Ventitré.
And I don't know where this will lead
But in my life you need to be
'Cause I need to say
"Hello again"
Hoobastank
Juan era partito pochi giorni prima alla volta del Brasile, dove si sarebbe ricongiunto al resto della Nazionale per cominciare la preparazione dei Campionati Sudamericani. E questo significava che Betty lo avrebbe presto seguìto.
Mentre riponeva le ultime cose in valigia e si accingeva a indossare la divisa della Nazionale, non poté fare a meno di preoccuparsi, ancora una volta, per Alessia. Era felice di non lasciarla lì da sola, ma non riusciva a sentirsi completamente tranquillo. La vicinanza di Aleksandar le avrebbe giovato, così come il cambio di ambiente, ma sapeva che le profonde ferite dell'amica erano ben lungi dall'essersi rimarginate.
Una volta pronto, uscì dalla stanza e raggiunse la giovane in soggiorno. Lei si voltò do scatto, squadrandolo dalla testa ai piedi.
<<Era ora! Il taxi sta arrivando>> lo pungolò.
<<La perfezione richiede tempo>> stette al gioco Goran.
<<Certo, certo. Senti, Signor Perfezione>> puntò un dito fintamente minaccioso contro di lui. <<Vedi di farti onore o, al tuo ritorno, dovrai affrontare la mia ira>>
Goran posò il bagaglio e alzò le mani in segno di resa.
<<Calma!>>
<<Non sto scherzando. Devi fare vedere a tutti chi sei>>
<<Agli ordini, capo>> concluse lui, portandosi la mano alla fronte a mo' di saluto militare.
Dopo alcuni istanti di silenzio, Alessia gli si avvicinò e lo abbracciò. Goran le posò un bacio sui capelli e la tenne stretta, sperando di infonderle un po' di forza. Sarebbe dovuta bastarle fino alla fine degli Europei.
<<Mi mancherai tantissimo>> mormorò lei contro la sua spalla.
<<Anche tu>> rispose semplicemente.
<<I tuoi saranno contenti di averti vicino per un po'>> aggiunse Alessia.
Quello era, in effetti, uno dei lati positivi: il raduno si sarebbe tenuto a pochi chilometri dalla casa della sua famiglia e avrebbe potuto andare a trovare i suoi genitori, verificando di persona le condizioni di suo padre.
<<Salutami gli altri ragazzi, ok?>>
<<Anche Vladimir?>> chiese sorridendo.
<<Sì, anche lui>> rispose lei, non trattenendo una risata.
Le ragazze scesero dall'auto e Betty aprì il baule per estrarne i bagagli. Li trascinò, non senza fatica, fino al marciapiede e poi si avvicinò all'amica per salutarla.
<<Non credi di avere esagerato? Sembra che tu ti stia trasferendo>> la prese in giro Alessia.
<<Assolutamente no. Ho preso solo il minimo indispensabile>> rispose lei con convinzione. <<Vorrei tanto vedere la tua, di valigia>> la stuzzicò.
La giornalista sorrise.
<<Mi criticheresti per aver portato solo pochi vestiti essenziali>>
<<Credo tu abbia ragione. Dai, fatti abbracciare>> così dicendo, strinse l'amica tra le braccia. <<Mi raccomando, goditi Perugia e divertiti. Vedrai che dopo ti sentirai molto meglio>>
Alessia ricambiò la stretta.
<<Ci proverò. Tu, invece, non divertirti troppo in Brasile>> scherzò.
<<Mi conosci, sono una ragazza tranquilla>>
Risero entrambe, sciogliendo l'abbraccio.
Poi Betty si diresse verso l'interno del terminal, impaziente di raggiungere Juan.
Il viaggio in treno per raggiungere l'Umbria era stato simile all'Odissea. Alessia aveva compreso come aveva dovuto sentirsi Ulisse durante il suo lungo peregrinare verso casa. Due cambi, a Milano e a Roma, e carrozze sovraffollate. Aria condizionata a singhiozzo e sedili non proprio comodi.
Ma Alessia aveva cercato di cogliere il lato positivo: ogni metro di distanza che aveva messo tra sé e Cuneo aveva contribuito ad alleggerire il suo spirito. Le era sembrato quasi di rinascere, di potersi concentrare sulle settimane successive e sulla scoperta di una nuova città senza che il peso del suo dolore opprimesse il suo spirito. Non si era illusa che potesse scomparire nel giro di poche ore, ma, forse, lasciarsi alle spalle i luoghi che le ricordavano Nikola avrebbe davvero potuto essere utile.
In quel momento si trovava in piedi, pronta a scendere dallo scompartimento insieme a tutti gli altri passeggeri, e non vedeva l'ora di poter camminare all'aria aperta, per le vie di Perugia.
Scese sulla banchina e lo cercò con gli occhi. Data la moltitudine di gente che si stava riversando dal treno, sarebbe stato molto più facile per lei individuarlo. Un ragazzo di due metri non passava inosservato facilmente. Infatti, dopo pochi minuti, lo scorse a diversi metri da lei. Era voltato di spalle e scrutava la folla.
Gli si avvicinò, scansando viaggiatori e valigie, bambini urlanti e anziani con bastoni.
<<Ciao, straniero>> lo salutò, una volta raggiuntolo.
Aleksandar si voltò subito, il volto illuminato da un grande sorriso.
<<Guarda che qui la straniera sei tu>> le rispose lui, prendendo il borsone dalle sue mani.
<<Possiamo discuterne dopo?>> lo pregò. <<Non voglio più vedere un treno per un po' di tempo>>
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