Capitolo 1 - Federico
Non ci posso credere, la giornata di oggi è iniziata decisamente male!
Torno nella sala con gli armadietti dove teniamo i vestiti e mi cambio le scarpe, indossando nuovamente le mie converse. Com'è possibile versarsi del caffè direttamente sulle scarpe? Come?
Mi rimetto al lavoro, consapevole che in questo momento probabilmente ho un aspetto ridicolo, ma poco importa.
Sono qui per lavorare ed è questo l'importante.
Il Caffè degli Amori, così si chiama il bar in cui lavoro, si trova in un punto strategico del quartiere. Qui ha sede un'università e il bar si trova precisamente tra gli edifici scientifici e gli altri, vicino alla libreria, la farmacia e l'ufficio postale. Insomma, il posto perfetto. Per questo motivo è sempre affollato di studenti che vengono a fare colazione di prima mattina o che si fermano per fare una piccola pausa tra una lezione e l'altra. Alcuni entrano un attimo solo per bere un caffè al volo, per poi riprendere la camminata veloce in direzione dell'edificio dove hanno lezione.
Ed io, che non ho lezioni questa mattina, faccio il cameriere qui da diversi mesi.
Sono subito entrato in confidenza con il capo, che dopo aver dato una veloce occhiata al mio curriculum mi aveva assunto con entusiasmo, non che ce ne fosse il motivo. Moreno è semplicemente fatto così.
Questo bar esiste da diverso tempo ma Moreno lo ha acquistato negli ultimi anni, dopo aver lasciato l'università.
Frequentava scienze geologiche proprio qui ed è in questo stesso bar che ha incontrato quella che poi è diventata sua moglie, Melissa.
Con i capelli castani e mossi lunghi all'incirca fino al mento, i baffi e il pizzetto, ce lo vedo proprio a fare il geologo. Anche se, a dirla tutta, non ho ben chiaro cosa faccia un geologo.
Non so, lui mi dà semplicemente quest'idea.
E invece ha deciso di darsi alla ristorazione, acquistando il bar in cui si è innamorato di Melissa e rinominandolo, proprio per questo motivo, Caffè degli Amori.
Melissa invece è una geologa davvero, lei non ha lasciato l'università come suo marito ma ha proseguito fino alla fine, a testa alta, affrontando la laurea senza timore, o almeno è così che mi immagino siano andate le cose.
È una donna alta e bella, con i capelli corti e castani dello stesso colore degli occhi. Ogni tanto viene qui al bar e si mette alla cassa, per dare una mano. È bello che voglia aiutare il marito negli affari, quando non è impegnata col lavoro.
Sono l'unico cameriere al momento, il ragazzo che lavorava qui insieme a me ha mollato il lavoro settimana scorsa perché ha la laurea in vista e vuole, giustamente, concentrarsi su quella.
E così qui ci sono solo io.
Quando non lavoro, perché sono a lezione o perché ho finito il turno, è Moreno che si occupa di tutto.
Non so come faccia, io di certo non ci riuscirei. Okay che sono maldestro, lo riconosco, ma in caso contrario penso che non ci riuscirei comunque.
Probabilmente è il suo amore per questo posto e per quello che significa per lui che gli permette di affrontare qualsiasi cosa.
Non che la mancanza di dipendenti sia un dramma, non ancora almeno. Ha affisso qualche giorno fa il volantino "cerchiamo camerieri" sulla vetrina e presto, ne sono sicuro, qualcuno si presenterà. La zona è piena di studenti che devono pagare le tasse scolastiche, alcuni vivono anche nei paraggi, basta solo avere pazienza e continuare a darsi da fare nell'attesa.
Mentre porto le bevande ad alcune clienti sento aprirsi la porta e vedo che sono appena entrati nel locale due tra i nostri clienti abituali: un ragazzo e una ragazza.
Probabilmente frequentano quest'università, mi domando quale facoltà.
Lascio trascorrere poco più di un minuto e raggiungo il loro tavolo per prendere le ordinazioni. Torno dietro il bancone, do la precedenza agli altri tavoli, andando in ordine, e per poco non faccio cadere una tazzina. Allungo una mano appena in tempo per fermarla e salvare lei e il suo contenuto da una caduta rovinosa sul pavimento o peggio, sulle mie scarpe. Non ne ho altre, non qui, e direi che non è il caso di rovinarne due paia in una giornata. Tiro un sospiro di sollievo mentre rimetto la tazzina al suo posto sul vassoio e torno al lavoro come se niente fosse. Non credo che qualcuno abbia assistito alla scena, per fortuna.
Finisco di servire alcuni tavoli poi preparo i cappuccini dei due ragazzi e glieli porto.
Noto che la ragazza bionda mi guarda con insistenza. Non ne capisco il motivo, forse ho qualcosa di strano oggi. Anzi non credo sia la prima volta che succede, forse quella che ha qualcosa di strano è lei o magari le sto antipatico a pelle. Le rivolgo un sorriso cordiale, non sapendo come comportarmi, e torno dietro il bancone.
I clienti continuano ad arrivare, uno dietro l'altro. Questo è l'orario di maggiore affluenza, dovevo aspettarmelo. Presto arriverà il capo e mi darà una mano stando alla cassa, devo resistere solo un altro po'.
Mentre lavoro mi accorgo che ogni tanto sposto lo sguardo sul ragazzo che è in compagnia della bionda. Per qualche motivo mi incuriosisce. È ben vestito, probabilmente quegli abiti sono firmati, i suoi capelli castani sono corti e ordinati. È alto, con le spalle larghe e sta leggendo un libro che tiene appoggiato sul tavolo. Il libro è piccolo, sembra uno di quelli che, quando te li ritrovi davanti in libreria e sono sulla tua lista, tiri un sospiro di sollievo perché sai che avrai poco da studiare, ma poi scopri che è fitto di concetti e vorresti solo bruciarlo e ritirarti dall'università.
Indubbiamente si tratta di un libro universitario, il che mi conferma che frequenta questa università, o non avrebbe senso venire fin qui a far colazione. Mi domando quale facoltà, forse il titolo del libro potrebbe aiutarmi ad indovinare. Non so perché ma sono veramente curioso e ogni volta che lo vedo entrare qui il mio sguardo si posa automaticamente su di lui.
A volte, anche se il mio turno è ormai finito, se lo vedo entrare aspetto ad andare in pausa per poter servire il suo tavolo.
Vengo distratto dal mio capo che, finalmente, è arrivato a soccorrermi.
"Buongiorno Federico!" mi dice, raggiungendomi dietro al bancone. "Mi cambio subito e arrivo" sparisce dietro la porta della saletta del personale.
Spero si sbrighi.
Nel giro di un paio di minuti Moreno riemerge dalla porta con indosso un'uniforme identica alla mia, scarpe a parte, pronto a lavorare e pieno di entusiasmo come al solito.
Prende qualche ordinazione alla velocità della luce e me le passa, sovraccaricandomi di lavoro, quindi si posiziona alla cassa per prendere i soldi e dare gli scontrini ai clienti che sono in attesa.
Preparo in fretta i caffè stando attento a non versarne neanche una goccia, prendo le brioche facendo attenzione a non spolverare di zucchero l'interno bancone, porto tutto ai rispettivi tavoli e il gioco è fatto, sono riuscito a smaltire un po' la grande quantità di ordini che mi erano stati affidati.
Mi appoggio pigramente al bancone con i gomiti, finalmente ho un po' di respiro.
Il mio sguardo si sposta sul tavolo del ragazzo misterioso, ora libero. Guardo oltre la vetrina e lo vedo, insieme alla ragazza bionda, che si allontana, diretto agli edifici scientifici.
Sono sempre insieme, probabilmente è la sua ragazza. Questo pensiero mi fa sentire un po' strano, improvvisamente ho lo stomaco sottosopra. Evito di pensarci e torno concentrato sul lavoro.
Filippo, un mio amico delle superiori, mi ha invitato a mangiare con lui alla mensa dell'E4 e accetto volentieri, dato che per l'ora di pranzo ho ormai finito il mio turno nonché la giornata lavorativa.
L'E4 è uno degli edifici scientifici, così mi piace chiamarli, e Filippo ha spesso lezione qui. È bello il fatto che ci siamo iscritti alla stessa università, lui è l'unico dei miei amici delle superiori che studia qui e per questo non ci siamo persi di vista. Peccato che frequenta giurisprudenza mentre io scienze dell'educazione, ma riusciamo comunque ad incontrarci in momenti come questo.
Parliamo del più e del meno mentre mangiamo la nostra pasta e in un attimo abbiamo già finito sia il pranzo che il tempo a nostra disposizione. Ci salutiamo, lui corre alla sua aula per non arrivare tardi a lezione e io esco dall'edificio diretto alla fermata della metro.
Potrei camminare, attraversare la zona con il bar e la libreria e raggiungere gli altri edifici dove avrò lezione, ma sono già stanco per via dell'intensa mattinata e decido di prendere la metro, anche se si tratta di fare soltanto una fermata.
Il viaggio è veloce, scendo dalla metro e salgo le scale per raggiungere la superficie. Quando sono ormai arrivato all'ultima rampa di scale, che si trova alla mia sinistra, svolto stando troppo vicino al muro e finisco inevitabilmente addosso a qualcuno.
Cado a terra, facendomi male al sedere.
"Elena!" esclamo, infastidito, appena prima di alzare lo sguardo sulla ragazza che ho davanti, anche lei per terra.
Non mi è servito guardare per capire che fosse lei.
Subito si rimette in piedi come se niente fosse e si dà delle pacche sui pantaloni per ripulirli dalla polvere. Sbuffa.
"Elena cosa? se sapevi che ero lì non dovevi venirmi addosso" si lamenta.
Elena è una mia compagna di corsi, ma non è per questo che ci conosciamo.
Lei crede fermamente nel vero amore e sogna di incontrare la sua anima gemella in una scena da film, scontrandosi contro il fortunato ragazzo dopo aver svoltato. Insomma, finendoci proprio addosso.
Dato che al destino bisogna dare una spinta, o almeno così lei sostiene, ogni giorno si apposta vicino alle scale della metro in orari strategici per potersi scontrare contro il maggior numero di ragazzi possibili.
È così che ci siamo conosciuti e anche oggi sono caduto nella sua trappola.
Mi porge la mano per aiutarmi a rimettermi in piedi e l'accetto senza fare storie. Tanto è inutile, lo so.
"Ti sei scontrata con qualche bel ragazzo oggi?" le chiedo, ancora dolorante per la caduta.
Mi passo le mani sul sedere sperando che smetta di fare male, mi aspettano quattro ore seduto sulle sedie scomode dell'università e non posso affrontare la giornata in questo modo.
"Starei ancora appostata qui se ne avessi incontrati?" sbuffa. "Zero, nessuno. Solo ragazzi brutti"
Raccolgo il suo zainetto color oro, appoggiato in un angolo per non darle fastidio nel suo incontro-scontro col destino, e glielo porgo.
"Forza, andiamo o faremo tardi a lezione"
Anche se controvoglia lo prende e se lo carica su una spalla.
Saliamo le scale e ci dirigiamo insieme verso l'E7 dove avremo lezione tra una manciata di minuti.
Il trimestre è iniziato da poco e ho passato buona parte della sessione di esami qui a Milano, pur essendo uno studente fuorisede, per lavorare e dare più esami possibili. Sono al secondo anno di università e ormai la mia vita ce l'ho qua. Ho un appartamento, anche se lo condivido con due coinquilini, ho Elena e Filippo, rimasto qui anche lui per via degli esami, e ho il mio lavoretto part-time al Caffè degli Amori di Moreno. A casa non mi aspetta molto, a parte la mia famiglia. Gli amici delle superiori li ho persi di vista praticamente tutti ormai e sì, potrei studiare anche là ma mi concentro molto di più in università.
E poi qui ho Elena, appunto. Insieme a lei ho preparato la maggior parte degli esami e continueremo a studiare insieme finché potremo, dato che la nostra è una strategia vincente. Studiando insieme ci aiutiamo un sacco e dare gli esami risulta un po' più semplice di come sarebbe in caso contrario.
Sposto lo sguardo sulla mia amica, che cammina tranquilla con lo zaino in tessuto color oro lucido appoggiato su una spalla sola. Ci conosciamo dal primo anno, il nostro è stato un incontro brusco perché appunto ci siamo scontrati vicino alle scale della metro, ma senza di lei non so come avrei fatto a sopravvivere per quest'anno e mezzo.
Non sono molto socievole, non che io abbia qualcosa contro gli altri, semplicemente non sono mai il primo a iniziare un discorso con qualcuno che non conosco. Non faccio amicizia facilmente.
La mia amica ha i capelli biondi lisci come spaghetti e raccolti in una coda alta ben stretta. La ricrescita del suo colore naturale, nero corvino, è in bella vista e poco le importa. Indossa degli occhiali da sole dalle lenti scure che nascondono i suoi occhi alla vista degli altri, ma io li conosco bene e so che sono color nocciola. Indossa una maglietta nera attillata, un paio di jeans attillati anche quelli e un cardigan marrone lasciato aperto. Niente giacca, non capisco come faccia a sopravvivere con questo clima. Siamo a inizio marzo e qui fa decisamente freddo!
Ai piedi porta un paio di scarpe da ginnastica bianche e le calze.. sono inesistenti, non si vedono e penso proprio che non le indossi. Ha le caviglie completamente scoperte, io morirei se andassi in giro così.
Spesso mi preoccupo per la sua salute e le faccio notare che è vestita troppo leggera ma mi zittisce sempre dicendo che non ha freddo. Contenta lei.
Forse dovrei preoccuparmi di più della sua salute mentale, considerando il fatto che prende la metro sempre presto per potersi appostare vicino alle scale che portano in superficie.
Finalmente raggiungiamo l'E7 e anche la nostra aula, giusto un attimo prima che la professoressa di storia medioevale inizia a far lezione.
Prendiamo posto e speriamo che queste due ore, solitamente interminabili, passino in fretta almeno questa volta.
Spazio autrice
Bene, avete fatto la conoscenza di Federico.. e della sua strana amica Elena. Cosa ne pensate di loro?
Spero che il capitolo vi sia piaciuto, se è così vi invito a lasciare una stellina e se vi va anche un commento.
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