7

Accadde che macinarono un bel po' di strada. O meglio, Noah ne macinò. Gli altri tre si rilassarono. Noel si fece persino un pisolino. Ne aveva bisogno, dopo l'ultima disavventura. Lo svegliò il chiacchiericcio di Butch e Noah.

«Che sono quei cosi strani tutt'intorno?» stava dicendo il gigante.

«E io che ne so», rispose Butch.

Noel aprì gli occhi. «Che succede?»

«Abbiamo trovato qualcosa.»

«E sarebbe?»

«Dai un'occhiata, sta proprio lì», disse il vecchio, e puntò il dito.

Noel si tirò su. Erano nel mezzo di una larga spaccatura che ricordava un canyon. Davanti a loro c'era un crocicchio e nel mezzo, dove i quattro sentieri si incrociavano, un arco piantato nella nuda terra. La superficie era disseminata di strani simboli. Alcuni ricordavano i geroglifici egizi, altri sembravano i disegni di una mano svogliata e altri ancora pitture rupestri incise nell'acciaio della struttura.

«Per Satana in carrozzella», sbottò Noel.

«Buona questa», disse Butch. «Mi sa che te la rubo.» Si accorse poi dell'espressione dello scacciadiavoli. «Ohé, che è quella faccia?»

«Lo sai cos'è quell'affare?»

«Sembra uno degli archi di McDonald's.»

«Ѐ la Porta Temporale costruita dai Grigi

«Mi prendi per il culo?»

«Noah, mettici giù.»

Il gigante eseguì. I tre pigmei smontarono e si avvicinarono guardinghi all'arco.

«La senti anche tu?» fece Noel.

«La sento, sì», disse il vecchio. «Mi si sono rizzati pure i peli del culo.»

L'aria attorno all'arco era piena di una strana energia, una vibrazione che si diffondeva in tutte le direzioni e ti sollevava i peli del corpo.

«Non è che d'improvviso ci spunta davanti uno spilungone rinsecchito col testone, o uno di quei loro animali domestici tutto occhi e ventose?» fece Butch.

«Potrebbe anche darsi», disse Noel. «A dire il vero non lo so. Questo coso è un mistero. Ne sento parlare da una vita ma non pensavo che l'avrei mai visto.»

Lo scacciadiavoli allungò una mano e toccò l'arco. Le dita registrarono una debole vibrazione. Premette il palmo sul ferro e ce lo lasciò. La vibrazione si insediò nel braccio, risalì la spalla, arrivò dritto al cervello e mollò una scarica che mise in moto circuiti dormienti. Per un attimo il mondo divenne più nitido e, quando guardò lo spazio vuoto all'interno dell'arco, vide il canyon oltre questo vacillare. Le pareti di pietra ondeggiarono.

Che accidenti succede?

Il fenomeno si intensificò e le pareti di roccia sparirono, sostituite da una collina erbosa e da una casa accoccolata sulla gobba di Madre Natura.

«Ohé, che ti piglia?» chiese Butch, e la sua voce parve giungere da un luogo lontano.

Noel la udì a stento. Il vecchio gli mollò una pacca sulla spalla e la mano dello scacciadiavoli scivolò via dall'arco. La casa e la collina sparirono e il mondo assunse di nuovo quell'aspetto appannato.

«Tutto okay?» chiese Butch.

«Sì... almeno credo», disse Noel.

Si guardò il palmo della mano. Sentiva ancora un debole formicolio.

«Che è successo?» chiese Butch. «Hai fatto una faccia che sembrava te n'eri partito col primo treno per il mondo dei sogni.»

Non ci sei andato troppo lontano, pensò Noel.

Stava pensando a come spiegare all'amico quel che aveva visto e sentito, ma si bloccò quando vide che la donna teneva entrambe le mani spalmate sull'arco e guardava nello spazio sotto la volta. La donna strabuzzò gli occhi, staccò una mano dall'arco e la fece passare sotto la volta. Le dita e il dorso sparirono, poi fu la volta del polso.

«Ma che...» mormorò Noel.

Butch si voltò, vide che la mano della donna era scomparsa e aprì bocca per dire qualcosa, ma le parole gli morirono in gola.

La donna passò sotto l'arco e scomparve.

Noel e Butch restarono a fissare il punto dove era svanita. Noah era accigliato. Quei quattro ingranaggi che aveva in testa cercavano di trovare una spiegazione a quel che gli occhi avevano visto.

«Ѐ... scomparsa», disse Butch, come se la cosa non fosse evidente.

Noel fece un passo verso l'arco e allungò una mano sotto la volta. Le dita tremolarono e sparirono.

«Forse è il caso di...» fece Butch e, prima che riuscisse a finire, Noel fece un passo in avanti e svanì.

Butch restò come uno stoccafisso. Si voltò verso Noah, che aveva tante rughe in fronte che a contarle ci avresti perso mezza giornata. Il gigante si grattò la testa con fare pensoso.

«Come hanno fatto?» disse. «Un attimo prima erano lì, e poi... puff!»

Allungò i pugni e li fece sbocciare come fosse un prestigiatore che esegue un trucco di magia.

«Puff...» ripeté Butch.

Sentiva la testa leggera come un palloncino.

«Che fai, non ci vai?» chiese Noah.

«Eh?» fece Butch. Era un po' stordito.

«Non vai pure tu?»

«Io...» disse Butch, e si voltò a guardare l'arco. Si rivolse a Noah. «Tu non vieni?»

«Non ci passo lì sotto.»

L'arco era bello grosso, ma Noah era ancora più grosso. Se avesse provato a infilarcisi, poco ma sicuro che l'avrebbe scalzato dal terreno, e allora sai le risate.

«No, hai ragione», disse Butch. «Allora resta di guardia.»

«Okay», rispose Noah, e dopo averci pensato su: «A che devo fare la guardia?»

«A questo affare. Non fare avvicinare nessuno finché non usciamo.»

«Okay.»

Butch raggiunse l'arco. Allungò una mano nello spazio sotto la volta e vide le dita scomparire. Non sentì niente. Si spinse allora oltre e il braccio sparì fino al gomito. Prese un respiro, lo tenne nei polmoni, chiuse gli occhi e passò oltre.

Non accadde nulla di ciò che aveva pensato. Non sentì il proprio corpo sgretolarsi e ricompattarsi né viaggiò lungo un tunnel di luce pulsante o roba simile. Fu più come attraversare una soglia e passare da una stanza a un'altra. Quando aprì gli occhi era su una collina verdeggiante, con la Luna che gli sparava addosso il suo velo. Guardò dietro di sé e quasi si aspettava di vedere un arco, gemello di quello che stava al centro del crocicchio, ma non trovò nulla.

«Ce l'hai fatta.» Butch si girò. Noel lo guardava con una punta di supponenza. «Pensavo ci mettessi di meno a deciderti.»

«Non è che l'idea di fare un salto in un'altra dimensione mi sfagiolava proprio», fece Butch.

«Più che un'altra dimensione, direi che siamo finiti in un altro quando

«Nel senso?»

«Sono sempre le Quattro Terre, ma prima che il mondo andasse a puttane.»

«Dici?»

«Guardati attorno.»

Butch lo fece. Alle spalle di Noel c'era una grande casa: un tripudio di assi e ampie finestre ad arco. A un centinaio di metri dalla costruzione, un cancello nero di ferro battuto con le punte di lancia. Oltre questo, illuminate dal pallido velo lunare, lapidi e mausolei.

«Dove diavolo siamo sbarcati, in un racconto di Poe?» fece Butch.

«Chi?» chiese Noel.

«Cristo, ragazzo, ma dove hai vissuto, nel culo di una balena?»

«Sono venuto su che c'era già stato il Rogo

«Ma piantala, non puoi essere così giovane. A occhio e croce hai una trentina di primavere sul groppone, e il Rogo è stato una quindicina di primavere fa, primavera più, primavera meno.»

«Okay, allora diciamo che non sono un patito. L'unico libro che abbia mai letto è la Bibbia.»

«Già, e scommetto che la conosci come le tue tasche, ma intanto ti sei perso il resto. Mi ci gioco il coglione sinistro che non sai manco chi è Lovecraft.»

«Hai vinto, ma scordati che ti dia il mio coglione sinistro.»

«Te lo puoi tenere, non mi serve il coglione di uno scoglionato.»

Noel grugnì. «Ma come ti vengono?»

«La fatina dei giochi di parole mi fa visita una volta al mese.»

Noel scosse il capo e sorrise.

«E la babbiona?» chiese Butch.

«Quando sono arrivato non c'era.»

«Non è che quell'affare l'ha spedita da un'altra parte?»

«Io e te siamo sbarcati nello stesso posto.»

«Quindi che vuoi fare?»

«Trovarla.»

«E ti pareva», sbuffò Butch. «Da dove cominciamo?»

Noel spolliciò verso un punto alle sue spalle. «Lì c'è una casa. Mi sembra un buon punto di partenza.»

«Se lo dici tu...»

Si incamminarono. La Luna era gonfia come un bubbone. Butch non ricordava di averne mai vista una così tonda e bella. Sembrava una forma di formaggio. E irradiava una luce che era allo stesso tempo seducente e inquietante, come il velo di una sposa cadavere. Il vecchio esule lanciò un'occhiata al cimitero. Le lapidi avevano la stessa forma delle unghie di Noah. Era come se sotto la terra concimata di cadaveri ci fossero sepolti un mucchio di giganti che avessero tentato di scavarsi una via d'uscita, salvo poi restare a corto d'aria proprio all'ultimo.

Butch guardò altrove. Che razza di pensieri. Non erano da lui. Quel posto lo inquietava. E chi era quel mezzo sciroccato che decideva di abitare di fronte a un camposanto?

Risalirono gli scalini fino al portico e Noel bussò.

«Non è che conciati così diamo troppo nell'occhio?» fece Butch.

Rumore di passi. La porta si schiuse.

«Troppo tardi», mormorò Noel.

Una signora anziana comparve sulla soglia. Aveva in mano una ciotola grande come lo scalpo di un gigante appena nato e un sorriso in volto come quello dello Stregatto di Alice. Vide Butch e Noel e il sorriso tentennò. Li squadrò da capo a piedi.

«Non siete un po' cresciuti per andare in giro conciati così?» disse la donna. Aveva un tono cordiale. «D'accordo che è la notte di Halloween, ma...»

«La notte di chi?» fece Noel.

Butch mollò una gomitata all'amico e prese la parola. «Il mio amico viene da lontano, un posto dove non si fanno feste in maschera, e aveva voglia di provare 'sta cosa, così ci siamo procurati due costumi da pistoleri...»

«Non mi sembri un pistolero», disse la donna a Butch.

«In effetti il mio è più quello di un minatore o qualcosa del genere. Comunque, anche se sembriamo due sciroccati le assicuro che siamo gente perbene.»

«Quindi... volete due caramelle?» fece la donna, e porse loro la ciotola.

«Mi sono rimasti quattro denti e vorrei tenermeli in bocca ancora per un po'», fece Butch.

«Io ne approfitto», disse Noel, e pucciò la mano nella ciotola.

Prese una manciata di dolcetti e se li ficcò in tasca. Ne scartò uno davanti alla donna e se lo cacciò in bocca. Lo assaporò come fosse nettare celestiale.

«Questa sì che è roba di prima qualità», disse. «Mai mangiato niente di più buono.»

Chiuse gli occhi mentre masticava. Aveva l'espressione di uno in procinto di raggiungere l'orgasmo. La donna lo guardò strano, poi guardò Butch.

«Nel paese dal quale viene c'è una specie di embargo sui dolci», spiegò Butch. «Una brutta storia. Comunque, non ha mica visto una signora con un vestito in stile Casa nella Prateria?»

«No... non ho visto nessuno», disse la donna.

Qualcosa nel suo sguardo era cambiato. Ora era sulla difensiva. Butch la vide fare mezzo passo indietro.

«Capito, la ringrazio molto», fece Butch.

Afferrò Noel per un braccio e lo tirò via. Lo scacciadiavoli lo seguì, sempre assaporando il dolcetto. Nel loro quando i dolci non esistevano. Erano estinti come le buone maniere.

Scesero i gradini e sentirono la porta chiudersi.

«Da adesso in avanti è meglio se lasci parlare me», disse Butch. «Sei più fuori posto di un pinguino alle Hawaii.»

Noel scartò un altro dolcetto. «Di che stava parlando quella donna?»

«A che ti riferisci?»

«Ha detto che stasera è la notte di non-so-chi

«Halloween.»

«E chi sarebbe?»

«Non è un cristiano, è il nome della festa. La facevano prima che il mondo andasse a puttane. I marmocchi si travestivano da fantasmi e mostri assortiti e andavano di casa in casa a raccogliere dolcetti.»

«E perché facevano 'sta cosa?»

«Per divertirsi. Sbrighiamoci a trovare quella babbiona, che poi dobbiamo pure trovare un modo per tornare indietro. A proposito, qualche idea?»

«Nessuna.»

«Grandioso. Dovevi proprio andarle dietro, a quella fuori di zucca?»

«Rilassati, troveremo il modo.»

«Già, e come? Ti riempi di dolci e molli una mega scoreggia che ci apre un varco temporale?»

«Possiamo tentare.»

Butch sfarfallò una mano per aria, il suo modo di dire: ma va' al diavolo.

«E Noah? Come l'hai convinto a non venirti dietro?» chiese Noel.

«Veramente è stato lui a convincere me. Non ci passava sotto quel cazzo di arco, così gli ho detto di fare la guardia finché non torniamo. Se torniamo, a 'sto punto.»

«E piantala di fare l'uccello del malaugurio. Ti ho detto che un modo lo troviamo.»

Tornarono indietro, nel punto dove erano comparsi, e a Butch venne in mente di cercare se lì intorno ci fosse l'uscita. Iniziò a tastare l'aria come un mimo, alla ricerca di un varco, ma non trovò niente.

«Fanculo», disse alla fine.

«Un'uscita deve esserci», fece Noel. «Dobbiamo solo trovarla.»

«Pare facile. Può essere ovunque, pure in culo a un gatto.»

Discesero la collina.

«Da dove cominciamo?» chiese Butch.

«Mentre ti aspettavo ho dato un'occhiata in giro. Sono salito sulla parte più alta della collina e ho visto delle luci. Forse qui vicino c'è una colonia.»

«Città.»

«Che?»

«In questo quando le chiamano città.»

«Quello che è. Se non sta sulla collina, di sicuro è andata verso la città

«'spetta un secondo, il cimitero mica l'abbiamo controllato.»

«Ci sono stato prima che tu arrivassi. Il cancello è chiuso e non c'è modo di scavalcare quelle punte di lancia, a meno di non rimetterci gli attributi.»

Scesero fino a incontrare il piccolo bosco che Noel aveva visto dall'alto della collina. Quella macchia di vegetazione separava la città dalla collina. La costeggiarono fino a incontrare una strada asfaltata. Butch spiegò a Noel che le strade erano tutte così prima che il mondo cambiasse. La percorsero finché non videro in lontananza il centro abitato e i lampioni che segnavano l'inizio della civiltà.

La prima abitazione che incontrarono era addobbata come un baraccone del luna park. Dalla trave del portico pendevano scheletri di cartapesta. C'erano zucche sparse un po' ovunque, ognuna con un'espressione diabolica intagliata e una candela in bocca. Ragni e ragnatele finte pendevano dagli angoli. Fantasmi infestavano la veranda e lapidi di cartone accoglievano gli speranzosi marmocchi ai piedi dei gradini che portavano al portico.

«Cos'è 'sta messinscena?» chiese Noel.

«Si usava così», spiegò Butch. «Ѐ un po' come quando arriva il Natale e ti ritrovi panzoni vestiti di rosso e addobbi luccicanti ogni due passi.»

«Non la capisco proprio.»

«Non sei l'unico. Ma alla gente piaceva, e le multinazionali ci guadagnavano un fracco. Erano tutti felici.»

Superarono quel baraccone ambulante e proseguirono. C'era un palo con una targa, più avanti.

«Main Street», lesse Noel.

«Carino 'sto posto», fece Butch. Si guardava intorno con interesse. Ai lati della strada c'erano piantati degli alberi. «Non vedo tanto verde da... nemmeno mi ricordo da quanto.»

«Siamo appena stati in una foresta», disse Noel.

«Intendevo che prima il verde e le città andavano d'accordo. E poi qui non ci trovi bestiacce mutanti e cazzate varie.»

Una torma di pigmei travestiti da mostri correva per strada schiamazzando. Un fantasma ululò, un cowboy sparò e il mostro di Frankenstein grugnì. Quando videro Noel e Butch si bloccarono. Lo scacciadiavoli avanzò sollevando un angolo dello spolverino. I pigmei videro il calcio del revolver e restarono fulminati.

Il piccolo cowboy mormorò un: «Wow...» a mezza bocca.

«Abbiamo fatto colpo», disse Butch.

Noel si ficcò una mano in tasca, prese un dolcetto, lo scartò e l'ingollò. Raggiunsero i pigmei, che si aprirono come il Mar Rosso per farli passare. Noel guardò il cowboy e disse: «Niente male quegli speroni.»

Il piccolo cowboy si rimirò gli stivali e lanciò occhiate soddisfatte agli altri del gruppo.

Continuarono sulla Via Maestra di quella cittadina variopinta e tutti quelli che incrociavano li fissarono. Qualche ragazzino afferrò la gamba del fratello maggiore e qualche genitore tirò via il figlio, costringendolo a cambiare marciapiede.

«Mi piace passare inosservato», fece Butch.

«Guarda», disse Noel, e puntò l'indice.

Butch vide un'auto con sulla fiancata la scritta SHERIFF. Era parcheggiata sul ciglio della strada, la portiera aperta, e c'era un tizio in divisa che teneva ferma una donna. Noel e Butch la riconobbero subito. Quel vestito grigio e la crocchia erano inconfondibili.

«Pare che l'abbiamo trovata», fece Butch. Si girò verso Noel e lo vide estrarre il revolver. «Che diavolo fai?»

«La tiro fuori dai guai», disse Noel.

Butch gli si piazzò davanti. «Guarda che così non la tiri fuori da niente e metti nei guai anche noi.»

«Ma quel tizio in costume...»

«Non è un tizio in costume, è uno sbirro.»

«Un che?»

«Ѐ come un vicesceriffo.»

«Merda», fece Noel e mise a posto il revolver.

Butch sfilò il fucile e lo porse a all'amico. «Tieni questo.»

«Che vuoi fare?» chiese Noel, prendendo il fucile e mettendoselo a tracolla.

«Quello che volevi fare tu, ma senza ammazzare nessuno.»

Si voltò e raggiunse l'agente. L'uomo teneva ferma la donna che si dimenava come una serpe. A distanza di sicurezza, un mucchio di gente assisteva alla scena. Butch si fece avanti.

«Mary, ma dove diavolo ti eri cacciata?» esordì.

Lo sbirro lo guardò. «Conosci 'sta matta?»

«La conosco sì, è mia sorella.»

«Che cazzo di problema ha?»

«Ѐ un po' toccata.»

«Altro che un po', è matta come un ratto in tutù.»

«Non posso darle torto.»

Il poliziotto squadrò Butch dalla testa ai piedi. «Ma come ti sei conciato?»

«Ho pensato che era una cosa carina travestirci e andarcene in giro. I costumi e gli addobbi la mettono di buon umore.»

«Già, si vede», disse l'uomo, impegnato a tenere la donna.

«Ѐ che come un idiota ho scordato di darle le medicine.»

«Dovresti metterla in un manicomio.»

«Ho promesso a nostra madre che me ne prendevo cura. Se me la ridà, la porto di filato a casa.»

«Pensi di farcela? Senza offesa, ma stasera ho visto scheletri più in forma di te.»

«Ho portato i rinforzi», fece Butch.

Si voltò e chiamò Noel con un gesto della mano. Lo scacciadiavoli lo raggiunse.

«Fammi indovinare», disse l'agente, «un altro membro della famiglia Manson.»

«Mio nipote», fece Butch.

«Hai un nipote negro

«Mia sorella sapeva divertirsi.»

«Quel fucile che porta a tracolla non mi pare un giocattolo.»

«È una reliquia della Guerra di Successione.»

«Forse volevi dire Secessione

«Quella lì.»

«Mica è carico?»

«Macché, e comunque non spara più manco a salve, un po' come me», fece Butch e rivolse all'agente il suo miglior ghigno sdentato.

Lo sbirro fece una smorfia. «To', pigliati 'sta schizzata,» disse e gli passò la donna.

Noel la cinse con entrambe le braccia. La donna continuò a sbattersi.

«Sicuro di farcela?» chiese l'agente.

«Non si preoccupi, abitiamo qui vicino», fece Butch.

Noel la trascinò via. Butch sorrise all'agente e seguì Noel. Lo sbirro li guardò allontanarsi, i pugni sui fianchi. Sbuffò, scosse il capo e si infilò in auto.

«E piantala un po'», disse Noel alla donna, ma quella continuò ad agitarsi.

Butch si avvicinò. «Tienila», disse.

Noel rinforzò la presa. Il vecchio si sciolse le dita, le fece scrocchiare, artigliò un punto a metà tra il collo e la spalla della donna ed esercitò pressione con pollice e indice. La donna mandò un gridolino e svenne.

«Mica male. Devi insegnarmela, 'sta roba», fece Noel.

«Portiamola via», fece Butch.

Noel se la caricò in spalla. Tornarono sulla collina cercando di ignorare gli sguardi di quelli che incrociavano lungo la strada.

«E adesso?» chiese Butch. «Come torniamo a casa?»

Noel mise a terra la donna. «Te la ricordi quella specie di vibrazione?»

«A-ha. Embè?»

«Cerchiamo qui intorno. Se un'uscita c'è, di sicuro emana la stessa energia.»

«Se lo dici tu...»

«Hai un'idea migliore?»

«Le ho esaurite quando ho tirato fuori dai casini la babbiona.»

«Allora zitto e cerca.»

Se ne andarono in giro per la collina. Cercarono in lungo e in largo, anche intorno alla casa, e alla fine si ricongiunsero.

«Un cazzo di niente, e ho guardato pure sotto i sassi», fece Butch, nervoso. «Tu?»

«Niente», fece Noel.

«Siamo bloccati.»

Noel si allontanò.

«E mo' dove te ne vai?» fece Butch.

«Mi è appena venuto in mente che non abbiamo controllato un posto», disse lo scacciadiavoli.

Raggiunse il cancello del cimitero, estrasse il revolver e sparò al lucchetto. Butch si voltò verso la casa. Mentre lo scacciadiavoli rimuoveva la catena, da una delle finestre del piano terra fece capolino qualcuno. Butch non riuscì a capire se fosse la donna che aveva offerto loro i dolcetti o qualcun altro. In ogni caso non era certo una cosa buona. Avrebbe di certo chiamato gli sbirri.

Noel aprì il cancello ed entrò nel camposanto. Butch gettò un'occhiata alla babbiona – dormiva beata e avrebbe continuato per un pezzo – e seguì lo scacciadiavoli. Tra le lapidi aleggiava una bruma che pareva zucchero filato. I due spiantati si aggirarono tra i monumenti di morte, i sensi all'erta. Giunsero infine in quello che era il centro del cimitero, con lastre tombali e lapidi più datate.

«Sento qualcosa», disse Noel.

«Io non sent...» fece Butch, e si azzittì quando i peli dietro la nuca gli si rizzarono.

«Diamo un'occhiata.»

Si separarono. Girarono per quella macchia di verde disseminata di pietre tombali per diversi minuti, poi Butch si fermò accanto a una lapide senza iscrizione e disse: «Qui è più forte.»

Noel lo raggiunse. «Sì, è vero», disse.

«Mica sparo stronzate.»

Noel camminò verso la lapide, le mani tese. Le girò intorno, la scavalcò. Non accadde nulla.

«C'è qualcosa che mi sfugge», disse alla fine.

Butch calpestò la terra della tomba e si grattò il mento. «Non è che...» disse, fissando il terreno.

«Cosa?»

«Merda, so già che me ne pentirò, ma non è che l'uscita sta sottoterra?»

Noel ci pensò su. «Mi sa che c'è solo un modo per scoprirlo.»

Lo scacciadiavoli si inginocchiò, si tolse il cappello e lo poggiò a terra. Si scorciò le maniche e affondò le dita nel terriccio molle.

«Così ci rimettiamo le dita», fece Butch.

«Se hai un'altra idea, sono tutt'orecchi», disse Noel.

Butch si rabbuiò e tirò in fuori il labbro inferiore. Sembrava il bambino più vecchio del mondo.

«Accidenti a me e alla mia dannata boccaccia», sbuffò.

Si inginocchiò accanto a Noel e prese a scavare.

«Preferisci rimanere qui?» chiese Noel.

«Non è così male. Il casino è che sono fuori posto come un pelo di figa in un barattolo di zucchero», fece Butch. «Non so manco che anno è, né se rischio di incontrare me stesso.»

«Embè?»

«Come, embè? Mai visto Ritorno al Futuro?» fece Butch, e subito sfarfallò una mano in faccia all'amico. «Che mi salta in mente, no che non l'hai visto.»

«Che sarebbe?»

«Un film coi controcazzi. Un tizio va indietro nel tempo, come è successo a noi, e va subito a cercare un suo amico, uno scienziato mezzo matto che ha costruito la macchina del tempo con la quale il tizio è tornato indietro e che sa quello che devi e non devi fare se ti capita una roba così. E una cosa che non devi fare, se non vuoi mandare a puttane l'universo, è incontrare te stesso.»

«Bel casino.»

«Per quello che ne so potrei essere ancora nelle palle del mio vecchio. Anche se, adesso che ci penso, l'auto e la divisa di quello sbirro non mi parevano così datate.»

«Dove pensi che siamo finiti?» chiese Noel, raccogliendo una manciata di terra e buttandola via.

«Il posto non lo so, ma sono quasi sicuro che siamo negli anni '80.»

«Un bel salto indietro.»

«Altroché.»

Scavarono a lungo, e alla fine avevano vesciche grosse come quarti di dollaro e unghie nere di terra. Avevano raggiunto il coperchio del feretro. La vibrazione era forte. E da un angolo della cassa, dove il legno scadente era stato roso, fuoriusciva un raggio di luce.

«Ѐ dentro la cassa», fece Butch.

Noel sollevò chiusure e coperchio. Il fetore li investì. Lo scacciadiavoli si coprì naso e bocca col colletto dello spolverino. Butch non fece a tempo. Si voltò e vomitò nella fossa.

«Fanculo», disse, pulendosi le labbra col dorso della mano.

Guardò nella bara. C'era uno scheletro, e la metà inferiore scompariva di punto in bianco, così come la fodera della cassa. Nel punto dove tutta quella roba spariva c'era un buco dai contorni tremolanti. E al di là di questo c'era Noah, seduto a gambe incrociate, i gomiti sulle cosce e il mento sui palmi, che sonnecchiava in una lama di Sole.

«Guardalo come fa la guardia», fece Butch, e scosse il capo.

«Vado a prendere la zavorra», disse Noel, e uscì dalla fossa.

«Ti aspetto qui, così prendo confidenza», disse Butch, guardando la bara e lo scheletro. «Mi sa che devo iniziare ad abituarmi all'idea.»

Noel sorrise e si allontanò. In prossimità del cancello di ferro, una luce blu roteante lo colse di sorpresa. Si acquattò dietro un albero e sbirciò. Sulla collina, poco distante dalla casa, c'era un'auto con due piccoli affari che emanavano quella luce blu roteante. L'auto era quella del tizio che aveva fermato la donna. Vide che sotto il portico della casa c'erano due persone. Una, più ingobbita, era la padrona di casa. L'altra era il proprietario dell'auto. Come l'aveva chiamato, Butch?

«Uno sbirro», mormorò Noel.

La padrona di casa gesticolava e lo sbirro l'ascoltava. Ogni tanto la donna si interrompeva, forse per lasciar parlare lo sbirro, ma Noel non poteva esserne certo. L'uomo era girato di spalle. Mentre lo scacciadiavoli osservava la scena, l'occhio gli cadde sull'altro loro compagno di viaggio: la babbiona. Era distesa non molto lontana dal cancello, nella stessa posizione in cui l'avevano lasciata. Possibile che né lo sbirro, né la tizia che parlava con lui, se ne fossero accorti?

Notò che un albero del cimitero si protendeva oltre le punte di lancia e gettava un'ombra sulla donna, e capì che era quello il motivo per cui non l'avevano vista. Guardò i due sotto il portico, impegnati a parlare, e qualcosa gli disse che era meglio muoversi. Si mosse furtivo. Superò il cancello, raggiunse la donna e le fece passare le mani sotto la schiena. Mentre si apprestava a sollevarla, una lama di luce lunare si infilò tra i rami. In quel momento Noel la vide per quello che era: una donna vecchia e stanca, che non aveva più nulla. Prese allora una decisione.

La adagiò a terra, svestì lo spolverino e glielo calò addosso a mo' di coperta.

«Qui starai meglio», mormorò.

Il Vecchio Mondo gli pareva assai più alla mano del Nuovo. Qui potevi fare quattro passi senza il timore che un diavolo, un succhiasangue o chissà quale altra stramberia ti zompasse addosso.

Noel si allontanò quatto e rientrò nel camposanto. Raggiunse Butch che, quando lo vide arrivare, chiese: «Dov'è la babbiona?»

«Ho pensato di lasciarla qui», disse Noel. «'sto posto è più adatto a lei.»

«Se proprio vuoi saperlo, stavo pensando la stessa cosa ed ero quasi sul punto di venirtelo a dire.»

«Adesso che ho la tua benedizione mi sento a posto.»

«Mi prendi per il culo?»

«Sei perspicace.»

«Che figlio di puttana.»

«Leviamoci da qui», disse Noel, e si accovacciò per calarsi nella buca.

«Ehi!» urlò qualcuno.

Noel si voltò e vide una sagoma avanzare in tutta fretta.

«Chi cazzo è?» chiese Butch dal fondo della buca.

«C'era uno sbirro, di fuori, che parlava con la tizia dei dolcetti.»

«Merda.»

«Fila via prima che ti veda.»

«E tu?»

«Me la so cavare. Ci vediamo dall'altra parte.»

Butch afferrò il bordo della bara e, con un'agilità che i suoi anni non lasciavano trapelare, saltò dentro e sparì nel buco. Noel lo vide spuntare dall'altra parte e girarsi a guardare.

«Non ti muovere!» tuonò la voce.

Noel si voltò. La figura venne avanti e la luce della luna la illuminò. Lo scacciadiavoli riconobbe l'agente che avevano incontrato sulla Main Street. L'uomo teneva la pistola spianata, l'indice che faceva il filo al grilletto.

«Ancora tu? Che cazzo ci fai nel camposanto?» fece l'agente, e subito si guardò intorno. «Dov'è il tuo amico?»

«Ѐ appena andato via», rispose Noel.

L'uomo si accorse della buca alle spalle dello scacciadiavoli. «Ma che cazzo avete fatto?»

«Se anche te lo dicessi, non mi crederesti.»

«Siete dei maniaci del cazzo. In piedi, e alza le mani.»

«Posso prendere il cappello?»

«Col cazzo. In piedi.» Noel si alzò. «Le mani.»

Noel obbedì.

«Adesso girati e mettile dietro la testa.»

Noel diede le spalle all'uomo. Dal fondo della buca, l'uscita d'emergenza che avevano scovato andava rimpicciolendo. I bordi si contorcevano e restringevano.

«Ti ho detto di mettere le mani dietro la testa.»

«Al diavolo il cappello», disse Noel, e si tuffò nella buca.

Lo sbirro restò di sasso, la pistola puntata e un'espressione da pesce lesso. Si avvicinò alla buca e guardò dentro. Nella bara c'era un buco grande quanto quello sulla pancia di una chitarra acustica. Al di là di questo c'era un paesaggio roccioso, rosso come la pelle di un indiano, e tre tizi. Due erano gli scombiccherati che aveva incontrato sulla Main Street, e il terzo...

Lo sbirro abbassò l'arma e si accigliò. C'era qualcosa che non andava. Il terzo era gigantesco, e non era un'illusione ottica data dalla prospettiva. Era alto come le pareti rocciose che lo circondavano.

«Ma che...» mormorò, e non riuscì più a dire niente.

Il buco si restrinse fino alla grandezza di una bruciatura di sigaretta, poi scomparve. Lo sbirro fissò lo scheletro nella bara, poi le ginocchia cedettero e andò col culo per terra. La pistola gli scivolò via di mano. Restò seduto davanti alla tomba finché non ritrovò un briciolo di coraggio. Allora gattonò fino al bordo della fossa e sbirciò all'interno. Il morto era sempre morto, e non c'era nessun buco. Cercò di convincersi che non c'era mai stato. Provò a dirsi che anche il tizio vestito da pistolero e il suo amico non erano reali, ma la mente faticava ad accettare una simile conclusione. Si chiese se non fosse uscito di testa.

Si alzò su gambe non del tutto ferme e uscì dal camposanto. Superato il cancello, udì un lamento. Si voltò e mise mano alla fondina, ma la pistola non c'era. L'aveva lasciata dentro. Da una macchia nera spuntò una donna. L'agente la riconobbe subito: era la mezza matta che aveva placcato. La donna era stretta in uno spolverino che era fin troppo simile a quello del tizio vestito da pistolero – ma l'agente non si permise di pensarci –, e si massaggiava la spalla. Vide lo sbirro, sgranò gli occhi e si diede alla fuga, lo spolverino che svolazzava come il mantello di un supereroe.

L'agente Miller, dodici anni di onorato servizio sul groppone, la guardò filare via.

E non fece niente per fermarla.


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