Capitolo XLI
Mi sveglio di soprassalto quando sento un bacio prepotente premere sulle mie labbra.
Julius si tira indietro veloce, prima di ricevere una testata, per il fatto che mi sono alzata a sedere di scatto.
Peccato!
Se non fosse che mi ha colta di sorpresa gli avrei dato di proposito la testata.
- Buongiorno piccola la mia Rosy. - ghigna divertito.
Un brivido violento mi percorre tutto il corpo.
Il ribrezzo nel sentirmi chiamare piccola, per nulla paragonabile al piacere che mi dà Chris quando è lui a chiamarmi così.
Il disgusto di sentirlo aggiungere "mia".
Il disprezzo nel sentirlo usare il mio soprannome.
E in più la voglia di vomitargli in faccia dopo quel bacio, sono tutte emozioni fortissime perché si possa definire "buono" questo giorno.
- Buongiorno? Devo ricordarti che sono stata rapita da te? Dove lo vedi il buongiorno? - sputo acida.
- Ah, che lingua biforcuta. Non mi è mai piaciuta. Ma vedremo di sistemare anche quella, sono paziente. - mi guarda convinto delle sue idee.
Un altro forte brivido mi scuote.
Non voglio passare nemmeno un altro mezzo secondo qui con te!
Ma anche se glielo urlassi non servirebbe a nulla, mica mi libererà.
Lui desidera troppo il trono.
Non c'è spazio per nulla se non per l'avidità, ha un cuore vuoto come lui.
- Ti ho portato la colazione. Sai... volevo farmi perdonare per ieri. Siamo partiti col piede sbagliato. Ma andrà tutto bene. -
Mi viene da ridere sarcastica.
Certo, come no.
Andrà tutto bene quando sarò lontana da te!
E quando sarò tra le braccia del mio ragazzo.
Tralasciando un attimo i miei pensieri di salvezza, non penserà sul serio che io mangi ancora qualcosa portatomi da lui?!
Dopo ieri passo!
- Ora sono così addolorato dall'idea di doverti lasciare, ma devo. - mi osserva con sguardo falsamente rammaricato.
Sussulto.
- Lasciarmi? -
- Sei proprio smemorata. Non ricordi che ti ho detto che questo pomeriggio partiamo?! Devo preparare un paio di cose prima, tra cui ovviamente il cibo. E per questo ora ti lascio. Ma non temere, sarò qui tra meno di un'ora. - mi accarezza i capelli.
Appellandomi a tutta la calma di cui dispongo, cerco di non muovermi a quel gesto.
- Che ore sono? - chiedo invece.
Fuori è ancora piuttosto scuro, ma forse è dovuto alla presenza di tutti quegli alberi.
Julius si guarda l'orologio, ovviamente d'oro, al polso.
- Mm... meno un quarto alle otto. - risponde con calma.
Tanto lui ha tutto il tempo del mondo.
Poi torna a guardare me.
Sorride malizioso.
- Non temere, non starai sola per molto. Tornerò di corsa a farti compagnia. - si lecca, inquietantemente, le labbra.
Quelle parole mi fanno contorcere le budella.
Ed il gesto completa il tutto.
Senza dire altro esce dalla stanza.
Appena sento il rumore ovattato, per la distanza e la presenza delle pareti, della sua macchina che parte mi sfilo nuovamente la forcina.
Lo so che è stupido, considerato che per tutto il tempo che già ci ho provato non ho ottenuto nessun risultato, ma è l'unica cosa che posso fare.
Quasi venti minuti dopo non ho risolto nulla.
Mi sento così debole.
Inizio ad osservare il soffitto depressa.
Poi la mia me interiore si anima.
"Rose Christine De Floreciaques! Sei la Principessa ereditaria di Saron! Non ti vergogni a rinunciare così in fretta?"
Rimetto la testa dritta di scatto.
Ha ragione!
Ha pienamente ragione!
Io sono una Principessa e non una qualunque, è mio il cognome che porteranno i miei figli, mio sarà il giudizio finale e mia sarà la forza di uscire da questa situazione.
Se non riesco a superare questa cosa come posso pensare di governare un intero regno, per non parlare dei paesi?
Devo dimostrare il mio valore.
Guardo le manette.
Con la forcina non ci riesco?
Bene! Vorrà dire che seguirò l'altro piano!
Ora non c'è più il mio rapitore, quindi non devo nemmeno preoccuparmi che mi senta urlare e corra qui.
Dopo un respiro profondo cerco di fare pressione, con la mano destra, sul pollice della sinistra.
Per quanto il dolore sia lancinante non succede nulla.
Poi mi viene un'idea.
Cerco di spingere la manetta e la mano, con tutta la forza che riesco, contro la testiera del letto.
Primo colpo. Urlo. Niente.
Secondo colpo. Grugnisco e urlo.
Ancora niente.
Terzo colpo. Sento alcune ossa rompersi.
E con sento intendo sia fisicamente che letteralmente ne sento il suono.
Lancio l'urlo più forte di tutti.
Un urlo che poi si smorza in gola alla vista della mia mano libera sul mio petto, stretta con l'altra mano.
A quanto pare il dolore era stato tanto da nemmeno rendermene conto.
Mi alzo finalmente in piedi, dopo più di un giorno.
Le gambe sono leggermente intorpidite, ma non ho il tempo materiale di farle riprendere del tutto.
Ho mezz'ora prima che torni.
Non è molto, anzi...
Mi fiondo subito fuori dalla porta per poi uscire dal castello per la porta posteriore, perché quell'odiota ha chiuso il portone principale, ma non quello di servizio.
Appena sento l'aria sul viso rabbrividisco.
Fa più freddo rispetto a casa, ma non male.
"Non hai tempo di pensare al clima stupida!" urla la mia me interiore.
Come sempre ha ragione.
Inizio a correre.
Ricordo vagamente di aver passeggiato in questi boschi con Julius e che ci fosse un sentiero che portava ad un fiumiciattolo.
Lì mi aveva spiegato "Questo fiume va fino al paese."
Il problema è trovare quel cavolo di fiume.
Nel bosco non è che ci siano cartelli con le indicazioni.
In più tutto sembra uguale.
Non so nemmeno da quanto sto correndo quando inciampo.
Mi aggrappo ad un albero affianco, scatenandomi un urlo visto che mi sono aggrappata con la sinistra.
La fitta è stata allucinante.
Guardo verso terra per vedere il colpevole della mia quasi caduta.
Un lembo del mio sandalo si è strappato.
Perfetto, ora sono con una scarpa rotta!
Mentre cerco di aggiustare, alla bel e meglio, il sandalo mi incazzo per aver deciso di mettere i sandali al posto delle scarpe da ginnastica, due giorni fa.
Fottuto caldo! Colpa sua!
Fortunatamente avevo un fazzoletto di stoffa in tasca e sono riuscita a legarlo per far star fermo quel sandalo maledetto.
Beh, più che fortuna è un'abitudine.
Goffa come sono ne porto sempre uno con me così, nel caso io cada facendomi male, ho già qualcosa da bagnare per pulire eventuali ferite.
Anche se considerando tutto, non sono più caduta da quando conosco Chris.
Pensare alle braccia del mio biondino, che blocca le mie cadute, mi provoca una fitta al cuore.
Lo voglio qui.
Ora!
Mi manca così tanto.
Chissà quanto deve essere in pena, starà impazzendo.
Scrollando via i pensieri deprimenti ricomincio a correre, per quanto quella sistemazione precaria, della mia calzatura, me lo consenta.
Non so da quanto sto correndo, ma presumo sia quasi da due ore.
E a quel punto lo vedo.
O meglio, sento.
Sento il rumore del fiumiciattolo.
Inizio a correre seguendo il suono, ma finisco per trovarmi di fronte ad un'alta roccia.
Mi guardo intorno.
È come una specie di muraglia che costeggia il fiumiciattolo.
Come diavolo faccio a scendere da qui?
Non posso mica buttarmi!
Forse posso scendere aggrappandomi dove posso...
Però... questa roccia è praticamente tutta liscia.
Dannazione!
Sento poi una voce che mi fa gonfiare di felicità il cuore.
- Ci siamo persi, cazzo! -
Chris!
Oddio è Chris!
Mi inginocchio al bordo della roccia e guardo giù.
È davvero il mio Chris.
Un Chris angosciato, con le mani tra i capelli agitato, ma sempre il mio biondino.
- Chris! - urlo.
Mi viene da piangere.
Scatta subito la testa a destra, sinistra e si guarda dietro.
- Chris! - urlo più forte.
E allora alza il capo e mi vede.
Stupore.
Gioia.
Sollievo.
Vedo tutte queste emozioni passargli in volto.
"Rose" mimano le sue labbra.
Come se non credesse che sono davvero davanti a lui.
Ma sono vera, sono realmente qui.
E pure lui lo è.
Sorrido e lui ricambia.
Dire che sono felice non rende minimamente l'idea.
Sento poi una voce urlare da non troppo lontano - Rose!! -
Euforica com'ero credevo fosse Chris, ma le sue labbra non si sono mosse.
- Rose!!! - sento più vicino e capisco.
È Julius.
- Rose, aspettami che vengo a prenderti! - mi urla il mio ragazzo da sotto quella roccia che ci divide.
Scuoto la testa.
Mi guarda confuso ed impaziente.
Non c'è tempo.
Julius urla di nuovo e sento che manca poco che mi raggiunga.
Guardo Chris e capisco cosa devo fare.
- Chris! Prendimi! - urlo.
E prima di lasciarlo rispondere o aspettare che mi passi per la testa qualche dubbio, mi butto.
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