61 - Il sorriso degli angeli -

(POV Victor)

Blake si avvicina, le sue dita sottili tese verso di me. Il suo sguardo fisso sulla mia mano, il sangue gocciola lento dalle nocche e macchia il pavimento.

«Fammi vedere la ferita,» la voce tesa ma controllata.

Con un movimento brusco, scanso la sua mano. «Non toccarmi!» La mia voce rimbalza sulle pareti del corridoio, troppo forte, troppo piena di cose che non riesco a dire. Che mi tengo nella gola per non peggiorare la situazione.

Blake sgrana le palpebre. «Victor, fammi vedere quel taglio.»

La scruto, il petto si alza e si abbassa come se stesse lottando per prendere aria. «Se pensi che potremmo fare una cosa simile, prendi la tua roba e vattene!»

La mia mano spinge contro il suo torace, abbastanza per farla indietreggiare di un passo. Lei barcolla, non si ribella. Il suo sguardo vaga su di me e sembra smarrirsi.

Una furia nera mi monta dentro in un vortice che mi stringe la gola. Non riesco a smettere di pensarci: che lei creda davvero a una cosa del genere. È come un chiodo piantato nella testa. Più rimaniamo a fissarci, più si pianta a fondo.

Jonas, dall'altra parte del corridoio, si muove verso la porta e la chiude a chiave. Il rumore metallico della serratura risuona in un colpo secco. Lo seguo con lo sguardo mentre prende le nostre chiavi dal mobile all'ingresso e se le infila in tasca.

«Da qui non esce nessuno finché non lo decido io.»

La sua calma mi fa venire i brividi.

Per un momento il corridoio si svuola di ogni suono, tanto che riesco a sentire il suono del mio respiro, e quello del sangue che gocciola a terra.

«Mi sa che sarà una nottata del cazzo, eh?» sbuffo.

Blake mi pianta addosso due occhi che sono due lame, le esce una voce stanca, e logora. «Sono una pazza a pensarlo, eh?» Scuote la testa rasata. «Secondo te perché lo penso, Vic? Non sarà per quello che mi hai fatto?»

Quelle sillabe affondano e girano nella mia testa. Non riesco a parlare. Il rumore delle chiavi nella tasca di Jonas riempie il vuoto tra noi e temo voglia prenderle e lanciarmele in faccia..

Invece resta fermo davanti alla porta di casa, le spalle rigide, lo sguardo fisso su qualcosa che nessuno di noi riesce a vedere. Ho il terrore che la spalanchi e se ne vada. Che se ne vada e non torni mai più.

Blake si piazza al centro del corridoio, con le palpebre spalancate e lo sguardo da pazza. «Perché non glielo racconti?» La sua voce non trema per niente.

«Falla finita,» rispondo, mi esce un suono vuoto, senza forza.

«In pratica.» Lei fa un passo verso di me, il suo volto si irrigidisce. I suoi occhi si abbassano quando i miei si riempiono di lacrime. Non riesco a controllarmi, un singhiozzo mi scivola fuori, spezzato.

Lei si blocca, impietrita. Io cedo, crollo in ginocchio sul pavimento, e le mani si alzano come a cercare qualcosa, qualunque cosa. Mi aggrappo alle sue gambe, schiaccio il viso contro di lei. Le sporco il pigiama di sangue.

Rosso sul bianco.

«Scusami,» mormoro a fatica. «Sono stato una merda. Avrei dovuto fermarmi.»

Le sue mani restano lungo i fianchi, rigide, come se non sapesse se toccarmi o spingermi via.

«Perché l'hai fatto?»

Jonas ci osserva come se fossimo uno spettacolo strano di cui non ha chiaro il codice. La lingua. Un bel niente.

Lei mi guarda dall'alto, immobile come se il pavimento sotto i suoi piedi potesse crollare da un momento all'altro. «Perché l'hai fatto?» ripete. La sua voce è piatta, senza un filo di rabbia. È peggio quello che c'è dentro.

Tremo addosso a lei.

E allora le immagini mi piombano addosso. Lei nella sua stanza, il buio che sembra risucchiare l'aria. Perché mi aveva chiesto di restare? Non era amore, non era bisogno. Era pietà.

E tutte quelle inutili cazzate sull'amore...

Non potevo accettarle.

Quando li avevo visti insieme – lei contro la finestra, lui contro di lei – mi ero sentito morire.

Non volevo pensare, non volevo capire. Avevo solo bisogno di restituirle il male che mi aveva scagliato contro.

Nella sua stanza, non c'era Blake. Avevo visto Jonas, il modo in cui si era preso tutto. Avevo bisogno che lei fosse mia. Che mi scegliesse.

Me, non lui.

Me.

Mi ero aggrappato a quell'odio come fosse l'unica cosa che potessi sentire senza sprofondare​. Perché oltre quel sentimento c'era solo perdita.

Una caduta libera che durava da anni.

Gli White che depredavano la mia esistenza.

La casa, Antares e poi Blake.

Una maledizione a cui non riuscivo mai a mettere fine.

Per quello non mi ero fermato. E lei... non aveva detto nulla. Non mi aveva guardato con odio. Non aveva urlato.

Era rimasta.

Sospiro, mi stacco dal ricordo di quella notte e ripiombo al mio posto, aggrappato al suo corpo.

«Blake.»La stringo più forte. Le lacrime mi colano sul viso, calde, come a voler cancellare quello che ho fatto. «Avevo paura. Avevo una paura fottuta che non mi amassi. Che qualunque cosa io avessi fatto, tu te ne saresti andata, come tutto il resto.»

Lei non si muove. Non mi dice di smetterla. Non mi consola. Rimane lì, come le statue a guardia del labirinto.

Non c'è niente da aggiungere, che non suonerebbe falso e inutile. Le lascio le gambe e mi accascio sul pavimento. Alzo lo sguardo.

Blake indietreggia, si ferma al centro del corridoio. È una pistola puntata verso di me, eccola che spara: «Ho bisogno di sapere che hai capito.»

Non è una richiesta, è un ultimatum.

Mi si gela il sangue, lo stesso che ha sporcato i suoi vestiti e adesso bagna il pavimento. «Capito cosa?»

«Che ti amo. Che non ho mai smesso.»

«Hai capito?»

Non riesco a guardarla negli occhi per più di qualche secondo. Invece fisso il pavimento, il caos intorno a noi, e mi costringo a parlare. «Ho capito.»

Lei resta immobile, penso che sia abbastanza, ma il modo in cui stringe le labbra mi dice che non lo è.

«E mi puoi amare, nonostante tutto?»

Lui se ne sta fermo, appoggiato alla porta in fondo al corridoio, con il pigiama bianco che riflette la luce giallognola. Non fa rumore, non muove un muscolo. Solo i suoi occhi si spostano da me e Blake. Sono sotto esame.

Eccola la testa che se ne va ancora a spasso nel tempo e diventa una cazzo di Delorean.

Jonas che si presenta alla mia porta, con addosso l'odore di fumo. Io che gli apro, e mi ritrovo davanti un'ombra. Nessuna traccia di cenere sul suo viso, nessuna ferita visibile. Solo il suo respiro lento e quella frase che cambia tutto per sempre.

L'ho ammazzato. Per te.

È così che Jonas mi ha detto ti amo.

E io gli lascio un ringraziamento muto di labbra sulle labbra. Mischiamo la saliva e il terrore. Il respiro e la pace.

Allora ho capito, che non voleva togliermi nulla. Che si sarebbe fatto ammazzare per me. Che lui di suo padre non aveva un bel niente.

Eccolo, Jonas, cammina verso di me e alla fine si ferma. Mi porge la mano.

«Nonostante me,» la sua voce è bassa, calma. .

Quella mano aspetta solo che io la stringa, proprio come quando correvamo verso l'ospedale. La mia mano si alza e afferra la sua. La sua pelle è calda, rassicurante.

«Victor. Puoi?» Blake insiste.

Annuisco.

Jonas osserva la mia mano. «Vieni,»ha una calma addosso che riesce sempre a mettermi a disagio. «Fatti medicare.»

Non rispondo, lo seguo in bagno in silenzio, come farebbe un bambino. La luce illumina tutto senza pietà, fredda e troppo intensa. Jonas si piega verso l'armadietto e tira fuori la cassetta del pronto soccorso. Quando si raddrizza, la camicia di seta gli scivola sulla spalla, lasciando intravedere la clavicola.

Mi fa cenno di sedermi sul bordo della vasca, e io obbedisco senza pensarci. Non dice nulla, apre la confezione delle garze e tira fuori una bottiglietta di disinfettante.

«Dammi la mano.»

La sua voce è bassa, morbida, e per un attimo penso di ritrarre la mano. Invece, gliela porgo. Lui la prende con delicatezza, come se temesse di peggiorare il danno.

Bagna una garza con il disinfettante, l'odore riempie l'aria. Uno sterile pulito. Appoggia il tessuto sul taglio e un bruciore intenso mi attraversa. Il mio corpo si irrigidisce, stringo i denti. Jonas si ferma, solleva gli occhi verso di me, poi torna a concentrarsi sulla ferita.

Pulire il sangue è un processo lento. Quando finisce, appoggia la garza sporca sul lavandino e prende il rotolo di bende.

«Posso chiederti una cosa?» dice mentre srotola la benda e il tessuto bianco si tende tra le sue dita.

«Certo che puoi.»

Comincia ad avvolgermi la mano, con movimenti precisi.

«Perché l'hai fatto?» la sua voce è calma, eppure sembra piena di paura. «Perché mi hai baciato?»

La benda si stringe attorno alla mia mano. Non so cosa rispondere. «Non lo so,» abbasso la testa verso il pavimento.

«Non lo sai, o non vuoi dirmelo?»

«Perché dovrei avere paura di dirtelo?»

Jonas rigira la mia mano per controllare la fasciatura e sembra che il sangue abbia smesso di uscire.

La voce gli trema appena, come un filo sul punto di spezzarsi. «Ti ha fatto schifo baciarmi?»

Gli tremano le mani mentre stringe un nodo un piccolo nodo per fissare meglio la benda.

«Il fatto di piacermi... ti disgusta?»

Alzo lo sguardo su di lui. Una lacrima gli scivola lungo la guancia e precipita, la seguo e quella si perde nella fasciatura, lasciando un piccolo cerchio scuro.

«No.»

Tendo la mano libera verso la camicia del suo pigiama, afferro il tessuto leggero e lo tiro verso di me. Lui non si oppone, si lascia guidare.

Le nostre labbra si incontrano senza esitazione. Il primo tocco è caldo, quasi febbrile. Il suo respiro si spezza contro il mio, e le mie mani si muovono verso la sua schiena, sfiorano il tessuto di seta. La sua mano si alza, titubante, mi sfiora la guancia. Mi stacco, lui resta fermo, il suo respiro caldo contro il mio viso.

Un rumore mi riporta alla realtà.

Blake è ferma sulla soglia, una paletta in mano piena di vetri rotti. Si sporge appena, la testa inclinata, e per un attimo penso che stia per dire qualcosa. Invece le sue labbra si curvano in un accenno di sorriso. Poi si gira e se ne va.

Jonas si avvicina, di nuovo. Il suo respiro mi sfiora l'orecchio, e le sue parole arrivano come un sussurro che sembra quasi temere di essere udito.

«Perché mi hai baciato?»

Potrei dare mille risposte, tutte incomplete, tutte parzialmente vere e altrettanto sbagliate, ma scelgo la più semplice.

«Mi piace vederti stare bene,» dico piano. «E quando ti bacio, tu stai bene.»

Non è tutta la verità, ma abbastanza per farlo sorridere. Anche se non può leggere quello che mi ronza dentro, come uno sciame di vespe.

Non riesco a togliermi dalla testa quanto tu ti sia sporcato per colpa mia. Per fare del bene a me. Nessuno avrebbe fatto tanto per me, neanche mia madre o mio padre. Neppure Blake.

Forse l'amore che provo per lei, Jonas lo prova per me.

Lo guardo negli occhi, e il pensiero mi colpisce come un macigno. Chi prova un amore del genere dovrebbe avere tutto quello che vuole.

Jonas sorride appena, quel sorriso sembra sapere qualcosa che io ignoro. Poi si avvicina di nuovo. «Vic, devi farmi un favore.»

«Quale?»

Si sposta indietro, le sue dita sfiorano la mia mano fasciata, il suo tono è calmo, un lago di cui non vedi il fondo. «Aiutami a scoprire quello che è successo a Blake.»

«E dopo?»

Jonas sorride ancora. Si ferma un istante, appena il tempo di lasciare che la risposta si infiltri nella stanza come un veleno.

«Dopo lo ammazziamo.»

Il suo amore per me, Il suo amore per lei, ha creato il peggiore dei mostri.

Un mostro che ha il sorriso degli angeli.


SPAZIO AUTRICE: Bimbe ciao, come state?

Come le vedete le nuove dinamiche tra i nostri ragazzi?

Mentirei se vi dicessi che non adoro vedere Victor e Jonas in questo modo, finalmente uniti, seppure per uno scopo diciamo non proprio nobile.

Nei ragionamenti di Victor secondo me c'è una pericolosità enorme, la stessa nascosta dietro a tante storie tossiche.

L'amore giustifica tutto. Uccidere, stuprare, manipolare, controllare.

In questo caso Victor un po' si ritrova dall'altra parte, a dirsi che uno che ama come Jonas, debba avere tutto quello che desidera. 

Sarà solo questo pensiero ad averlo avvicinato a Jonas? Uno stupido senso del dovere, distorto e deviato?

Fatemi sapere la vostra!

p.s. se conoscete libri con li vibes di Burning e vi va di consigliarmeli mi fate un favore ^^

Noi ci vediamo su questi schermi   giovedì alle 17:00!

Baci

Will



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