Il giudizio (parte 2)
ATTENZIONE
il capitolo contiene scene di violenza (non descritta nei minimi dettagli) sconsiglio la lettura ad animi impressionabili, dalla lettura della sentenza in poi
Dove ci eravamo lasciati?
Eileen gli poggiò una mano sul braccio e lui si risedette, digrignava i denti, ma non disse altro.
Una grossa pietra mi colpì la tempia facendomi offuscare la vista e ricaddi in ginocchio, mentre un forte dolore pulsava nella testa.
<<Non lanciate oggetti>> tuonò Eileen nuovamente in piedi <<sarete esclusi da questo processo se volerà in aria anche solo uno straccio. Ora tocca all' imputato parlare>>
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Deglutii, mentre tenendomi la testa mi alzavo in piedi e fissavo i miei occhi su di lei <<Sono Kain Máedóc Eoghanan di Darengard>> risi tristemente <<sai che non ti ho mai detto il mio nome completo Eileen? Non temo la morte, non temo questo processo perché l'unico mio scopo è quello che tu mi creda. Io non ho mai cercato di farti alcun male, se ti ho avvicinata è perché volevo accertarmi che tu stessi bene. Lo ricordi?>> lei si limitò ad annuire <<mi hai chiesto di raccontarti chi eri ed io lo voglio fare>>
<<E' ridicolo!>> gridò una donna del popolo <<stiamo qui a sentire queste buffonate? Ci fa perdere tempo! Scuoiatelo a morte e lasciate che le nostre vite proseguano come prima!>>
<<Lui ha ascoltato noi con pazienta e noi faremo lo stesso>> ancora quel falso perbenismo, Mogetius aveva parlato facendo sorridere Eileen, ma era tutta una menzogna e mi sanguinava il cuore.
<<Ci incontrammo in una triste giornata a Straingard, il regno delle oscure montagne. Lunghi pellegrinaggi ci avevano portati in quel buco grigio e freddo, dove il sole non giungeva mai neanche d'estate. I Non Morti ci avevano torturati ogni giorno nel viaggio fino a lì, ma eravamo sopravvissuti. Deboli, disillusi, ma vivi. Ma io bramavo la morte perché avevo perso tutto. Tra noi non c'è mai stato bisogno di parole, per questo spesso ti ho taciuto cose che forse, avresti dovuto sapere. Parlo di me, Eileen, perché io e te siamo stati una cosa sola per dieci anni, ed io conosco me stesso solo unito a te; tu ricordavi ancora chi eri grazie a me. Mi sono sempre illuso di essere forte, quando ero il più debole degli uomini che riusciva a vivere e ad agire, solo perché altri gli davano uno scopo. Prima era la sopravvivenza, conoscevi i miei patimenti. Dopo era essere il migliore dell'accademia, poi proteggere la mia Signora, la Regina Zafta ed ora, il mio ultimo compito è quello di proteggere te, so che morirò per te e non potrei immaginare un dono più grande>> iniziai a parlare dei nostri dieci anni insieme, di ogni singola lacrima che avevo asciugato sul suo volto, di tutte le volte che avevo deciso di vivere, solo per lei e la sua gioia, delle sue bambine che la ascoltavano sognanti mentre narrava loro leggende che forse, nascono semplicemente da un animo fantasioso e che non sono mai state davvero realtà.
<<Parlavi di draghi, fate e leggende lontane. Narrasti un giorno del cerchio delle fate e della sua storia>>
Ricordavo quel giorno e quella storia; per quanto la mia bocca fosse secca ed impastata continuavo imperterrito a parlare, chiusi gli occhi iniziando a rivedere quei pochi interminabili minuti, ed intanto parlavo...
<<Ma state attente bambine mie>> stava dicendo Eileen alle sue giovani menti <<Le fate, come i folletti, sono creature dispettose. Se chiedete loro aiuto potrebbero fare il contrario di ciò che desiderate. Oppure se il loro umore è buono, se la vostra supplica è davvero sentita, se il vostro cuore è puro come la neve appena caduta, allora, forse esaudiranno i vostri desideri>>
Io ero in piedi alle sue spalle appoggiato al muro, assorto ad ascoltare ciò che raccontava. Quando parlava, quando era con le sue giovani menti, gli occhi le brillavano per la gioia di trasmettere ad altri, ciò che con gli anni aveva imparato.
<<E come si fa a chiamarle?>> chiese una bambina alzando la mano.
Lei sorrise, lo capivo anche senza guardarla in volto, da una lieve piega che la sua testa prendeva quando sorrideva, compiaciuta per la curiosità che le bambine dimostravano.
<<C' è un' antica poesia che si usa recitare. Ma bambine, non fatelo se siete nei pressi di un cerchio fatato. Intesi?>>
Tutte all' unanimità dissero "Si!" ridendo allegre.
Si alzò in piedi e inginocchiandosi davanti a loro e nascondendo il viso nelle mani chiuse a coppa, iniziò a recitare
"Ed ecco i funghi
Un circolo di fiori.
Prima che il gelo la mano allunghi
State attenti avventori
Nel cerchio della vita
Siete appena giunti
Che la preghiera sia esaudita
Riunitevi con me defunti
Per pregare in coro
Che voi mi ascoltiate
Vi dono il mio tesoro
Benvenuti nel cerchio delle fate
Venite a me amiche
Io vi prego
Non siate mie nemiche
Non sopporterei un vostro diniego
Vi prometto la mia vita
Non temo la morte
Se la mia richiesta non sarà esaudita
Affronterò il mio destino con animo forte"
Alzò nuovamente il viso per guardarle <<Ma ora bambine, dobbiamo render onore alle fate ballando per e come loro>> si disposero tutte in cerchio e prendendosi per mano iniziarono a girare in circolo ridendo e saltellando.
Alzò il viso un istante, mi guardò e sorrise.
<<Tu eri così>> riaprii gli occhi e la guardai, il suo sguardo nuovamente assente mi fece piangere il cuore, ma non avrei smesso di parlare solo perché quel porco, non le dava più il privilegio di ascoltare <<semplicemente perfetta, con un cuore così grande da accogliere tutte quelle bambine, così buona da sperare che malgrado le brutture del mondo, i tuoi insegnamenti avrebbero garantito loro un futuro migliore. La notte in cui mi accusano di essere armato, io stavo semplicemente svolgendo il mio lavoro e tu sei giunta da me, per chiedermi perché non fossi più venuto a parlarti se mi definivo tuo amico. Ti ho abbracciata, perché mi era mancato farlo, poi sono giunti Mogetius e le guardie, accusandomi dei peggiori crimini>> sospirai <<ho terminato>>
Sapevo fin dall'inizio come sarebbe finito quel processo fasullo e mentre Mogetius proclamava la vittoria dell'accusa, Eileen fu portata via per un malore.
<<La pena corporale decisa dal popolo è la frusta. Settanta frustate che ti saranno inflette ora>>
Annuii debolmente mentre venivo spinto malamente dalle guardie fino a quel palo appeso al centro del patibolo.
Il boia vi legò i miei polsi, così stretti che sentii le ossa gemere sotto la corda, mentre la pelle si tagliava.
Chiusi gli occhi, per una volta rievocavo gli insegnamenti di mio padre con dolcezza, perché proprio in quel momento tutti i dolori della mia infanzia mi sarebbero serviti. La fine camicia, già lacera, non mi copriva dal gelo che il tramonto prematuro portava con sé. Quel processo, per quanto fosse una farsa, era durato più del previsto e in lontananza il sole stava calando.
Sentii la frusta rompere l'aria con uno schiocco deciso, istintivamente trattenni l'aria, mentre tremavo più per il freddo che per la paura.
"Non trattenere il respiro, figlio di una cagna! Gli uomini respirano anche sotto le più atroci torture!" la voce di mio padre riecheggiò nella mia mente come un tuono, mentre la prima frustata si abbatteva sulla mia schiena, l'aria uscì fuori silenziosa, dovevo fissare il sole, pensare che quella era la punizione per aver lottato fino allo strenuo per lei, per non aver fatto vacillare mai le mie idee.
Le borchie mi aprivano la pelle mentre il braccio del boia faceva schioccare il cuoio contro la mia schiena, sarebbe finito tutto troppo tardi, le grida del popolo erano cadute nel silenzio in cui le mie orecchie si erano recluse.
"Un uomo non grida! Gli uomini affrontano il dolore con il silenzio. Non dare mai a nessuno il piacere di sentirti urlare Kain"
<<Mia nonna sapeva frustare con più forza>> ringhiai.
"Sii spavaldo, affronta chi ti frusta perché solo così gli sarai superiore"
Mi tolse il respiro, sentivo calore, per il sangue che lento mi colava lungo la schiena, per il bruciore insistente del mio corpo sottoposto ad uno stress troppo grande.
<<Sei una donnetta!>> gridai voltandomi a guardarlo.
Vidi la sua bocca piegarsi in un sorriso, mentre alzava nuovamente il braccio con l'arma, ma una mano la bloccò, Mogetius alle sue spalle mi fissava <<sarà un vero uomo a frustarti sporco cane>>
<<I cani hanno più intelletto di te>> mi voltai, il suo braccio seppur decrepito possedeva più forza dell'altro. Sapevo che saremmo giunti a quel punto, leggevo la sete di sangue nei suoi occhi, la crudeltà che non si disturbava neanche a nascondere.
La frusta si abbatteva su di me, mi sentivo debole, il sangue macchiava il legno, lo sentivo colare lento sui pantaloni, impregnandone la tela, facendola sembrare pesante. O forse ero io a sentirla tale, le gambe molli tremavano, faticando a reggere ancora il peso del mio corpo.
"Non inginocchiarti! Tu non sarai mai servo ma padrone! Solo i deboli si piegano"
Le gambe riuscirono a reggermi, perché improvvisamente non sentii più nulla e voltandomi vidi Mogetius immobile, madido di sudore e col fiato corto per lo sforzo.
Mi trascinarono nuovamente nella cella, ero così debole da non riuscire neanche a camminare, le gambe sembravano molli e persino la brezza serale era una tortura contro la schiena martoriata, non osavo immaginare come fosse ridotta e per certi versi, preferivo non saperlo.
Mogetius aveva riso di fronte al mio malcelato dolore, avrei voluto strapparmi via la pelle. Nulla era mai stato così doloroso, neanche i maltrattamenti di mio padre, le sue cinghiate al pari, sembravano una tenera carezza.
Le persone gioivano al mio passaggio e le pietre che mi venivano scagliate addosso aumentavano ancor più il mio dolore.
Quelle persone... improvvisamente mi pareva di essere circondato da dei Non Morti, perché la loro crudeltà era paragonabile a quella dei mostri che ci avevano messi in ginocchio. Quella non era un'oasi, ma una prigione ben peggiore, dove la crudeltà mi pareva improvvisamente amplificata a dismisura. Forse, erano migliori le cose prima, non della guerra, ma prima della mia partenza da Straingard, odiavo quei visi marci e odiavo la prigionia, ma non mi ero mai reso conto di quanto potesse essere crudele l'animo delle persone che, fino a poco prima, piangevano perché il mondo non era più in pace.
Mi lanciarono nella cella malamente, la schiena dolorante si abbattè su quella paglia putrida e infetta, ecco cosa mi aspettava, una dolorosa e lunga morte per un'infezione che mi avrebbe roso dall'interno. Lanciai un urlo disumano per il dolore, il primo dopo quel lungo tempo di silenzio, così forte che ferì persino i miei timpani mentre rimbombava tra quelle strette pareti umide.
<<Quale disumana condanna ti hanno inflitto...>> la voce del mio compagno di cella era più alta del solito, segnata da un forte disprezzo.
<<Presto il tuo compagno di prigionia sarà un cadavere>> sussurrai, incapace di muovere anche solo un muscolo, conscio del fatto che da lì dovevo alzarmi e tentare almeno un poco di lavare via lo sporco.
<<Cos'è la persona che tutti definiscono salvatore... perché chiamano salvatore un mostro?>>
<<I veri mostri ragazzo, sono quelli che continuavano a lanciarmi pietre anche dopo le frustate, sono coloro che ridevano del mio dolore, per le sassate che colpivano le mie ferite>>
Muoversi era impensabile, il dolore mi percorreva l'organismo senza darmi alcuna tregue, più di una volta avevo pensato di alzarmi, ma era impensabile.
Nella mia mente vorticavano innumerevoli pensieri, dai più cupi, che mi rimembravano l'avvicinarsi della morte, ai più gioiosi, Eileen pareva credermi, per quanto il suo desiderio di scegliere se accusarmi o meno fosse stato completamente vano. Quel mostro l'aveva nuovamente soggiogata, impedendole di ascoltare ancora il mio racconto dei nostri dieci anni insieme.
Il mio compagno di cella per la priva volta si era avvicinato a me, in quei momenti d'agonia il puzzo del suo corpo non era neanche fastidioso, perché sovrastato dall'intensità del dolore.
Ingenuamente avevo sempre creduto che sarei morto in battaglia, infilzato da uno spadone nemico che mi avrebbe lasciato morire dissanguato a terra, quella era una morte degna di me! Non in quella cella scura, con un individuo sconosciuto accanto che forse, non potevo neanche definire amico.
**********
Non so se il mio avvertimento iniziale sia stato eccessivo, ma ho preferito comunque inserirlo.
Ho tagliato parte della pena perchè la crudeltà impressa su Word è ben peggiore di quella che ho trasmesso a voi, ma per ora cerco di evitare di far finire Bydhafol 2 nella sezione per adulti.
Se qualcuno ritenesse questo libro... troppo (come credo che avverrà presto) e sarò costretta a metterlo oscurato per i minori, mi scuso con i lettori che non potranno più leggerlo. Purtroppo questo libro è immensamente più crudele del primo e a mio avviso, questa è la parte più tenera tra quelle che io stessa ho cercato di addolcire per quanto possibile. Comunque...
La crudeltà delle persone, come avete visto, è maggiore di quella dei Non Morti e per quanto questi ultimi non siano dei teneroni, penso che siano quasi migliori degli umani che hanno accusato Kain, in fondo i Non Morti sono mostri è quasi normale che siano crudeli, le persone invece sono in tutto e per tutto come noi... e purtroppo i mostri che ho cercato di rappresentare qui, sono i medesimi che vivono tra noi, per quanto il nostro mondo non sia Fantasy.
Cosa ne pensate di questo pezzo? Vi è "piaciuto"?
Avete consigli o critiche? Non fatevi problemi a dirmele!
A presto miei cari, un bacione e buona settimana! :*
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