... e dopo...

Cristiana era finalmente contenta, i suoi genitori non c'erano più grazie ad un  incidente. Nessuno che potesse giudicarla da vicino. Solo per una cose le dispiaceva, che il suo povero fratellino Antonio rimase triste. A nove anni perdere i genitori non doveva essere facile, ma neanche a tredici come non dimostrava Cristiana.

A scuola girava voce che i suoi genitori fossero morti, ma lei sembrava stare apposto, quindi le voci sparirono in fretta. Lei era più contenta di prima. Usciva con le amiche dopo scuola. Nell'orfanotrofio le sue sorelle, come le chiamava lei, la rispettavano, sembrava che lei comandasse in un certo senso, anche se era molto tranquilla.

Aveva iniziato a fare palestra, nella stessa struttura dove andava anche il rappresentante d'istituto della sua stessa scuola. Quando se ne accorse i due iniziarono a fare due chiacchiere ed anche gli esercizi insieme. Parlarono per parecchio tempo un giorno, e Luca le parlò un po' di com'era fare il quinto superiore, con molte pressioni sulle spalle, soprattutto da parte dei genitori.

Cristiana rimase stupita, "In che senso dai genitori?", chiese molto stranita. Luca le rispose che, soprattutto i suoi, pretendevano molto, ma comunque era un continuo "Perché non stai studiando? Ti vuoi far bocciare? Fila immediatamente in camera tua, e se esci dalla tua stanza prima di due ore vai a letto senza cena".

Cristiana rimase stupita da quello che disse Luca. I suoi genitori avrebbero detto le stesse cose, anche se con qualche parolaccia ingarbugliata tra le parole. Finito l'orario di palestra, i due uscirono insieme ed andarono entrambi sotto i loro rispettivi tetti.

Il giorno dopo i due andarono a scuola e si salutarono quando al mattino si videro per il corridoio della scuola, essendo che le loro classi erano entrambi allo stesso piano. Dopo qualche giorno Cristiana si sentiva sempre più guardata, così cercò di capire chi fosse il cannocchiale che si era inceppato, come confidò più tardi a Giada. Non impiegò molto a capire che un compagno di classe di Luca voleva dirle qualcosa.

Qualche tempo dopo lei iniziò ad interagire con Samuele, parlandoci ogni tanto, qualche volta gli metteva una mano sulla spalla, qualche volta sulla zona lombare della schiena, ogni tanto lo salutava anche quando capiva che la stava guardando a scuola. Più passava il tempo e più si parlavano.

Piano piano diventarono amici, ma Cristiana era curiosa, così, quando rimasero soli a parlare nel bel mezzo della ricreazione, gli chiede "M'a 'di dic' caccos' pi' cas'?", e lui stranito le rispose che non aveva niente da dire.
"Sicur'?" gli chiese.
"Sì" rispose Samuele. Così Cristiana smise di chiedere, ma non si arrese.
"Però ti devo chiedere una cosa" confessò il diciottenne a testa bassa. Cristiana lo guardò come per autorizzarlo.
"È vero che i tuoi sono morti da un po'?" chiese lui leggermente imbarazzato. Cristiana avrebbe voluto urlare, piangere, menare qualcuno, tutte cose per niente buone.
"Cagn' caccos'?" chiese sembrando molto quieta, anche se dentro stava ribollendo di rabbia.
"No, perché dovrebbe? Volevo solo sapere... Se potevo..." chiese lui capendo che avesse superato il limite. Lei ci pensò due volte a cosa rispondergli.
"Sì".
Lui non proferì parola, la guardò solo con sguardo molto confuso e stupito, ma decise di abbassare lo sguardo e non dire più niente.
"Se lo dici a qualcuno ti uccido" disse lei, sottovoce, che stava per piangere. Lui si gelò, sapeva che quello che diceva lo faceva.
"Non volevo, scusa... Veramente".
Lei lo guardò ad occhi sgranati. Lui sbiancò in quell'istante, non sapeva cosa stesse per succedere.
"Non me l'aveva detto nessuno".

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