FINE & INIZIO (+18)
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...La rabbia e la passione.
A centottanta il cuore.
Tu mi parli di che cosa.
Non mi conosci.
No, non mi conosci.
Non mi conosci.
Ho paura che...
Tutta questa attesa non basta.
Non copre il dolore,
Come se fosse una medicina.
La mia dose di morfina...
(Lucciole di BLANCO)
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Riccardo si lasciò guidare, una vocina nella sua mente gli urlava di scappare, certe cose non finivano mai bene, ma l'attrattiva di quella persona senza nome era troppo potente, quasi fosse una sorta di calamita impossibile da ignorare...
Arrivati davanti a una BMW X8, di ultimissima generazione, nera come la notte, l'uomo che ancora gli cingeva la mano quasi lo spinse addosso alla fiancata. Riccardo cercò di protestare, ma l'estraneo gli calò addosso come un falco sul cibo...
Gli afferrò la testa e avvicinò il corpo, baciandolo. Le rispettive labbra si unirono, prima quasi con delicatezza, succhiandosi a vicenda, assaporando i reciproci profumi. Una sorta di bisogno primordiale li accese come torce e Matteo perse, per la prima volta nella vita, il controllo.
Quel piccolo era morbido come seta, la bocca, pur sapendo di fumo, aveva un retrogusto forte di vodka al limone. Matteo avrebbe riso, di solito, di gusti tanti infantili, ma in quell'attimo li trovava eccitanti. Non resistendo oltre inserì la lingua in quel palato sconosciuto, scoprendolo con tocchi sempre più rapidi e violenti.
Senza rendersene conto le lingue danzavano e si sfidavano, mangiandosi, leccandosi a vicenda.
Riccardo si lasciò trasportare dal ritmo sempre più frenetico fino a quando la luce della coscienza, all'interno del cervello, non si spense del tutto, nulla lo avrebbe fermato. Cinse quella schiena ignota, strattonando la camicia fino ad alzarla, fino a infilare all'interno le mani ghiacciate.
Matteo, in risposta, ansimò senza lasciare la bocca del tigrotto, continuando a danzare con quella lingua invitante, mentre Riccardo gli accarezzava i reni, sfiorando la spina dorsale. Il ragazzo si sentiva perso, la bocca dell'uomo lo stava scopando con una passione mai sperimentata prima.
Riccardo aveva sempre fatto l'amore usando il cuore, adesso, invece, usava solo un impeto simile a un terremoto. Scosso fin nel profondo unì maggiormente i corpi percependo le erezioni sfiorarsi.
Matteo si allontanò di alcuni passi, il respiro affannoso, un rivolo di sudore che gli bagnava il corpo bollente, scivolando attraverso i muscoli.
Riccardo si passò la lingua sulla bocca che gli doleva, quel maschio sapeva di liquore, non aveva idea di che tipo, ma comprendeva fosse costoso, l'odore dolciastro, penetrante, gli riempì il palato giungendo alle narici.
Matteo mise la mano dentro la tasca anteriore dei jeans e la macchina lampeggiò aprendo le portiere, Riccardo rise forse e voltandosi entrò nella parte posteriore della vettura, attendendo il compagno, che lo raggiunse subito.
Soli, isolati in un parcheggio buio, Matteo li chiuse all'interno di quella scatola di lusso che avrebbe contenuto una passione esplosa senza possibilità d'essere arginata.
Matteo si avvicinò a Riccardo e il ragazzo pensò fosse come un animale pronto ad assaltare la preda indifesa, i due non dissero nulla, le parole non servivano, ripresero a baciarsi, ma questa volta a ogni bacio le mani si muovevano rapide seguendone il ritmo, sfilando strati di indumenti superflui.
Riccardo si ritrovò a petto nudo, ma non ebbe il tempo di percepire il fresco della sera sulla pelle sudata e accaldata, perché Matteo tornò a baciarlo sul collo seguendo una scia umida che arrivò ai capezzoli.
I bottoncini rosa si ergevano urlando il loro bisogno d'essere succhiati e Matteo non si lasciò ripetere l'invito, creando piccoli cerchi con la punta della lingua, fino a quando Riccardo non prese ad ansimare forte. Solo allora li succhiò e il ragazzo, di rimando, si tese, spostando la testa all'indietro, gli occhi serrati, le mani chiuse a pugno sui capelli lunghi dello sconosciuto.
- Non mi ero sbagliato, sei un angelo! - Matteo fissava il tatuaggio al centro del petto del ragazzo che cingeva, e leccò la data incisa: duemilatré. Quindi, quel piccolino, non aveva nemmeno vent'anni, d'improvviso l'uomo provò una sorta d'istinto protettivo sconosciuto.
Le dita di Matteo si muovevano spinte da un'unica consapevolezza, possedeva solo quella sera per conoscere quel corpo così delicato, glabro, quella pelle chiara e tirata sui muscoli accennati, per imparare a conoscere il profumo che emanava di sapone e fumo...
Si bloccò, per un secondo, giunto alla cintura dei pantaloni, poi Matteo la slacciò, aprendo i bottoni, facendo scendere la cerniera.
D'improvviso si frenò ancora udendo, attraverso la passione, una serie di risate, sollevò la testa dal torace del ragazzo, che ancora aveva le palpebre abbassate e il respiro affannoso. Immobile, attesa che il rumore cessasse, baciando alcune chiazze rosse prodotte sul collo del tigrotto che coprivano un'ulteriore tatuaggio, dei serpenti attorcigliati davvero molto erotici.
Riccardo ridacchiò, il buio che li avvolgeva non era totale, quindi poteva osservare il maschio eccitato dinanzi a sé che a fatica riusciva a trattenersi, girò appena la testa ridendo dei finestrini già del tutto appannati e, afferrando con forza i capelli dell'uomo, lo portò vicino al suo viso.
- Cosa aspetti a scoparmi?
Matteo sogghignò, abbassando del tutto i pantaloni del ragazzo, gettandoli in un angolo mentre Riccardo si toglieva la felpa e la maglietta, rimanendo nudo. Iniziò a toccarsi il pene rigido fissando assorto Matteo che seguiva il suo esempio spogliandosi, ma non ebbe il tempo di gustarsi la scena, l'uomo gli si avventò contro riprendendo a succhiarlo, soffermandosi sulla pancia, contornando le lettere di "Celeste" con la punta della lingua. Lasciando una scia umida, delle scosse elettriche, brividi che quasi lo fecero piangere.
Matteo continuò la tortura fino a giungere al pene rigido, la sua meta finale. Lo prese in bocca tastandogli i testicoli tesi...
Riccardo ansimava sempre più forte, quel bastardo sapeva come usare la bocca e la lingua.
Matteo guardava le reazioni del ragazzo sentendosi fiero dell'effetto che gli facevano le sue carezze. Di solito il sesso era un bisogno, una cosa da svolgere e passare oltre, ma non in quel momento, all'interno della sua vettura, assumeva una strana importanza.
Matteo si bloccò un secondo, una "bomba" d'acqua stava battendo con violenza sul tettuccio, rendendo l'atmosfera ancora più intima, sicuro di non essere più disturbato da estranei di passaggio, riprese a lambire, ad accarezzare, fino a quando non fu il turno di Riccardo di giocare.
Spinse il compagno lontano, bloccandogli con una mano le braccia sopra la testa, Matteo lo lasciò fare aprendo le gambe per far maggior spazio tra le sedute di fronte e quella dietro. Il piccolo sembrò leggergli nella mente lasciandolo andare, spingendo una levetta che mosse in avanti i due sedili anteriori, creando un angolo abbastanza ampio dove muoversi, invertendo i ruoli.
In quell'istante Matteo era seduto e gli teneva salda la testa mentre Riccardo, inginocchiato di fronte a lui, succhiava senza sosta...
I gemiti di Matteo divennero sempre più forti, fino a quando non si formò del liquido preseminale sul glande sensibile, solo allora Riccardo si arrestò e, con sguardo languido, gli si mise a cavalcioni.
- Aspetta...
Matteo raccolse i jeans dal fondo dell'automobile e tirò fuori dalla tasca posteriore un preservativo, che passò al compagno.
- Mettimelo.
Il tigrotto obbedì subito e, tornato genuflesso, aprì la confezione con i denti, facendo indossare all'amante la protezione, terminato il compito ritornò sopra di lui con le gambe, una da un lato, una dall'altra, del fianco.
Matteo riprese a baciare il giovane avvicinando un dito sul suo gluteo e, senza esitare, lo fece entrare in quel corpo contratto.
Riccardo sopirò rilassandosi, risucchiando quella cosa estranea e piacevole che cercava le sue terminazioni nervose. Quando Matteo le raggiunse il pene dell'angioletto vibrò diventando più duro, solo allora l'uomo più anziano si permise di guardarlo, era davvero bello, con le vene in evidenza, lungo e fine, delizioso, come a chi appartenenza. Sorridendo tolse il dito sostituendolo col suo fallo.
Riccardo trattenne il respiro percependo quell'organo grosso e lungo ma senza indecisioni lo prese in mano, guidandolo dentro il proprio essere, fino a sedersi su quel palo di carne tanto invitante.
Rimasero immobili, abbracciati alcuni secondi, poi Matteo prese a dondolare i fianchi e Riccardo lanciò nella notte un gemito di approvazione, alzandosi appena, per poi lasciarsi scivolare.
Gli uomini si baciavano a occhi chiusi, le orecchie ronzavano, le mani tremavano, l'abitacolo era caldo, impregnato dell'odore di sesso, sigaretta, colonia e i cuori battevano a ritmo della pioggia battente.
Oramai senza controllo, Matteo afferrò il giovane per la vita guidando le spinte, le membra di Riccardo sbandarono all'indietro tra i due sedili anteriori, oramai senza forze: le labbra erano aperte, le palpebre sempre più serrate, ansimava e si dimenava, la verga dell'estraneo gli batteva dentro lo stomaco donando un piacere intenso, primitivo... Ma fu quando Matteo gli copri il pene con le dita, muovendole su e giù a ritmo delle spinte, che Riccardo si sentì perduto per sempre...
Urlando dal piacere incitò l'uomo a dargli dipiù, a prenderlo con forza, a scuoterlo, e Matteo obbedì oramai suo schiavo...
Entrambi folli di passione si scambiavano i rispettivi ansiti e, quando il fisico del più giovane si tese Matteo lo squadrò, desiderava vederlo godere, non gli era mai capitato di sentire un tale bisogno, ma appena il seme del tigrotto si riversò sul suo petto venne travolto, a sua volta, da un orgasmo che lo costrinse a urlare.
I due si accasciarono sfiniti, uno tra le braccia dell'altro, non volevano lasciarsi, Matteo provava una gran voglia di coccolare quel cucciolo, ma qualcosa lo riportò alla realtà.
Avevano una sera, solo quella sera, pertanto gli sollevò il volto per scrutarlo. Il piccolo sorrideva così tanto da aver creato delle fossette agli angoli delle guance, nel vederle lo stomaco di Matteo si contrasse.
- Devo tornare a casa, domani lavoro...
Matteo spalancò gli occhi, di solito era lui a congedare chi usava non l'incontrario. La cosa lo divertì e, prima di potergli rispondere, Riccardo si sollevò sedendosi di lato. Matteo lo seguì mentre raccoglieva i suoi indumenti, si rivestiva e, quasi automaticamente, lo imitò.
Rivestìti, Riccardo tornò a studiarlo e, con gli occhi che gli brillavano nella notte quasi fosse un gatto, allungò una mano sulla portiera per scendere.
D'impulso Matteo lo bloccò: - Ti accompagno a casa.
- Se non volessi?
- Perché dovresti rifiutare? Quando ti ricapita di fare un giro su una macchina così bella?
Riccardo rise forte e Matteo sgranò gli occhi, non ricordava di aver mai udito un suono tanto bello... Scosse la testa cercando di recuperare il controllo della situazione.
- Ho già fatto un giro nella tua macchina, per stasera sono soddisfatto...
Riccardo ascoltava la sua voce senza riconoscerla, doveva scappare da quel posto prima che la facciata crollasse, prima di chiedere all'uomo come si chiamava, prima di inginocchiarsi ai suoi piedi supplicandolo di rivedersi.
La mente ripeteva come un mantra: "Solo quella sera, solo un attimo, solo quello..." Ciò nonostante, desiderava...
Si voltò di scatto e, senza più indugiare, aprì lo sportello tentando di scivolare verso l'esterno, dove ancora pioveva. Pensò che fosse una benedizione, forse l'acqua fredda gli avrebbe rinfrescato le idee!
- Sicuro di non voler un passaggio?
- No, grazie.
Detto ciò Riccardo scese, cercando di riprendere a respirare in modo regolare, stava per fuggire quando una mano forte gli afferrò il braccio trattenendolo. Rimanendo immobile e di spalle, riprese ad ansimare.
- Come ti chiami?
- Riccardo...
- Il cognome?
Il giovane sorrise, quella situazione era assurda: si stavano inzuppando, il cuore batteva all'impazzata, la mente gli urlava di tornare alla realtà. Nel bel mezzo del caos la razionalità ebbe la meglio e il vecchio Riccardo tornò a far sentire la sua presenza, con uno strattone si liberò e, sempre senza voltarsi, si mosse in avanti.
- Se ti interessa, scoprilo da solo.
Detto ciò corse via, lasciando Matteo solo, in un parcheggio semi scuro, con la pioggia che scrosciava e uno strano ghigno sulle labbra.
Quel tigrotto lo attirava come non gli capitava da tanto, troppo tempo, non si erano parlati, ma al di là del sesso perfetto, qualcosa gli urlava che c'era molto da scoprire.
Il lato predatorio tornò a farsi largo e Matteo sogghignò più apertamente alzando il viso verso il cielo, lasciando che le gocce ghiacciate lo colpissero.
- Certo che scoprirò chi sei, presto, molto presto, ci rivedremo...
Detto ciò, girò attorno alla vettura e, seduto al posto di guida, partì per rincasare, con un nuovo scopo: scovare il suo tigrotto.
CONTINUA...
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