Capitolo 12
Una lieve pressione sul mio braccio rompe la sottile barriera del sonno. Nonostante la stanchezza che mi avvolge, non posso fare a meno di notare il contatto. Ignoro per un momento i suoni che mi circondano, lasciandomi cullare dal torpore che mi avvolge. Con un movimento lento, mi stiracchio verso destra, in cerca del calore che fino a poco tempo fa era accanto a me. Tuttavia, le mie dita si spingono nell'aria fredda, trovando solo il vuoto e un leggero scompiglio nei lenzuoli. Decido di aprire gli occhi, mi siedo sul bordo del letto e cerco di capire come mai non è qui accanto a me.
La notte appena trascorsa con lei abbracciata è stata un incantesimo. Il suo profumo persiste nell'aria, avvolgendomi come un ricordo persistente di un sogno appena vissuto. Con un gesto istintivo, afferro una maglia abbandonata sulla sedia e mi avvio verso le scale. Nel buio appena intiepidito dalle prime luci dell'alba, intravedo la sagoma di lei appoggiata alla penisola della cucina. Mi avvicino in silenzio e faccio scorrere la mia mano lungo la sua coscia nuda.
«Dormito bene, Honey?» le chiedo con voce sommessa, prendendo il bicchiere d'acqua dalle sue mani delicate.
I suoi occhi mi guardano smarriti per un attimo, e il mio respiro si arresta, come se il mondo stesso si trattenesse per ascoltare la sua risposta.
«Sì?» risponde incerta. Posso immaginare gli ingranaggi della sua mente che girano freneticamente, cercando di dar forma alle parole giuste. Decido di prendere l'iniziativa «Tranquilla. Abbiamo solo dormito. Eravamo entrambi ubriachi».
Un sospiro rilassato sfugge dalle sue labbra, ma stranamente, una piccola scintilla di delusione brilla nei suoi occhi.
«Dici che dovremmo svegliare gli altri?» chiede quasi in un sussurro.
«Considerato che abbiamo una partita da giocare, direi proprio di sì».
Inizio con svegliare Mattia, per poi passare agli altri tre che stanno praticamente dormendo in terra.
Dopo un rapido scatto a casa per afferrare il borsone, mi precipito in palestra, determinato a non far tardi. L'aria fresca del mattino mi accarezza il viso mentre attraverso il parcheggio deserto. Gli occhi di ciascun membro della squadra raccontano la storia della notte appena trascorsa, segnata dalla stanchezza e dall'energia consumata. Non c'è bisogno di dire niente: il nostro allenatore, con un solo sguardo, cattura l'atmosfera.
«Bene, sembra che abbiate trascorso una serata memorabile», esclama con un misto di sarcasmo e autorevolezza, «Non ho interesse alcuno per i vostri trascorsi di ieri sera. Ma vi assicuro che non lascerò che la vittoria sia compromessa da qualche ora di sonno in meno. Quindi alzate le chiappe e scendete in campo sono stato abbastanza chiaro?!» aggiunge con un sorriso tirato.
«Si coach!» urliamo tutti.
La partita non inizia nel migliore dei modi, non riusciamo a fare punto e le loro battute finiscono tutte a segno. Ogni tanto il mio sguardo si posa sui due posti dietro la nostra panchina che sono ancora vuoti. Finalmente dopo diversi punti persi, Mattia, riesce a schiacciare andando a punto. E' il mio turno di battuta. Mi posiziono, alzo la palla davanti a me e un silenzio surreale cala sugli spalti. Respiro e faccio la cosa che mi viene più naturale la schiaccio con una forza inaudita, andando a punto.
In quel momento un boato si alza nel palazzetto, mentre il mio sguardo si sofferma su di lei, che insieme a Nora hanno preso posto a sedere.
Torno in battuta, ma prima di schiacciare, alzo la palla nella sua direzione in segno di saluto. Vedo il suo viso colorarsi di rosso per l'imbarazzo e Nora che la guarda come a chiedere spiegazioni.
Riusciamo a vincere la partita con tre set a due dimostrando una straordinaria determinazione e capacità di recupero.
Nello spogliatoio, Mattia arriva come una furia nella mia direzione bloccandomi «Adesso tu mi spieghi cosa era quel gesto di prima»
«Quale gesto?» rispondo cercando di fare il vago.
«O questa volta non ho intenzione di credere alle tue bugie. Vi ho visto ieri sera, eravate molto in sintonia».
Arreso dico, «Non lo so nemmeno io. E' strano quello che riesce a provocare dentro di me. Non mi sono mai sentito così, ma c'è qualcosa che mi nasconde. Lei non è solita ragazza, non è come le altre. E' come se avesse eretto una barriera intorno».
Il mio amico mi guarda sbattendo le palpebre quasi incredulo alle mie parole, ma poi aggiunge «Non conosco il suo passato, ma vedo come la guardi. Non ti arrendere».
Ho bisogno di parlarle, così mi affretto a fare la doccia, ma quando usciamo la delusione mi invade.
Nora mi guarda e un sorriso le si dipinge sul volto «Vai in palestra», mi dice.
La guardo cercando di capire quello che ha appena detto, così alza gli occhi al cielo e aggiunge «Non so cosa sia successo tra di voi, ma è scappata a allenarsi». Mi avvicino a Nora dandogli un bacio sulla guancia e aggiungo «Grazie».
Una volta giunto alla palestra, mi piazzo in un angolo nascosto e la osservo mentre prova vari esercizi. Dopo qualche minuto, si siede su un tappeto e avvia una canzone. Riconosco il testo e mi avvicino, sussurrandole «Arriverà dritto al tuo cuore».
la sua reazione è istintiva: una mano vola al petto e le sue parole escono come un'esclamazione soffocata, «Ma sei matto? Vuoi farmi morire?».
Un sorriso giocoso danza sulle mie labbra, «Scherzi? Non saprei più con chi litigare». Certo, non mancano le liti tra noi, ma c'è un motivo più profondo, un motivo che solo io conosco.
«Divertente», risponde, eppure c'è un velo di sarcasmo che appena nasconde qualcos'altro, un'emozione più vulnerabile.
Senza indugio, si alza in piedi e si dirige verso gli spogliatoi. Questa volta, però, non ho intenzione di lasciarla andare così facilmente.
«Sai Honey, dovresti imparare a chiudere la porta a chiave o qualcuno potrebbe entrare» commento, mantenendo una distanza calcolata. Rimango immobile, affascinato dai suoi occhi di cui sono diventato dipendente, come se nascondessero un segreto che solo io possa svelare.
Un passo dopo l'altro, si avvicina sempre di più.
«So difendermi da sola», ribatte con un'ombra di sfida nella voce. Tuttavia, sono ormai concentrato solo sulla silhouette che si staglia contro la mia.
Il mio sguardo traccia le curve del suo corpo, premuto quasi inavvertitamente contro il mio. Un momento di incertezza balena nei suoi occhi, ma quando decido di afferrarla per il polso, riesco a cogliere la fugace espressione di desiderio che li attraversa.
L'aria è densa di tensione mentre le nostre mani si afferrano, impulsive, e le maglie cadono senza riguardi. Nel calore di questo istante, le nostre labbra si incontrano in un bacio ardente. I nostri corpi si aderiscono al muro, scatenando scintille di elettricità.
Con fluidità, si libera dei pantaloncini, rivelando le sue curve in modo audace. I miei occhi esplorano ogni centimetro del suo corpo con ammirazione, superando ogni aspettativa. Solleva le mani sopra la testa, i nostri sguardi si intrecciano mentre mi abbasso per baciare la sua pelle morbida. I miei baci tracciano un percorso dal suo labbro alla linea del collo, poi giù fino a uno dei suoi seni. Un sospiro di piacere sfugge dalle sue labbra, spingendomi a continuare.
Lentamente, le libero le mani, concedendole libertà di espressione. Con grazia, i nostri abiti cadono a terra, cancellando ogni barriera tra di noi. Sotto la doccia, l'acqua calda scorre dolcemente sulle nostre pelli nude.
La mia attenzione è catturata dalla sua figura, da ogni sfumatura dei suoi tratti. Tuttavia, la passione tra di noi si risveglia con una forza incontenibile. Rabbia e desiderio si fondono in un turbine di emozioni travolgenti. Le afferro di nuovo il seno e lei geme a tal punto che non so quanto riuscirò ancora a trattenermi, «Honey, se fai così non riesco ad essere delicato».
«Speed, non sono un vaso cristallo» risponde.
A queste sue parole, la mia mente si spegne, la faccio voltare, mi allungo a recuperare un preservativo, con un ginocchio le faccio pressione in modo da farle divaricare leggermente le gambe e, senza darle tempo, mi spingo dentro di lei. Posso sentire la sua sorpresa che si mescola al piacere. Stringe i pugni sulle piastrelle, e inarca leggermente la schiena per assecondare. Può essere più perfetta? Ogni spinta è come se ci distruggessimo a vicenda, ma è qualcosa che non ho mai provato prima. Le bacio la schiena e sento che sta per arrivare al culmine, come lo sono io, esco da lei e la faccio girare verso di me. Inizio a mordere quelle labbra piene che mi mandano fuori di testa, di riflesso afferra i miei capelli. La prendo in collo e senza dare il tempo entro dentro di lei. Affondo un'ultima volta, facendola urlare e in quel momento vengo anche io. Rimaniamo sotto il getto d'acqua, lasciando che le gocce scivolino lungo i contorni dei nostri corpi esausti. La mia fronte trova riparo nell'incavo del suo collo, e il calore della sua pelle contro la mia è un'ancora di tranquillità in mezzo alla tempesta delle nostre emozioni. Il ronzio costante della doccia avvolge i nostri sensi, come una melodia ipnotica che ci tiene sospesi in un momento sospirato. Il nostro respiro affannato si mescola con il suono dell'acqua che cade, e in quel silenzioso sincronismo, sembra che il tempo si sia fermato. Non c'è bisogno di parole, solo la consapevolezza silenziosa che qualcosa di profondo e inaspettato ci ha travolti.
Siamo come due bombe cariche di tensione, pronte a esplodere sotto la pressione accumulata. La scintilla tra di noi risplende come la miccia ardente di un fuoco d'artificio imminente, e ogni sguardo condiviso è un ticchettio che avvicina il momento dell'esplosione.
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