14 - Conn e i dieci anni di solitudine


Ricordo che da bambino, il buio mi spaventava.

La notte, quando ero sveglio ed il castello era silenzioso, osservavo la mia stanza, le ombre allungate dalla placida luna ed i rami degli imponenti alberi mossi dal vento notturno.

Vedevo allora mostri inesistenti che lentamente si avvicinavano al mio letto, le mani scheletriche, la figura smisurata.

Forse anche adesso che ero adulto e avrei dovuto non aver più paura, il buio mi spaventa.

L' oscurità mi inghiottì per dieci anni e non vi erano più ombre a spaventarmi, ma la solitudine ed il silenzio, il terrore di morire da un momento all' altro e al tempo stesso, la paura che la morte non giungesse mai.

Così era stato. I miei rimpianti ed i ricordi mi cullarono per dieci anni.

Il disonore di essere sopravvissuto, quando invece sarei dovuto morire in battaglia, accanto a mio padre e al popolo.

I ricordi di quel dolce sorriso materno e del profumo di tiglio fiorito.

Le risate e tutte le volte in cui avevo recitato con Eileen per divertire i nostri genitori, in quelle sere tranquille in cui la neve cade placida o l' afa estiva fa spalancare le finestre.

Ricordavo le ballate epiche che gli antenati scrissero, dove l' amore era la chiave per la vittoria e creature mitiche popolavano i nostri sette regni, dispettosi e talvolta bravi, ma indiscutibilmente potenti.

Ricordavo la sensazione del sole sulla pelle, la bellezza dell' alba vista dalla torre più alta del castello e l' aria pulita che riempiva i polmoni.

Ma ricordavo anche le urla, il carro in cui mi rinchiusero per portarmi in quella che era stata la mia casa e quella cella, in cui fui chiuso perché appena sceso, malgrado il dolore, mi avventai sui miei aguzzini perché troppo arrabbiato per potermi contenere.

Ricordavo dopo e sentivo prima, le voci dei mostri che mi domandavano se avessi qualcosa da dire, ed il rumore del mio silenzio.

Ma ora, mentre stavo seduto davanti alla finestra a fissare la notte, ricordavo qualcosa di nuovo e stupefacente, con incredibile amarezza ed immenso dolore, il viso di Eileen sotto le mie dita ed un nuovo profumo di tiglio, mescolato alla puzza della cella.

Era viva... per anni lunghi quanto secoli, avevo pensato alla mia piccola sorella come uno scheletro immerso nella terra. E invece lei era sempre stata viva.

Chissà quante volte avevamo pianto insieme senza saperlo, quanto entrambi soffrivamo per l' assenza dell' altro e dei nostri genitori.

Ed ora, nuovamente lontano e forse un po' prigioniero, osservavo l' ennesimo mostro che aleggiava nel buio in un luogo apparentemente magico, una bestia spaventosa esattamente come quella che immaginavo da bambino, ma reale.

Qualcuno busso alla porta facendomi sussultare. Aprii gli occhi, vedendo ciò che la mia mente stava ricordando. Il bosco violetto e degli occhi rossi nell' ombra.

Mi voltai verso l' uscio da cui stava entrando Cerys con un vassoio in mano.

Da quando avevo ripreso a vedere lei era certamente la gioia maggiore delle mie giornate. Non solo era la prima donna che vedevo dopo... molto tempo, ma era anche una gioia per gli occhi, indipendentemente da tutto.

<<Non hai mangiato>> disse posandomi il vassoio davanti.

<<Non ho bisogno di una balia Cerys>>

<<Lo so>> mi sorrise, mentre sfiorava un mio ricciolo con le dita <<ma ti comporti come un bambinone>>

Risi mentre scuotevo la testa <<E' così assurdo che io non abbia fame?>>

La guardai, incontrando i suoi occhi limpidi come il mare, mentre il silenzio era scandito da un leggero fischio, che era il mio respiro.

Lei pareva calma mentre si sedeva accanto a me <<Ti tengo compagnia>>

<<Il tuo comportamento non fa altro che farmi sentire più moribondo>>

<<Oh ti prego, ti tengo compagni perché se ascolto un' altra storia di Varta credo che impazzirei!>>

Risi mentre allontanavo il vassoio, lo stomaco era stretto in una morsa e non riuscivo a buttar giù nulla, ero agitato anche se non ne comprendevo la ragione.

Kain era partito da tre settimane ormai e da allora il tempo era trascorso lentamente, di giorno Cerys stava nell' orto con Varta o da sola, a studiare piante che il suino coltivava o a piantarne di nuove che lui non conosceva.

<<Che storia ha raccontato questa sera?>>

<<Mah... non ho capito bene. Parlava di un polpo rosa che vive nelle profondità del lago di... Toshk e uccide chiunque vi faccia il bagno>>

Ridemmo entrambi, immaginando quell' essere che certamente non avrebbe fatto paura a nessuno!

<<E diceva che in questo lago non vi è fauna perchè è stata mangiata appunto, dal polpo>>

<<Interessante. Dovremmo andarci ed appurare se la storia è vera!>>

<<Magari, in fondo non è lontano da qui, circa due giorni di cammino!>>

<<Ci lascerà allontanare?>>

Si strinse nelle spalle mentre sorrideva <<Non siamo mica prigionieri! Poi visto che dobbiamo restare qui, dovremo pur conoscere il posto>>

<<Hai ragione>>

<<Kain non lo saprà mai. Andremo e torneremo in meno di una settimana e Varta non ci tradirà>> mi strizzò l' occhio, ormai complici del tradimento verso l' amico che si era raccomandato di non andar via da quella struttura, se non in caso di pericolo.

Varta sembrava indemoniato quando la mattina successiva, gli dicemmo del nostro viaggio.

<<Ma il Signor Ken mi scuoierà!>> disse quasi piangendo.

<<Sarà più facile che lo faccia se continui a chiamarlo Ken>> lo corressi io.

<<Ma è più bello il nome Ken del suo! Comunque no, non potete andarvene!>>

<<Torneremo presto, non lo saprà nessuno>> lo rassicurò Cerys mentre sistemava delle boccette in uno zaino.

<<Ma io lo saprò!>>

<<Quindi?>> lo osservai a lungo mentre lui in silenzio mi fissava, infine sospirò e scuotendo la testa andò a prendere una mappa.

<<Non perdetela intesi? Una settimana, non di più vi prego!>>

<<Va bene>> sorrisi mentre osservavo la piantina che il Prat ci aveva dato, poco distante dal luogo in cui ci trovavamo vi era davvero il lago di Toshk, tanti villaggi costellavano il territorio, molto ravvicinati tra loro.

<<Grazie Varta. A presto>> disse Cerys abbracciandolo brevemente.

L' aria era tiepida e poche rade nuvole macchiavano il cielo color cobalto.

Mentre osservavo quella strana natura intorno a me, non potevo fare a meno di immaginare il paesaggio in autunno. Chissà che colore prendevano le foglie quando lentamente morivano, chissà poi, se un autunno davvero c' era o se quel posto era legato ad un' eterna e vivace primavera.

Avevo sentito parlare spesso di quel mondo tanto sconosciuto quanto narrato, ma nessuna delle odi all' altro mondo poteva eguagliare la bellezza che ora sfilava davanti ai miei occhi.

La natura vivace cantava dolci poesie naturali, mentre noi camminavamo in silenzio.

Forse Kain aveva ragione, se ero sopravvissuto un motivo c' era davvero, per ora potevo solo gioire per quella miracolosa sopravvivenza e per la mancata morte in quella cella buia e maleodorante, che mi aveva permesso di vedere tali meraviglie.

<<Mi piacciono i tuoi capelli Conn>> sussultai, Cerys mi stava osservando.

<<Grazie>>

<<Sembrano... rame macchiato da sangue ed oro rosso. Ora che li posso osservare sotto la luce, mi rendo conto di quanti incredibili sfumature li compongano>> sorrisi, non sapendo cos' altro dire e lei, captando il mio imbarazzo proseguì <<scusa, volevo solo essere gentile>>

<<Lo so e ti ringrazio>>

<<Comprendo anche che voi uomini fate poco caso a queste cose>> aggiunse mentre arrossiva.

<<E da questo capisci il motivo del mio silenzio>> le diedi un leggero buffetto sulla guancia, tornando poi a guardare avanti a me.

Da quando avevo visto Cerys per la prima volta, nella realtà e non nello strano viaggio nei suoi ricordi, era innegabile dire che ne fossi attratto. La sua era una bellezza quasi irreale, i lineamenti addolciti da quello sguardo così caldo e puro, da iridi tanto belle da eguagliare l' operato di Madre Natura. Ed era anche innegabile che in sua compagnia stessi bene. Non era particolarmente loquace, ma se parlavamo non me ne dispiacevo.

Inizialmente odiavo averla intorno, ricordavo il malessere che provavo per la sua presenza costante al mio fianco, soprattutto all' inizio, quando rimpiangevo la solitudine che aveva caratterizzato quei dieci anni di prigionia. Inoltre, era diventata quasi la mia balia ed io non ero più un bambino e non ero disposto a farmi trattare come tale, tantomeno desideravo che mi aiutasse.

Ora, compreso che fare se stavo male e capito anche, che la sua vicinanza non era dettata da pietà, ma da semplice desiderio di aiutare, non ne ero più infastidito. Ricercavo ancora la solitudine, ma se lei vi irrompeva non ne ero seccato.

Il villaggio che incontrammo a metà pomeriggio era piccolo e sbilenco. Abituato alla minuta e bella casa di Varta, immaginavo anche gli altri villaggi così, un po' simili ad una fiaba, invece le strutture risultavano alquanto tetre e per niente stabili. Allegri suini zampettavano per le vie, laboriosi come le formiche ma immensamente più rumorosi.

Ci osservarono brevemente, sembravano quasi abituati a vedere persone come noi.

<<Ci sono tanti umani in questo mondo?>> chiesi a Cerys.

<<Non lo so. Io ne ho incontrati davvero pochi, perché?>>

Mi strinsi nelle spalle mentre guardavo un banchetto colmo di cose mai viste, non sapevo neanche dire se fosse cibo quello esposto o altro <<Mi sembrano tutti abituati a vedere... persone come noi>>

Lei mi sorrise <<Bydhafol non è come il nostro mondo, ma è un insieme di regni abitati da creature tutte diverse tra loro, si è abituati alle differenze. Noi al contrario siamo avvezzi all' eguaglianza>>

Si fermò davanti ad un negozio, sulla cigolante insegna vi era disegnata una clessidra, ma la vetrina mostrava tanti gioielli diversi, in materiali poco preziosi ma belli quanto diamanti ed oro.

Catturò la mia attenzione una collana in spago nero il cui pendente, composto da una pietra rosa e lucida era a forma di clessidra. Guardandola sembrava quasi di vedervi della sabbia intrappolata al suo interno.

<<Qualcosa ha attirato la tua attenzione?>> chiese lei vedendomi così incantato.

<<Oh no, osservavo solo questi oggettini>>

Mi fece segno di seguirla mentre ci allontanavamo e raggiungevamo l' altrettanto sbilenca taverna.

Malgrado le aspettative l' interno era caldo e molto carino. Le pareti in legno scuro e lucido, tanti tavoli costellavano la piccola sala, molti di essi già occupati da rumorosi Prat che neanche ci degnarono di uno sguardo.

<<Cerys>> sussurrai bloccandola e facendola voltare <<io non ho denaro per pagare>>

Mi sorrise <<Ce l'ho io non temere, Nerisian non mi ha fatta partire senza darmi di che vivere>>

<<Ma...>> mi zittì

<<Niente ma, se, o qualunque altra cosa>>

Prese due camere e ordinò la cena che entrambi avremmo consumato più tardi.

Al piano di sopra, un corridoio semibuio e silenzioso ci accolse, le voci delle persone al piano inferiore giungevano alle mie orecchie ovattate.

Mi fermai davanti alla porta della mia stanza ed osservai Cerys che apriva la sua, era ancora presto e l' idea di restare solo fino a notte un po' mi infastidiva.

<<Resto un po' con te>> dissi semplicemente avvicinandomi a lei.

<<Desideri compagnia oggi?>> rise <<normalmente fuggi appena te ne do la possibilità>>

Mi strinsi nelle spalle mentre osservavo il pavimento.

Non ero mai stato troppo bravo con le donne. Conoscevo le voci che giravano su di me per il regno, tutte poco veritiere. Malgrado la mia posizione, col gentil sesso ero sempre stato timido. Mi sentivo piuttosto confortato all' idea di essere legato ad una donna senza doverla per forza scegliere, benché all' epoca fosse più piccola di Eileen e non l' avessi ancora conosciuta. Le donne però, parevano volersi legare a me senza remore, mi guardavano ammiccanti e arrossivano se il mio sguardo indugiava troppo a lungo sul loro corpo e tanto più gemevano se le mie labbra incontravano le loro. Ma più di quello non era mai avvenuto ed ora che ci pensavo, me ne vergognavo, non era una cosa normale, per niente.

Sapevo ciò che facevano gli altri principi, conoscevo le bizzarre abitudini del promesso sposo di Eileen e benché non ne avessi mai parlato con mio padre, sapevo che in ogni caso non c' era nulla da fare, loro due si sarebbero presto uniti in matrimonio.

<<Conn?>> Cerys mi passò una mano davanti al viso mentre sorrideva <<tutto bene?>>

<<Sì scusa. Pensavo>>

Allungò una mano nella mia direzione mentre ancora sorrideva, vi poggiai sopra la mia stringendola debolmente ed entrando in stanza con lei.

Era piccolina e poco arredata: un letto, un tavolino con uno sgabello ed un baule aperto e vuoto.

Ma anche lì, un piccolo camino acceso scoppiettava allegro, irradiando luce e calore nell' ambiente.

Ben presto, mi ritrovai seduto davanti al fuoco in silenzio a fissare la fiamma e a pensare a tutto e a nulla, mentre lei alle mie spalle preparava il vino con l' Ephedra. Tenne una bottiglia per sé e l' altra la diede a me.

<<Stai bene Conn? Ti senti forse...>> si inginocchiò accanto a me.

<<Sto bene Cerys. Scusami, ti costringo quasi a stare in mia compagnia e poi non parlo affatto>>

<<Non preoccuparti, si sta bene anche in silenzio>> si sedette contro il muro ed iniziò a fissarmi meditabonda <<cos' è quell' anello che porti al collo?>> chiese ad un tratto avvicinandosi e toccando la catenina in metallo ormai un poco annerita.

<<E' un ricordo di mia madre. Me lo diede prima che partissi per il fronte>>

Osservai il semplice cerchio in oro che tenevo al collo da così tanto tempo da aver quasi dimenticato la sua esistenza.

Al suo interno vi era inciso il nome di mio padre con una calligrafia elegante e semplice. Un oggetto umile esattamente come era mia madre, l' unica donna che, unita ad Eileen, avevo amato davvero, forse più di me stesso.

Lo osservai mentre il fuoco rifletteva sulla sua superficie tenui figure danzanti, mentre la mente rievocava tristi ricordi di una vita che forse, non mi apparteneva più da troppo tempo.

Eileen... Re Laidar... Regina Asleen.

<<Scusami>> mi riscossi grazie alla voce di Cerys che ancora mi guardava e aveva visto la mia espressione mutare esattamente come il mio umore.

<<Non c' è nulla per cui tu debba scusarti>>

<<Talvolta dimentico che non dovrei parlarti come se fossimo... sullo stesso piano diciamo>>

<<Che intendi?>>

<<Tu sei un Re, mio e di molte altre anime>>

<<Sono un Re senza regno, potrei paragonarmi ad una farfalla senza ali. E tu, puoi parlarmi come meglio desideri Cerys>> alzai lo sguardo su di lei, trovando un viso alquanto arrossato.

<<Grazie>>

Non riuscii a trattenere una risata <<Sei una donna singolare tu. Che differenza c' era ora dalle altre volte in cui abbiamo parlato?>>

<<Ho fatto una domanda esageratamente privata>> farfugliò lei in imbarazzo.

<<No, affatto. Ma se ti fa stare meglio, ricambierò con una domanda altrettanto ardita>>

Sorrise e si limitò ad annuire.

<<Bene... Ho notato che porti con te sempre una conchiglia. Che significato ha?>>

<<E' un regalo di mio padre, ma questo lo sai Conn>>

Mi limitai ad annuire <<se non l' avessi notato so molto più io di te, che tu di me>>

La ragazza si stava tormentando le mani, visibilmente a disagio per la consapevolezza che i suoi ricordi non erano più solo suoi, ma anche miei e di Kain, che avevamo frugato nel suo passato senza chiedere permesso e che conoscevamo fin troppo i suoi dolori, o quelli che comunemente definiva: peccati.

<<Ora sono io a doverti chiedere scusa>> dissi sorridendole.

<<No, non devi. Tu e Kain mi avete salvata ed io... sono in debito anche con voi>>

Sbuffai <<Non devi sentirti in debito con me>>

<<Ma lo sono>>

<<Cerys, non devi pensare che le persone facciano qualcosa per ricevere favori in cambio>>

<<Ma...>>

<<Niente ma, smettila di dire cavolate e rifletti su ciò che dici>>

Questa volta fu lei a sbuffare mentre lentamente si alzava <<sentirsi in debito con qualcuno non è un delitto>>

<<Ti prendi cura di me per il debito che senti?>>

Tentennò e quell' esitazione mi bastò per trarre le mie conclusioni, mi alzai e la osservai a lungo in silenzio, poi senza dire altro me ne andai.

A cena ci ritrovammo nella sala inferiore, più vuota e meno rumorosa rispetto al nostro arrivo, la guardai mentre scendeva, il corpo sinuoso fasciato da una semplice veste celeste, quasi sussultò vedendomi, come se fossi uno spettro che non si aspettava di vedere.

Tornai a guardare la brodaglia in silenzio, mentre ne mangiavo l' ennesima cucchiaiata. No, quella roba proprio non mi piaceva, ora potevo quasi dirmene certo, ma avevo fame e non riuscii a fermare la mano che avvicinò un'altra cucchiaiata alla bocca.

Sentii lo sgabello muoversi e alzando appena lo sguardo vidi Cerys davanti a me <<Scusami>> sussurrò non appena i nostri occhi si incontrarono.

<<Per cosa?>>

<<Ti ho fatto infuriare senza volerlo>>

<<Forse sono io che mi arrabbio troppo facilmente. O semplicemente, ancora fatico a parlare con gli altri>>

<<Non è così>> tentò di sorridere, ma inutilmente <<io mi sento in debito con te, ma non è per questo che continuo a restarti accanto>>

<<E perché sei qui allora?>>

Si strinse nelle spalle mentre lo sguardo vagava per la stanza <<posso dire che queste settimane, sono state le più normali della mia vita>>

<<A curare un malato nella casa di un maiale parlante?>>

Rise <<Per quanto assurdo, sì>>

<<Cerys, spero che un giorno potrai trovare una felice normalità>> le sorrisi tornando poi a guardare la mia scodella.

<<Io spero lo stesso per te>>

Mi strinsi nelle spalle <<Sono malato, sopravvivrò per un po' e poi... chi lo sa>>

<<Parli come se il tuo male fosse incurabile>>

<<Perché non lo è?>>

<<Sì, però non è tanto grave da farti morire da un momento all' altro. Ne abbiamo già parlato eppure tu non mi ascolti mai>>

<<Sono un uomo testardo>>

<<Terribilmente>> rise.

<<E finché saremo insieme, trattami come tuo pari per favore. Sono una persona come mille altre>> tornai a guardarla, pareva titubante, ma infine acconsentì.

Ero seduto davanti alla finestra, la notte passava lentamente, mentre quell' oscuro essere che tutti chiamavano Keezù, vagava lentamente per le strade, guardandosi intorno furtivo.

Era affascinante ed inquietante, pareva sull' orlo del collasso quel corpo magro e spelacchiato, eppure irradiava forza tutt' intorno a sé, le casette infatti scricchiolavano al suo passaggio, pregai che addirittura non crollassero.

A giudicare dalla posizione della luna eravamo giunti a metà notte, quell' ora silenziosa dove il sonno pesante lascia il posto ad un riposo costellato da sogni.

Io sentivo di aver dormito troppo in quei dieci anni, mi pareva quasi che chiudere gli occhi fosse un delitto, smettere di guardare la notte era un peccato troppo grande.

Dormivo poche ore e poi restavo seduto davanti alla finestra a fissare il bosco e la bestia, sempre più affascinato e curioso.

Un improvviso tonfo mi fece sussultare, poi una porta che sbatteva e dei passi leggeri fecero scricchiolare le assi del corridoio.

Il rumore delle nocche che incontrano il legno mi distolse completamente dai miei pensieri.

<<Chi è?>>

<<Sono io...>>

Aprii la porta trovandomi davanti una Cerys coi capelli arruffati e solo la camicia da notte a coprirla.

<<Stai bene?>> chiesi titubante guardandola.

<<Ho... sentito dei rumori e credevo stessi male>>

<<Ero fermo, forse provenivano da un' altra stanza. Torna a dormire>> stavo per chiudere la porta ma lei mi bloccò.

<<Resto un po' qui con te, sento che il tuo respiro è affaticato>>

Aggrottai la fronte, e dire che io mi sentivo bene! <<Credo che tra i due, chi non sta bene sia tu>>

<<Sto benissimo>> mi spinse dentro, richiudendosi la porta alle spalle. Vi si appoggiò, sospirando sommessamente.

Io ero alquanto sbigottito, stava tremando e non avevo trascurato i suoi occhi arrossati, ma solo in quel momento capii che non erano dovuti al sonno.

Allungai la mano verso di lei e mi fermai, sentendola sussultare al mio tocco. Le mie dita erano ferme sul suo braccio, la fine stoffa bianca non mi impediva di sentire il calore della sua pelle ed il tremore che la percorreva.

<<Vuoi parlarmi di qualcosa?>> chiesi.

<<No. Come ti ho detto sto bene>>

<<Allora perché sei qui e non vai a dormire?>>

Sbuffò, allontanando la mia mano con uno schiaffo <<Mi preoccupavo per te! Quante altre ragioni possono esserci?>>

Ero alquanto confuso, mio padre ripeteva spesso che le donne erano strane, ma mai prima di allora avevo davvero compreso le sue parole. Il ricordo di lui, che era stato mio amico, mentore ed eroe, mi fece dolere il cuore. Cacciai via il suo ricordo, non ero pronto a ritrovarlo, non ancora.

<<Allora controllami, va bene>> allargai le braccia, ma lei scosse la testa.

<<Stai bene>>

<<Sono confuso>>

Si lasciò scivolare a terra e davanti ai miei occhi scoppiò a piangere.

Ora ero davvero confuso, perché piangeva? Era colpa mia forse? "Non ho fatto nulla, direi di no" mi dissi mentre la guardavo.

"Forse dovrei... abbracciarla? O magari batterle una mano sulla spalla" la guardavo e meditavo su cosa fosse più giusto fare, sul motivo per cui piangeva.

Ma infine, mosso da pietà mi inginocchiai accanto a lei e avvolgendole il braccio intorno alle spalle lasciai che si sfogasse contro il mio petto. Ero confuso certo, ma non insensibile ad una donna scossa dal pianto.

Infine ero io appoggiato alla porta e lei contro di me, lentamente iniziò a calmarsi.

Sospirai mentre non smettevo di stringerla, probabilmente sarebbe stata lei a parlare una volta pronta. Mi sembrava quasi sbagliato domandarle qualcosa, mi ero immischiato fin troppo nei suoi dolori privati e non volevo farlo nuovamente.

Chiusi gli occhi, fermandomi a pensare a quanto fosse bello non essere solo.

Gli uomini per natura sono individui sociali, desiderano essere guardati, essere circondati da loro simili, chi più, chi meno. Io certamente non ero un uomo desideroso di attenzioni, stavo bene anche solo perché ero abituato ad esserlo, ma da quando avevo aperto gli occhi ed avevo rivisto il sole, desideravo avere nuovamente compagnia. Talvolta, non sempre.

Ancora il cuore perdeva battiti al ricordo della prima volta in cui rividi il mondo. Mi sentii come un bambino che scopre cosa sia l' amore, vedendolo negli occhi dei genitori che lo guardano. Avevo rivisto il bianco a squarciare il nero, in quella prima e nuova cecità. Ma lentamente i colori erano tornati a ferirmi gli occhi, cangianti come non lo erano neanche nei ricordi; ed il cielo, che quel giorno era grigio, non mi era parso mai così bello, la natura non era mai stata così viva. Solo in quel momento avevo capito che, ciò che mi circondava era stato dato completamente per scontato, non avevo mai visto davvero, fino ad allora. E Varta, che mi guardava atterrito, non faceva poi tanta paura malgrado l' aspetto grottesco, aveva sospirato, felice che i miei occhi non fossero schizzati fuori come invece era successo all' amico.

E allora avevo gridato, non troppo forte, ma avevo detto al mondo che finalmente anche io lo vedevo.

E da allora, chiudere gli occhi mi risultava davvero difficile, per paura forse, di riaprirli e scoprire che tutto era stato un semplice e bizzarro sogno.

<<Incubi>> mi ridestai per l' improvvisa voce di Cerys.

<<Come scusa?>>

Si allontanò da me quel tanto che bastava per guardarmi negli occhi <<Faccio incubi, tutte le notti>>

<<Quello di sta notte era particolarmente spaventoso?>>

<<Lo sono tutti>> farfugliò. Ricordai allora, tutte le volte in cui avevo aperto gli occhi e l' avevo trovata assopita su una poltrona accanto al mio letto. Non ci avevo mai dato troppo peso, infastidendomi anzi per quell' invasione del mio spazio vitale.

<<Sono solo incubi, non sono reali>> dissi infine, credendoci poco a mia volta.

Annuì mentre si allontanava del tutto e si alzava <<Vado a dormire, scusami se ti ho svegliato>>

<<Resta. Sai bene di non voler restare sola e la tua compagnia non mi disturba>>

<<No, davvero... scusami>>

Mi alzai, coprendo il suo piccolo corpo col mio, stringendola un po' per confortare lei e un po', per aiutare me stesso.

<<Va tutto bene>> sussurrai contro il suo orecchio e allontanandomi, sentii tutta la vicinanza del suo viso, i suoi occhi improvvisamente persi nei miei, mentre non riuscivo a guardare nulla se non quelle iridi invase da lacrime, il respiro si fece affaticato e ci allontanammo.

<<Buona notte, Conn>>


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Buongiorno! Come promesso eccomi di nuovo qui :)

Fatemi sapete cosa ne pensate del capitolo! Che siano essi commenti positivi o negativi :) Tutto aiuta a crescere <3

A marted' prossimo :* Un bacione <3 <3

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