Capitolo 1
Raggiungo mia sorella Liz in soggiorno. E' al terzo bicchiere di vino e controlla furiosamente il suo cellulare, in attesa di un messaggio che per questa sera non arriverà.
Quando due ore fa mi ha chiamata sull'orlo di una crisi di nervi, ho immaginato che la serata sarebbe andata a finire esattamente così, quindi sono uscita prima da lavoro e l'ho raggiunta, comportandomi da perfetta sorella minore quale sono.
Liz è sposata con un ricco finanziere, Tom Gadger, da ormai dieci anni, senza contare i sei anni di fidanzamento precedenti. Hanno una mega villa a Bel Air, una figlia, un cane, una cucina provvista di ogni elettrodomestico di ultima generazione presente sulla terra, amici ricchi e falsi, una baita ad Aspen per le vacanze invernali, un cottage a Marta's Vineyard per quelle estive, una dispensa zeppa di bottiglie di vino costoso e una scorta di bugie per giustificare i loro rispettivi ritardi e le loro rispettive mancanze. Una vita perfetta, insomma.
Probabilmente ciò che li tiene ancora uniti è... no, non la loro splendida e innocente bambina che dorme bella e beata nel suo lettino, ma l'ira funesta che nostra madre riverserebbe su di loro se si azzardassero a divorziare. La parola divorzio, nella nostra famiglia, equivale più o meno a "suicidio sociale". Nostra madre sarebbe anche capace di disconoscere mia sorella, se solo si azzardasse a considerare l'idea di lasciare suo marito Tom.
Quanto a me, ho poco di cui preoccuparmi. Sto per sposare il mio storico e splendido fidanzato e questo rende mia madre la persona più contenta sulla faccia della terra. E' così felice all'idea di non dover più ripetere ogni volta alle sue amiche snob del Country Club che sua figlia ventottenne sia ancora nubile.
Adora Justin, il mio fidanzato, ma sarebbe pronta a giurare sulla sua preziosa argenteria che non c'entri assolutamente nulla il fatto che lui sia uno dei chirurghi plastici più affermati d'America, nonché membro di una delle famiglie più facoltose di Los Angeles. Lo adora perchè mi rende felice. E perché mi garantisce un'enorme copertura economica, aggiungo io mentalmente ogni volta che ne parliamo.
Amo Justin. E' la mia anima gemella, è il senso della mia vita.
Ci siamo conosciuti ai tempi delle superiori. L'intera scuola ammirava Justin e non calcolava me.
Appartenevamo a due mondi completamente diversi, ma questo non sembrava intralciare il nostro rapporto.
Durante una partita scolastica di baseball mi arrivò una pallina dritta sul naso e iniziai a sprizzare sangue come un geyser. Ero sull'orlo delle lacrime, zuppa di sangue e con il naso gonfio e tumefatto che mi faceva assomigliare al personaggio deforme dei Goonies, ma Justin arrivò in mio soccorso, mi poggiò una lattina di Coca Cola ghiacciata sulla punta del naso per fermare l'emorragia e mi sussurrò che non dovevo preoccuparmi e che ero comunque bellissima.
Come si può non amare un uomo che ti dice che sei bellissima anche mentre fai concorrenza alla strega di Biancaneve?
Così ci mettemmo insieme. Non fu una cosa graduale, non ci furono grandi corteggiamenti o appuntamenti all'apice dell'imbarazzo, capitò e basta. Un giorno ero Emma Rivers la sfigata, e il giorno dopo ero Emma Rivers l'adorabile fidanzatina di Justin Holligans.
Quando andammo al college, ci lasciammo per un breve periodo. Io ero iscritta a Yale e lui a Georgetown, per cui ci separavano duemilasettecentonovantasei miglia e un trimiliardo d'incomprensioni. Litigavamo praticamente ogni giorno per telefono, ed eravamo arrivati entrambi al limite, così una sera Justin mi telefonò e mi disse che aveva bisogno di tempo per pensare e che era meglio se non ci sentivamo per qualche giorno. Che tradotto significava "pausa di riflessione".
Passai una settimana d'inferno, controllando spasmodicamente il telefono in cerca di un suo messaggio e disperandomi per la sua assenza, finché un sabato sera la mia compagna di stanza mi convinse ad andare a mangiare una pizza insieme a lei e ad alcuni amici per distrarmi. Al mio ritorno trovai Justin davanti alla porta del mio studentato. Era bagnato di pioggia e non aveva con sé neanche un bagaglio. Mi disse che aveva preso un aereo senza programmarlo, ciò che contava di più era riabbracciarmi al più presto.
Ora siamo felici e contenti e stiamo per sposarci.
Tre mesi fa, durante il nostro ottavo anniversario, Justin mi ha portata in un bellissimo ristorante a Downtown e subito dopo il dolce, mentre il violinista suonava "Unchained Melody" dei Righteous Brothers, si è inginocchiato a terra e mi ha chiesto di sposarlo. E' stata una serata perfetta, una di quelle che si vedono solo nei film, con il violinista che si avvicina al tuo tavolo nel momento giusto e suona una canzone d'amore che è inevitabilmente giusta. Anche se, conoscendomi da tantissimo tempo, Justin avrebbe dovuto approfittare della mia pausa toilette prima del dolce per chiedere al violinista di suonare "Moon River" di Henry Mancini. E' questa la canzone d'amore per eccellenza, secondo il mio modesto parere.
<<Che gran bastardo! Scommetto che si starà trastullando con la receptionist della stupidissima palestra che ha preso a frequentare.>> Liz poggia malamente il calice di vetro sul tavolo e qualche goccia di vino cade sulla costosa superficie di mogano. Con un sospiro contrariato getta il suo cellulare sul sofà bianco. <<Ma ti rendi conto? Ha quarantadue anni suonati e vuole gli addominali scolpiti alla Brad Pitt.>>
Alzo le spalle, cercando le parole giuste da dire. Quando Liz è in versione moglie gelosa, diventa ingestibile. <<E' bello che voglia prendersi cura di sé. Sai, c'è un mio collega di lavoro che...>>
Liz mi zittisce con un'occhiataccia. <<Mio marito non è il tuo collega di lavoro, né tantomeno Brad Pitt!>> Torna a sedersi sul sofà e con mani tremanti riacciuffa il cellulare tra i cuscini. <<E' un uomo morto, ecco cos'è.>>
Tom si è iscritto in una palestra non lontana dal suo ufficio da almeno due mesi, e Liz chiaramente è uscita fuori di testa. Sono davvero incredibili. Passano la maggior parte del tempo a flirtare con persone insignificanti, solo ed unicamente per arrecarsi danno a vicenda.
E' per questo motivo che adoro il mio rapporto con Justin. Lui è una costante della mia vita e non fa mai nulla che possa ferirmi.
<<Secondo me vi divertite entrambi a discutere.>> Mi accomodo accanto a Liz e le tolgo il cellulare dalle mani. <<Sorellina, il solo fatto che tuo marito frequenti quella palestra, non deve per forza significare che ti stia tradendo con la receptionist.>>
<<Nancy Corrigan mi ha detto di averli visti in un ristorante insieme.>> Mi lancia un'occhiatina sarcastica. <<Tu, questo, come lo chiami?>>
Conosco bene Nancy Corrigan, tanto da sapere che è una bugiarda invidiosa e torbida. E' stata una delle damigelle d'onore di Liz, ma so perfettamente della sua cotta stratosferica per Tom. A Nancy non va giù il fatto che sia stata Liz ad accalappiarlo al posto suo, per questo non perde occasione per mettere zizzanìa.
<<Andiamo, Liz! Pinocchio è il paladino della verità, se confrontato con Nancy Corrigan.>> Prendo un generoso sorso di vino dal calice poggiato sul tavolo e torno a guardare mia sorella. <<Prova a dare un po' di fiducia a Tom.>>
<<Hai ragione, ma ormai ho perso ogni controllo.>> Liz si prende la testa tra le mani e sospira. <<Lo so che mi tradisce, Em. Magari non con la receptionist della palestra, ma so che qualche volta è capitato. E non è per la mamma che rimango con lui, e neanche per Violet, è solo che non riesco a buttare via sedici anni della mia vita. Certe volte invidio così tanto te e Justin. Voi vi amate e si vede che siete destinati a durare.>>
Sorrido, soddisfatta delle sue parole. Non potrei essere più d'accordo.
Rimango con Liz ancora per qualche ora, cercando di calmarla e di rassicurarla, dopodiché decido di tornare a casa dal mio splendido fidanzato. Vedere mia sorella in quello stato mi ha fatto venir voglia di abbracciare stretto stretto Justin e farmi promettere per l'ennesima volta che tra me e lui non ci saranno mai simili incomprensioni.
Ho anche deciso che per colazione, domattina, gli preparerò le omelette al pomodoro che gli piacciono tanto. E poi, magari, potremmo andare per negozi a fare shopping.
Il loft che io e Justin condividiamo appartiene alla sua famiglia da generazioni. Si trova a Downtown ed ha una vista mozzafiato. Unica nota dolente? Dell'arredamento ha insistito per occuparsene Sonya, la madre di Justin.
L'appartamento è di proprietà della famiglia Holligans da anni e mi è sembrato scortese oppormi a quella richiesta. Così abbiamo preso decisioni di comune accordo e il risultato è stato impeccabile. Bè, più o meno...
Abbiamo fatto installare dei pannelli in legno d'acero sulle pareti del salone, del corridoio e della cucina, in previsione di futuri marmocchi pronti a rovinare le pareti con le loro piccole manine appiccicose. Le pareti della stanza degli ospiti sono state tinteggiate di color giallo ocra, mentre quelle della nostra stanza da letto sono state rivestite con della carta da parati verde veneziano con tanti piccoli fiorellini rosa cipria nel mezzo. Nel salone abbiamo fatto sistemare mobili abbastanza classici, tra cui un divano Chesterfield di pelle bianca che adoro e una consolle di legno massiccio nero e lucido. Nella nostra camera da letto spicca un ampio letto a baldacchino in ferro battuto, una toletta di vetro e due poltroncine di stoffa poste davanti al caminetto. La cucina è ampia e ariosa, ma decisamente vintage, ed è anche dotata di un angolo che ospita la cantinetta dei vini. Justin è un appassionato enologo, come tutti i suoi parenti d'altra parte, e adora collezionare bottiglie di vino di ogni tipo.
E' tutto molto... elegante.
Okay, non sono proprio entusiasta di alcuni esempi di quest'arredamento, ma Justin ci tiene così tanto a far sentire sua madre ben accetta nella nostra vita di coppia, che non me la sono proprio sentita di rifiutare il suo gusto. Una volta sposati apporterò le giuste modifiche, senza sconvolgere più di tanto il gusto di Sonya.
Parcheggio la macchina nel garage interno del palazzo, dopodiché mi avvio a passo svelto verso l'ascensore. Un paio di minuti dopo raggiungo il mio pianerottolo. Apro lentamente la porta, cercando di fare il minimo rumore possibile. Non so se Justin stia dormendo e non voglio rischiare di svegliarlo. Mi tolgo le scarpe nell'ingresso e cammino scalza fino alla camera da letto. Justin non c'è.
Provo a bussargli in bagno, ma non è neanche lì. Sento i messaggi in segreteria nel caso si sia fatto vivo durante la mia assenza. Niente. Ci sono cinque nuovi messaggi e tutti quanti sono di mia madre.
Alzo gli occhi al cielo, mentre la voce squillante della mia genitrice risuona per l'intero appartamento. Mi chiede quando diventerà finalmente nonna. Il fatto che sua figlia maggiore Liz abbia una splendida bambina, e che di conseguenza sia nonna già da sei anni sembra totalmente indifferente per lei. In fin dei conti io metterò al mondo l'erede degli Holligans, qualora rimanessi incinta. Ha preso ad appuntarsi sul calendario anche le mie mestruazioni, cercando di tener d'occhio il mio periodo fertile. Sono sinceramente spaventata da questa sua ennesima follia materna.
Mi accomodo sul divano e cerco di riflettere su dove possa essere Justin a quest'ora di notte. Lui è un tipo molto preciso e quando ritarda mi avverte sempre. Inoltre soffre di dolori cronici allo stomaco e se non dorme almeno sei ore a notte si sente malissimo. Forse ha ricevuto una chiamata di lavoro ed è dovuto correre a riagganciare qualche protesi. Sì, sicuramente sarà così.
Mi faccio una doccia calda e mi infilo il pigiama, dopodiché mi preparo una tisana ai frutti di bosco e mi piazzo davanti al televisore. Danno una maratona di Hitchcock e mi addormeno proprio mentre Norman Bates accoltella la povera Marion nella doccia.
A svegliarmi una quarantina di minuti dopo, una mano gelida sul mio braccio.
<<No, non uccidermi Norman!>> E cado con il sedere sul tappeto persiano del soggiorno. Almeno quello l'ho scelto io.
Justin è in piedi davanti a me e mi osserva confuso. <<Norman? E chi è?>>
Mi rendo conto di avere un po' di saliva all'angolo della bocca, così mi pulisco furtivamente con la manica della maglietta e poi mi sporgo a baciare Justin. <<Nessuno. Dove sei stato?>>
Il suo sguardo s'indurisce. Interrompe immediatamente il contatto tra noi due e io alzo gli occhi al cielo, divertita. Justin è estremamente possessivo. Di sicuro ora s'infurierà per via di quel nome che ho pronunciato poco fa, nel mio stato di semi-incoscienza. Un classico.
<<Tu dove sei stata?>> E' visibilmente infastidito. <<Sono tornato a casa presto, ma non c'eri. Dovevo parlarti.>>
Gli sorrido e torno ad abbracciarlo. Si sta così bene contro il suo petto e lui è così dolce quando fa il geloso. Gli accarezzo i capelli biondi e gli bacio l'angolo della bocca. <<Ero da Liz. Scusami, ho dimenticato di avvisarti.>> Altro bacio. <<Di cosa dovevi parlarmi?>>
<<Io... delle nozze, Emma>>, dice lui, distogliendo lo sguardo dal mio viso.
Io m'illumino come un albero di Natale e immediatamente mi alzo in piedi, recupero la mia borsa dal pavimento dell'ingresso e tiro fuori un enorme contenitore ad anelli con una stampa a fiori disegnata sopra. <<Oh amore, sono così felice che tu abbia voglia di parlare degli ultimi dettagli.>> Sfoglio un po' di pagine, rischiando anche di strapparne qualcuna per via della frenesìa che ci sto mettendo. Sono fuori di me dalla gioia. <<Pensavo che invece di ordinare le orchidee, potremmo andare più sul classico e...>>
Justin mi toglie lentamente il raccoglitore dalle mani e lo poggia sul tavolino di vetro accanto al divano. Ha un'aria preoccupata dipinta sulla faccia. Continua a fissarmi negli occhi e sinceramente comincia un po' ad inquietarmi. Magari è impazzito e sta progettando di uccidermi. Forse devo afferrare il telefono e chiamare la polizia. O forse devo semplicemente smetterla di guardare tutti quei film horror.
Alla fine sospira e mi afferra le mani, facendo scorrere il suo indice sul mio anello di fidanzamento. Mi osserva con aria assente, come se fosse con la mente da un'altra parte.
Mi chiedo cosa abbia fatto mutare il suo umore in questo modo. Quando l'ho lasciato a letto, questa mattina, mi è sembrato sereno e sorridente, pronto ad affrontare la giornata in perfetta forma. Adesso, invece, mi sembra di avere davanti Ih-Oh, l'asinello perennemente triste del cartone animato Winnie De Pooh. L'immagine di me che bacino un asino blu mi fa sorridere, e questo sembra rianimare Justin.
Abbassa lo sguardo sulle nostre mani unite e sorride anche lui. <<Sono contento che tu sia di buon umore, tesoro.>>
Corrugo la fronte, estremamente confusa. <<Perché non dovrei esserlo?>>
Justin stringe le mie mani e tutto d'un fiato dice: <<Non penso che dovremmo sposarci.>> Si schiarisce la voce e mi osserva da sotto le ciglia lunghe che tanto adoro. <<Non... io non so più se ti amo, Emma.>>
E all'improvviso succede qualcosa di molto strano.
Rimaniamo entrambi in silenzio per alcuni minuti, lui con quella sua faccia da disperato e io con la mia saliva rappresa sul mento. E' tutto così assurdo, così irreale, che credere a quanto stia succedendo mi risulta impossibile. Voglio dire, cosa si può rispondere ad un'affermazione del genere? Mancano solo due settimane alle nostre nozze e lui si sta tirando indietro. Le uniche parole che mi vorticano nella mente sono insulti e dubito che servirebbero a qualcosa, in questo momento.
Tolgo lentamente le mie mani dalle sue e mi alzo in piedi. Lo osservo per un istante da sopra ad una spalla, dopodiché prendo la tazza ormai vuota in cui ho bevuto la tisana poco fa e la porto in cucina. La lavo per bene e mi soffermo ad osservare l'acqua che scorre ininterrottamente sulla pelle delle mie mani, portandosi via le tracce del tocco di Justin. Ripongo la tazza nella credenza e mi trattengo per un po' contro il mobile, aspettando che questa sensazione di panico sparisca dal mio petto. Non sparisce. Quando mi volto verso la porta, mi rendo conto che Justin mi ha seguita e che è rimasto per tutto il tempo a fissarmi.
<<Emma, parlami.>> Fa un passo avanti e io ne faccio uno indietro. <<Dì qualcosa, ti prego. Così mi fai stare male.>>
Alzo lo sguardo su di lui e ciò che vede nei miei occhi lo costringe a zittirsi. Non sto piangendo, ma ho l'impressione che Justin si sia reso pienamente conto del disprezzo che provo per lui in questo momento.
Sorrido, sarcastica. <<Scusami, Justin, perdonami se non ti accarezzo la guancia e non ti dico che puoi stare tranquillo, che la tua coscienza non ha nulla di cui preoccuparsi, che sono contenta che tu non sia più sicuro di amarmi, ma sto pensando a come dire a centinaia e centinaia di invitati che le nostre nozze sono annullate.>>
Lo sorpasso e mi muovo verso la nostra camera da letto, ma prontamente lui mi è alle spalle e mi afferra per un polso. <<Torna a sederti. Parliamo per un attimo, cerchiamo di...>>
Mi tolgo le sue mani di dosso e interrompo le sue parole completamente inutili. <<Cosa c'è ancora da dire? Non mi ami più, no? E' finita.>>
<<Tu non c'entri nulla, Emma. Voglio solo che tu sappia che non è colpa tua. E' successo e basta, non lo avevo programmato e tu non avresti comunque potuto far nulla per impedirlo.>> Sembra fuori di sé. Continua a blaterare incessantemente frasi senza il minimo senso logico.
Lo guardo confusa. Ma di che diavolo sta parlando? Crede davvero che io possa pensare che sia colpa mia? E' lui che fa schifo, che ha voltato le spalle al nostro matrimonio, che ha voltato le spalle a me, a noi. Non il contrario. <<Ma cosa stai dicendo?>>
<<Sto dicendo che... vedi Emma, c'è questa ragazza che ho conosciuto nel mio studio. Lei ed io... noi ci siamo, abbiamo...>> Si prende la testa tra le mani. <<Sai, noi...>>
E all'improvviso la consapevolezza mi colpisce come un tir sull'autostrada. <<Hai fatto sesso con un'altra?>> La mia voce è irriconoscibile. Sembra quasi che delle schegge di vetro si siano conficcate nella mia gola.
<<Bè, noi...>>
<<Da quanto va avanti?>> Sto facendo uno sforzo immane per trattenermi dal prendere il vaso di vetro cinese che è nel corridoio e tirarglielo in testa. Se non lo faccio è solo perchè tengo al vaso, non alla sua testa di cazzo.
<<E' che noi...>>
La mia mano si muove da sola. Gli assesto uno schiaffo sulla guancia destra che gli lascia letteralmente il segno rossastro delle mie dita sulla pelle. A Wimbledon pagherebbero oro per avermi. <<Smettila di dire "noi", maledetto bastardo! Cos'è, siete forse gemelli siamesi? Siete attaccati l'uno all'altra per le vostre dannatissime parti intime?>> Ormai sto straparlando, ma ho voglia di ucciderlo e non posso farlo. Le parole sono l'unica arma che ho. <<Sei in grado di pronunciare una frase che comprenda la prima persona singolare? Sei in grado di parlare per te, senza infilare nella frase anche... com'è che si chiama?>>
Justin prova ad afferrarmi per le spalle, ma io lo spingo via. <<Emma...>>
<<Il mio nome lo so benissimo, grazie. Io ti ho chiesto come si chiama la donna che è riuscita a farti gettare nel cesso questi otto anni passati insieme.>> Dirlo ad alta voce fa anche più male che limitarmi a pensarlo.
Lui alza le spalle. <<Cambierebbe qualcosa se ti dicessi il suo nome?>>
Sono tentata di dirgli che cambierebbe tutto, perché questo nome, il nome della donna che mi sta portando via l'amore, rimarrebbe impresso nella mia mente per sempre e condizionerebbe il resto della mia vita da questo momento in avanti. Voglio dire, e se in futuro mi sposassi con un bellissimo e ricchissimo uomo e avessi una bambina che, inconsapevolmente, chiamerei con il nome di quella rovina-famiglie? Devo tutelarmi.
Abbasso lo sguardo. Non riesco ad osservare la sua faccia. Mi sembra di avere davanti un estraneo. <<La ami?>>
Justin sospira e annuisce con aria afflitta, quasi come un bambino che confessa alla madre di aver sporcato il divano nuovo di cioccolata. Io non posso vederlo, visto che continuo a fissare il pavimento, ma riesco comunque ad intuire la sua risposta.
Mi volto, dandogli le spalle, dopodiché raggiungo la camera degli ospiti. Non riuscirò a chiudere occhio in nessun letto del mondo, questa notte, ma coricarmi nel letto che io e Justin condividiamo tutte le sere mi è inconcepibile. Forse nel letto di Ryan Gosling troverei il giusto riposo, ma è leggermente impossibile raggiungerlo, quindi mi accontento di una nottata insonne nella camera degli ospiti.
Un istante prima di richiudermi la porta alle spalle, mi raggiunge la sua voce incrinata. <<Ti ho amata davvero tanto, Emma.>>
Non dico nulla.
Chiudo la porta in faccia a lui, a noi, alle sue parole false e prive di significato. Non distruggi una persona che ami o hai amato. Mio Dio, chissà da quanto tempo Justin stava progettando di lasciarmi, nonostante tre giorni fa sia venuto insieme a me a prenotare il nostro viaggio di nozze.
E la scorsa notte abbiamo persino fatto l'amore.
Come si fa a fare l'amore con una persona, se stai progettando di lasciarla? Come si può lasciare una persona con cui fai l'amore? Ma il punto è proprio questo. Il nostro non è amore, forse è solo del banale sesso, una voglia, uno sfizio. Magari l'amore lo fa con quell'altra...
Ha detto di averla conosciuta nel suo studio. Sicuramente è una povera cretina che vuole rifarsi le tette e diventare una supermaggiorata tutta moine. Abbasso lo sguardo sul mio petto, dove la mia terza scarsa misura ghigna e mi bullizza. Non ho mai avuto problemi con il mio seno, ma stasera mi sento così inadeguata.
Mi lascio ricadere contro il muro e ripenso alla prima volta che ho visto Justin, al sangue che straripava dal mio naso, al nostro primo bacio, alla sera che mi ha chiesto di sposarlo e infine a quando poco fa mi ha accarezzato l'anulare coperto dall'anello di fidanzamento. Punto lo sguardo sul mio dito, diventato all'improvviso troppo pesante. Questo pezzo d'oro bianco mi opprime, mi soffoca. Me lo tolgo con fatica e lo getto da qualche parte, nella stanza.
Cerco di figurarmi nella mente la ragazza che mi ha rubato Justin. Me la immagino alta, snella e bionda, e penso che se mai un giorno lei e Justin si sposeranno e procreeranno, i loro figli usciranno fuori biondi e perfetti come i genitori. E' una visione davvero raccapricciante, perché immagino migliaia di bambini biondi e con gli occhi azzurri che mi fissano sghignazzando.
Di sicuro la sua bomba del sesso non sbava mentre dorme. No, certamente lei sarà sempre all'altezza della situazione. Quasi rischio di buttare fuori la tisana che ho bevuto poco fa, quando penso all'idea di Justin e quella sgualdrinella che si mettono d'accordo su come liberarsi di me.
Magari lei gli ha persino preparato il discorso patetico che lui mi ha appena fatto. Justin non è mai stato in grado di trovare parole adatte da solo. Certo, sono sicuramente compagni di merende che vanno a letto insieme.
Mi sdraio a terra e cerco di escogitare un modo rapido e indolore per suicidarmi. Come farò a dire a tutti i nostri parenti, a tutti i nostri amici, che il matrimonio è annullato? Ma soprattutto, come farò a dirlo a mia madre?
E' meglio lasciar perdere il suicidio, tanto ci penserà lei ad uccidermi.
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top