60 - Pezzi di vetro -

(POV Jonas)

Fuori dalla finestra il mondo è un'unica distesa oscura. Niente stelle, niente lampioni, solo il riflesso sbiadito delle tende contro il vetro. Entro in camera e Blake è già lì. Si chiude in fretta i bottoni della camicia da notte bianca. È una cosa strana da vedere, su di lei, tutto quel bianco. Senza il nero dei suoi capelli, sembra qualcun altro. Forse lo siamo entrambi, qualcuno di diverso da prima. Nessuno di noi tre è più lo stesso.

Due vittime e un assassino: ecco cosa siamo.

Lei mi guarda, ma non sorride. Non sorride più da tanto. Le dico la prima cosa che mi viene in mente, senza nemmeno pensarci.

«Non vuoi più che ti veda nuda.»

«Scusa,» mormora, abbassando lo sguardo. «Mi è venuto... naturale.»

«Lo so.»

Ci guardiamo. Mi avvicino al letto e la mia voce si abbassa, diventa più calma. «Mi basterebbe starcene sdraiati, abbracciati al buio. Va bene anche se non scopiamo. Non è una cosa che dobbiamo fare per forza.»

Blake annuisce piano e si infila sotto le coperte. Io la seguo, mi stendo accanto a lei e la tiro verso di me. Le braccia la circondano, il mio corpo le aderisce alla perfezione. Le bacio il collo, la sua pelle è tiepida e liscia sotto le labbra. Passo una mano sulla sua testa. È strano non avere i suoi capelli tra le dita.

«Ti piaccio anche così?» la sua voce è sottile, quasi un sussurro.

«Tu non mi piaci, Blake.» Mi fermo un attimo, voglio che le mie parole abbiano peso. Il giusto peso. «Io ti amo. Sono due cose diverse.»

Mi arriva il suo sospiro, lungo e profondo, quasi sollevato. Poi parla, e la sua voce sembra venire da un posto lontano, come se la stesse tirando fuori da un buco nero. «Penserai che sono una stronza a non fidarmi di te. A non averti detto quello che è successo.»

«Non penso niente,» è vero, non penso, sono solo incazzato, ma non con te.

«Ma io lo penso, è solo che c'è un motivo se non posso dirlo.» si ferma un istante, «la verità è che sono spaventata a morte.»

«Da cosa?»

La pausa che divide le nostre voci è breve, ma è come se tagliasse l'aria.

«Da quello che tu e Victor potreste fare, se scopriste la verità.»

Stringo le braccia intorno a lei, ma dentro di me si espande il gelo. Non rispondo, perché non so quale verità stia nascondendo, ma qualunque cosa sia, si tratta di qualcosa che ci cambierà. E nessuno di noi tre potrà più tornare indietro.

Moriamo una volta a settimana e ogni volta che torniamo abbiamo un pezzo in meno. L'anima rattoppata e gli occhi più spenti.

Siamo diventati adulti, ma prima siamo morti.

È così che si cresce. Ci si lascia la purezza alle spalle e si piomba nel nero.

Si divora l'oscurità finché quella non ti inghiotte a sua volta.

Il letto scricchiola sotto di noi. Fuori, la notte riempie ogni cosa, interrotta solo dal bagliore intermittente di un lampione che, prima di fulminarsi del tutto, filtra attraverso le tende. Dentro, il silenzio pesa, rotto solo dal nostro respiro, dalle ombre che si allungano sul soffitto e sembrano chiederci spiegazioni. Avvicino ancora la bocca alla sua pelle..

«Se io te lo giurassi, Blake...» dico piano. «Se ti giurassi di non fare nulla, me lo diresti?»

Lei ride, ma la sua risata non ha niente di allegro. È amara, breve, il suono di un coltello che cade sul pavimento.

«No.» La sua sicurezza mi spacca in due. «Perché non sapresti mantenere quella promessa.»

Abbasso lo sguardo, stringo le mani intorno alle lenzuola. Non so se per rabbia o per il senso di impotenza che mi sale dalla pancia.

«Dimmi almeno quello che è successo,» sussurro. «Se non vuoi dirmi chi è stato, va bene. Ma dimmi qualcosa, cazzo.»

Lei non risponde subito. Si volta verso di me, mi guarda, il suo sguardo brilla timido nella penombra della stanza. Poi si avvicina verso di me e mi bacia, le sue labbra contro le mie, fredde e distanti. Un piccolo trucco di magia che non sorprende per niente. Le sue mani raggiungono i bottoni del mio pigiama, li aprono uno a uno, rapide. Mi sfiora il petto, ma è come se lei non ci fosse davvero. So esattamente cosa sta facendo: sta cercando di distrarmi, di farmi dimenticare quello che le ho appena chiesto. E lo sta facendo nel modo peggiore.

«Non vuoi fare sesso,» dico, senza nemmeno pensare.

Lei si ferma, appena un attimo, ma poi mi guarda. «Sì, che voglio.»

«Sì?»

Lei non risponde. La mia mano scende sulla sua schiena, scivola fino al suo culo e stringe, mentre con il ginocchio divarico le sue cosce. Sento il suo corpo tremare contro di me.

«Vuoi farlo?» le chiedo di nuovo, la mia voce si abbassa senza volerlo.

«Sì.»

Non credo a quella parola, ma non mi fermo. La mia mano scivola sotto il suo pigiama, afferra la sua pelle calda. Mi avvicino alla sua bocca e la bacio, ma non è un bacio. È la mia lingua che cerca la sua, qualcosa che dovrebbe essere reciproco ma non lo è.

Blake non c'è. Per quanto si sforzi, la parte di lei che mi voleva, se ne è andata.

La mia mano si insinua tra le sue cosce, sposta il tessuto delle mutandine e la tocca. La sua pelle è calda, ma tutto il resto no. È come toccare qualcosa da cui la vita è sgusciata via.

Una delle statue del maniero.

Mi fermo. Rido. Una risata secca, quasi un ringhio, e mi lascio andare contro di lei.

«Piuttosto che essere sincera, ti faresti stuprare,» le parole mi escono senza controllo, dure, assassine. «Che cazzo hai in quella testa?»

Lei si allontana di colpo, come se il suono della mia voce le avesse bruciato la pelle. I suoi occhi si alzano verso i miei, non trovo odio in quello sguardo. Trovo qualcosa di più difficile da sopportare.

Una piccola morte.

«Almeno so che a quello posso sopravvivere.»

A cos'è che non puoi sopravvivere?

È come se tutto, dentro e fuori, stesse trattenuto il respiro. Non ci sono più rumori, né luci tremolanti, solo il peso di quelle parole che restano sospese sulle nostre teste.

Blake si alza dal letto senza dire nulla, una mossa lenta, quasi teatrale. Se ne sta in piedi, scalza davanti al comodino, lo apre con un movimento secco e tira fuori una bustina stropicciata. La tiene tra le dita.

«Mi faccio una canna,» le esce uba voce piatta. «Magari così riesco a dormire.»

Prima che possa cominciare a rollare, la porta si apre. Victor entra con addosso un accappatoio bianco, il viso bagnato. L'odore fresco di bagnoschiuma si sparge nella stanza, un odore che stride con la tensione che ormai ci segue ovunque.

Blake lo osserva, i suoi occhi si fanno lucidi. Le lacrime minacciano di scivolare, ma lei le trattiene a forza.

«Che c'è?» victor si tampona la fronte con la manica.

Blake stringe le labbra, scuote la testa e guarda il pavimento. «Che voglio essere lasciata in pace.»

Esce dalla stanza, la bustina in una mano, mentre con l'altra comincia a rollare lo spinello. Victor la segue, deciso, e io mi alzo, gli vado dietro. Non so perché, ma devo.

«Che succede?» insiste lui.

Blake si ferma, non si gira. «Succede che non ho voglia di dirvi quello che è successo.»

Victor non si accontenta. Le afferra il polso, per costringerla a voltarsi. «Non sei l'unica che sta male,» il suo tono sembra più una supplica che un'accusa.

Blake lo guarda dritto negli occhi, poi si volta verso di me. «È vero,» la voce carica di un'amarezza che quasi mi spezza. «Ma sono l'unica che volete costringere a parlare.»

A quel punto non resisto più. Mi avvicino a lei, la voce più fredda e controllata di quanto mi senta dentro. «Vuoi che inizi io, Blake?» domando, inclino la testa, una risata storta mi curva le labbra. «Non c'è problema.»

Lei mi osserva, immobile. Io rido, anche se non c'è un cazzo da ridere.

«L'ho ammazzato io, mio padre,» ogni parola rimbomba nel corridoio. «L'ho ammazzato io. Non ho appiccato il fuoco, ma l'ho costretto a farlo.»

Blake sgrana appena gli occhi, ma non parla. Non ancora. Victor si volta verso la porta, forse si sta chiedendo se qualcuno ci ha sentiti.

«Per quello che ha fatto a Victor?» la voce di Blake è un debole sussurro.

Annuisco. «Sì. Per quello che ha fatto a Victor. Puoi chiedermi quello che vuoi, Blake. Tutto quello che vuoi. Ti dirò sempre la verità.»

Anche se fa schifo, anche se fa male.

Lei si guarda intorno, come se cercasse qualcosa di solido a cui aggrapparsi. Poi prende l'accendino dalla mensola accanto a lei, accende lo spinello con un gesto meccanico e tira una lunga boccata. Espira lentamente, il fumo si perde nel corridoio, l'odore riempie l'aria.

Il suo sguardo cade sullo specchio alla sua destra. Io seguo la direzione dei suoi occhi, e ci vedo tutti e tre riflessi: vestiti di bianco, le teste rasate. Sembriamo tre tele vuote, tre corpi privati di ogni identità. Così simili che mi confondo, come se non sapessi più chi sono io e chi sono loro.

Blake sgrana gli occhi, il suo respiro si spezza. Si volta verso di me.

«Nel labirinto...» inizia, e la voce già trema. Poi si ferma, fa un altro tiro e lascia che il fumo riempia il silenzio. «Avete portato Maggie e Cathe nel labirinto. Voi le avete drogate per stuprarle?»

Il rumore del pugno di Victor contro lo specchio è come un'esplosione. Il vetro si frantuma in una miriade di schegge, che sembrano sospese per un istante prima di cadere al suolo con un tintinnio che mi ferisce le orecchie.

Resto immobile, a fissare il sangue che cola dalle nocche di Victor. Per un attimo temo che la casa possa crollare, che quelle schegge si conficchino in ognuno di noi, dritte nel cuore, lasciandoci a pezzi.

SPAZIO AUTRICE: Ciao ragazze, come state?

Come potete notare questi capitoli sono più brevi, il motivo è che vorrei mostrarvi il POV di tutti e tre e ho bisogno di alternarli spesso. Spero che la soluzione possa piacervi ^^

 Vi do appuntamento al prossimo martedì!

Baci 

Will

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top