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«Manca ancora molto?» chiese Noel.
Il gigante l'aveva preso sul palmo perché doveva saltare giù da una spianata. Un salto simile avrebbe decretato la morte di un qualsiasi essere umano, ma per Noah era come saltare giù da un muretto.
«Siamo quasi arrivati», disse Noah.
Sedette sul ciglio della spianata e lasciò i piedi a penzolare nello strapiombo. Coprì poi con l'altra mano Noel e Butch – che era ancora nel mondo dei sogni – per evitare che durante il salto volassero via e zompò giù. Noel sentì la gravità abbandonarlo per un secondo e si sollevò quel tanto da battere la testa sul palmo che faceva da soffitto. Poi uno schianto tremendo e tornò giù. Noah sollevò la mano-soffitto.
«Abbiamo fatto un po' di rumore», disse Noel.
«Scusa», fece Noah.
«Mica ti devi scusare per ogni cosa. E poi sei alto come un grattacielo. Sarebbe strano se non ne facessi, di rumore. Mettimi giù.»
Noah abbassò la mano e lo scacciadiavoli saltò giù. C'era un sentiero – abbastanza largo perché Noah ci passasse – racchiuso tra due pareti di roccia. Il gigante puntò in quella direzione con Noel che lo tallonava.
«Com'è che ti hanno esiliato?» chiese Noel mentre imboccavano il sentiero.
«Mi sono chiavato la moglie di uno, ma non è stata colpa mia. Quella mi ha messo una mano sul pisello e me l'ha fatto venire duro, e quando mi diventa duro non ragiono tanto.»
Noel pensò a cosa avrebbe detto Butch se fosse stato sveglio. Una roba tipo: anche a cazzo moscio non è che il cervello ti funziona poi tanto.
«E mentre la chiavavo ci hanno visti, e il marito di 'sta tipa è andato a dirlo al nostro capo, e quello mi ha detto che, o mi levavo dai coglioni e me ne andavo così lontano che manco più l'occhio di Dio mi trovava, o mi faceva il culo a fette.»
«E tu hai pensato di venire qui.»
«Ho pensato che era più difficile che qui Dio mi poteva trovare.»
«Penso che quello del tuo capo fosse più un modo di dire che altro. Dio ti vede ovunque ti trovi, non ti puoi nascondere.»
Noah parve riflettere su quell'ultima considerazione. Noel osservò il viso enorme che si accartocciava e si chiese quali processi mentali avvenissero all'interno di quel testone. Butch avrebbe detto che non avveniva un bel niente, perché in quel testone c'era solo acqua sporca.
Camminarono per un pezzo e Noel si stupì di non ricevere la visita dei succhiasangue. Ne attribuì il merito a Noah. La sola presenza del gigante bastava a tenerli a distanza. Farselo amico era stata un'ottima idea. Il problema sarebbe sorto quando fossero arrivati alla colonia, ma al momento era inutile arrovellarsi.
Il sentiero curvò a destra. Noel guardò in alto e vide che la striscia di azzurro era più larga. Forse stavano giungendo alla fine di quella lunga traversata.
«Tu e il tuo amico perché siete venuti qui?» chiese Noah. Noel gli raccontò tutta la storia e, alla fine, il bestione disse: «Wow, uno scacciadiavoli in carne e ossa.»
Il suo tono di voce trasudava genuina ammirazione.
«E pensa che il vecchio che tieni nel palmo era uno dei Quattro», disse Noel.
Noah si bloccò e prese a fissare Butch. Se l'avvicinò a un palmo dal naso e lo esaminò come fosse un insetto raro. Butch aprì gli occhi proprio in quel momento e si trovò davanti quel faccione grosso e tondo come un pianeta, la fronte colma di rughe e gli occhi che provavano a mettere a fuoco la forma di vita sul palmo.
«Che cazz...?» mormorò.
Buttò un occhio all'intorno, vide le pareti di roccia e, mentre le mani tastavano il ruvido e calloso palmo del gigante, intuì che c'era qualcosa di strano.
«Eri veramente uno dei Quattro?» chiese Noah, e una zaffata d'alito investì Butch.
Il vecchio si coprì naso e bocca. «Ma che hai mangiato, buchi di culo?» disse.
«Cos'è che ha detto?» chiese una voce lontana.
Sembrava provenire da un punto imprecisato sotto il culo di Butch, che finalmente capì di trovarsi più in alto di quanto fosse utile a uno senza ali.
«Mettimi giù», disse in un sussurro.
Era diventato di colpo serio come un profeta.
«Che hai detto?» fece il gigante.
Butch fissò quegli occhi marroni e grossi come palle di merda cadute dal culo di un coniglio gigante, levò la mano che gli copriva la bocca e parlò lentamente. «Metti.Giù.Il.Mio.Culo.Secco.»
Noah abbassò la mano ad altezze più consone, e Butch si trovò a guardare un Noel che sogghignava divertito.
«Levati quella smorfia dalla faccia», disse il vecchio, smontando. «Scommetto che è stata una tua idea.»
«Che pretendevi, che ti portassi fino alla colonia come la principessa di una fiaba?» disse Noel.
Butch sfarfallò una mano: ma vaffanculo. Guardò poi a terra, come se avesse perso qualcosa, e si tastò i fianchi e la parte di schiena sopra l'osso sacro.
«Merda, mi sa che ho lasciato il tuo coltello in quella maledetta caverna.»
«Non importa, ne prenderemo un altro», fece Noel. Aprì la borsa, tirò fuori una croce e la tirò a Butch, che l'afferrò al volo. «Intanto arrangiati con questa.»
«Se riesco a prenderli alle spalle posso sempre ficcargliela su per il culo», disse Butch, e mimò il colpo.
Il gigante grugnì divertito.
«Meglio che niente», disse Noel. Si rivolse al gigante. «Noah, facci strada. Vediamo di uscire da qui, ne ho le palle piene di 'st' accidenti di posto.»
Il gigante annuì e riprese a camminare con quella sua andatura curva e scoordinata.
Butch guardò lo scacciadiavoli. «Noah?» chiese.
«Si chiama così», rispose Noel.
«Siete diventati intimi mentre ero in coma?»
«Ѐ riuscito anche a sbirciarmi sotto la gonna», scherzò Noel.
Butch grugnì divertito.
Seguirono il gigante. Dopo poco videro la fine di quell'infinito sentiero. Si apriva sul deserto.
«Ci siamo», disse Noel.
«Era ora», fece Butch.
«Di che ti lamenti, tu, che hai fatto mezzo viaggio disteso sul palmo di un gigante.»
«Già, e se ci penso mi viene voglia di prenderti a calci in culo.»
«Non capisco perché la fai tanto lunga.»
«Potevo cadere e spiaccicarmi a terra come una cazzo di frittella.»
«Ma non è successo, quindi piantala di lamentarti.»
Uscirono e il Sole tornò a baciare i loro scalpi. Il gigante avvertì sulla pelle nuda il calore dell'astro diurno. Una sensazione gradevole, soprattutto sulle palle. Il gigante se le grattò e annunciò: «Devo pisciare.»
Si avvicinò alle pendici della montagna, afferrò l'arnese-balena e si svuotò. Il getto di urina era come una cascata maleodorante. Colpiva la roccia e ne staccava piccoli frammenti, e dopo tre minuti buoni non si era ancora esaurita.
«Se piscia su una colonia è capace di affogarla», fece Butch.
«Altroché», convenne Noel.
«E tutta quell'acqua prende fuoco?»
«Ci puoi scommettere le chiappe. In pratica è come se pisciasse benzina.»
Il piscio ruscellava lungo la roccia, fin sulla sabbia, scurendola.
«Con tutto quel combustibile ci mandi avanti un fracco di generatori», disse Butch.
«E ci tiri su anche una bella sommetta», fece Noel.
«Tipo quanto?»
«Solo con quello che sta mollando il perticone, lì, puoi farci due o tremila bronzi. Forse di più.»
«Urca.»
«Ma tieni conto che devi spartirli con gli altri cacciatori. Per catturare un bestione del genere serve un bell'aiuto. Senza contare le attrezzature, che pure non ti vengono pochi spiccioli.»
Noah continuava a innaffiare la montagna. Sembrava ne avesse tanta da riempire il bacino di un lago.
«Puttana Eva», fece Butch, «è lì da almeno cinque minuti.» Rifletté un secondo. «Anche quello che gli esce dal buco del culo prende fuoco?»
«A-ha, e brucia più a lungo del piscio», disse Noel.
«'sti bestioni sono una miniera d'oro.»
«L'hai capito, eh?»
«E come lo smerci uno stronzo di gigante?»
«Lo fai a fette, lo imbusti e lo metti al fresco. Se si calcifica non è buono neanche come surrogato del carbone.»
La cascata giallastra si esaurì. Il getto – che Noel e Butch vedevano scorrere tra le gambe aperte di Noah – si ridusse a pochi goccioloni. Noah diede una sgrullata alla sua salsiccia e si voltò. Aveva un'espressione soddisfatta.
«Possiamo andare?» chiese Noel.
«A-ha», disse Noah.
Mentre percorrevano l'ultimo tratto di deserto, Butch chiese: «Come la mettiamo col nostro amico, mo' che arriviamo?»
«Non lo so», disse Noel. «Certo non possiamo portarcelo dietro, getterebbe nel panico l'intera colonia.»
Più tardi avvistarono la colonia. Sembrava un miraggio. Si stagliava in lontananza con le sue casas de adobe.
«'spetta un secondo», fece Butch. «Siamo a un passo dalle Terre dell'Ovest.»
«Embè?» chiese Noel.
«Dovrebbe starci una foresta da queste parti. Mi ricordo che era segnata su un arazzo dell'Alto Salone. Come si chiamava...?» Le labbra di Butch si arrotolarono come se avessero assaggiato un limone e sparirono nella bocca. Un solco apparve sulla fronte rugosa. «Merda, non mi viene. Comunque sta a poche leghe dalla colonia. Col passo che c'ha, il nostro amico ci arriva in due minuti. Può rifugiarsi là.»
«Mi pare una buona pensata», disse Noel, e spiegò al gigante che era meglio per lui rifugiarsi nella foresta menzionata da Butch.
«Devi andare verso ovest», disse Butch. E siccome Noah lo guardava con aria idiota, il vecchio gli indicò la direzione.
Noah annuì e chiese: «E voi che fate?»
«Ci imbuchiamo nella colonia e cerchiamo qualcosa da mettere sotto i denti», disse Butch.
«Ѐ da stamattina che non mangio.»
«Non penso che fanno prosciutti per uno della tua stazza. Ti conviene cercare lì nella foresta qualche bestia da spolpare.»
«Ne sono rimaste?» chiese Noel.
«Altroché. Magari non è proprio carne di prima scelta, per via delle mutazioni e tutto il resto, ma penso che lo stomaco del nostro amico la può reggere», disse Butch. Si rivolse a Noah. «Cerca solo di non mangiarti l'intera foresta.»
«Okay», disse Noah.
«Aspettaci là, veniamo noi da te», fece Noel.
Il bestione annuì e si separarono: Noah verso la menzionata foresta e i due spiantati vero la colonia.
«Mica l'ho capito perché gli hai detto che dopo lo raggiungiamo», fece Butch.
«Non possiamo abbandonarlo», rispose Noel. «L'hai visto, ha il cervello di un bambino, e se lo lasciamo solo finisce morto o in mano ai cacciatori di giganti.»
«Quindi vuoi portartelo appresso? E a proposito, dov'è che siamo diretti? Intendo dopo la sosta alla colonia.»
«Non ho una meta precisa, vado in giro ad aiutare gente che ha bisogno. Ѐ quello che ho sempre fatto. Puoi venire con me. Mi farebbe comodo il tuo aiuto.»
«Non è che ho molta scelta. Al momento sono con le chiappe per aria.»
Quando Noel e Butch misero piede oltre il cartello di legno sul quale era scritto HOLE GRAVE in lettere tremolanti, il gigante aveva lasciato abbondanti impronte nella terra e il suo profilo non si scorgeva più. La strana coppia invase la Via Maestra e subito attirò gli sguardi dei coloni. Le signore si fermarono a squadrarli ai lati della strada. Qualcuna raccolse la veste, quasi a temere che uno dei due stranieri potesse strappargliela di dosso.
«Che cazzo hanno da guardare?» mormorò Butch.
«Mi sa che non ne capitano tanti di tipi come noi», fece Noel.
Passarono accanto all'ufficio dello sceriffo. Era l'unica costruzione della colonia fatta di legno, con l'insegna basculante e scolorita. Sotto il portico stava un tizio ben piazzato: un metro e novanta, le spalle larghe e un fisico asciutto con un leggero accenno di pancia. Aveva occhi scuri e duri e il volto di pietra. Butch sogghignò.
«Che hai da sorridere?» chiese Noel.
«Lo sceriffo», fece Butch. «Somiglia a Robert Mitchum.»
«E chi sarebbe?»
«Uno che a quello lo prenderebbe a calci in culo su una gamba sola, mentre si fuma un sigaro e si limona una sgallettata.»
Noel lasciò perdere. Ormai ci rinunciava a capirci qualcosa. Butch sembrava un fossile tornato alla vita e metà delle cose che snocciolava era come i racconti in bianco e nero che un nonno sciorinava al nipotino.
Lo sceriffo si strofinò il mento ispido e li guardò passare. I due spiantati raggiunsero il saloon ed entrarono. Molte teste si voltarono. Quasi tutti gli occhi fissarono Butch per un secondo e si trasferirono subito su Noel. Lo scacciadiavoli tirò dritto verso il bancone, senza guardarsi intorno né dire una parola. Butch lo seguì. Il barista li degnò di un'occhiata svogliata, ficcò uno straccio in un bicchiere e prese a lucidarlo.
Noel posò lo stivale sulla staffa in basso e il gomito sul bancone. «C'è un buco dove schiacciare un pisolino?» chiese al barista.
«La pensione di Hansel», rispose l'uomo. «Poco più avanti.»
«E ci puoi anche mangiare?»
«Sì, ma non t'aspettare chissà che. Anzi, è già tanto se quel bastardo non t'avvelena.»
Noel annuì e batté le nocche sul bancone. «Dammi due whisky.»
«Fammi vedere i soldi.»
Noel si ficcò una mano nella tasca dei calzoni e ne cavò una moneta d'argento. La posò sotto gli occhi sbarrati del barista, che smise di lucidare e osservò il soldo come una gazza ladra attirata dal luccichio di un diamante. Butch rifilò un'occhiata a Noel.
«Riempi due bicchieri e lascia la bottiglia», disse Noel.
Il barista fece sparire la moneta e si allontanò.
«Quello era un dollaro d'argento», mormorò Butch, ricordando l'aquila incisa su un lato della moneta.
«Vedo che la vista ti funziona», fece Noel.
«Dove diavolo l'hai pigliato un dollaro d'argento?»
«Mi è rimasto qualcosa di quello che ho tirato su quando andavo a caccia di giganti.»
«Quel dollaro vale almeno cinquanta bronzi, forse più, e tu lo baratti per un sorso di whisky?»
«Di bronzo addosso non ne ho e non penso che l'amico, lì, sia disposto a farmi credito.»
Il barista tornò con due bicchieri e una bottiglia di buon torcibudella. Li piazzò sotto il naso di Noel.
«Se posso fare altro per voi...» disse con untuosa cortesia e un sorriso largo, «... non esitate a chiedere.»
«Una cosa ci sarebbe», fece Noel.
«Tutto quello che vuole, signore.»
«Levati dai piedi.»
Il sorriso di cortesia svanì. Noel versò da bere per sé e per Butch mentre il barista si allontanava, mogio.
«Alla goccia», disse Noel, sollevando il bicchierino.
Bevvero. Il whisky scivolò giù e appiccò un piccolo e piacevole incendio nello stomaco di entrambi. Mentre lo scacciadiavoli riempiva di nuovo i bicchieri, un paio di speroni tintinnarono oltre i battenti del saloon. Un gemito sommesso di cardini e i tonfi di tacchi sul legno avvertì i presenti che qualcuno entrava. Tutti – tranne Noel e Butch – si voltarono a guardare. I passi si avvicinarono al bancone e, quando furono abbastanza vicini, Butch si voltò e vide lo sceriffo, quella montagna d'uomo, che gli copriva parte della visuale.
«Non avete letto il cartello?» fece lo sceriffo, i pugni piantati sui fianchi.
«Che cartello?» chiese Butch.
«Quello all'ingresso della città», disse l'uomo, e guardò Noel che gli dava le spalle e si scolava l'ennesimo bicchiere.
«Oh, sì. Hole Grave. Bel nome.»
«Quello sotto a quello che dice Hole Grave.»
«Altri non ne ho visti.»
«Cos'è, fai il furbo?»
«Il matusa dice il vero», saltò su un tizio seduto poco distante. «Un ragazzino in vena di scherzi se l'è fregato.»
Lo sceriffo lo fulminò con un'occhiataccia e l'altro si ammutolì. Prese il mazzo di carte al centro del tavolo e iniziò a giocherellarci.
«C'è un'ordinanza», spiegò lo sceriffo a Butch. «Quelli che mettono piede nella colonia devono lasciare le armi allo sceriffo. E indovina un po' chi hai davanti?»
«All'inizio credevo Big Jim, ma adesso che mi fa notare quel pezzo di latta, direi che lei è lo sceriffo.»
Lo sceriffo si era accigliato. Non aveva idea di chi fosse quel Tizio Jim che Butch aveva nominato. Quando il momento di incertezza passò, disse: «Dovete consegnarmi tutte le armi che avete. E vedete di non fare i furbi. Se mi costringete a tastarvi in posti nei quali non metterei mano manco morto, va a finire che mi incazzo come un porcospino mutante.»
«Brutte bestie, quelle. Vanno in corto per un niente», fece Butch.
«Già», annuì lo sceriffo. Fissò Noel. «Il tuo amico ha il cotone nelle orecchie?»
«Credo sia più una questione di carattere.»
«Campagnolo, mi hai sentito?»
Noel posò il bicchiere. «Ho sentito», disse. «Ed è meglio che ti metti l'anima in pace, perché non ti do un cazzo.»
Lo sceriffo sogghignò. Aspettava giusto una sparata simile.
«Temo che allora dobbiate seguirmi», disse, e posò una mano sulla spalla di Noel.
Lo scacciadiavoli si mosse rapido. Afferrò il polso dello sceriffo, gli torse il braccio dietro la schiena e gli mollò un calcio sulla giuntura dietro la gamba. Lo sceriffo cadde in ginocchio e Noel gli affondò il tacco dello stivale nel polpaccio per tenerlo giù.
«Vogliamo solo mangiare un boccone e schiacciare un pisolino», disse. «Non abbiamo idea di andarcene in giro a impallinare i coloni, perciò puoi stare tranquillo, la mia sei colpi non lascerà la fondina. Hai la mia parola.»
«La tua parola...» disse Big Jim Mitchum, sprezzante. «Mi ci pulisco il culo.»
«Facci quello che ti pare, basta che non rompi i coglioni», disse Noel.
Sfilò la sei colpi dalla fondina dello sceriffo, gli mollò il braccio e fece due passi indietro. Lo sceriffo si rialzò, massaggiandosi il braccio con una smorfia. Era più grosso di Noel, ma lo scacciadiavoli ci aveva messo poco a fregarlo. Noel scaricò la .45 di Big Jim Mitchum e si ficcò in tasca i proiettili. Fece rientrare il tamburo con un colpo di polso e lanciò la sei colpi al legittimo proprietario. Big Jim Mitchum la afferrò al volo e la ficcò nella fondina.
«Andiamo», disse Noel a Butch, e si incamminò.
«Non pensare che finisce qui», fece Mitchum quando Noel gli passò accanto.
«Invece sì.»
«Sceriffo...» salutò Butch, mostrando i denti buoni – che non erano molti – e accennando un saluto militare con due dita alla tempia.
Uscirono dal saloon e Butch si avvicinò a Noel.
«Stavo pensando che è meglio se ci sbrighiamo a mettere qualcosa sotto i denti e al diavolo il pisolino, ce la filiamo da qui prima che Macho Man, lì, va a prendere l'artiglieria e ci impallina il culo.»
«Mi hai letto nel pensiero», fece Noel.
Raggiunsero la pensione di quel tale Hansel, che era una costruzione su due piani con giusto un paio di finestre per piano. Entrarono e subito li accolse una tizia tracagnotta, con un paio di baffi appena accennati sotto il naso a patata.
«Vogliamo mangiare», disse Noel.
«In fretta», precisò Butch.
«Là c'è un tavolo», fece la donna e indicò uno dei due tavoli rettangolari di legno. «Dico a Hansel di mettere i fagioli in padella.»
I due spiantati andarono a sedersi. La tizia – che secondo Butch era messicana – portò in tavola due cucchiai di legno e una brocca con dell'acqua. Butch e Noel si riempirono lo stomaco. Quando la tizia tornò con una forma di pane avevano vuotato la brocca. Lei gliene portò un'altra mentre i due strappavano pezzi di pane, se li cacciavano in bocca e li masticavano senza garbo.
«Fembra un fecolo fe non meffo fualcosa fotto i fenti», mugugnò Butch con la bocca piena.
Spruzzò mollichine di pane su tutta la tavola.
Noel mandò giù il boccone. «Chissà come se la sta cavando il nostro amico», disse.
«Fihuro fome il mio hulo fehho he fi fta fahendo fuoi fuffa la foreffa.»
Quando i fagioli arrivarono in tavola, della forma di pane era rimasta una mezza luna grossa come il pugno di un marmocchio. Butch la prese e se la ficcò in bocca.
«Hofì h'è più fpafio in favola», disse, e fece segno alla mulatta di posare la padella fumante.
«Vi porto un paio di ciotole...» fece la donna, ma Butch e Noel avevano già immerso i cucchiai nel mare di fagioli rossi e si ingozzavano. «O magari no», mormorò la donna, e si allontanò.
«Fai hofa hi ffaevve vene?» farfugliò Butch e, mentre lo diceva, un fagiolo passò nello spazio tra due denti, saltò fuori dalla bocca e si tuffò nella padella.
«Hofa?» fece Noel, anche lui la bocca piena.
«Un toffo di fane.»
«Fande ifea.»
Noel alzò una mano per richiamare l'attenzione della donna, che li osservava da lontano come se fossero due scimmie intente a lanciarsi la cacca a vicenda. Il suo sguardo e quello dello scacciadiavoli si incontrarono.
«Un toffo di fane, pe favoe!» urlò Noel, e un paio di fagioli gli andarono di traverso.
Lo scacciadiavoli si picchiò il pugno sul petto, prese la brocca e si versò in bocca un sorso d'acqua. Mandò giù e riprese a respirare.
«A momenti ci resto secco», disse, e si pulì il muso col dorso della mano.
«Nel hafo, fi difpiahe fe mi fego la fua paffe?» chiese Butch.
Noel tornò a guardare la mulatta. «Allora, 'sto pane?»
Vide che la donna era immobile e fissava qualcosa. Seguì la direzione del suo sguardo e si irrigidì. Sulla soglia dell'ingresso c'era Big Jim Mitchum. Alle sue spalle, armati di fucile, due tizi magri dall'aria truce.
«Lo dicevo, io, che non era finita», disse Big Jim Mitchum.
Sorrise. Butch si voltò, la bocca strapiena. Si accorse dei tre tizi sulla soglia e disse: «Oh, merda», spruzzando fagioli a ventaglio.
Big Jim e i suoi vice vennero avanti. Lo sceriffo, armato della sua .45, fece segno ai due spiantati di alzarsi.
«Tenete le mani in vista, sopra la testa. Se scendono di un centimetro vi apro un buco in pancia.»
Noel sollevò le mani oltre la tesa del cappello e si alzò. Butch mandò giù il boccone e lo imitò. I due vice li tenevano sotto tiro.
«Via il cinturone», disse Big Jim Mitchum. «Con la destra, e muovila piano.»
Lento come un bradipo zoppo, Noel slacciò il cinturone e lo lasciò cadere.
«Allontanalo.» Lo scacciadiavoli lo allontanò con un calcio. «Ora la borsa.» Noel non si mosse. «O lo fai tu o lo faccio io. Ma prima ti faccio saltare un ginocchio.»
Noel sfilò la tracolla e posò a terra la borsa, poi la fece scivolare in là con un calcio.
«Andiamo», fece Big Jim Mitchum.
In quel mentre arrivò Hansel. «Che diavolo succede?» sbraitò.
«Porto 'sti due al fresco, ecco cosa succede.»
«Non mi hanno ancora pagato.»
«Grana ne avete?» Noel abbassò una mano. Big Jim Mitchum armò il cane. «Fermo là, furbone.»
«Voglio solo prendere il denaro», disse Noel.
«Fallo fare al matusa e tieni su le mani.»
Butch si avvicinò e infilò una mano nella tasca dei calzoni dello scacciadiavoli. Le dita incontrarono il metallo, lo afferrarono e tornarono su.
«Lasciali sul tavolo», disse Big Jim Mitchum.
Butch posò la moneta sul tavolo e lo sceriffo strinse gli occhi. Raggiunse il tavolo e restò basito nel vedere il dollaro d'argento.
«Hai capito il campagnolo...» disse. Si girò a guardarlo. «Sei uno pieno di sorprese.»
«Non ne ha idea», fece Butch. «Gli escono dal buco del culo.»
Big Jim Mitchum rinfoderò la .45 e si piazzò di fronte a Butch, i pollici nel cinturone. «Tu devi essere il clown del gruppo.»
«Faccio del mio meglio. Non è manco tutto 'st' impegno», disse, e indicò Noel con un cenno del capo. «'sto qui ha il senso dell'umorismo di una pianta grassa.»
Big Jim Mitchum fissò il vecchio dall'alto del suo metro e novanta. Butch non pareva intimorito e la cosa infastidì Big Jim Mitchum, che per tutta risposta gli mollò un pugno in pieno stomaco. Butch restò a corto di fiato e finì ginocchioni, le mani sul ventre. Mitchum intravide un movimento con la coda dell'occhio, sfilò la .45 con una rapidità che impressionò perfino Noel e la puntò sullo scacciadiavoli.
«Ti conviene che non ti fai venire strane idee», disse. «Indietro.»
Noel arretrò di un passo.
Big Jim Mitchum si chinò su un ginocchio, sempre tenendo sotto tiro Noel, e disse a Butch: «Vediamo che t'inventi adesso, simpaticone.»
Butch, la fronte che sfiorava il pavimento e le mani sul ventre, mormorò qualcosa.
«Che hai detto?» fece Big Jim.
Butch alzò un poco il volto. «Picchi come mia nonna in carriola», riuscì a dire.
Big Jim Mitchum sorrise e gli calò il calcio della .45 sulla tempia, mandandolo nel mondo dei sogni.
«Figlio di...» disse Noel, ma non riuscì a fare un passo che uno dei due vice armò il fucile e glielo puntò addosso.
Da quella distanza neanche un cieco avrebbe sbagliato. Noel non poté fare altro che guardare. Big Jim Mitchum disse all'altro vice di prendere il vecchio. L'uomo si mise il fucile a tracolla e sollevò Butch tenendolo in braccio come un pupo stremato dopo una giornata al luna park. La testa e le braccia del vecchio ciondolavano.
«Andiamo», disse Big Jim Mitchum a Noel. «Prima, però, svuota le tasche. E attento a come ti muovi. Se devo sprecare una cartuccia, giuro te la pianto in quella testa di merda.»
Noel tirò fuori altre due monete d'argento, una per tasca.
«Mettile a terra e fatti indietro.»
Noel eseguì. Mitchum le prese e se le ficcò in tasca. Raccolse poi la borsa dello scacciadiavoli e se la mise a tracolla. Prese il cinturone col revolver e se lo posò su una spalla come un serpente morto, quindi fece segno a Noel di muoversi. Lo scacciadiavoli camminò fino all'ingresso, le mani bene in vista. Dietro di lui, il vice che non era impegnato a reggere Butch lo teneva sotto tiro. Pestarono la Via Maestra e tutti gli occhi si fissarono su di loro. Big Jim Mitchum camminava fiero accanto al suo vice. La canna della .45 fissava la schiena di Noel.
Quando arrivarono alla prigione, Big Jim Mitchum disse al vice che teneva sotto tiro Noel: «Se prova a grattarsi la punta del naso, sparagli», e salì i due gradini che lo separavano dalla porta.
Si cavò le chiavi di tasca e aprì. Posò in un angolo lontano dalla porta borsa e cinturone, tornò fuori e fece quindi segno ai suoi. Il tizio alle spalle di Noel lo spronò con la canna del fucile. Lo scacciadiavoli salì i gradini ed entrò. Big Jim Mitchum gli fece segno di andare verso una cella aperta e Noel entrò.
«Fatti indietro. Chiappe al muro», disse Mitchum.
Noel rinculò sul fondo della cella. Mitchum chiuse la porta della cella e, mentre con una mano impugnava la .45 e la puntava verso Noel, con l'altra sceglieva una chiave dal mazzo che aveva in mano, la ficcava nella serratura e chiudeva a chiave.
«Ora puoi abbassare le braccia», disse a Noel.
Lo scacciadiavoli si tolse il cappello, lo posò sulla branda e sedette. Il tizio con in braccio Butch entrò nella cella accanto a quella dove stava lo scacciadiavoli e posò il vecchio sulla branda. Uscì e Mitchum chiuse a chiave.
«Sceriffo», disse uno dei vice. Era fermo accanto alla bacheca con i ritratti dei ricercati. Tamburellò con le nocche su un volantino. «Questo somiglia al matusa.»
Mitchum si avvicinò a dare un'occhiata. «Hai ragione.»
Strappò il volantino e raggiunse la cella dove dormiva Butch. Entrò, prese il mento ispido di Butch e girò il volto verso di sé per confrontarlo con quello sul volantino.
«Sembra proprio lui», disse Big Jim Mitchum. «Schizza da Peterson. Digli di telegrafare allo sceriffo federale. Abbiamo beccato un ricercato.»
«Quant'è la taglia?» chiese il vice.
«Diecimila bronzi», lesse Mitchum.
Gli occhi del vice quasi saltarono via. «Diecimila? Quella mummia vale diecimila bronzi?»
Mitchum fissò di nuovo Butch, poi il volto sul volantino. Era lui, impossibile sbagliarsi. Chissà che cazzo aveva fatto. Non sembrava manco avere la forza per sollevare un cazzo moscio, e per far schizzare così in su una taglia dovevi combinare un casino di casini incasinati. Si voltò verso Noel.
«Com'è che il tuo compare vale tutti 'sti quattrini?»
«Non ne ho idea», rispose Noel.
«Vuoi farmi credere che non sai che ha combinato?»
«Ѐ manco mezza giornata che ci conosciamo.»
Mitchum si grattò il mento ispido.
«Ѐ un peccato che non possiamo buscarceli noi, quei diecimila», disse uno dei vice.
«Sei ancora qui?» disse Mitchum senza voltarsi.
Il tono di voce piatto e distante, come di un uomo in trance, convinse l'altro che era ora di levarsi di torno. Uscì e Mitchum andò a sedersi. Allungò i piedi sulla scrivania e prese un sigaro e i fiammiferi dal cassetto in basso. Accese il sigaro e un piacevole sentore di vaniglia invase la stanza. Il vice che era rimasto con lui andò a sedersi sulla branda sistemata contro la parete. Posò il fucile accanto a sé e si calò la tesa del cappello sul viso. Tempo cinque minuti e già dormiva. Mitchum restò a fumare e a osservare Noel, che si era disteso sullo scomodo giaciglio della cella, il cappello calato sul viso. L'occhio gli cadde sulla borsa dello scacciadiavoli riposta in un angolo. Posò il sigaro nel posacenere – una conca di legno che sembrava lo scalpo di un neonato – e recuperò la borsa. Tornò a sedersi, aprì la borsa e versò il contenuto sulla scrivania. Il rumore destò l'interesse dello scacciadiavoli ma non quello del vice, che continuò a sonnecchiare.
«Che cazzo ti porti appresso?» fece Mitchum, osservando il campionario di stranezze che ingombrava la scrivania.
Noel si alzò e afferrò le sbarre della cella. «Tieni giù le mani», disse.
Mitchum sogghignò. «Non mi sembri nella posizione di fare il gradasso.»
Sbarrò gli occhi quando vide la Bibbia. La prese e se la rigirò fra le mani. Guardò Noel, che stringeva le sbarre come se volesse piegarle e fiondarsi fuori dalla cella.
«Chi cazzo sei?» mormorò Mitchum.
Noel non rispose.
Mitchum aprì un cassetto e ci infilò dentro la Bibbia. Conosceva un tizio che avrebbe pagato fior di quattrini per quel libro. Stava in una colonia nelle Terre del Nord, ma lo sbattimento valeva la pena. Prese la boccetta di vetro zigrinato e la sollevò. Un raggio di Sole la colpì, creando giochi di luce all'interno, poi accadde qualcosa.
«Ma che cazzo...»
Mitchum osservò il pulviscolo roteare all'interno della boccetta, sparare flebili raggi arcobaleno e condensarsi in un volto paffuto. La testa nella boccetta sorrise e Mitchum sentì qualcosa sciogliersi nel petto. Gli tornò in mente sua madre, il modo in cui gli rimboccava le coperte e lo baciava sulla fronte, e la rabbia che gli squassava il petto andò a nascondersi sotto un tappeto rosa. Mitchum si accorse che la testa ammiccava e un sorrisetto idiota gli tese le labbra.
Poi la porta della prigione si aprì e lo sceriffo di Hole Grave distolse lo sguardo.
«Lo sceriffo federale sarà qui prima di sera», disse il vice.
Mitchum tornò a guardare la boccetta. Il volto era sparito. E così pure la sensazione di benessere. Era di nuovo incazzato.
Il vice occhieggiò la scrivania. «Che è quella roba?»
«Bada ai cazzi tuoi», disse Mitchum.
L'altro capì che non era giornata e si azzittì. Prese una sedia, la sistemò accanto a una finestra – il più lontano possibile da Mitchum –, sedette e allungò i talloni sul bordo. Si calò la testa sugli occhi e mandò mentalmente a fanculo il suo capo.
Mitchum radunò la roba e la ficcò nella borsa. Quel che aveva visto – e percepito – aveva fatto vacillare le sicurezze che si era costruito negli anni. Per un attimo aveva pensato che forza bruta e rabbia non fossero la via da percorrere. Non fosse arrivato quel buono a nulla del suo vice, quel traballante fortino che aveva costruito con tanto impegno sarebbe crollato e allora sai il patatrac. Forse avrebbe addirittura optato per una conversione. Sì, perché la testa nella boccetta gli sussurrava cose. Gliele sussurrava nel cervello e quelle cose erano come le tempeste di sabbia che di tanto in tanto spazzavano il deserto. Solo che questa spazzava via la rabbia e l'odio e portava in superficie quello che stava sepolto nella cantina dell'anima. Quello che lui ci aveva sepolto.
Mitchum richiuse la borsa, si alzò e la lasciò nell'angolo, accanto al cinturone. Affanculo quel negro del cazzo e le sue stregonerie. Non gliene fregava neanche di sapere che cazzo era quella roba e a che cazzo servisse. Voleva solo ristabilire ordine nel proprio cervello.
Sedette e fumò con avidità. Lentamente, le cose tornarono a posto. La rabbia coprì tutto come una campana di vetro e Mitchum si chiese che cazzo gli fosse passato per l'anticamera del cervello quando aveva pensato di mollare il lavoro di sceriffo e andare in giro per le Quattro Terre, a diffondere il Verbo di Dio.
Alle volte la mente vacillava.
«Che ti ha detto?»
Mitchum emerse dal proprio stagno mentale e si voltò verso Noel, che aveva il volto infilato tra due sbarre. «Ce l'hai con me?»
«Il Vecchio Saggio, che ti ha detto?»
«Chi?»
«Quello dentro la boccetta.»
«Non c'era nessuno in quella cazzo di boccetta.»
«Sì che c'era. E ti ha pure parlato.»
«Sei fuori di testa.»
«Forse dovresti ascoltarlo.»
«Chiudi il becco.»
«Il Vecchio sa quello che dice. Vede quello che hai dentro, nascosto sotto tutta la merda, e lo tira fuori.»
«Ti ho detto di chiudere quella fogna.»
«Se lo ascolti ti sentirai meglio, garantito.»
Mitchum si alzò di scatto, raggiunse Noel, tirò fuori la pistola e l'impugnò per la canna, come una clava. «Ti ho detto di chiudere quella bocca di merda!»
Calò il colpo. Noel gli bloccò il polso e lo strattonò, mandandolo a sbattere col grugno sulle sbarre di ferro. La pistola cadde fuori della cella e, mentre Mitchum si teneva il muso e grugniva, Noel si chinò, infilò il braccio tra due sbarre e si allungò verso la sei colpi. Il suono perentorio di un cane che veniva armato lo costrinse però ad alzare gli occhi.
«Prendila e sei morto», disse uno dei vice, quello che stava sonnecchiando sulla branda.
Era seduto e puntava le canne del fucile su Noel. Se anche non aveva la mira di Bill Hickok, con quel cannone che sparava ventagli di pallettoni non poteva di certo mancarlo. Noel tirò indietro la mano e andò a sedersi. Mitchum si riprese. Le labbra gli si andavano già gonfiando. Le sentiva pulsare.
«Figlio di puttana», ringhiò. «Adesso ti ammazzo.»
Recuperò la pistola, la spianò e, un istante prima che premesse il grilletto, il suo vice lo sbilanciò quel tanto da far impennare il colpo. Lo sparo riempì la prigione e il proiettile si conficcò in una trave. L'altro vice si svegliò con un salto e cadde all'indietro con tutta la sedia. Si schiantò a terra imprecando.
Mitchum si voltò, furente.
«Cazzo fai?» disse al vice che gli aveva deviato il colpo.
«Non può ammazzarlo», disse l'altro. Era rosso in viso ma non abbassò lo sguardo. «È omicidio.»
«Embè? Ѐ un negro del cazzo. Non vale neanche i dieci bronzi che servono per seppellirlo.»
«La legge dice...»
«Sono io la stramaledetta legge», disse Mitchum. «E se ci rifai, giuro che dopo il negro ammazzo pure te.»
Spianò la sei colpi. Noel lo guardò, impassibile.
«Te la fai sotto che neanche riesci a parlare, eh?» disse Mitchum.
«Non è questo», disse Noel.
«Ah no? E cosa?»
«Se il mio destino è di finire ammazzato da una caricatura di sceriffo posso sbattermi quanto voglio, non cambierà le cose.»
«Dici robe senza senso.»
«Sei talmente pieno di merda che è un miracolo se un diavolo non ti è ancora entrato nel culo.»
Mitchum armò il cane e cambiò espressione. Inclinò la testa da un lato e si accigliò. All'inizio Noel non capì cosa gli fosse preso, poi avvertì una debole vibrazione. La sentì crescere velocemente e a essa si unirono tonfi come di pugni battuti su un tappeto: TUMP... TUMP...
Mitchum corse fuori e i suoi vice lo seguirono a ruota. Noel corse alla finestra con le sbarre e sbirciò di fuori. Vide due enormi piedi con unghie lunghe e nere, sormontati da caviglie spesse come il ceppo di una quercia pompata di steroidi, e due gambe pelose che si allungavano a dismisura e avanzavano sulla via polverosa.
«Cristo... ma che, mi è passato un camion addosso?»
Noel si voltò e vide che Butch provava a sollevarsi sui gomiti.
«Bentornato.»
«C'ho la testa che sembra ci hanno fatto dentro un festino», fece Butch. Si accorse che qualcosa non andava. «Che è 'sto casino?»
«Il nostro amico.»
«Ma chi, Polifemo con due occhi? Non doveva starsene nella foresta?»
«Già. Fortuna che non mi ha dato retta, perché adesso ci salva il culo.»
Noel guardò in strada. Vide Noah inginocchiarsi, il lungo arnese che gli ciondolava tra le gambe come un pendolo, e sbirciare all'interno delle abitazioni, probabilmente alla ricerca sua e di Butch. Una donna schiacciata contro il muro e così terrorizzata da non riuscire a muoversi lo fissava con occhi enormi.
«Mica conosce un vecchio e un tipo nero come il carbone?» le chiese Noah col suo vocione sgraziato.
La donna rispose con un acuto da soprano e schizzò via. Noah la guardò filare, accigliato.
«Noah!» urlò lo scacciadiavoli.
Il bestione non lo udì. Cosa più che comprensibile, visto il putiferio che lo circondava. C'era gente che fuggiva urlando a squarciagola lungo la Via Maestra. Un tizio armato di fucile si fermò a pochi passi da Noah, sollevò l'arma con mani tremanti ed esplose un colpo. La sventagliata di piombo colpì la gamba di Noah. Il gigante non fece una grinza. Allungò una mano verso il tizio, caricò l'indice, lo lasciò andare e con l'unghia fece saltare via il fucile dalle mani dell'uomo. Il tizio gridò come una mogliettina isterica e schizzò via.
«Ha la corteccia dura, il perticone», disse Butch, che si era affacciato a guardare dalla sua, di finestra.
Noel si ficcò due dita in bocca e fischiò. Noah si guardò intorno.
«Quaggiù!» urlò Noel.
Noah lo vide, raggiunse la prigione e si chinò. Il suo faccione oscurò la luce e Noel si ritrovò a fissare un occhio che pareva il più grande uovo in camicia del mondo.
«Ah, eccovi qui», disse Noah. «Lo so che mi hai detto di starmene buono ma mi è venuta fame, e mi sono già calato tutti gli animali che ho trovato. Non ce ne stanno più, e gli alberi non me li posso mica mangiare, mi restano sullo stomaco e quando vado di corpo mi devo spremere parecchio.»
«Che bella immagine», disse Butch.
«Intanto facci uscire di qui, poi ti rimedio qualcosa», fece Noel.
«Ma che ci fate lì dentro?»
«Te lo spiego dopo. Tiraci fuori.»
Il faccione di Noah si allontanò restituendo luce alla cella. Il gigante allungò un dito e lo premette contro la parete della cella, forandola come fosse di morbida mollica. Il dito entrò e uscì, lasciando un buco che ci potevano passare dieci persone tutte assieme. Poi fece lo stesso con la parete della cella di Butch. I due spiantati uscirono alla luce del Sole.
«A buon rendere», fece Noel.
«Fermi là!»
Noel e Butch si voltarono. Big Jim Mitchum e i suoi li tenevano sotto tiro.
«Fate un passo e vi impallino il culo», disse Mitchum.
«Ma fa sul serio?» chiese Butch a nessuno in particolare.
«Faccio sul serio sì. Tornate dentro.»
Butch si rivolse a Noah. «Ti spiace toglierceli dai piedi?»
«Vuoi che li ammazzo?» chiese il gigante.
«Se proprio devi...»
«No», disse Noel. «Qui non si ammazza nessuno. Rendili inoffensivi.»
Noah si accigliò.
«Pigliali e spostali dove non ci possono rompere i coglioni», spiegò Butch.
Noah annuì e allungò una mano verso i tre, che subito iniziarono a sparare. Le pallottole beccarono il palmo, rimbalzarono sui calli di cui era tempestato e schizzarono in tre direzioni diverse. Uno si conficcò a terra, a pochi centimetri dallo stivale di Noel. La manona si chiuse attorno ai tre e li sollevò come un mazzetto di fiori. Big Jim Mitchum sparò un paio di colpi. Colpirono il testone di Noah, ma i proiettili neanche si avvicinarono alla pelle. Il pagliaio di capelli ne fermò due e un altro beccò un pidocchio, facendolo secco. Noah disarmò i tre con altrettanti colpi d'unghia, poi fece per metterli sul tetto della prigione.
«Un secondo», disse Noel, e la manona si fermò. «Quel bastardo mi ha fregato i soldi. Perché non gli dai una scrollata, così vediamo se me li restituisce?»
Noah li mise a testa in giù e li scrollò per bene. Dalle tasche di Mitchum piovvero le monete d'argento. Noel le raccolse e mostrò il pollice a Noah. Il gigante posò i tre tutori della legge sul tetto della prigione, accanto al comignolo di mattoni. Mitchum e i suoi ci si abbrancarono per non cadere. Restarono lì a bestemmiare e a lanciare maledizioni a Noah, che li ignorò senza troppa fatica.
«Direi che possiamo andare», fece Butch.
«Prima devo recuperare la mia roba», disse Noel.
Fece il giro ed entrò nella prigione. Recuperò cinturone e borsa, li indossò e tornò dai suoi compari.
«Andiamo», disse.
«Ho fame», fece Noah.
«Conosco un posto dove fanno dei fagioli strepitosi.»
Condusse Noah da Hansel. Il vecchio era fuori, come quasi tutti i residenti della colonia, e li guardò arrivare senza riuscire a muovere un muscolo.
«Il mio amico vuole mangiare», disse Noel, spolliciando verso Noah.
Hansel sollevò il mento. Noah sorrise. I denti erano gialli e grossi come blocchi di arenaria.
«Ma io...» mormorò Hansel. Non sapeva bene come continuare.
«Fagli un paio di pentole di fagioli, di quelle grandi. E mollagli tutto il pane che riesce a mandare giù», disse Noel.
Hansel riportò gli occhi sullo scacciadiavoli. «Così mi mandate in mezzo a una strada.»
Noel gli allungò le due monete che aveva recuperato, sollevò un piede, si tolse lo stivale e lo inclinò. Una terza moneta cadde nella polvere.
«Cosa sei, un salvadanaio ambulante?» fece Butch.
«E con queste fanno tre. Dici che bastano?» chiese Noel a Hansel.
«Penso... penso di sì», disse Hansel, e si chinò a prendere la moneta.
«Pensi?» fece Butch. «Ti ci compri una baracca nuova, con tre pezzi d'argento. Altroché se bastano. E ci scappa pure un pasto per noialtri.»
«Mica è una cattiva idea», disse Noel. «Quello stronzo di sceriffo mi ha mandato di traverso il pranzo.»
Disse a Noah di starsene buono ed entrarono. Hansel prese un pentolone, lo riempì di fagioli e lo mise sul fuoco. Ci volle un po' per cuocere tutti quei fagioli e alla fine erano proprio una montagna. Furono costretti a sollevare il pentolone e portarlo di fuori, usando stracci come presine per non scottarsi.
Trovarono Noah seduto nella polvere. Giocherellava con la grossa salsiccia che aveva tra le gambe.
«E piantala un po'», fece Butch.
Noah smise di trastullarsi e si grattò le palle. Gli piazzarono il lauto pasto sotto il naso.
«Attento, che scotta», disse Noel.
Il gigante sollevò il pentolone con pollice e indice, manco fosse un ditale. Aprì la bocca, lasciò cadere una pioggia di fagioli e li buttò giù, quindi mise a terra il pentolone.
«Maria!» chiamò Hansel, e la mulatta baffuta uscì dalla taverna spingendo una carriola piena di forme di pane.
Hansel aveva svuotato la dispensa. Con l'argento di Noel avrebbe comprato tre volte quel che Noah stava facendo fuori. La donna lanciò uno sguardo al faccione di Noah, e per poco non ebbe un mancamento. Le proporzioni di quel tizio erano tutte sbagliate, sopra e sotto, e guardarlo la faceva stare male. Lasciò la carriola e tornò dentro. Mentre Noah si cacciava in pancia il pane, i tre tornarono nella taverna e Hansel preparò il secondo carico di fagioli.
«Mai visti tanti in una volta sola», disse Butch, osservando la preparazione. «Se quello molla una scoreggia saltiamo tutti in aria.»
Noel sorrise. Terminata la cottura, tornarono fuori col secondo pentolone, che Noah trangugiò con la solita velocità.
«A posto?» chiese Noel.
Noah annuì. «Non è che ci sta un altro morso di quel pane?»
«Mi hai ripulito», fece Hansel. «Mi sono rimasti giusto due pugni di fagioli per i tuoi compari.»
Noah si incupì.
«Ci riesci ad aspettare mentre noi ci riempiamo lo stomaco, senza far danni e senza giocare con la tua salsiccia?» chiese Noel.
Noah annuì. Teneva ancora il muso per via del pane. Sembrava il più grosso bambino del mondo. Un bambino che ha saputo dal compagno di banco che Babbo Natale è una frottola grande come quella del Terribile Chopper, che gli adulti dell'Ovest raccontavano ai bambini per tenerli buoni.
Noel e Butch si riempirono la pancia, ringraziarono Hansel e tolsero il disturbo. Di fuori, trovarono Noah che giocava con un gruppetto di bambini. Tutta la colonia era riunita ai margini della strada e osservava il gigante con un misto di paura e curiosità. I bambini no. Correvano su e giù e intorno al gigante. Di quando in quando, Noah sbarrava loro la strada con un ditone. Quelli lanciavano un gridolino e schizzavano dalla parte opposta.
«Da non credere», fece Butch.
Noel stirò le labbra in un sorriso, incrociò le braccia sul petto e si poggiò allo stipite. Noah sorrideva come un idiota. Lo lasciò divertirsi per un po', poi lo raggiunse.
«Mi sa che è ora di andare», gli disse.
Il sorriso di Noah si spense. «Mi stavo divertendo», disse.
«Per me puoi anche rimanere, ma penso che dopo quello che abbiamo combinato non gli riusciamo molto simpatici a 'sti qui.»
Un tizio dall'aria distinta, ben vestito e con un paio di baffoni grigi, si staccò dalla folla e raggiunse Noel. Lanciava sguardi ansiosi al gigante mentre si muoveva, come se temesse che Noah potesse allungare una mano e spiaccicarlo da un momento all'altro.
«Sta con voi quel bestione?» chiese.
«A-ha», fece Noel.
«Ha distrutto mezza prigione e ha messo lo sceriffo e i suoi vice sul tetto.»
«Lo so, c'ero anch'io.»
«Dovete portarlo via.»
«E che crede che stia facendo?» Si rivolse a Noah. «Ragazzone, è ora di andare.»
Noah si alzò, seppur controvoglia. I residenti si schiacciarono contro le abitazioni ai lati della strada. L'ombra del gigante riempiva la via e si allungava sino all'ingresso della città.
«Lei è il sindaco?» chiese Noel al tizio baffuto.
«A-ha», fece l'altro.
«Quel suo sceriffo è più marcio della Grande Croce. Non mi sorprenderebbe se uno di 'sti giorni un diavolo gli entrasse in corpo e gli incasinasse il cervello.»
«Che ne sai, tu, di diavoli?»
«Hai davanti a te l'ultimo scacciadiavoli vivente», fece Butch.
Il baffone spalancò gli occhi.
Noel si rivolse agli altri due spiantati. «Leviamo le tende.»
Lasciarono la colonia e, quando superarono il cartello con su scritto HOLE GRAVE, Noah volle sapere il perché di quello strambo nome.
«C'è una specie di buco senza fondo, un paio di leghe a nord della colonia», rispose Butch.
«Sul serio?»
«A-ha.»
«Come fa a non averci il fondo?» chiese Noah.
«E io che ne so. Qualunque cosa ci butti dentro va giù e continua a scendere, e non senti mai risalire il suono dello schianto come invece succede se butti qualcosa in un pozzo. A volte, però, le cose rispuntano in superficie.»
«Come, rispuntano?» fece Noel.
«Così ho sentito. Quando il buco si aprì, un tizio ci finì dentro con la sua auto. Qualche giorno dopo la stessa auto spuntò fuori da un altro buco che si era aperto parecchie leghe più in là. Il tizio era morto stecchito e l'auto era una carcassa arrugginita. E ce ne sono un fracco, di 'ste buche. Ho sentito che ce n'è una, nelle Terre del Nord, talmente grande che ci puoi ficcare dentro un villaggio di giganti, ma può essere che è una stronzata.»
«E da dove sono spuntati, 'sti buchi?»
«Nessuno lo sa. Sono spuntati e basta, come ti spunta un brufolo.»
Restarono in silenzio per un po'.
«Dove stiamo andando?» chiese Butch.
«Dove c'è bisogno di noi», rispose Noel.
«E che accidenti vorrebbe dire?»
«Che andiamo a prendere a calci in culo qualche diavolo.»
«Ma che, mi hai preso per uno scacciadiavoli?»
«Hai talento, potresti farmi da assistente.»
«Guarda che prima scherzavo. La storia degli scacciadiavoli e tutto il resto... voglio solo trovare un posto tranquillo e vivere quel poco che mi resta in santa pace.»
«Forse Dio ha altri piani.»
«E mo' che c'entra Dio?»
«Forse ci ha fatti incontrare per una ragione.»
«Mica ci credo a 'ste stronzate.»
«Non sei l'unico, amico mio, ma le cose stanno così, che ti piaccia o no.»
«Chi te la dà tutta 'sta sicurezza? Cos'è, hai una linea diretta col Padreterno? Tu e il Vecchio Collerico vi scambiate sms?»
«Esse-emme-esse?»
«Lascia perdere. Chi ti dice che non è stato il Caso a metterci insieme? E non mi rifilare una di quelle battute da film di quart'ordine, del tipo: 'il Caso non esiste', perché ti ci vuole più di questo per convincermi.»
«Ho visto l'inferno... o meglio, ho visto quelli che lo abitano e ho sentito il loro potere, un potere che può alterare la realtà come fosse argilla in mano a un vasaio.»
«Anche se hai visto i diavoli non vuol dire che esiste un inferno. Forse i diavoli – e a 'sto punto pure gli angeli – sono una sorta di alieni, come i Grigi, che abitano su una palla di gas, acqua e sabbia come la nostra.»
«Quindi, secondo il tuo ragionamento, pure il Messiah era un alieno? E magari non faceva prodigi ma trucchi di magia a buon mercato.»
Butch non rispose subito. Lui il Messiah l'aveva visto e aveva sentito qualcosa, una roba che non sapeva spiegare. Mentre il Nazareno parlava al capannello di gente riunita attorno al Grande Sasso – una colonna di pietra che ricordava i monoliti di Stonehenge, e Butch ancora si chiedeva come avesse fatto il Messiah a scalarla e a sedercisi sopra –, era calata una strana quiete, come se qualcuno avesse sparso nell'aria un gas che aveva l'effetto di rilassare l'anima. Quella sensazione l'aveva accompagnato per giorni, ed era così intensa che si era sentito in grado di fare qualsiasi cosa.
La verità era che non lo sapeva con certezza. Ricordava di aver pensato che c'era qualcosa di mistico in quell'uomo barbuto e trasandato, una sorta di aura che lo cingeva come un lenzuolo, e la cosa l'aveva turbato parecchio.
«Dovresti fidarti di più di quello che senti e meno di quello che vedi», disse Noel, interrompendo le elucubrazioni del vecchio. «Ci sono tante esistenze intorno a noi. Sono tutte invisibili, ma ci sono. L'occhio non le vede, gli altri sensi sì. E se riesci a sintonizzarti su una certa frequenza, puoi sentirle vibrare. E se ti va bene arrivi pure a vedere quello che c'è oltre il velo.»
«Tutta questa filosofia non risponde alla domanda: come fai a sapere che esistono inferno e Radura, il Caprone e il Vecchio Collerico, e che si divertono a manovrarci come pupazzi?» chiese Butch.
«Non ho mai detto che si divertono a manovrarci...»
«Rispondi alla cazzo di domanda.»
«Ѐ come quando sei innamorato. Senti le viscere muoversi come serpenti in una cesta, lo stomaco riempirsi di pietre e il cuore rimbalzare come una palla matta, e capisci che c'è qualcosa. Lo capisci perché te lo dice quel mucchio di roba che hai dentro.»
«Il mucchio di roba che ho dentro mi dice che sono tutte stronzate.»
«Non tutti sono in grado di sentire. Dipende dalla sensibilità che uno ha.»
«Io sono sensibile. Sono così sensibile che quando al mattino mi si drizza l'uccello scoppio a piangere. Poi mi accorgo che è solo una questione idraulica e piango di nuovo.»
Noel si passò una mano sul viso. «Comunque», disse, «quello che cercavo di dire, in una maniera più complicata del necessario, è che è tutta una questione di Fede. O credi che esista qualcosa dopo la morte o credi che ci spegniamo come candele nel vento. Niente vie di mezzo.»
«Perché piangi quando ti si drizza l'uccello?» chiese Noah.
«Perché ormai non mi si drizzerebbe manco se abitassi nella passera bagnata di una gigantessa», fece Butch.
«Ѐ un brutto affare quando non ti funziona l'uccello. Un mio cugino c'ha avuto 'sto problema e la moglie l'ha mollato. Diceva che c'aveva bisogno di uno che se la scopava», fece il gigante.
«Almeno è stata sincera.»
Noel si schiaffeggiò la fronte. Ma da dove sono saltati fuori, 'sti due? pensò.
Se Dio glieli aveva affibbiati c'era di certo un motivo, ma lui faticava a comprenderlo. Un vecchio che era la brutta copia di Groucho Marx e un gigante col cervello di un moccioso non erano esattamente l'aiuto che si era aspettato. Quando aveva pregato Dio – «Ti chiedo solo qualcuno con cui spartire 'sto fardello», erano state le parole che aveva usato – si era immaginato un tizio della stazza di Big Jim Mitchum che afferrava i posseduti con una mano, li sollevava a mezzo metro da terra e li teneva fermi mentre lui, Noel, li liberava.
Ormai dovresti averlo capito che Dio si diverte a rimescolare le carte in tavola. Alla fine ti porta sempre lì dove devi andare, ma il viaggio deve pur insegnarti qualcosa, sennò che senso ha?
Forse quei due gli avrebbero insegnato qualcosa, anche se a guardarli... Noah estraeva pepite verdi dal naso e se le cacciava in bocca e Butch sparava volgarità a iosa.
«... me ne scopavo una al giorno. Passere nere, bionde, rosse, ce n'era per tutti i gusti. Sembrava la Grande Migrazione di metà anno...» stava raccontando Butch.
Noel sorrise. In fondo non erano male. In giro c'era di peggio. Tipo Big Jim Mitchum, per dirne una. O i diavoli, per dirne un'altra.
Continuarono a camminare: tre sagome e tre ombre di diversa grandezza che attraversavano il deserto.
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