Fyn.
Il Divino Kelon guardò Yaro, suo fratello e poi raggruppò i fogli sulla sua scrivania per sfogliarli furiosamente, estraniandosi dalla conversazione.
«Dunque, il taglio?» lo spronò la Portavoce.
«Ah, sì. Io... A essere onesti, quando ha iniziato a perdere sangue, ho pensato che fosse rosso per qualche malattia. Revi era in pessime condizioni, dopotutto.»
«Conosci qualche malattia che cambia il colore del nostro sangue?»
«... No. Però—»
«Ho stentato io a credere di avere tra le mani un sylcra, quando l'ho visitato. E stava sanguinando dappertutto con il tatuaggio in bella vista» s'intromise la Divina Lera. «Non biasimo Yaro per aver considerato un'opzione più logica dell'essere incappato in un ragazzino di una civiltà estinta da trecento anni.»
Yaro le sorrise per il supporto, ma la Divina Lera non si mostrò amichevole come suo fratello Fyn e a stento lo degnò di qualche attenzione.
«Giusta osservazione, mio Nume» replicò la Portavoce, in quello che non aveva affatto il suono di un complimento. «Resta il fatto che l'imputato è comunque incappato in un individuo armato e con il quale non aveva modo di comunicare. Eppure, stando alle parole dei suoi compagni, quando il plotone l'ha raggiunto, il suddetto individuo non era stato né privato del proprio pugnale, né immobilizzato. Al contrario, gli erano stati offerti acqua e biscotti.»
«Revi aveva l'affanno, tremava dal freddo nonostante fosse zuppo di sudore ed era chiaramente disidratato e denutrito!» protestò Yaro. «In più, probabilmente gli avevo causato un trauma cranico, perciò—»
«Perciò hai abbassato la guardia e ignorato il protocollo, semplicemente perché ti ha suscitato un po' di pena?»
«L'ho aiutato perché aveva bisogno di aiuto» sibilò Yaro. «Come ci viene insegnato di fare.»
«Nessun sylcra merita una tale cortesia. E questo non fa eccezione.»
«Perché no? Sylcra o meno, Revi è umano. E la sua gente ha protetto e cresciuto i nostri antenati. Dea, in pratica sono anche loro nostri antenati!»
«Ma la sua gente non è quella che ha lottato per liberare e salvaguardare Calàudi» soffiò la Portavoce. «La sua gente è quella che l'ha conquistato, che ha spazzato via i suoi abitanti originari e ha provato a fare lo stesso con la nuova generazione creata dalla Dea. Quella che era abbastanza arrogante e feroce da misurarsi con gli dei e morire come le bestie che erano, pur di non ammettere la sconfitta.»
«Revi è soltanto un ragazzino! Non potete giudicarlo in base alle azioni che i suoi antenati hanno compiuto più di trecento anni fa!»
«E infatti lo giudico in base a quelle che ha compiuto lui, oggi» controbatté affilata. «Che purtroppo, ne mantengono l'indole infida e violenta.»
«No, Revi non è né l'una né l'altra cosa! Lui ha—»
«Ha tentato di prenderti in ostaggio» gli rammentò. «Ha atterrato il tuo Capitano e la tua Vice. E ha piantato un paio di forbici nella coscia del Messo che tentava di salvargli la vita.»
«Perché era terrorizzato! Perché era solo e ferito e perso in un posto di cui non parla nemmeno la lingua! Tentava solamente di difendersi!»
«Se è questo che credi, allora sei persino più sprovveduto di quanto temessi.»
Yaro accusò quelle parole come una mareggiata e annaspò nel dubbio. "Mi, mi sono comportato da ingenuo? No. No, io ho imparato. Sono migliorato. Non sono più così."
«Quel sylcra ti ha mentito fin dal primo momento e tu ti sei fatto abbindolare dalla sua piccola recita come un bambino. Patetico.»
"Revi mi ha...? No, lui... Oh Dea, forse, ma... l'avrei capito se l'avesse fatto... giusto? Avrei almeno colto qualche segnale..."
«Io...»
"Giusto?"
«Portavoce!» intervenne adirato il Divino Guraz. «C'è un punto in questo discorso oltre agli insulti all'imputato?!»
«Eccome, mio Nume. E sto per arrivarci» replicò, compostissima. «Yaro Cedre, tu sei o non sei rimasto a guardare mentre il sylcra sopraffaceva tre membri del tuo plotone?»
Yaro stritolò il portachiavi, più che svitarlo. «Non, non sapevo cosa fare e—»
«Hai o non hai ostacolato la tua Vice Zev Cedre nell'impedire la fuga del sylcra, rifiutandoti di fornire volontariamente la tua lancia?»
«Zev voleva ucciderlo! Certo che non le ho—»
«E hai o non hai rivolto e brandito le armi contro i tuoi stessi compagni nella Foresta della Quiete, e aggredito un soldato di grado superiore sulle mura della città, pur di proteggere il sylcra dall'esecuzione che meritava a seguito di atti violenti ai danni di un figlio della Dea?»
«S-sì, ma—»
«Divina Lera,» lo scavalcò, «in quanto Nume della giustizia, ricordereste a questo Consiglio la definizione di "tradimento" che comprende i sylcra?»
La Divina Lera la fissò a braccia incrociate, in silenzio, con uno sguardo impassibile che avrebbe imbarazzato una statua.
«"Chiunque si dimostri ignavo nei confronti di un atto di violenza perpetrato da un sylcra, lo favorisca o addirittura vi si associ"» iniziò a recitare la Divina Slia, con un piglio non più docile di quello della sorella, «"e chiunque si schieri dalla parte di un sylcra, imbracciando le armi contro un figlio della Dea suo pari e versandone il sangue, sarà considerato un traditore di Calàudi. E trattato da nemico."»
Yaro ansimò. «No! Un attimo, io non l'ho fatto di proposito! Lo giuro!»
La Portavoce lo ignorò e squadrò la Divina Lera, bruciata dal fatto che non fosse stata lei a pronunciare quelle parole come da sua richiesta; ma alla fine si accontentò che a farlo fosse stata la Divina Slia, pur sempre il Nume dell'ordine, e proseguì.
«Capitano Derval Cedre» chiamò. «Hai assistito di persona agli eventi di stamattina. Ritieni che la condotta del tuo sottoposto Yaro Cedre corrisponda a tale definizione?»
Derval abbassò la testa. «... Preferirei non rispondere.»
Il Divino Guraz sospirò. «Non hai questo diritto a cui avvalerti, Derval. Dal momento in cui la Portavoce ti ha nominato, sei sotto giuramento e hai il medesimo obbligo di Yaro di parlare in onestà. O sarai reputato suo complice.»
«Allora affronterò la stessa punizione che riserverete a mio fratello, mio Nume.»
La Portavoce Raela puntò le iridi castane su Zev; l'immacolata e intricata acconciatura in cui aveva sistemato i capelli mossi del medesimo colore neppure vacillò nello scatto.
«Vice Zev Cedre, tu cosa ne pensi?»
Zev scandagliò per qualche secondo i volti di tutti i loro compagni – a eccezione di Yaro – e si alzò con un gemito soffocato. «... Io penso che il comportamento di Yaro rispecchi al cento per cento questa definizione.»
"No..."
«Zev!» le sibilò Kae.
«Santa Dea, è tuo cugino che stai affossando!» la sgridò Lyr.
Zev strinse i denti e si tenne una spalla, forse per la pugnalata che doleva, forse per il disagio dell'essere giudicata, e piuttosto che sbottare come suo solito, non fiatò neppure.
«Grazie per la sincerità» disse la Portavoce, voltandosi verso il Divino Guraz. «Alla luce delle testimonianze appena riportate di fronte a questo Consiglio, è evidente che l'imputato Yaro Cedre è una pessima influenza sui suoi compagni d'arme, e che non solo non sia degno né adatto a ricoprire il ruolo di Messo, ma che esistono prove più che sufficienti perché sia dichiarato un traditore e punito di conseguenza. Dunque, a nome del popolo di Calàudi, ne propongo l'immediato congedo con disonore dal Corpo dei Messi e la reclusione...»
Yaro poté sentire il battito del suo cuore aumentare d'intensità fino a riempirgli i timpani e sovrastare la voce di Raela.
Ma non arrivava dal suo petto.
Riecheggiava dalla lontananza, in un martellio incostante, sordo ed estraneo in cui rischiava di affogare.
Per istinto, guardò zio Ryun, sicuro che lui avrebbe fatto lo stesso; che l'avrebbe trovato pronto a sussurrargli di non disperare, che si sarebbe inventato qualcosa e alla fine sarebbe andato tutto per il meglio.
Zio Ryun non stava facendo nulla del genere. Fissava pallido e angosciosamente ora la Portavoce ora il Divino Guraz, immobile come un cadavere se non per lo sguardo che saettava a sinistra e a destra per seguire il dibattito. E che, d'un tratto, si soffermò su un seggio sul lato opposto del Tribunale, acquietandosi.
Yaro lo imitò e inquadrò il Divino Kelon giusto in tempo perché lo cogliesse a parlare. Cosa gli fosse uscito di bocca, tuttavia, gli era sfuggito.
"Mi... mi sta difendendo?"
«Come, prego?» chiese la Portavoce.
«No» ribadì il Divino Kelon, con la stessa intonazione con cui si rifiutava un caffè.
La Portavoce Raela aveva una smorfia di pura confusione sul viso a forma di cuore. «Intendete... che non trovate l'imputato colpevole di ciò di cui lo sto accusando?»
«Oh, al contrario. Non avrei mai immaginato di dirlo, ma avete ragione» affermò con incredulità mista a rassegnazione, massaggiandosi la fronte. «Soprattutto in proposito del tradimento di Yaro. Non è quella la parte su cui siamo in conflitto.»
«Per cui non concordate con la pena che ho proposto?»
«Sì. Perché non dovrebbe esserci alcuna pena» dichiarò, schiudendo un occhio viola. «Quello che Yaro si merita è un riconoscimento pubblico. Grazie al cielo, si è battuto perché quel ragazzino vivesse e si è trascinato i compagni. Certo, era guidato dalla compassione e non dalla logica, ma nessuno è perfetto.»
«Mio Nume, l'imputato ha—»
«E lo stesso riconoscimento andrebbe a Kae,» continuò, «che da quanto leggo l'ha rianimato ben tre volte durante il tragitto. E senza nemmeno una Benedezione di Guarigione su cui fare affidamento.»
«Impressionante» commentò la Maestra Kipa. «I miei Devoti avrebbero qualcosina o due da imparare da te, giovanotto.»
Kae si grattò il collo e si ingobbì al punto che, invece di svettare su Lyr, a malapena parve più alto di lui. «Non ho fatto molto, mio Nume, mia Consigliera. È Revi che non voleva proprio restare morto.»
«Mio Nume, se mi—»
Il Divino Kelon non si curò delle obiezioni della Portavoce e si sporse dalla scrivania per scrutare con astio il plotone, spostando la mano a proteggersi la vista dalla luce. «Quelli che invece si meriterebbero un castigo sono quegli idioti lassù. Incrociate un sylcra trecento anni dopo che io e i miei fratelli abbiamo seppellito l'ultimo, e la prima cosa che vi salta in mente di fare è ammazzarlo?»
«Ci ha attaccati» balbettò Derval.
«Ovvio che vi ha attaccati, è un sylcra!» strepitò. «Che vi aspettavate? Che si arrendesse pacificamente? Che si inginocchiasse, vi porgesse i polsi e si mettere a urlare: "Oh, sì, vi prego, catturatemi! Oggi non avevo nessuna voglia di vivere"?»
«Kelon» lo ammonì il Divino Guraz.
«Ah, no, niente "Kelon"» s'impose. «Quegli idioti stavano per farci perdere l'unico vantaggio che abbiamo.»
«Lo capisco, ma i tuoi toni e modi—»
«Sono pure più pacati ed educati di quanto sarebbe il caso, dato il loro comportamento idiota. "Ci ha attaccati"» parlottò, scimmiottando Derval. «Come se tu non avessi dato di matto per il suo tatuaggio e non l'avessi attraversato da parte a parte con la spada alla prima occasione. E ti sorprendi che abbia reagito? Sorprenditi di essere vivo per raccontarlo. Siete fortunati che vi sia capitato davanti un ragazzino impaurito e moribondo, a cui interessava soltanto scamparla. Perché, dopo il brutto tiro che gli avete rifilato, aveva ogni motivo di ripagarvi—»
«Mio Nume!» s'intromise la Portavoce, ponendo un freno al suo monologo. «Il Capitano Derval Cedre e il suo plotone hanno agito come stabilito dalle leggi. Non hanno colpe.»
«Portavoce, toglietemi una curiosità: cos'è più importante per voi? Il rispetto delle leggi o la sopravvivenza dei figli della Dea?» la incalzò.
La Portavoce sbuffò perplessa. «Non comprendo come questo si colleghi alla discussione in corso.»
«Lasciate che sia io a spiegarmi» la pregò. «In questo preciso momento, mentre battibecchiamo come mocciosi in un processo fazioso che avremmo potuto condensare in una breve chiacchierata di dieci minuti con il piccolo Yaro, da qualche parte su Calàudi c'è una cellula sylcra sopravvissuta all'epurazione che prospera. E la chiave per rintracciarla e sbarazzarcene prima che inizi a causarci problemi è il ragazzino che, secondo le vostre preziose leggi, avremmo già dovuto giustiziare questa mattina. Questo chiarisce il senso della mia domanda?»
«Sì, ma—»
«Perfetto!» esclamò. «Pertanto, fatemi la cortesia di non insistere oltre con questa sciocca storia e permettete al Consiglio di passare alle questioni veramente importanti.»
Il cuore di Yaro – come il suo spirito – si calò di nuovo nel suo corpo soltanto allora. «Questo significa che sono assolto?»
«Sì.»
«No!» strillò la Portavoce. «Miei Numi, colleghi Consiglieri, l'imputato ha comunque infranto la legge!»
Il Divino Kelon imprecò sottovoce; o perlomeno fu quello che sospettò Yaro, che non capiva la Cau-shaal, la madrelingua degli dei.
«Gli concederete davvero di abbandonare questo Tribunale impunito?!»
«Portavoce» la richiamò il Divino Guraz. «Abbiamo appurato che il "tradimento" di Yaro è stato per il meglio. Parlo a nome di tutti i miei fratelli quando dico che, anche senza le attenuanti del caso, non avremmo approvato nessuna punizione per un'azione dettata dal suo buon cuore che sarà di cardinale importanza per la nostra gente.»
«E nemmeno io» si aggiunse la Maestra Kipa.
«E io» concluse il Rappresentante Torca, suggellando il possibile totale dei voti in suo favore.
Yaro si dovette poggiare alla balaustra della piattaforma per gli imputati, perché le gambe minacciavano di non reggerlo. "Oh, Dea. Sono davvero assolto... Sono salvo..."
«Il tradimento non è l'unico crimine di cui è accusato!» protestò la Portavoce. «Quanto alla sua vergognosa condotta come Messo?! E all'aggressione a un superiore?!»
«Giusto, le altre accuse. Già che siamo in argomento, dov'è il Capitano Yilar?» ponderò il Divino Kelon, scandagliando con esagerazione il Tribunale. «Non è qui? Come mai non l'avete convocato a testimoniare? Oh, fatemi indovinare: è perché non avrebbe appoggiato voi, ma Yaro, vero?»
La Portavoce serrò le labbra carnose fino a sbiancarle.
«E a proposito della sua condotta,» s'inserì la Divina Slia, «Comandante Ryun, ricordereste a questo Consiglio quali sono i principi fondanti su cui ho costruito il Corpo dei Messi in particolare?»
Zio Ryun scattò in piedi con un sorriso di gratitudine e sollievo che proprio non riusciva a contenere. «Giudizio, integrità, curiosità e compassione, mio Nume.»
«Vi ringrazio.»
«Non mi pare ci sia nulla riguardo alla cieca obbedienza» commentò la Divina Lera. «E allo sgozzare ragazzini per leggi in disuso da tre secoli.»
«No, non c'è» concordò la Divina Slia.
La Portavoce Raela ansava dalla rabbia, ma ancora non si era decisa ad arrendersi. «Richiedo ufficialmente un rinvio per revisionare i documenti di questo caso e formulare una nuova linea d'accusa.»
«Per quali sospetti crimini?» domandò il Divino Guraz.
«Per... uhm...»
Il Divino Kelon sventolò una mano. «Uh, uh, accettate suggerimenti? Perché quando Yaro aveva sei anni, lui, Derval Cedre e Tryn Nurak si intrufolavano di continuo nel mio giardino privato per giocare con i Valup, a prescindere da quante volte li cacciassi. E la cosa ancora non mi va giù. Quella è considerabile violazione di domicilio, no?»
Yaro si tappò la bocca per non scoppiare a ridere. In parte per la presa in giro del Divino Kelon, in parte perché la tensione accumulata durante il processo era alla disperata ricerca di una via d'uscita.
«E quando ne aveva otto ha provato a comprarmi con la sua paghetta perché gli spiegassi i compiti di matematica. Un chiaro tentativo di corruzione di pubblico ufficiale, non credete? Ma forse sono caduti in prescrizione ormai e non vi saranno utili per perorare la vostra causa» ragionò, pettinandosi la corta e curata barba castano scuro. «Oh, ci sono! Quando aveva diciotto anni, l'ho beccato con una birra—»
«Kelon, per cortesia» sospirò il Divino Guraz.
«Sto solamente dando una mano alla Portavoce» si giustificò, innocente. «Ne ha tanto bisogno.»
«Kelon» scandì la Divina Slia.
Il Divino Kelon mostrò i palmi. «D'accordo, la pianto. Non scaldarti.»
Il Divino Guraz si schiarì la voce, più per riportare l'ordine che per necessità. «Portavoce Raela, la vostra richiesta è respinta per mancanza di prove. Dichiaro dunque terminato il processo di Yaro Cedre con la sua piena assoluzione.»
Yaro si girò subito verso zio Ryun, che sfoggiava uno dei suoi migliori sguardi da "Te l'avevo detto" a dispetto degli occhi lucidi per l'emozione. E subitò dopo verso le tribune. Tra i sorrisi smaglianti e celebratori che suo fratello e i suoi amici gli stavano rivolgendo, fu quello di Tryn a brillare di più. Yaro si sbrigò a riabbassare la testa o, sotto la luce del Tribunale, persino un cieco si sarebbe accorto di quanto era arrossito.
«Prego gli spettatori e gli impiegati non necessari di questo Tribunale di accomodarsi fuori» proseguì. «Il Consiglio ha una riunione d'emergenza da affrontare.»
«Yaro, tu sei sequestrato per un altro po'» lo avvisò il Divino Kelon.
«Ah, come volete, mio Nume.»
«Chiudete le porte, grazie» ordinò il Divino Guraz ai Custodi di stanza. E attese che il Tribunale si svuotasse e fosse sigillato prima di riprendere la parola. «Bene. Yaro, non sei più sotto giuramento, ma ci terremmo che fossi comunque il più sincero e preciso possibile nelle tue risposte. Hai trascorso più tempo di tutti con il sylcra. Qualunque informazione in tuo possesso potrebbe rivelarsi cruciale.»
«Certamente.»
Il Divino Guraz autorizzò suo fratello a procedere con un cenno. «Kelon.»
«Prima di tutto, c'è qualcosa nella tua testimonianza che hai omesso o minimizzato, per qualsiasi ragione?»
"... Sì. Tutto quello che non era importante, come mi avete chiesto. Ora invece lo vogliono sapere?"
«Uhm... sareste più specifico, mio Nume?»
«Per esempio, sei sicuro che quel ragazzino non conoscesse la nostra lingua oppure c'è stato un momento in cui hai avuto l'impressione contraria?»
«... Quando gli ho offerto i biscotti, gli ho detto di mangiarne quanti ne voleva, senza problemi. E lui ha capito che glieli avrei dati solo se in cambio mi avesse... se mi avesse venduto il suo corpo.»
Il Consiglio nella sua interezza cambiò postura o espressione o espirò a disagio. Yaro non ne fu sorpreso. D'altronde, ai loro occhi lui stesso era poco più di un bambino. E Revi era persino più giovane.
«Quindi... non una spia» dedusse la Maestra Kipa. «Un disertore, allora? Com'è sopravvissuto al chip di controllo?»
"Cosa...?"
«Probabile. Ottima osservazione, Maestra» approvò il Divino Kelon, infine e davvero serio. «Quel ragazzino ha ancora la testa attaccata al collo, perciò le opzioni sono due: o è il primo Brigadiere nella storia con un chip di controllo difettoso; oppure è abbastanza sveglio da sapere a chi rivolgersi per disattivare il protocollo d'esplosione.»
"Protocollo... Ma di che sta parlando?"
«Quanto alle armi?» domandò il Rappresentante Torca; aveva smesso di sbadigliare ormai da un bel po' per agitarsi piuttosto sulla poltrona del suo seggio, facendola scricchiolare.
«Uhm, aveva soltanto un pugnale con sé.»
«Non un fucile? O un, una... come si chiamano? Pistole?»
«Se anche ne avesse rubato un paio,» iniziò la Divina Lera, «se ne sarebbe liberato giorni fa. Sarebbero state troppo pesanti da trasportare a lungo andare.»
«Perciò non abbiamo modo di sapere come si siano evolute in questi trecento anni» considerò. «Quanto alle nostre? Le ha riconosciute? Ne era pratico?»
«Uh, ne dubito, mio Consigliere. Si è quasi cavato un occhio con la mia lancia.»
Il Divino Kelon aggrottò le sopracciglia. «Ha provato a usarla contro di te quando gli è volata addosso?»
«No, me la sono subito ripresa» replicò. «Gliel'ho prestata dopo, perché Revi ne era molto affascinato e—»
«Tu gli hai prestato la tua lancia?!» tuonò zio Ryun. «Cosa ti è saltato in mente?!»
«Era prima che scoprissi che era un sylcra e che mi minacciasse!» si difese. «Ed eravamo vicinissimi! Sarei stato in grado di disarmarlo in qualunque momento.»
«Oh, dolce, innocente Yaro» sussurrò il Divino Kelon, pizzicandosi il ponte del naso.
Yaro si corrucciò. «Avevo tutto sotto controllo. E Keras aveva lasciato me con Revi, ma anche Revi con me, mentre guidava Lyr e il resto del plotone da noi. Per cui, non credeva che nessuno dei due fosse un pericolo per l'altro.»
Il Divino Kelon annuì con un sorriso tirato molto familiare, di quelli che si montavano per non offendere i bambini poco svegli. «Yaro, non per mettere in dubbio la tua versione, ma Keras si è mostrata protettiva nei suoi confronti perché voleva che arrivasse in città. Vivo.»
«No, Keras si fidava di lui!» insistette. «Si è fatta pure accarezzare!»
«Keras? La mia Keras?»
La Maestra Kipa lo osservò curiosa. «Divino Kelon, perché siete tanto perplesso?»
«Perché di norma Keras non si fa problemi ad assoggettare i bimbi troppo bruschi perché imparino a non maltrattarla. O li morde direttamente, se è una giornata storta. Con un sylcra, avrei immaginato che, beh...» Sospirò controvoglia. «D'accordo, Keras non gli ha ordinato di darsi un pugno in faccia né reso orfano di qualche dita. Ma da qui a sostenere che addirittura si fidasse di lui ne passa di acqua sotto Mersa.»
«Divino Kelon, Keras—»
«"Fidarsi" è un termine piuttosto forte, Yaro» s'immischiò il Capo Fyn. «Perché hai scelto proprio questo?»
«Perché Keras mi ha sgridato per avergli puntato la lancia contro...»
Il Divino Kelon mosse una mano come a sottolineare il suo punto.
«... e mi ha ordinato di chiedergli scusa.»
«Eh?»
«Avete sentito benissimo» soffiò Yaro, fiero di come gli avesse cancellato di faccia quel piglio paternalistico. «E anche lei si è scusata con Revi per averlo spaventato con la manifestazione della sua divinità, che tra l'altro non ha mai usato su di lui neppure quando ci sarebbe servita. E ha persino—» Tentennò. «Su questo ammetto di non avere la certezza, però... penso che Keras avesse tutto il tempo di spostarsi dalla traiettoria della mia lancia. Ma non l'ha fatto. E per quanto assurdo, sono convinto che stesse cercando di esserne colpita al posto di Revi.»
Un altro silenzio, del tutto dissimile dal precedente, regnò nel Tribunale. Quello era carico di dubbio, di pensieri frenetici e di domande senza risposta.
Il Divino Guraz schioccò la lingua, in un suono che vi riecheggiò assordante. «Qualcuno ha qualche altro quesito?»
Non ci fu risposta.
«D'accordo. Yaro, ti ringraziamo per la tua testimonianza. Ci hai dato... molto su cui riflettere e discutere» parafrasò. «Sono sicuro che tu muoia dalla voglia di riunirti ai tuoi amici, per cui va' pure. Sei—»
«Un attimo» lo interruppe la Divina Slia. «La Portavoce Raela ha avuto torto su diverse cose, oggi.»
La Portavoce sollevò il mento alla menzione ma, dopo l'umiliazione subita, non parve intenzionata a concedere al resto del Consiglio neppure il lusso del suo fiato.
«Ma su una aveva ragione: la tua ripetuta insubordinazione è inaccettabile, Yaro. E non credere che non abbia notato che le segnalazioni fossero sempre esterne e mai provenienti da un membro del tuo plotone. Segno che il loro numero reale è ben più alto di nove» calcò. «Questo sarà l'ultima sospensione applicata. Dopodiché, appenderai il mantello da Messo per sempre. Sono stata chiara?»
Yaro inghiottì a secco. «Sì, mio Nume. E perdonatemi. Mi controllerò meglio in futuro.»
La Divina Slia annuì in quella che sembrò al contempo una rassicurazione e una minaccia. «Ora sei congedato.»
Yaro incollò lo sguardo al pavimento e tentò di sgusciare via non osando far rumore, ma gli sorse un pensiero che pretese di essere espresso e gli ritornò il coraggio.
«Miei Numi, miei Consiglieri, cosa succederà a Revi?»
«Non lo giustizieremo, se è questo che stai chiedendo» sdrammatizzò il Capo Fyn.
Yaro ridacchiò.
«Farò una bella chiacchierata con lui» rispose il Divino Kelon. «Forse un viaggetto nella sua mente, se non sarà un tipo particolarmente loquace.»
«E... poi?»
«Il suo destino non ti concerne» dichiarò la Divina Lera.
Yaro trasalì per la durezza della sua voce, e il Divino Guraz se ne accorse e si affrettò a rimediare.
«Perdona la bruschezza di mia sorella, figliolo. Sono certo che non era sua intenzione essere rude,» premise, «ma è una questione spinosa e complessa. E a essere onesti, né io né i miei fratelli abbiamo già le idee chiare in proposito.»
«Sì, lo capisco. Io... Spero solo di rivederlo presto» confessò. «Buona riunione.»
Il Divino Guraz non aggiunse altro, si limitò a sorridere e comandò ai Custodi di aprirgli il portone con un cenno.
E magari Yaro non avrebbe trovato la camminata verso di esso così ardua, se quel sorriso non fosse stato tanto falso da non ingannare nemmeno lui.
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Yaro era stato uno dei principali organizzatori della festa di diploma a Carità di Tryn. Aveva speso fasi intere a complottare con Ari e con Derval perché ogni dettaglio – dalla taverna, alle decorazioni, al menù e alla musica – fosse perfetto. Fosse esattamente quello che Tryn si meritava.
E adesso che non gli rimaneva altro da fare che godersela, non era molto in vena di festeggiare.
Aveva programmato di fare gli auguri a Tryn appena fosse arrivata e di sgattaiolare a casa con qualche scusa. Invece, nell'attesa aveva ordinato una birra.
E poi un'altra.
E poi un'altra ancora.
E alla fine si era ritrovato seduto sui gradini dell'uscita sul retro, circondato da bottiglie vuote e rimorsi.
«Ero sicura di trovarti qui fuori.»
Yaro si voltò indietro con lentezza e se già l'alcol l'aveva stordito, Tryn concluse il lavoro.
Sostava in piedi contro la porta della taverna, con le mani nascoste dietro la schiena e i ricci corvini che le cascavano in splendide e strette volute sulle spalle. La luce argentea di Som e Mos sembrava essere tanto attratta da loro quanto dai suoi occhi castano scuro; forse, li aveva scambiati per un pezzo di cielo notturno; per un pezzo di casa.
A Yaro capitava spesso.
Tryn parlò, ma Yaro s'incantò a contemplare le sue labbra, larghe e piene e soffici, nate per accogliere i suoi sorrisetti furbi e sparare le sue battute fuori luogo, e si dimenticò di ascoltare.
«Cosa...?» balbettò.
«Stai guardando le stelle?» ripeté a voce più alta, per sovrastare il fracasso della festa che infuriava oltre la porta. Rivolse verso l'alto il viso tondo. «In effetti, stasera sono bellissime.»
«Oh, no. Sto...»
Yaro non fu in grado di inventarsi una scusa migliore di quella per giustificare la sua assenza dalla festa, per cui ritrattò subito dopo.
«Sì. Sto guardando le stelle... Ah, auguri!» esclamò, in gran ritardo. Se avesse avuto la certezza di non capitombolare appena si fosse alzato, l'avrebbe fatto. «Uhm, congratulazioni! Sono... felicissimo per te! Siamo tutti molto fieri!»
Tryn lo squadrò, inspirò a fondo e gli si avvicinò. «Grazie. Ora fammi spazio.»
Yaro esitò e si sbrigò ad abbassare lo sguardo perché non gli gravitasse verso i suoi fianchi ampi; o la pancia morbida; o il seno piccolo. Tutte cose che il suo vestito color oro attillato, e trasparente in vita, stava complimentando.
«Tryn, non serve che ti perdi la tua festa per—»
«Roro, zitto e spostati.»
Yaro infine obbedì e Tryn si accomodò al suo fianco. Nel ritrovarsi così vicino a lei da percepire il calore della sua coscia contro la propria e il suo respiro accarezzargli un braccio, non poté non avvampare; meditò di spostarsi un po' più là, anche soltanto per essere capace di ragionare, ma la scalino non glielo permetteva.
Tryn si sistemò il tessuto dello spacco perché le coprisse le ginocchia e se le abbracciò. «Stai ripensando al processo?»
«No. Certo che no. Perché dovrei?»
Tryn arricciò il naso largo – che aveva preso dal nonno – come se il solo odore di quella bugia le desse fastidio, ma non la smascherò. Si limitò a osservarlo incoraggiante.
"Tu non sai mentire agli sconosciuti. Figurati a lei" si rimproverò. "Piantala prima di offenderla."
«Sì... Tra le altre cose, sì» ammise, e bevve un sorso di birra. «... Tryn, secondo te hanno ragione?»
«Chi?»
«Il Consiglio. La Portavoce Raela e il Divino Kelon. Secondo te, sono uno... sprovveduto e uno stupido?»
Tryn s'incupì. «Questo riguarda quel ragazzino sylcra?»
Yaro si coprì il viso con una mano. «Rispondimi e basta, per favore.»
«No. Non sei uno sprovveduto. Né tantomeno uno stupido.»
«E allora perché è quello che pensano tutti?» le domandò. «Perché sono tutti convinti che Revi mi abbia raggirato?»
«E a te perché importa tanto?»
«Perché sì! Perché...!» sbottò, afflosciandosi nel mentre. «Perché non è questo che è successo.»
"... Mi auguro."
Tryn si mangiucchiò a lungo una guancia nel riflettere. «Se proprio vuoi la mia opinione, penso che sia perché è molto facile guardare Revi e vedere un sylcra. E molto difficile guardarlo e vedere un ragazzino» affermò. «La sua gente ha causato alla nostra sofferenze atroci. Ci ha letteralmente sterminato. Diffidare di lui è la reazione più normale... Ma non significa che sia anche quella più giusta.»
«... Perciò per te ho fatto bene a fidarmi?»
Tryn sospirò in difficoltà. «Roro, non lo so.»
«Tryn, ti scongiuto» la richiamò Yaro. «Non trattarmi con condiscendenza come fossi un bimbo.»
«Non lo sto facendo, ti sto dicendo la pura e semplice verità» si difese. «Non lo so se tu abbia fatto bene. Nessuno lo saprà finché Revi non sarà interrogato. Preoccuparsene adesso non ha senso.»
Yaro tortutò l'etichetta della birra. «E se... e se poi si scoprisse che ho avuto torto fin dall'inizio?»
«Non cambierà nulla» ribatté, con una sicurezza che Yaro le invidiava da quando erano piccoli. «Avrai comunque fatto la cosa giusta, perché lo hai aiutato.»
«Io non ne sono più tanto certo» farfugliò, stretto nelle spalle. «Credo... credo di averlo condannato a una vita in catene.»
Yaro tentò di farsi un altro sorso, ma Tryn gli rubò la bottiglia e la finì al posto suo.
«L'ha detto il Consiglio?» chiese, pulendosi con un polso.
«No, però... Insomma, è un sylcra. E secondo loro è un disertore... Se lo mandiamo indietro dalla sua gente, lo ammazzeranno. E se lo accogliamo tra la nostra, lo ammazzeranno comunque. L'opzione che rimane è di tenerlo per sempre nell'Ala di Contenimento...» Yaro si infilò le mani tra i capelli. «Avrei... avrei dovuto lasciarlo scappare. Gli sarebbe andata meglio.»
«O magari domani sarebbe morto di fame. O l'avrebbe ucciso un Eretico. O l'avrebbe incontrato un altro plotone e sarebbe stato catturato lo stesso» obiettò Tryn, piazzando la bottiglia nel mucchio. «Non puoi sapere cosa sarebbe successo.»
«Sì, ma... almeno non sarei stato io quello a dirgli che sarebbe andato tutto bene» mormorò. «E non sarei stato io il bugiardo.»
Tryn intrecciò la mano alla sua e Yaro neppure se ne accorse.
«È per questo che sei così scosso? Perché senti di aver tradito la sua fiducia?»
«Io l'ho tradita» sostenne. «Ma non è per questo. Cioè, non solo per questo. Io... Non lo so... Non so spiegarlo.»
«Fa' un tentativo» lo incoraggiò Tryn.
Yaro giochicchiò con il portachiavi. «... Tutto quello che ho fatto è stato offrirgli dei biscotti.»
«Spero non fossero quelli di zio Ryun» scherzò. «Debole com'era, rischiavi di dargli il colpo di grazia.»
Il sorriso di Yaro si spense veloce come si era acceso. «Il punto è proprio questo. Erano i biscotti di zio Ryun: sformati, bruciati e a malapena commestibili. E lui li ha ammirati come fossero i migliori al mondo. E ha ammirato me come fossi la persona migliore al mondo.»
«Beh, stava letteralmente morendo di fame. E tu lo stavi salvando.»
«Non c'entrava soltanto la fame, lui... sembrava che l'unica cosa per cui non fosse pronto era che glieli offrissi e basta. Come se non avesse osato neanche sperarci. E quando è successo, mi ha abbracciato fortissimo. E scoppiava di felicità. Ma tutto quello che ho fatto è stato offrirgli dei biscotti» ribadì. «Io non riuscivo a capire perché avesse reagito in quel modo, quindi ho cercato una spiegazione nei libri sui sylcra. Ho scoperto che i soldati sylcra il cibo se lo dovevano guadagnare.»
«In che senso?»
«Lo ricevevano solo se ammazzavano abbastanza» rivelò, strusciandosi il portachiavi sulla gamba in un andirivieni infinito. «E se si rifiutavano o non raggiungevano la quota prefissata, non mangiavano affatto... Ovvio che Revi fosse sconvolto! Per avere quei biscotti ha semplicemente dovuto chiedere.»
«Dici... che è per questo che è pelle e ossa? Perché non ha voluto prestarsi a questa regola?»
«Non lo so, può darsi!» strepitò. «So solo che non è neanche la cosa peggiore che ho imparato! Perché i soldati sylcra avevano pure un chip nel collo che esplode, se provavano a scappare! E secondo il Consiglio ce l'ha pure Revi! Ed è stato così coraggioso da scappare comunque! E come l'abbiamo ricompensato?! Privandolo per sempre della sua libertà! Non è—»
Yaro si morse la lingua, perché aveva voglia di piangere da un bel po', ma farlo davanti a Tryn era fuori discussione. Continuò solamente quando fu certo di crollare.
«... Non è giusto.»
Tryn guardò in avanti in silenzio, in un punto imprecisato del vicoletto in ombra, e d'un tratto le sbocciò sul volto un'espressione che Yaro conosceva e temeva. Un'espressione che aveva tutta l'insolenza di un Nume e nemmeno una briciola del loro contegno.
«Allora sistemiamo le cose» asserì.
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Foto: Tryn Nurak (non precisa al 100%).
E finalmente, ecco anche la seconda parte! Perdonate il quasi ritardo. Questo è periodo di corsi e i treni non sono belle persone. Ho avuto un attimo di respiro e tranquillità per dare un'ultima occhiata al capitolo prima di pubblicarlo soltanto dopo cena. E spero che vi sia piaciuto leggerlo quanto è piaciuto a me scriverlo!
Che avrà in mente di fare la nostra Tryn? Sorry, ma dovrete aspettare il nuovo capitolo di sabato 27 o domenica 28 aprile per scoprirlo! Nel frattempo, allietatevi con questo e con il meme di fine capitolo. A presto! ^-^
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