Cadavere Squisito. Squadra Man Ray
«....razionalità e controllo ecco che, in questa serata a cui siete in molti intervenuti, andranno a riassottigliarsi e nuovamente ritorneremo ad esprimere un linguaggio spurio, intimo e ricco di volgarità, a mostrare una intenzione magari pur condivisa con altri. Senz'altro ritorneremo a pensare astrattamente e simbolicamente e chissà, magari ad afferrare appena appena un qualcosa di straordinario, una voluttà...» lo chef de cousine Lorenzo de La Volgata, lussuosa degusteria alla Cupola del Brunelleschi fece una pausa studiata, fissò gli affreschi «...tutta la Tuscania e in primis Firenze sembra un sogno, è un sogno, lo stiamo vivendo, ma ruotiamo gli accadimenti che avvennero...», altra pausa.
«Se quella Caterina de' Medici non fu sposa di Enrico II e poi Maria di Enrico IV e se i cuochi medicei non mandarono tutto a benedire con sonori Va te faire foutre! ogni qualvolta vedevano un transalpino avvicinarsi al fuoco, noi non staremmo qui ora ad attendere l'assaggio genuino, gustoso approcciandoci a celebrazioni come allora furono, regali e sontuose. Staremmo forse a sorseggiare da un cucchiaio, la solita noiosa e compassata salsa bianca con del roux chiaro... magari con qualche cosa di strano e galleggiante. L'Art de la Cuisine Française sarebbe il tomo di chi fa la mia professione e Parigi, Parigi, Pa-ri-gi oltre che a esser la Ville Lumière e Babylone e Pampeluche e la città dell'amore e qualcosa d'altro, avrebbe anche l'insegna di miglior città d'arte culinaria. Ma fortunatamente le vicende non si sono svolte a favore dei baguettari...».
Quanto parlare fa questo, pensò Yourcenar, ma il tracciatore di entità dovrebbe assistermi in modo ottimale. Malware e ransomware non dovrebbero riuscire in alcun modo a bloccarmi nello screening dell'area. Avrò presto i dati di ciascuno e se solo avrò il monitoraggio parziale, me ne fotto la minchia. Tastò con la mano l'arma infilata nella fodera attorno alla gamba. Sotto al tavolo dove era seduto vide comparire il punto rosso del led. Il puntatore era attivato, gli sarebbe bastata una frazione di secondo per mirare e ficcargli un proiettile in fronte. Ne era sicuro, era lui il soggetto sospetto, l'umano tra tutti gli avventori, ma le sue sensazioni, per quanto meticolosamente costruite, dovevano essere suffragate da almeno più della metà degli algoritmi, altrimenti non sarebbe passato come un caso di "omicidio". E 'necessario poi anche, che le sue cervella esplodano in piena luce, avrebbe causato spavento, ribrezzo, paura. Troppi replicanti stanno abbandonando accuratezza e analisi per il potere coercitivo della mente umana.
«...ed ora, miei amici, permettetemi di nominarvi in questa maniera affettiva, il piatto a cui siete chiamati a pronunciarvi! Non vi svelerò nulla, sarà il vostro palato a interpretare ciò che vi verrà messo davanti agli occhi. Però per far questo, lo capite del resto senz'altro anche voi, dovete togliervi il visore e scollegarvi dalla "Realtà Aumentata". Niente arricchimento percettivo, niente proiezioni e non preoccupatevi, accuratezza e velocità di ogni indagine diagnostica saranno sempre con voi: come potete vedere ogni tavolo è fornito di un piccolo monitor. Ogni previsione, ogni effetto, upload e download saranno ugualmente a vostra disposizione a patto che non vi alziate da dove siete seduti. Quindi, prego, sfilatevi l'elmetto e osservate coi vostri occhi».
E vaffanculo!!! Questa non ci voleva. «Ehm...avrei un domanda se è possibile?» s'affrettò Yourcenar cercando di prendere tempo. Non poteva assolutamente privarsi della sua apparecchiatura, non per perdere il battito cardiaco o qualsiasi altro monitoraggio preventivo. Voleva lo scorporo almeno parziale di ogni individuo seduto nella degusteria. «Io, e credo non sia il solo, ho avuto - tramite passaparola - il ragguaglio che stasera non avremo a che fare con nessunissima crema liofilizzata. E neanche proteici istantanei. Non mi pare sia l'ambiente adatto per delle micro alghe. E il riso, beh, è oramai banale. Ecco, il mio interrogativo è: non vorrà mica servirci del...del...del masticabile?!?» Idiota, pensò, oramai l'essicazione è stata bandita da ogni tavola dopo lo scandalo dei batteri... ... ...Escherichia Coli, ma cazzo suggerisci, stai su quei fottuti algoritmi e dammi l'autorizzazione a procedere.
«Signor...», lo chef ebbe un attimo di esitazione poi l'informazione gli venne trasmessa immediatamente, «...Yourcenar, non posso rivelare quel che i miei aiutanti tra un attimo, uno dietro all'altro, serviranno ad ogni tavolo. Seguitate a spogliarvi dell'apparecchiatura...»
Nel medesimo istante, mentre la maggior parte dei commensali si accingeva a deporre visore, scollegare auricolari, togliere l'aerobico duplex dal naso, una fila di camerieri con ampi vassoi coperti faceva ingresso nella sala. Già qualche d'uno seduto, nel guardarsi intorno, testimoniava alla persona affianco una palese insoddisfazione dell'ambiente in cui si trovava: i ponteggi sulla quale era costruita la sala erano si sospesi per intero a occupare lo spazio del cupolone, ma al Cristo Giudice, le allegorie che lo circondavano, con angeli e beati erano per lo più in disfacimento, lasciati all'incuria del tempo. Quel Giudizio Universale era un corpus strappato, distaccato, crepato. Addirittura, sotto la superficie dipinta si intravvedevano soltanto alcune sinopie tracciate dal Vasari e dei ritocchi senz'altro maldestri, abbozzati sulle linee originali del rinascimento fiorentino.
«Ma ecco arrivata la pietanza. Signori, amici, cos'è questo brusio?!?» disse lo chef nell'udire e vedere una certa inquietudine. «Per cortesia, alzate i coperchi accanto ai tavoli non appena vi do il segnale» s'affrettò ad aggiungere spostando l'attenzione su quel che da parecchio aveva programmato.
«Sì, chef!!!»
«Bene, così, distribuitevi per tutta la sala. Laggiù è vuoto, uno a quel tavolo. Perfetto, ci siamo. Siamo pronti?»
«Sì, chef!!!»
«Tre, due, uno...a voi! Scoprite pure i vassoi!!!»
Cazzo è?!? Mio dio è carne, pensò Yourcenar mentre maneggiava con i connettori del visore cercando di attardare il più possibile la rimozione del casco. Non era possibile! Ogni specie animale ad esclusione di pochi canidi e alcuni felidi era pressoché estinta dalla Terra. Non può aver fatto ricorso a riproduzioni in vitro, sperimentazione e apparecchiature non erano certo alla portata di ristoratori seppur facoltosi.
«Signori vi prego, non così, abbiamo tutta la serata per gustare questa carne di gatto, ben nutrito, assaporato con del rosmarino, dell'aglio e bagnato con dell'aceto balsamico...» e proprio nel momento in cui lo chef pronunciava l'entità di quella portata, i voraci invitati, un per uno, si riversarono a terra, incapaci di ingoiare l'ennesimo boccone o movimentati da orrendi spasmi epilettici, rovinavano sui tavoli, rigettando parti masticate assieme a fluidi lattiginosi.
Fu in quel momento, nel più completo disgusto che Yourcenar, senza nessun remore alcuno, afferrò l'arma dalla fondina, la puntò sullo chef incredulo nel centro della sala e fece fuoco.
***
Anni di addestramento ne avevano affinato la mira e ora sarebbe stato in grado di sparare, con grande nonchalance, persino con una mano in tasca.
Un solo colpo, perfetto, in mezzo alla fronte, bastò a far stramazzare l'uomo al suolo. La sua divisa immacolata era ora ricoperta di piccole gocce scarlatte. Il tonfo che produsse nel toccare il suolo col suo corpo imponente, bastò ai presenti per fare cessare qualche istante la loro immonda frenesia. Lo sguardo vitreo della morte si fissò per sempre sul suo volto. L'alto cappello da chef, rotolò via inerte finendo sotto un tavolo d'ebano dalle gambe finemente intagliate.
«Cazzo!» Yourcenar era davvero furioso. La vena al lato del collo pulsava, ritmica e costante. Rimise l'arma nella fondina che produsse un leggero fruscio e guardò con ribrezzo intorno a sé. Non era certo "quello" che si aspettava, non era per quello che aveva lavorato e agito nell'ombra in un'attesa durata mesi e mesi.
«Solo fottuti gatti!» Si passò in maniera nervosa la mano tra i capelli e le sue pupille si strinsero, segno di una profonda irritazione. Voltò le spalle e sollevò il bavero della giacca in pelle che indossava per proteggersi dal vento gelido. Scese rapido la scalinata di pietra che lo portò fuori da quella villa che, agli occhi dei più, sarebbe apparsa solo come un normale lussuoso edificio.
Una volta raggiunta la sua vettura, inoltrò una chiamata con un semplice comando vocale. «Voight.»Ascoltò i suoni del tastierino numerico riprodotti dall'impianto audio. Un click di risposta gli bastò per pronunciare queste parole. «Tutto da rifare, ci aggiorniamo.»
Guidò nel cuore della notte, e si concesse il lusso di accendersi una sigaretta. Il fumo disegnò curiosi arabeschi nell'abitacolo, illuminati dalla tenue luce del tabacco che bruciava. Di quei tempi erano un bene raro, difficile da procurarsi e illegale. Bisognava corrompere qualcuno, aggirare il sistema e i controlli... proprio come per la merce che stava cercando. Sapeva che era là fuori, da qualche parte. E bramava di poterla ottenere. In fondo, viveva di quello. Era il suo lavoro: esaudire desideri.
"Il killer dei desideri. "Così era conosciuto sulla darknet. Nessuno conosceva la sua vera identità. Aveva iniziato con piccole commissioni: rubare qualcosa, ricattare qualcuno. Poi le richieste erano diventate sempre più importanti e i pagamenti sempre più generosi. Non gli interessava giudicare se queste richieste fossero eticamente giuste o sbagliate. I committenti pagavano in modo generoso; lui eseguiva. Fine della storia. Con il tempo, aveva avuto bisogno di qualcuno che lo supportasse. Un segretario, diciamo. Fu allora che conobbe Voight. Mentre lui era al lavoro, Voight si occupava della rete, raccoglieva e contrattava altri incarichi. Dopo la ripresa dalla grande crisi, nessuno badava più a spese. La gente, per esaudire i propri desideri, non poneva limiti.
«Gatti. Cristo, che schifo!» Imprecò mentre regalava allo sterzo una sonora manata di rabbia. Arrivò nel suo modesto appartamento, aprì la porta e, senza accendere la luce, si buttò sul divano. Niente aveva alcun senso per lui da quando Jenny, la sua compagna, era andata via, facendogli trovare nient'altro che un misero biglietto sul tavolo, scritto con la sua elegante grafia.
«Questo lavoro è diventato più importante di me, ho paura e non voglio vivere con l'ansia che tu un domani non torni a casa. So già che non lo lascerai perciò me ne vado.»
Gli aveva fatto male, ma quel lavoro era diventato un'ossessione per lui. Aveva deciso che fosse più importante e in fondo non voleva una persona infelice accanto. Nell'ultimo periodo non facevano altro che discutere. Si era ubriacato per un po' fino a fare cose per cui non andava fiero, poi aveva voltato pagina e lei era diventata un effimero ricordo. Non l'aveva più cercata, aveva rispettato il suo desiderio. Si era rifugiato nell'alcool, ma un giorno era finito pure quello, perché l'ultima esperienza era stata devastante. Era svenuto di botto e si era ritrovato a terra, in bagno, col viso insanguinato e un grosso ematoma sul labbro. Scacciò il ricordo di cui non andava affatto orgoglioso e si mise al PC.
Il suo coinquilino, saltò sul tavolo e in un gesto istintivo di affetto strusciò la testa pelosa sul suo volto, strappandogli un sorriso. Yourcenar passò la mano sul dorso del suo piccolo amico a quattro zampe. Gli si torse lo stomaco a immaginarlo come portata principale di quella gente depravata. «Menomale che ci sei tu, Wiz. E io non ti mangio.»
Si alzò per un momento diretto verso il frigo, e dopo aver posto del cibo in un piattino, prese del latte al cacao. Se lo avessero visto le persone che un tempo lo conoscevano, avrebbero stentato a crederci. Tornò a sedersi e guardò il suo ultimo incarico, che ancora non riusciva a concludere.
Carne umana. E non carne umana qualsiasi. Quello sarebbe stato facile. Sarebbe stato sufficiente andare in un qualsiasi obitorio, corrompere qualcuno et voilà. Girava voce che esistesse un posto, dove persone ricche, potevano appagare la loro curiosità e perversione insieme. Un lussuoso club segreto, dove potevi scegliere chi mangiare, additandolo attraverso una lucente vetrina. Potevi sceglierne persino la parte anatomica. Aveva vagato a lungo in ambienti benestanti, trovando ogni genere di cosa. Dal sesso estremo alla droga più rara. Stavolta era convinto davvero di aver fatto centro, e invece aveva finito col dover ricominciare da zero.
Solo che stavolta, a differenza delle altre, sentiva di aver finito tutte le frecce al suo arco. Questo almeno finché un pallino rosso sullo schermo, non gli segnalò l'arrivo di un messaggio indirizzato proprio al killer dei desideri. Vi si portò sopra con la freccia del mouse e lo aprì.
«So cosa stai cercando. Ho delle informazioni per te. Domani a mezzogiorno al "Cafè Hoji". Diversamente venderò a un altro. Indossa qualcosa di blu. Ti cerco io.»
Il messaggio era firmato "E." Nonostante pensasse e ripensasse a chi potesse essere, Yourcenar non ne veniva a capo e decise che l'avrebbe scoperto a breve.
La mattina seguente, dopo aver dormito solo poche ore, si preparò, indossando l'unico capo blu che avesse all'interno del suo guardaroba. Un maglione che, ironia della sorte, era stato l' ultimo regalo di Jenny prima che andasse via per sempre. Non lo aveva più indossato.
***
Il Caffè Hojo non era esattamente il tipo di locale adatto ai turisti oppure ai frequentatori abituali per un aperitivo serale. Innanzitutto non aveva una pagina web e per rintracciare l'indirizzo Yourcenar dovette faticare non poco con l'aiuto della receptionist dell'Hotel dove alloggiava. Decise di recarsi a piedi all'appuntamento poiché Google map indicava un breve percorso di un paio di chilometri per raggiungere il compound dove si trovava il locale. In linea d'aria però... Quello che non aveva considerato consultando distrattamente la mappa era la posizione effettiva del locale che si trovava sulla sommità di una collina la cui salita mise alla prova il suo fisico seppur allenato. Più che un Caffè sembrava un fortino: l'ingresso avveniva esclusivamente attraverso una piccola porta girevole, superata la quale un instabile ponticello conduceva in un ampio dehor completamente deserto, disseminato di tavolini di legno, divanetti, sedie in stile.
Spinse la porta del bar interno, che si aprì con un cigolio lento e prolungato. Una leggera folata d'aria fredda gli accarezzò il viso, facendogli venire un leggero brivido.
Si chiese il motivo per cui il misterioso interlocutore gli avesse fatto indossare un capo di colore blu. Era l'unico avventore e tutto lasciava intuire che nessun cliente avesse frequentato di recente il locale. Pensò con un filo di inquietudine che avrebbe dovuto alla svelta sciogliere questo dubbio.
Varcò la soglia del bar con passo incerto, spinto da una strana sensazione di curiosità e timore. Il locale era avvolto da una penombra che rendeva difficile distinguere i dettagli; unica fonte di luce una vecchia lampada a soffitto, il cui bagliore fioco oscillava leggermente, proiettando ombre irregolari sulle pareti rivestite di legno scuro.
Dopo essersi seduto ad un tavolino con vista sulla porta d'ingresso e sul bancone del bar, attese fumando uno dei suoi sigari preferiti. Ancora non capiva il motivo per cui gli era stato imposto di indossare un capo di colore blu e l'atmosfera del locale contribuì ad alimentare un'inquietudine che si stava a poco a poco trasformando in preoccupazione. Un'atmosfera quella del locale carica di mistero con un silenzio quasi irreale che sembrava assorbire ogni suono. Le sedie erano disposte ordinatamente intorno ai tavolini, come se fossero da tempo in attesa di clienti mai arrivati. Il bancone massiccio dava l'impressione che nessuno vi avesse mai servito un drink.
Non c'era nessuno dietro al bancone, né si percepiva il minimo rumore provenire dalla cucina o dal retro del locale. L'uomo si guardò intorno, cercando invano una presenza umana.
Un quadro sul lato del bancone attirò la sua attenzione: un antico dipinto che indubitabilmente rappresentava la Natività ma con molti personaggi a lui sconosciuti in mezzo ai quali ebbe difficoltà a riconoscere S. Giuseppe, Maria ed i Re Magi, tutti raffigurati con tratti orientali e ritratti in pose che mai aveva visto in altre opere.
All'improvviso una voce alle sue spalle.
«Benvenuto al Caffè Hoji! Strano nome, vero? Conosce i nomi delle ere giapponesi? L' era Hoji inizia nel febbraio dell'anno 1247 e termina intorno al mese di marzo del 1249. Fu un periodo molto sanguinoso che vide l'affermarsi della dinastia Hojo con la totale distruzione della famiglia Miura. Il mio nome Enki od almeno così vengo chiamato...»
«Piacere Yourcenar,» gli rispose «ma immagino che conosca anche il mio vero nome..»
Enki si avvicinò e guardando Yourcenar fisso negli occhi disse: «Vedo che è stato attratto dal dipinto. Anche a me piace molto. Raffigura un aspetto della storia della vostra religione poco conosciuto, Come vede ci sono quattro Re Magi. In pochi conoscono la vera storia del quarto Re Mago, sulla scena evangelica questi personaggi entrano in modo misterioso. La loro provenienza è incerta. Si dice solo vagamente che "giunsero da Oriente". D'altra parte tutta la vicenda legata a queste leggendarie figure ed ai loro doni è avvolta nel mistero. Non è certo quella che è diventata ormai una storia per bambini da raccontare a scuola o nelle fredde notti che precedono l'Epifania. Il quarto Re Mago non si era recato in Palestina per portare doni. Aveva affrontato il lungo viaggio per prendere non per offrire. E non veniva dalla Persia come la tradizione apocrifa ha fatto credere per due millenni né si chiamava Artaban».
Sorrise e poi riprese la narrazione: «vede caro Yourcenar... o dott. Hamilton, il famoso archeologo... come dovrei effettivamente chiamarla... lei deve sapere...»
«Non ho intenzione di perdere tempo con queste storielle,» lo interruppe bruscamente Yourcenar «sono venuto per concludere un affare» sentenziò, mentre il suo disagio aumentava ogni minuto in più trascorso nel locale e non vedeva l'ora di uscire dal Caffè.
«Lei non ha idea di cosa sia il Tempo e noi non siamo qui per concludere quello che lei definisce un "affare"» rispose Enki con voce ferma e sguardo gelido proseguendo la sua narrazione: « la storia che le racconterò è una parte del compito che mi è stato affidato per esaudire la sua sete di conoscenza. Il quarto Re Mago ritornò in Oriente con alcune pergamene che vennero conservate da una confraternita di costruttori detti i Grandi Architetti. Nell'anno 1270 il consiglio dei patriarchi della confraternita decise che il contenuto delle pergamene doveva essere conosciuto anche in Occidente ed incaricò il figlio dell'Imperatore nonché confratello, di recarsi in Europa. Purtroppo Isiaky, così si chiamava l'incaricato, morì nel corso della missione e per secoli nessuno ha più saputo niente del destino delle pergamene. Solo agli inizi del XX secolo abbiamo scoperto che Isiaky aveva incontrato nella citta di Colonia Mastro Gerardus, un architetto che confidava lo avrebbe aiutato a contattare le persone giuste per la condivisione del contenuto delle pergamene. Mastro Gerardus stava lavorando alla costruzione di una maestosa cattedrale nel centro della città e fu l'ultima persona a vedere ancora in vita il figlio dell'Imperatore che aveva depositato al sicuro nella sua bottega i rotoli con le pergamene. Quando Gerardus lesse i documenti fu sopraffatto da un senso di terrore e ritenne di seppellirle perché nessuno le vedesse nei secoli futuri. Come sai nella cattedrale di Colonia sono conservate le reliquie dei tre i Re Magi diciamo... più popolari ma da quel momento i basamenti delle colonne dell'edificio conservarono e nascosero anche le nostre pergamene. Il segreto è rimasto pertanto tale per molti secoli. Un segreto pericoloso, la cui divulgazione mette in discussione tutte le religioni create dall'uomo perché l'Oriente da cui proveniva il quarto Mago non è un punto fisico tracciato sulle carte geografiche. È un punto estremo che va al di là dell'umana conoscenza. Siamo abituati a ritenere l'Oriente come il luogo dove nasce il sole ma l'etimologia è molto più complessa . La nascita non è quella del Sole ma quella dell'uomo sulla terra. Il documento che stai cercando è la pergamena della vita. Tramandata millenni orsono da esseri soprannaturali ai primi abitanti dell'Anatolia, trascritta in rotoli conservati in Oriente nei secoli successivi che poi vennero trasferiti in Palestina e recuperati dal Quarto Mago per conto dei Grandi Architetti che decisero a metà del secondo millennio che i tempi fossero maturi per divulgarla a tutta l'umanità. Noi l'abbiamo recuperata dal lungo seppellimento nel centro dell'Europa e proseguiremo l'opera dei nostri antenati».
Si sedettero.
«Pensi di essere pronto per accedere a questo livello di conoscenza?» domandò Enki.
«Si,» la ferma risposta di Yourcenar.
«Vedremo.... Quanto sei disposto a pagare per avere le pergamene?»
«Tutto quello che possiedo.»
«Anche tu hai ricevuto un dono in passato.»
Yourcenar non capiva
«Quel maglione blu che indossi, sapevamo che avresti scelto quello, apparteneva a Jenny, l'amore della tua vita.»
Yourcenar non si capacitava, come faceva a conoscere quel dettaglio intimo del suo passato? Si limitò ad annuire ripensando agli anni trascorsi con lei, i più felici ed intensi della sua vita.
«Adesso Jenny è nelle nostre mani». Gli mostrò un video in diretta con la donna legata appesa ad un gancio fissato nel soffitto.
Gli occhi di Yourcenar si velarono di preoccupazione provò a dire qualcosa ma riuscì solo a barbugliare parole sconnesse.
«È il prezzo che dovrai pagare per entrare in possesso dei rotoli, dovrai autorizzare il suo assassinio. Lei ci sta ascoltando e sarà al corrente di tutto quello che deciderai». Lo sguardo di Jenny verso la telecamere che la riprendeva non lasciava spazio a dubbi su quello che aveva minacciato Enki.
Si avvicinò un uomo che depose sul tavolo una stuoia ricamata con filamenti d'oro che Enki aprì.
«Questi sono tre pugnali tra i quali dovrai scegliere uno, con il quale le sarà trapassato il cuore. Non morirà subito e tu dovrai assistere ai suoi ultimi respiri».
Le immagini dell'intera vita passarono davanti a Yourcenar: i momenti lieti con Jenny, la gravidanza e la sofferenza insieme per la malattia del bambino, gli studi di Archeologia, i successi condivisi con la donna amata, l'ingresso nella misteriosa Società che finanziava le sue ricerche, gli sforzi, le privazioni, le difficoltà di una vita interamente dedicata alla ricerca di quei documenti che adesso erano a portata di mano. E le parole di Jenny quando lo aveva lasciato..."Non saprai mai amare perché segui solo il tuo incommensurabile egoismo. Nella tua c'è spazio solo per le tue ambizioni".
«Devi decidere adesso!» lo incalzò Enki mentre la mente di Yourcenar vagava nel passato come nella fase rem di un sogno.
Una sensazione di profondò disgusto squarciò il cuore di Yourcenar. Ma non ebbe dubbi a prendere la sua decisione. Annuì piangendo.
Una sensazione di profondò disgusto squarciò anche il cuore di Enki. Ma non ebbe dubbi su come dovesse compiersi il destino.
Gli avvicinò la stuoia con i pugnali e Yourcenar fece la sua scelta Quello che accadde negli attimi immediatamente successivi faceva parte di un rituale che Enki aveva sperimentato più volte in passato. Prese in mano l'arma e con un colpo rapido e deciso la conficcò nel cuore di Yourcenar.
Un pugnale conficcato nel cuore causa danni devastanti e fatali a livello fisico e spesso la morte è immediata ma lui voleva che Yourcenar restasse ancora in vita per qualche secondo. Per fargli capire. La lama penetrò nel muscolo cardiaco lacerando il tessuto ed i principali vasi. L'organo iniziò a sanguinare sia internamente che esternamente, nel pericardio e nella cavità toracica.
La modalità del fendente, il tipo di lama e la zona colpita, frutto di una secolare esperienza nell'uso dell'arma tramandata per generazioni, ridussero nella misura prevista da Enki la capacità del cuore di Yourcenar di pompare il sangue e la gravità dell'emorragia. Il suo cuore non smise subito di battere e la caduta della pressione sanguigna fu graduale. Il che gli consentì di ascoltare le parole mentre il sangue sgorgava sul maglione blu.
«Come ti dicevo riguardo a Jenny la morte sopraggiungere in alcuni secondi che saranno sufficienti per spiegarti i motivi di tutto ciò. Se ti fossi rifiutato di uccidere Jenny ti avrei abbracciato e consegnato le pergamene in quanto ne saresti stato degno. Perché questo è il messaggio tramandato millenni fa dalle creature che hanno colonizzato questo pianeta. La diffusione della misericordia e la lotta contro ogni forma di aberrazione umana. Questo è quello che pretendono dalla loro progenie. Sanno che non è semplice perché anche loro impiegarono nel loro sistema solare decine di millenni per perfezionarsi. Proprio per questo esistiamo noi, la confraternita celeste che sotto varie forme e denominazione è apparsa nella Storia nel corso dei secoli per combattere il Male ed assecondare la Virtù. Noi conosciamo la vera Bibbia e la tramandiamo agli uomini che lo meritano. Noi eliminiamo gli uomini che potrebbero ostacolare il progetto. Non eri un uomo buono Yourcenar,» furono le ultime parole proferite prima di allontanarsi.
Un vecchio orologio a pendolo ticchettava lentamente nell'angolo, scandendo il tempo in maniera quasi ipnotica. Ma sembrava che il tempo si fosse fermato in quel luogo mentre Enki si avviava verso l'uscita lasciandosi alle spalle Yourcenar e mentre Jenny veniva liberata. I suoi passi risuonarono sul pavimento di legno nel silenzio dell'edificio, eretto in cima ad una collina come su un eterno limbo tra il presente e il passato e la cui soglia veniva concesso di oltrepassare solo a pochi uomini eletti. E che in pochi hanno attraversato nella direzione contraria.
FINE
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