Sessantaquattro.
And through it all she offers me protection
A lot of love and affection
Whether I'm right or wrong
Robbie Williams
Negli ultimi due giorni suo padre non aveva nemmeno avuto la forza di alzarsi dal letto e aveva attraversato, e superato, un'altra crisi. Il suo corpo era sempre più debilitato e Goran sapeva che, alla prossima crisi, sarebbe finito tutto. Se lo sentiva.
Avevano appena terminato di mangiare e Alessia stava aiutando sua madre a sistemare la cucina. Non riusciva a immaginare di affrontare quei momenti senza di lei: di giorno cercava di aiutare in casa e giocava con Maja in modo da distrarla, di notte era sempre al suo fianco, pronta a sostenerlo e a consolarlo.
Con quei pensieri ancora in testa, andò a controllare suo padre. Il respiro era debole, appena accennato; il suo colorito era pallido e ormai dormiva quasi tutto il tempo. Non rimaneva più nulla dell'uomo forte e pieno di vita che era stato un tempo.
Provò a immaginare il dolore fisico che doveva avere sopportato in quegli ultimi mesi e si sorprese a pensare che forse, dopotutto, la morte potesse essere un sollievo per lui.
Poco più tardi, Milos ebbe un'altra crisi e questa volta, nonostante l'intervento del dottore, non ci fu niente da fare. Se ne andò, circondato dall'amore della sua famiglia.
Mentre Svetlana e Anja, con le lacrime agli occhi, spiegavano a Maja che il suo adorato nonno non c'era più, Alessia raggiunse Goran al capezzale del padre.
Non era mai entrata in quella camera, non le era sembrato giusto; dopotutto, lei non faceva parte della famiglia, non avrebbe dovuto vedere la sua sofferenza in quegli ultimi giorni.
Lo trovò seduto in penombra e gli posò una mano sulla spalla; lui la strinse e, per alcuni secondi, nessuno dei due parlò.
<<Guarda come sembra sereno adesso>> le disse lui.
Lei non sapeva cosa rispondere.
<<Domani dovremo organizzare il funerale. Puoi occuparti di Maja?>>
<<Certo>>
<<Grazie>>
Quando Svetlana venne a dar loro il cambio, l'amico andò a vedere come stava la bambina e lei uscì in giardino. Si allontanò dalla casa per cercare un angolo tranquillo. Doveva fare una telefonata.
La madre di Goran aveva insistito per passare la notte nel suo letto, accanto al marito. Anja e la figlia si erano ritirate nella loro stanza; Maja era inconsolabile e la madre avrebbe impiegato un bel pò di tempo a calmarla e a farla addormentare. Così in salotto rimasero solo Goran e Alessia.
La giovane giornalista non sapeva come comportarsi; poteva solo immaginare come si sentisse lui, ma non avrebbe mai potuto comprenderlo veramente.
Erano seduti sul divano, la stanza semibuia. Fu lo schiacciatore a rompere per primo il silenzio.
<<Non c'è bisogno che tu resti in piedi tutta la notte. Va pure a riposare>>
Alessia scosse la testa e gli prese la mano. Non l'avrebbe lasciato solo proprio adesso.
Dopo un breve silenzio, il ragazzo confidò:
<<Non so come fare. Adesso ho tutta la famiglia sulle spalle e non so come comportarmi. Loro hanno bisogno di me e io ho paura di deluderle>>
Si girò verso di lei, il suo viso a pochi centimetri e lo sguardo angosciato. Era uno sguardo che le spezzò il cuore e desiderò poter fare di più per alleviare il suo dolore e la sua preoccupazione.
Improvvisamente, Goran si alzò in cerca di aria. Si appoggiò al tavolo e fece un respiro profondo.
//Cosa è successo?//
La osservò di nuovo e...
//Pessima idea, Goran!//
Fissò il pavimento, tentando di riprendere il controllo. Il dolore per la morte di suo padre e la frustrazione che provava gli stavano facendo perdere la testa.
<<Cosa c'è?>> chiese Alessia dolcemente.
Non riuscì a rispondere, era troppo impegnato a controllare il suo corpo. Non gli era mai accaduto, lei era la sua migliore amica! Non doveva fare stupidaggini.
La vide avvicinarsi, titubante, e sentì la sua mano sulla guancia.
<<Goran...>> iniziò lei.
Ma lui la interruppe bruscamente.
<<Ho bisogno di aria. Non mi aspettare>>
Se ne andò senza guardarla.
//Ha detto di non aspettarlo, ma ormai sono passate tre ore. Dove sarà?//
Era seduta sul divano in quella posizione da molto tempo e non ce la faceva più. Si alzò per sgranchirsi e di colpo le venne in mente un luogo dove avrebbe potuto trovare l'amico. Afferrò una torcia che aveva visto in cucina qualche giorno prima e prese un plaid, poi uscì in giardino e si diresse verso il bosco.
Non fu per niente semplice seguire il sentiero al buio, anche perché l'aveva percorso solo una volta, ma con l'aiuto della torcia ce la fece. Ci volle molto più tempo del previsto, ma alla fine arrivò alla radura in cui Goran l'aveva portata quel giorno.
E lì lo vide: seduto di spalle sull'erba, sembrava non essersi accorto della sua presenza. Rimase ferma in piedi per un pò, non sapendo se fosse il caso di disturbarlo. Ma in fondo era lì per quello.
<<Ciao>> disse piano.
Lui si girò di scatto, sorpreso di vederla in quella radura.
<<Sei impazzita? Fare quel sentiero al buio! Avresti potuto farti male!>> mentre parlava si era alzato e avvicinato e la scrutava alla luce della luna, come per assicurarsi che stesse bene.
SI fermò a un paio di metri da lei, i pugni chiusi lungo i fianchi.
<<Ero preoccupata per te. Cosa è successo? Sei andato via in quel modo...>>
<<Avevo bisogno di stare da solo>> rispose con un tono freddo.
Alessia gli si avvicinò, lasciandosi gli alberi alle spalle, e lo vide irrigidirsi.
<<Non ti allontanare da me, Goran. So che stai soffrendo, ma io sono qui per te. So che pensi di avere tutta la famiglia sulle spalle in questo momento, di essere solo, ma non è vero>> così dicendo, si mise di fronte all'amico e gli accarezzò il volto. <<Ci sono io. Farei qualsiasi cosa per aiutarti>>
Lui deglutì.
<<Qualsiasi?>> sussurrò.
La ragazza annuì.
<<Dimmi cosa vuoi che faccia>>
Vederlo così la faceva stare male, più di quanto avesse mai immaginato.
CI fu un momento di silenzio, poi il giovane parlò con voce roca:
<<Quello che voglio in questo momento non è giusto, o saggio>>
Alessia incatenò il suo sguardo con quello di lui e nei suoi occhi lesse qualcosa che non aveva mai visto. Ma non riuscì a decifrare quel sentimento. Tuttavia non si sarebbe tirata indietro, gli aveva promesso aiuto e supporto.
<<Di cosa hai bisogno?>> lo incalzò.
Fu un attimo.
Sentì le sua mani sul volto e le sua labbra sulle proprie. Rimase così di sasso che lasciò cadere la torcia e la coperta che ancora aveva in mano. Non riusciva a pensare, sentiva solo il respiro di Goran sul viso, la sua bocca che premeva mentre la baciava. Capiva solo che lui aveva bisogno di lei e così lo fece, si lasciò andare. Rispose al bacio con una passione che non credeva di poter provare più e, mettendosi in punta di piedi, allacciò le braccia al collo del ragazzo. Percepì le sue mani scivolare fino alla vita e stringerla. I loro corpi aderirono perfettamente e presto si ritrovarono distesi sull'erba, mezzi nudi. Non parlarono, non era necessario; sapevano entrambi quello che stavano facendo. Ansimando, si liberarono degli ultimi vestiti e fecero l'amore chiudendo fuori tutto il resto.
Intorno a loro, solo la notte.
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