Tentativi vani d'un amore esasperato

Mi hai fatto male, Amore. Ma tu chiamami, pronuncia il mio nome con dolcezza, sussurrami quanto mi ami, non temere di farmi ancora del male. Feriscimi, uccidimi, non avere paura. Non aver timore di me, ché io per te morirei, non credere che l'abbia con te; mi hai solo deluso, illuso.

In fondo cos'è l'amore? Che ne sappiamo noi che non conosciamo altro modo di amarci?

Distesi su un prato di diamanti, quella sera, mentre la rugiada splendeva, abbagliata dalla luna lucente, noi ci confidavamo il nostro amore attraverso sguardi timidi, roventi, incantati. Io lo ero, ero incantato dalla tua mente.
Ti avevo nella testa e ti avevo permesso di passeggiare tra i miei pensieri; potevi vedere il mio mondo nero e la scelta stava a te: uccidermi o curarmi.

Compresi col tempo che per te ero come cocaina da sniffare: un gioco, una distrazione.

Quella sera mentre t'osservavo, pensavo che non volevo cadere in amore: era da immaturi. Cadere, inciampare in amore, in te, Amore, sarebbe stato come farsi trasportare dalla tua corrente, perdersi nella tua persona, ma io nel frattempo sarei precipitato perché sarei caduto, e se per caso fossi riuscito a stare in piedi sarebbe stato grazie a te e non a me. Sarei stato senza spina dorsale, non sarei riuscito a stare solo. L'amore, pensavo, è bello, reale, vivido, tangibile quando è. Constatai che volevo essere in amore e non caderci, come in un precipizio.

Adesso rido amareggiato, al ricordo dei miei futili pensieri. Fui sciocco, non mi resi conto che ero già caduto. Che ingenuo fui!

Quella sera scatenammo l'ira dell'amore, Afrodite c'impose di farlo e noi lo facemmo con i nostri pensieri, in ogni modo possibile, con la consapevolezza che avevamo imparato ad amare, con la passione di chi aveva compreso il senso della felicità. Facemmo l'amore e fu meraviglioso.

Passarono i giorni e sperare che sarebbe potuto andare nel modo giusto tra noi era una fantasia; il modo migliore per chiamarmi era farlo con la parola "ex". Ero un gioco, lo fui, dannazione! E io che pensavo che tu fossi persa per me; che illuso! Caddi nell'esatto istante in cui credetti alle tue parole. Ma in fondo non posso vomitarti questo lamento straziante che sono le mie accuse; non eri solo tu a illudere la mia mente e le mie viscere, anche io avevo imparato a giocare con te. Era un'eterna lotta alla sofferenza. Chi fosse sopravvissuto avrebbe avuto la meglio sull'altro, che ansimante a terra avrebbe tentato di curare le proprie ferite. Ehi, ero io quello a terra!

Non abbiamo mai saputo amarci, noi due.

Amore, mi hai ucciso lentamente con una coltellata al petto. Il mio cuore è stato perforato e ora non è possibile ricucirlo; una lava di rubini sgocciola dal mio organo più vivo, ora morto.

Ti avevo dato tutto; solo per fartelo sapere, nessun pretesto con l'esito di una valanga d'agonia, di malinconia.

Quando Afrodite benedì il nostro amore scostumato, sfortunato noi non imparammo affatto ad amare, avevamo solo capito come farci male. Ci stavamo distruggendo pezzo dopo pezzo, carezza dopo carezza. Ci siamo dati tutto, ma ne volevamo ancora; non c'era più niente da donare, ci eravamo prosciugati. Le lacrime che ci siamo asciugati bruciavano sulle nostre pelli troppo sensibili e adesso ritornano a farci compagnia; erano delle amiche troppo intime per lasciarci andare.

È abbastanza per me provare tutto questo dolore, provare ad amare invano. Tutti i miei sforzi sono stati nulli, polvere al vento. Potevi essere l'unica a salvarmi; avevi visto la mia mente, e invece di farmi ritrovare la luce, hai deciso di lasciarmi agonizzante sul letto. Avresti potuto rendermi umano, avresti potuto insegnarmi ad amare, ma non sapevi farlo neanche tu, quindi come avresti potuto insegnarmi qualcosa che non sapevi? Però sai, ti perdono. Ho voluto anche io soffrire, l'ho permesso, avrei potuto evitarlo ma lo sai che la mia mente è contorta, curiosa e non me l'ha lasciato fare. Non avevo abbastanza forza di volontà per trattenere il male. Non ho fatto da scudo a me e né a te, così abbiamo assorbito tutta la feccia come spugna.

Ci sono troppi amanti a questo mondo destinati a perdersi, com'è accaduto a noi; un'infelice realtà.

Adesso il risentimento è passato e io mi chiedo: "come possiamo perdonarci tutto il male, le frasi roventi, le urla amare e ritrovare la pace, un po' di conforto? Come posso perdonarmi il male che ti ho fatto e tu come puoi perdonarmi?"

Perdoniamoci amandoci.
Tremendamente egoisti fino alla fine, tu e io.

L'amore, quello che noi credevamo tale, ci ha reso ripugnanti, avari. Ora però desidero le tue labbra su di me e non m'importa del perdono, mi piange l'animo per la mancanza che il mio cuore sente. I battiti accelerati, gli occhi sognanti, le labbra in un continuo ballo con i denti che le affondano... mi manchi, e mi manca sentire l'effetto che ho su di te.

Sono un bugiardo, non é vero che non m'importa del perdono è che ne ho proprio bisogno. Mi chiedo però: "Come puoi perdonarmi se non lo fa prima la mia mente? Come potrei accettare il tuo perdono se prima io non faccio pace con me stesso?"

Questa mattina mi sono guardato allo specchio e lì ho trovato riflesso il demonio.

Amore, fammi vedere chiaro quello che meritiamo.
Starò bene, riuscirò ad amare il mondo e il tramonto come un tempo, solo che il mio passato mi ha donato tante sofferenze e ora ci sto facendo i conti.

Il sangue nelle mie vene mi ha spaventato; il diavolo mi intimava di ascoltarlo. Con le mani a supportare il cranio ho chiuso gli occhi e tremavo al pensiero che quel demonio fossi io.
Ho seguito le voci nella mia testa e con un urlo straziante pieno di malinconica paura ho dato un pugno allo specchio, frantumando in mille pezzi il mostro che mi abitava. Non mi sono preoccupato del mio sangue, dei rubini feriti che popolavano il mio cuore e delle lacrime che hanno bagnato il mio viso, perché sarei stato bene, era una certezza.

Ho perdonato il male che ti ho fatto, che mi son fatto.

Adesso non desidero altro che vedere l'alba sorgere nei tuoi occhi poi assaporare le tue labbra, la tua pelle e il tuo cuore, perdendomi ancora e ancora nelle vie infinite dell'amore.
Scusami, sono egoista; non so fare a meno di te.



Ciao! Cosa ve ne pare della storia? Mi piacerebbe leggere la vostra opinione al riguardo. Sì, lasciate un commento con la vostra opinione, poiché non m'mporta un granché delle stelline, m'importa del vostro pensiero.

Questo testo è stato scritto per la prova d'ingresso del concorso di scrittura creativa indetto da Chrysalism_Agape_ , giudici: Saphesse , ManaVeer , LittleRedOwl . Ho scelto la traccia numero due.

A presto!

- Cenere

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