Quarantotto.

Leave all your love

and your longing behind you,

Can't carry it with you

if you want to survive

Florence and The Machine


La sala era quasi del tutto piena: erano presenti vari giornalisti, ma anche tante persone comuni, curiose di conoscere qualcosa di più sullo scandalo che, mesi prima, aveva travolto una delle famiglie più importanti della città.

Alessia si sistemò la camicia per la decima volta, lisciando con le mani pieghe immaginarie e provocando la reazione di Betty.

<<La vuoi smettere? La stai consumando, quella camicia>> esclamò insofferente la bionda.

<<Betty, un pò di comprensione da parte tua non sarebbe male>> la sgridò Juan con un sorriso.

<<Va bene>> concesse lei. <<E' solo che non capisco il perchè di tanta ansia>> alzò le spalle, poi tornò a fissare l'amica. <<Sei in gamba, ci hai messo fatica e impegno, conosci praticamente a memoria ogni pagina di questo libro... Devi avere più fiducia in te stessa!>>

Alessia si impedì di toccare ancora il tessuto candido che indossava.

<<Sai che essere al centro dell'attenzione mi mette a disagio>> le ricordò con pazienza, prima di far vagare lo sguardo sulla stanza ancora una volta.

Non riusciva a vedere Goran. Mentre Juan era arrivato subito dopo l'allenamento, dello schiacciatore non c'era traccia. Sperava che arrivasse presto; la conferenza di presentazione sarebbe cominciata nel giro di pochi minuti e aveva bisogno di lui.

I suoi pensieri furono interrotti da una voce femminile, familiare e amichevole, anche se leggermente imbarazzata.

<<Sara!>> Alessia salutò la ragazza con un sorriso sorpreso. <<Come stai?>>

L'altra si toccò le punte dei capelli, lievemente a disagio, ma poi riuscì a rispondere con tranquillità:

<<Sto meglio, grazie. Quando ho saputo che ti avrei trovata qui, ho deciso di passare a salutarti>>

La giornalista ebbe l'impressione che ci fosse sotto qualcosa, così la lasciò parlare senza interromperla.

<<Sto per partire>> continuò, infatti, Sara. <<Dopo quello che è accaduto con Goran, mi sono presa del tempo per me e ho capito di avere bisogno di allontanarmi per un pò di tempo. Domani me ne vado, mi trasferisco per un anno negli Stati Uniti. Frequenterò un corso di fisioterapia. Poi, tra un anno, deciderò il da farsi>>

Alessia riusciva a capirla. Soffrire per amore era davvero terribile e ognuno aveva il diritto di reagire a modo suo: isolarsi, cambiare vita, piangere o abbuffarsi di cibo - tutto era lecito pur di riuscire a rimettersi in piedi.

<<In bocca al lupo, Sara>> le augurò di cuore.

<<Anche a te. Ho saputo dai giornali di come sono andate le cose con Nikola, mi dispiace molto>>

Alessia deglutì il groppo che minacciava di farla scoppiare ogni volta che sentiva il nome del palleggiatore, e si sforzò di mantenere una voce ferma.

<<Grazie. Anche io sto cercando di riprendermi>> disse piano.

<<Adesso vado, devo ancora terminare di preparare le valigie>>

<<Aspetta! Non vuoi salutare Goran? Dovrebbe arrivare...>> tentò di fermarla Alessia, ma l'altra negò con la testa.

<<Meglio di no. Ci siamo già detti tutto quello che dovevamo dirci, preferisco partire senza vederlo>>

Così dicendo, le sorrise; poi salutò Betty e Juan, che avevano assistito alla scena, e uscì dalla sala a testa alta.


Alessia prese posto accanto a Marco e al moderatore della conferenza, un omino di mezza età dall'aria simpatica e alla mano. Non lo aveva mai visto prima, ma si era sforzato fin da subito di metterla a suo agio e gliene era davvero grata.

Lasciò vagare lo sguardo sulla folla che aveva riempito la stanza: le luci erano tutte accese e alcune di esse erano puntate direttamente sul piccolo palco dove lei e Marco erano seduti, impedendole di vedere con chiarezza i volti delle persone che stavano di fronte a loro.

<<Pensavo che vi foste lasciati definitivamente>> le sussurrò il protagonista del libro. <<Perchè continui a cercarlo? Non è a Milano, ora?>>

Alessia strinse i pugni e sibilò:

<<Dovresti imparare a pensare ai fatti tuoi>>

Fortunatamente, proprio in quel momento, il moderatore prese la parola, mettendo così fine al loro scambio.

Mentre si voltava verso l'uomo, con la coda dell'occhio scorse, in fondo alla sala, una figura alta, coi capelli scuri e leggermente lunghi. Non riusciva a distinguerne i lineamenti, ma seppe istantaneamente che si trattava di Goran.

Finalmente più rilassata, si concentrò sulla conferenza.




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