Cadavere Squisito. Squadra Victor Brauner
Presi il telefono e scrissi Cindy la mia migliore amica "Andiamo questa sera alla festa di compleanno di Jordan.
"Passarono pochi secondi e lei rispose: "certo, Marika ci vediamo stasera sotto casa tua, a dopo." Posai il telefono e aprii l'armadio per cercare qualcosa da indossare. Volevo trovare un abito bello ed elegante per la festa di compleanno del mio migliore amico, di cui sono innamorata.
Era il suo diciottesimo compleanno, quindi dovevo vestirmi bene.
Dopo un po' di indecisione, scelsi un vestito nero senza bretelle e con la gonna corta.
Lo indossai e mi misi davanti allo specchio. Mi osservai attentamente il vestito aderiva perfettamente al mio corpo, mettendo in risalto le curve senza esagerare.
Speravo che Jordan mi notasse.
Con questo abito, era difficile passare inosservata.
Non voglio vantarmi, ma si sa che i ragazzi vengono attratti da questi vestiti scollati.
Jordan non era uno di quelli che si lasciavano impressionare solo dall'abbigliamento, ma i vestiti fanno sempre la loro parte nel rendere le ragazze attraenti. Il campanello suonò, e andai ad aprire.
Era Sally, la mia migliore amica.
"Alla buon'ora, sei un po' in ritardo," le dissi scherzosamente.
"Lo so, ma non trovavo nulla che mi convincesse da indossare," rispose ridendo.
"Non trovavo adatto nessun vestito.
Ci ho messo mezz'ora solo a cercarlo, alla fine ho optato per questo bianco."
Il suo vestito era identico al mio, solo che il mio era nero.
L'avevamo comprato un giorno insieme, proprio per occasioni speciali come questa. La festa si svolgeva nella casa di Jordan, in montagna, circondata dai boschi.
Era un bel posto tranquillo, senza che nessuno potesse disturbare.
Di notte, però, metteva inquietudine.
Non si sa mai chi si possa nascondere tra gli alberi.
Per fortuna, finora non era mai successo nulla di brutto.
Jordan passava lì solo durante le vacanze estive e durante l'inverno per sciare.
Amava lo sci, era il suo sport preferito, e sognava un giorno di diventare un famoso sciatore.
Arrivammo a casa sua, la musica alta risuonava anche all'esterno.
La festa era già iniziata e la casa era affollata di ragazzi del paese.
La tavola era ricca di pasticcini e torte di vario genere, visto che Jordan era il figlio del pasticciere locale.
Le bevande disponibili erano Coca-Cola e altre bibite analcoliche; avevano deciso di evitare l'alcol, considerando che la maggior parte dei ragazzi presenti era ancora minorenne.
La festa era in pieno svolgimento, e Jordan mi raggiunse subito.
"Sono contento che tu sia venuta," disse.
"Non potevo mancare al tuo diciottesimo compleanno," risposi.
"Vuoi darmi il piacere di un ballo?" chiese lui. Guardai la mia migliore amica, cercando il suo consenso.
Non volevo lasciarla sola.
"Vai pure» disse lei.
«Ho trovato qualcuno che mi ha chiesto di ballare, ma prima di accettare, volevo parlarne con te.
Accetto la sua proposta, e mi raccomando: cerca di fare colpo per almeno un po' è il momento giusto»disse
«La guardai con uno sguardo che avrebbe potuto incenerirla all'istante.
Jordan ci osservò, ma per fortuna non aveva capito.
«Va bene,» dissi, e insieme raggiungemmo il centro della pista.
Iniziammo a ballare, e dopo vari balli con musica da discoteca, lui fece mettere un lento.
Aveva fatto di proposito? Mi chiesi.
La serata passò in fretta, troppo in fretta, ma si sa che le cose belle scorrono veloci.
Era ora di andare, e uscii dalla casa raccontando tutto alla mia migliore amica: del ballo romantico, del bacio e della sua dichiarazione.
Da quel giorno, io e Jordan ci eravamo fidanzati.
Era stata la giornata più bella, finalmente ero riuscita a ottenere ciò che desideravo.
Lui mi disse che da molto tempo era innamorato di me, ma non aveva mai avuto il coraggio di dirlo per non rovinare la nostra amicizia.
Quella sera, non riuscivo a pensare ad altro che alla festa e a tutto quello che era successo.
Finalmente avevo ottenuto ciò che desideravo, sembrava un sogno, ma invece era davvero la realtà.
Accompagnai Cindy a casa sua, e lei mi raccontò che il ragazzo con cui ballava, il suo vicino, le aveva detto che l'amava e le aveva chiesto se voleva essere la sua ragazza.
Appena me lo disse, pensai subito che fosse una coincidenza.
Arrivammo a casa sua, la salutai e le dissi che ci saremmo viste il giorno dopo.
Tornai a casa, cercai le chiavi nella borsa, aprii la porta e, in silenzio, raggiunsi la mia camera.
I miei genitori e i miei fratelli già dormivano, dopo tutto, era l'una di notte.
Entrai in camera mia, mi svestii mettendo il pigiama e mi misi nel letto, pensando ancora alla serata.
Dopo qualche minuto, mi addormentai.
Non capivo dove mi trovassi.
Ci volle un po' prima che realizzassi di essere nella casa di Cindy, ma cosa ci facevo lì?
L'interno era buio, e tastai il muro alla ricerca dell'interruttore della luce.
Quando finalmente lo trovai e lo accesi, l'ambiente apparve normale. «Cindy?» chiamai, ma nessuna risposta.
Avanzai lentamente, sentendo che c'era qualcosa di strano, ma non riuscivo a capire cosa.
Una sensazione di inquietudine e di paura mi pervase, e dei brividi percorsero la mia schiena.
Fu in quel momento che notai le impronte di scarpe insanguinate che partivano dalla camera di Cindy.
Seguii quelle tracce e mi resi conto che finivano alla porta sul retro, che era aperta.
Tornai indietro e misi la mano sulla maniglia. Aprì la porta lentamente, timorosa di ciò che avrei potuto trovare all'interno.
La scena che mi si presentò fu sconvolgente
Cindy giaceva a terra con una lunga ferita da taglio, e una pozza di sangue si era allargata sotto di lei.
Le tracce delle scarpe partivano dal suo corpo fino alla porta.
Corsi verso di lei per vedere se fosse ancora viva. Il suo battito era debole, e i nostri sguardi si incrociarono per qualche minuto. Provai a dirle qualcosa, ma le sue parole erano sconnesse.
Forse cercava di dirmi chi l'aveva uccisa, ma non riuscivo a capire.
Poi chiuse gli occhi, e Cindy morì tra le mie braccia senza riuscire a pronunciare il nome del suo assassino.
Mi svegliai di soprassalto, madida di sudore e con le lacrime agli occhi.
Ci misi un po' a capire che ero nella mia camera e che era stato solo un incubo.
Presi il telefono lo schermo segnava le tre e mezza di notte.
Chiamai Cindy, ma squillava a vuoto.
All'improvviso, partì la segreteria, e lasciai un messaggio: "Appena senti questo messaggio, chiamami.
Ho fatto un incubo e voglio solo sapere se stai bene."
Mi svegliai di nuovo quando ormai era mattina.
Presi il telefono, ma nessuna chiamata persa apparve sullo schermo.
Preoccupata e spaventata, mi cambiai e corsi fino alla casa di Cindy.
Bussai, ma nessuno aprì.
Presi la copia della chiave che mi aveva dato ed entrai.
L'interno era tutto normale, ma avanzai lentamente, con il timore di scoprire cosa avrei trovato.
La stessa scena dell'incubo era davanti a me: le impronte delle scarpe sporche di sangue partivano dalla camera di Cindy.
Aprii la porta e vidi la cruda realtà, la mia migliore amica era morta per davvero.
Chiamai la polizia che iniziò le indagini cercando di cogliere ogni indizio che poteva essere a loro utile, tornai a casa mia sconvolta e raccontai tutto ai miei genitori, che cercavano di consolarmi.
Sapevo che quella notte era a casa da sola.
I suoi genitori avevano avuto un'emergenza: sua nonna si era sentita male e mancava poco alla sua morte.
Era malata gravemente da un mese, e le era stato dato solo un mese di vita.
Quel giorno era arrivato, e se fossi stata con lei, forse sarebbe ancora viva.
***
Infilai le scale per ritrovarmi nella penombra, nel rassicurante disordine della mia camera da letto. Sistemai meglio la trapunta e vi saltai sopra. Dolore, senso di colpa e rabbia assillavano ogni pensiero eppure non riuscivo ancora a piangere e non mi sembrava umano... Irretita da tremolanti giochi di luce sulla carta da parati verde mela, roteai gli occhi sino ad appuntarli su di una memoria del passato.
Sopra una mensola, satinato da un filo di polvere sui suoi colori vivaci, sonnecchiava un libro privo di ogni indizio d'insofferenza. In un breve pomeriggio di un freddo inverno, l'avevo avvistato in un'edicola all'aperto, gettato alla rinfusa dentro una cesta in vimini, nella futile compagnia di mensili di astrologia e di cucina. Ero una bambina volitiva ma, per una volta, m'investì la sensazione d'essere stata scelta e fu una novità appagante. D'allora, lo avevo sfogliato eppure ne avevo rimandato la lettura: era lì e mi avrebbe aspettata, pronto ad accogliermi sempre.
Lo presi in mano, sfregai via un po' d'incuria, lo accarezzai, l'odorai e mi sdraiai, con l'irreale bisogno di tuffarmi fra le curiose avventure della principessa elfa Aralya.
Sollevando la copertina rigida e plastificata, mi sorrisero i disegni di nuvolette stralunate e vispe. Superai l'occhiello immacolato, la cornice e i caratteri arabescati del frontespizio, per addentrarmi fra le pagine illustrate della storia.
Attorno a un dedalo di ruscelli che balzellavano verso est sino al Lago Luminoso, cosiddetto per la singolare capacità delle acque d'apprendere la sapienza degli Elfi Silvani, si estendeva il Regno di Verdezolla. Il territorio era un tappeto di salici e pioppi, frassini e olmi e, proprio al centro, un'enorme quercia, spesso sede di conviti fra i più piccoli abitanti. La potente magia del luogo permetteva al palazzo reale di aleggiare sopra al lago, occultato da una nebbiolina perenne. Era dorato, circondato da rampicanti perennemente fioriti, mentre le altre abitazioni erano costruite con giunchi rigogliosi e mimetizzate nel folto della foresta.
I primi baluginii dell'alba rivelavano l'orizzonte mentre la Luna piena sbiadiva.
"Corri, Miele! Più veloce di un fulmine e portami in salvo!"
Aralya fuggiva, in sella al suo candido cavallo, voltandosi spesso a guardarsi alle spalle, in direzione di una nuvola di polvere e d'un frastuono di zoccoli.
"Per tutti gli Spiriti dei frassini! Lo vedi? Si sono già accorti della mia assenza e... insomma, non dormono mai!" e volgeva sconfortata i grandi occhi ambrati al cielo che si schiariva in fretta. "Ma, nemmeno uno stato di trance, no? Sono sfortunatissima! Non ho scelto il momento giusto per fuggire e, così, me li ritrovo alle calcagna! MIELE, dimmi bello, ti ho forse chiesto di guardare il paesaggio? MUOVITI!"
Il paziente destriero, al garbato invito, lanciava al vento un nitrito di lieve disappunto e serrava il galoppo. La dolce e viziata principessa che gioiva d'aver visto crescere, ora, pelle con le stesse sfumature degli alberi, treccine del colore del legno d'ebano, orecchie affilate e dalle alte punte ripiegate sotto il peso di cerchi d'argento, una coroncina di gocce di smeraldi e peridoti sulla testa, una cascata di leggiadre foglioline a ricoprirla e una mostruosa ansia nel petto, lo spronava come fosse stata l'ultima di quelle umane di cui si tramandavano misteriose leggende.
"I miei genitori hanno perso il senno! Capisci? Dicono che la tradizione m'impone di scegliere un compagno... ma sono matti? Voglio vivere la mia giovinezza, libera come una farfalla..." a queste parole, librava e agitava le braccia a mezz'aria per rendere l'idea, "Miele, tesorino, non vedi come quei fastidiosi pretendenti provino a riacciuffarmi? Vuoi darti una MOSSA?"
Aralya disdegnava la misura delle cose. Temeva di annoiarsi e nemmeno stare in sella riusciva a frenarla.
"Ricordi l'avventura nel deserto occidentale? Sssst, buono... Io e le mie compagne rischiammo di non fare più ritorno, a parte le vesciche sulla pelle... ma tu raggiungesti e guidasti Terim sino a noi", gli regalò una pacca riconoscente sul collo.
"E quella volta che, per puro caso, scovammo il libro di magia degli Antichi Saggi? Credimi, non l'avevano nascosto a dovere! Così, per passatempo, provammo qualche formula ma finì che stava per andare in fumo il palazzo... Per fortuna, Terim era nei paraggi e fu lesto a dare l'allarme!"
Miele s'impennò, molto contrariato.
"Ho capito, non imbizzarrirti! Ogni tanto, mi beffo di quell'elfo asfissiante ma so bene quanto sia sveglio."
Distante qualche migliaia di piedi, Terim s'ingegnava a dissimulare la fuga della principessa. Creava tracce con l'elemento terra, sino a formarne di nuove che conducevano lontano. Gli inseguitori, senza sospettare nulla, seguivano l'illusione e, corri corri, uno a uno, saltarono da una rupe avvolta in un polverone terroso, giù, sino alle acque giallognole per le alghe marcescenti del Mare Tempestoso. Non sarebbero morti per così poco, la loro magia li avrebbe protetti. L'elfo sperava solo di rallentarli e, appena fu certo d'aver scampato il pericolo, lasciò le briglie sciolte al suo fedele baio.
"Aralya, dove sei? Come riesci a trascinarmi sempre in situazioni così... così assurde? Perché mi lascio persuadere come uno sprovveduto?"
Non capiva se il battito tumultuoso del suo cuore fosse dovuto alla galoppata sfrenata o alla consapevolezza che presto avrebbe rivisto quella testarda creatura.
"Ma, che mi prende? Corallo", sospirò al cavallo, "ti autorizzo a disarcionarmi ogni qualvolta mi soffermerò su certe sciocchezze."
Sopraggiunsero dei sibili, vide radici emergere dal suolo, allungarsi, ingrossarsi, saettare dappresso, sorpassarlo, dirette al luogo in cui doveva trovarsi lei.
"Si sarà confusa o si troverà in qualche guaio?" sospirò, ancora più forte.
Conquistata, voltai pagina.
La principessa era precipitata in una profonda fossa. Essendosi ritrovata in un campo arido, brullo, coperto da collinette di cenere e bucherellato come un retino da pesca, le prodezze da cavallerizza l'avevano tradita. Tuttavia, contro ogni apparenza, era alquanto robusta cosicché la caduta non le aveva arrecato alcun danno, tranne una delle solite ferite all'ego.
Affatto rassegnata a sperare nell'aiuto dell'amico, usava la magia per richiamare a sé le radici, anche le più remote, per essere sollevata, incurante di ogni saggia considerazione.
"MIELE! E' colpa tua! Non ti sei accorto d'avermi persa per strada?" furono le prime parole, appena fuori. "Con tutto il bene che ti voglio, tu mi ripaghi così? Dimenticandomi... lì sotto?" la voce si smorzò, preda dei singhiozzi.
Il destriero la mirò, non rispose ma... non si era manco allontanato.
La terra tremò con vigore sotto i piedi, li fece barcollare. Udì un passo, cadenzato e assordante, avvicinarsi e, come una molla, saltò e ruotò su se stessa per affrontare la minaccia.
"Chi si rivede!" e digrignò i denti, sguainando una rilucente spada dal fodero alla cinta.
Dinanzi, le si parava un drago nero, con le pupille verticali intente a studiarla. Gigantesco, ricoperto di scaglie dalle sfumature rosse, con barbigli che, diramandosi dalla testa, s'inanellavano sino alla punta della coda. La bestia non aspettò che fiatasse oltre e soffiò forte una fiammata che la mancò di poco. Lei ruzzolò dal lato opposto. Seguirono degli attacchi a raffica mentre, a occhi chiusi, Aralya si rotolava a destra e a manca.
"Tocca a me, dolcezza!"
Stizzita, determinata a non farsi sopraffare, s'alzò e corse dritta di fronte al nemico, con il braccio alzato, fendendo l'aria e strillando a squarciagola. Il bestione sembrava disorientato da tanta incoscienza. La fissò. Lei lo raggiunse, si esibì in inconsuete acrobazie, affondò un colpo con tutte le forze che aveva in corpo e... una scaglia si staccò.
Il drago, assottigliando le palpebre, dispiegò le ali maestose, virò repentino la coda e la sbalzò via. Emise un ruggito talmente potente da raggiungere Terim che, preoccupato, accelerò la corsa.
"Come ti permetti, piccola impertinente?" sbraitò la furia.
"Hai cominciato tu! Guarda... mi stavi arrostendo le treccine! Per non parlare del mio vestito... Lo vedi, qui? Mancano delle foglie...", si giustificò lei.
"Certo... Senti, noi... avevamo un patto..." tentennò lui, con una punta di disagio.
"Vuoi che non ricordi? L'ho proposto io!"
"Ti rinfresco la memoria... Passando dalle mie parti, un combattimento per onorare la nostra amicizia. E' corretto?"
"Sì."
"Dunque?" alzò la voce, avvicinandole il muso.
"Stavi quasi per ammazzarmi!"
"Sono un DRAGO! Pretendi una pantomima?" tuonò.
"Uhmmm... Hai problemi d'alito, sai?"
"Stai cambiando discorso... ma dici sul serio?"
"Dico mai bugie?"
"Purtroppo, no!" ciondolò la testa, al colmo dello scoramento. "Secondo te, perché?" l'interpellò, di rimando.
"Apri un po' le fauci, su."
Terim arrivò. Trovò Aralya china, sprofondata dentro quella bocca, fra dentoni aguzzi, bava, con le natiche all'insù, sotto un Sole alto e gentile.
"Credo d'aver risolto il fastidio. Un rimasuglio putrefatto del tuo pasto s'era incastrato in fondo..."
"Grazie, cara!" e, ammansito, volò via.
La principessa s'accorse di Terim.
"Eccoti, finalmente! Che notizie mi porti?"
"Procede tutto secondo i piani. Dove siamo diretti?"
"Verso un destino... sconosciuto!"
Giocò con la faretra dell'amico e si sciolse in una risata argentina, contagiosa, spintonandolo per proseguire.
Terim, impacciato e paonazzo, rovesciando indietro i capelli fluenti, nivei come le sopracciglia, finse di non vedere l'abitino annerito, il seno che faceva capolino.
Mi scappò una risata allegra. Richiusi il libro e, ridendo, piansi la morte della mia cara amica.
***
28.8.2024
Trovo ironico che solo adesso ho la facoltà di rendermi conto che è stata più di una semplice amica, ho trascorso con lei giornate intere a sperimentare nuovi cibi, nuove attività, a visitare luoghi sconosciuti; le serate a leggere, giocare o anche soli a far nulla, ma oramai mi rimane solo questo vecchio ammasso di pagine consumate da anni di lettura. Era il suo libro preferito, questa cosa la ricordo, ma ogni singolo secondo che passa è un passo verso l'oblio, i ricordi tendono a svanire, la sua voce si è fusa con il vento che accarezza le fronde degli alberi. Se solo potessi sentirla ancora, eppure ogni tanto, quando cala la sera e si alza il vento, sembra proprio che mi chiami.
15.10.2027
I suoi occhi li ho sempre paragonati a delle stelle capaci di illuminare i momenti tristi, non so come facesse ma mi privavano di ogni sconforto. Quando adesso guardo le stelle vedo solo il buio che le circonda, così nero e famelico che ho l'impressione possa inghiottirmi.
17.6.2030
Sono anni ormai dall'ultima volta che l'ho vista, sto invecchiando, lei sicuramente non ha dovuto sopportare lo scorrere inesorabile del tempo, è rimasta cristallizzata per sempre, eppure il suo viso nella mia mente sta mutando in nebbia, ma mi rimane questo libro.
5.7.2030
Ogni volta che ne leggo le pagine la percepisco; lei è lì, è viva e sta bene.
10.3.2032
Ha sempre ammirato le creature fantastiche, in particolar modo le fate, non dubito che sarebbe lieta di essere associata ad un mondo che tanto amava.
22.11.2033
Ho iniziato a farle visita più spesso, sento troppo la sua mancanza, leggere e rileggere questo libro è il mio unico conforto.
XX.XX.XXXX
Ho dimenticato il suo nome.
XIII/V/XXXIII Anno dei tre regni
Titania con le sue leggiadre vesti è davvero incantevole, assai fugace è la vista di lei, prima di dormir e far altri incubi.
XIII/V/XXXIII Anno dei tre regni
Ricorre il sogno di un uomo vecchio che dispera in tugurio bianco, angusto e isolato; allora rammento, son io colui che si strugge, ma non so più per chi o perché, anelo soltanto a ricongiungermi con la mia regina.
XIII/V/XXXIII Anno dei tre regni
Come ogni momento che propizia il terribile sogno, giovani sacerdoti fanno la loro comparsa con strane ampolle.
XIII/V/XXXIII Anno dei tre regni
Questo dì, la mia regina ed io, abbiamo discusso riguardo codeste mie tribolazioni notturne, mi ha confortato saper che tiene alla mia salute, ha inoltre accennato ad una soluzione.
XIII/V/XXXIII Anno dei tre regni
Mi prenderanno di nuovo, ma questa notte sarà l'ultima.
7.4.2062
Gli infermieri se ne sono andati, ogni volta è sempre più difficile ritornare dai momenti di buio, non so per quanto ancora reggerò questo straziante peso poiché le medicine che mi danno sortiscono sempre meno l'effetto desiderato ed io non ho più le forze per continuare a vivere così. Non di certo sapendo dell'esistenza di quella figura che dimora dentro di me e che con le tenebre mi fa visita. Le precede odore di morte, i suoi occhi brillano nel buio e sento la sua voce melliflua canzonare il mio nome senza darmi tregua. Anche ora continua a guardarmi, ma non vuole svanire come le altre sere, si fa sempre più vicina nonostante io provi ad ignorarla. Un pensiero solo rimbomba nella mia testa: comunque andrà, questa notte sarà l'ultima.
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