27 - Vomito e sperma - 🛀

(POV Victor)

L'unica cosa che può salvarmi dall'aprirmi i polsi con una lametta sono un pezzo di carta e una penna.

Frugo in un cassetto sperando di trovarli prima di un rasoio. Un blocco per gli appunti e una Bic nera. Ci butto dentro tutto.

L'amore che provo per te, non è altro che l'ennesimo modo in cui so punire me stesso. Suona meglio e incredibilmente più poetico della realtà che mi urla dentro. Così poco poetica da somigliare alla sceneggiatura del peggiore film porno.

Tu, con le gambe spalancate e lui che ti scopa. Le sue mani addosso a te.

La mia testa sta per rompersi e non sto facendo niente per tenerla integra. Integra. Una parola che sta bene con una quantità inaudita di circostanze, ma non con questa. Da nessuna angolazione la si guardi.

L'orologio segna le tre del mattino e quasi tutti si sono addormentati. Sulle poltrone, sui divani, nelle stanze libere e pure sui tappeti. Il rumore dei respiri pesanti si fonde con la musica che ancora vibra leggera dall'impianto stereo, un sottofondo tenue e insopportabile.

Mi lascio cadere su una poltrona, con la testa tra le mani, e ti vedo, B. continuo a vederti. Ogni dettaglio, ogni minuscolo particolare del tuo corpo, ogni espressione del tuo viso. Il modo in cui i tuoi capelli neri si spargono sul cuscino e i tuoi occhi azzurri si socchiudono, le tue labbra che sussurrano il nome di Jonas. Non il mio. Mai il mio. Mi sembra di sentire il calore del tuo corpo, di percepire il tuo profumo alla ciliegia.

Quante volte ti ho osservata cadere nel sonno?

Qualcosa mi stringe la gola, un nodo che non saprei come sciogliere.

Mi alzo, cammino per la stanza, ne percorro il perimetro innumerevoli volte. Mi fermo davanti a una finestra: non piove più e il cielo è pieno di stelle. Non mi pare possibile. Non mi pare nemmeno etico.

Prendo un respiro profondo, l'aria che entra nei polmoni porta con sé uno sciame di spilli.

Penso a quello che ti ho detto prima di lasciarti andare.

-Amarti non significa volerti a ogni costo.-

Quanto ero sincero? Quanta verità c'era in quelle sillabe? Forse ci ho solo nascosto la mia debolezza, il terrore di non essere abbastanza da cancellare il suo nome dalle tue labbra, per quanto avessi potuto succhiarle, o ricoprirle di baci. Così come né Ava, né Maggie, potranno mai cancellare il tuo, dalle mie.

Certi nomi non si cancellano, B., e non importa quanto vorremmo farli scomparire.

Quante volte ho scritto di te,  quante volte ho cercato di imprigionarti in versi che non avresti capito. Ora, quelle parole sono solo cenere e non importa più quanto fuoco le abbia alimentate. Quel fuoco adesso deve morire.

Chiudo gli occhi e la tua risata risuona nelle notti di ogni estate che abbiamo condiviso. Le tue dita che sfiorano incerte il pianoforte e tu, che sogni di diventare una cantante. Tu distesa sul pontile che diventi un foglio bianco su cui mi lasci scrivere.

Avrei dovuto trafiggere la tua pelle e lasciare che l'inchiostro scivolasse dentro. Macchiarti per sempre. Tatuarti il mio amore addosso. Invece quell'amore te lo sei lavato via.

Vorrei davvero vederti felice, è solo che mi annienta non essere io a renderti tale.

Mi ricordo il momento preciso in cui il mondo ha smesso di girare attorno al sole e ha cominciato a ruotare intorno a te. La luce giocava con i tuoi capelli e tu mi hai sorriso. Lì, sui tuoi denti bianchi e perfetti, si è schiantato l'universo.

Eccomi, a raccoglierne i pezzi, uno per uno, anche se non riuscirò mai a rimetterli insieme.

I vostri nomi si mescolano nella mia testa, diventano una nenia ossessiva che non posso scacciare.

«Victor?» Una voce mi risveglia dal pieno delirio emotivo. La mia felicità resta in un coma profondo. Mi volto e c'é Cathe, con gli occhi gonfi di sonno e di pianto.

Mi confonde l'idea che questa specie di bestiola coperta di glitter sia la cosa più vicina al mio stato mentale.

«Va tutto bene?»

Annuisco. «Sì, certo.» Lei non sembra convinta. Mi avvicino e sorrido. «Vai a dormire. È tardi.»

Richiudo il foglio e me lo lascio scivolare nella tasca dei pantaloni.

«Che scrivevi?»

«Appunti per il corso di teatro.»

«Mh...» La rossa inclina la testa. «Bella merda, eh?»

«Il corso di teatro?»

«Blake e Jonas.» Stiracchia le braccia davanti al corpo.

Alzo le spalle. Lei continua a fissarmi.

«Che c'è?»

Cathe si morde il labbro inferiore, esita un attimo prima di parlare. «Maggie ha vomitato e si è addormentata nella vasca da bagno.»

Cristo.

Sospiro, mi passo la mano sulla faccia. «Andiamo.»

Attraversiamo il salone, scavalchiamo i corpi accasciati sul tappeto, arriviamo in bagno. Maggie è davvero addormentata nella vasca, con schizzi di vomito sui vestiti e sui capelli. Un odore acre riempie l'aria, insieme al suo profumo di gelsomino fintissimo e chimico, dolce da dare la nausea, e al sapone al muschio bianco in bella mostra sul lavabo. Potrei mettermi a vomitare anch'io. Per terra, accanto al tappetino rosa ci sono i suoi slip di pizzo giallo canarino.

Deglutisco.

C'è puzza di qualcos'altro qui dentro.

«Con chi è stata stasera?» Aspetto che la voce di Cathe mi aiuti a completare il quadro di merda che si delinea davanti ai nostri occhi.

«Non lo so, ti stava cercando e l'ho persa di vista.»

«Qualcuno se l'è scopata.» Farfuglio. «Spero che almeno fosse sveglia.»

Mi inginocchio davanti allo scempio che è Margaret. Gli schizzi che ha addosso sono sperma.

«Maggie, sveglia, dai...» Le sposto i capelli che le si sono incollati alla faccia. Il trucco, dagli occhi le è colato giù fino al mento, e le sue ciglia sono tutte incollate tra loro. Gli occhi si aprono e si chiudono.

Cathe si guarda intorno, come se stesse ricostruendo qualcosa, ma la sua testa si rifiutasse di farlo.

«Maggie, con chi ti ci sei chiusa in questo cesso?»

Ora ha gli occhi aperti, mi guardano bene quegli occhi, eppure sembrano non vedere niente.

«Oh, ci sei?»

Fa sì con la testa, un movimento così lento che quasi non si nota.

«Bene, ottimo, Mag.» Spalanco le palpebre e sorrido. «Come stai?»

La rossa è ancora immobile davanti alla porta, con gli occhi fissi sull'amica a cui non riesce nemmeno ad avvicinarsi. Ci guardiamo, io e Cathe, con lo stesso sguardo stravolto. E di nuovo, io e lei abbiamo addosso la stessa identica merda.

«Se non ce la fai a stare qui vattene in camera mia.» Sospiro. «La terza porta a sinistra, dopo il corridoio a vetri.»

«Okay.» Si scrosta lo smalto dalle unghie. «Ci pensi tu a lei?»

Annuisco.

Che si fa in questi casi? Una voce mi dice che Blake lo saprebbe. Un'altra mi urla in testa che Maggie non vorrebbe ritrovarsi davanti la sua faccia. Non mentre è senza mutande, completamente stordita e coperta di vomito e sperma.

«Ci riesci ad alzarti?»

Si passa una mano sui capelli e quella roba bianca e appiccicosa le rimane sulle dita. Comincia a respirare male, si agita, cerca di mettersi in piedi e si ritrova con le spalle all'angolo.

«Mag, stai tranquilla, adesso ti aiuto io. Devi solo stare calma e dirmi che ti è successo.»

«Non lo so.»

Come fanno due occhi a sembrare completamente vuoti, eppure così pieni di terrore?

C'è solo una cosa che devo capire, e non so come cazzo fare. «Si sono approfittati di te?»

Occhi smarriti, pupille dilatate. Un'ombra striscia lungo il suo viso e ne offusca i lineamenti infantili. Qualcosa di indecente le si è incollata addosso e vorrei solo cancellarla con una passata di spugna.

Maggie non parla. Finisco in un discorso a senso unico.

«Se ti hanno stuprata, Mag, io ti devo portare in ospedale, o alla polizia, lo capisci?»

Lei scuote la testa così forte che temo possa sbattere contro le piastrelle rosa a spaccarsi la fronte.

«È stata colpa mia!» Mi fissa esterrefatta. «Non devi fare proprio niente...» Annaspa. «Se mio padre lo scopre mi massacra di botte.»

Mi si gela il sangue.

«È perché sono un'idiota che mi succedono queste cose.»

«No, Mag.»

Apre l'acqua della doccia e rabbrividisce sotto al getto gelido che colpisce anche me. Regolo la temperatura e piano piano si scalda. Maggie si riempie di bagnoschiuma e l'odore di vaniglia copre tutto il resto. La stoffa dei vestiti le si incolla addosso. È una scultura di schiuma e vestiti bagnati.

«Posso toglierti quella roba di dosso?»

Lei mi fissa, ma non risponde.

«Ti fai una bella doccia e dopo ti do qualcosa di pulito, che dici?»

La aiuto a uscire dai vestiti, ormai troppo pesanti. Cadono nella vasca in un tonfo che diventa scroscio. Sembra minuscola. Distolgo lo sguardo, aspetto che finisca. Resta sotto l'acqua per un tempo interminabile. Immagino lo farei anch'io, se qualcuno mi avesse scopato a forza.

«Mi serve un asciugamano.» Mi arriva la sua voce, in mezzo a quella dell'acqua.

Frugo nell'armadietto di legno accanto alla porta, tiro fuori un accappatoio color panna, grosso il doppio di lei. Credo sia di Gideon e che non gli piacerebbe sapere che se l'è infilato qualcun altro. Ci avvolgo Mag in quell'eccesso di spugna morbida che sa di pulito, faccio scomparire lì dentro il suo corpo.

Le tampono i capelli e lei se ne sta buona, seduta sul bordo della vasca, a fissare le sue mutande ancora per terra. Le scanso con il piede, finché non scompaiono dal suo campo visivo.

«Perché non mi hai detto di tuo padre?»

«Perché a te non interessa.» Alza le spalle. «Ai ragazzi non interessa.»

Resto a guardarla e non riesco a obiettare in nessun modo.

«Le persone che si avvicinano a me lo fanno tutte per lo stesso motivo, no?» I suoi occhi si spalancano. «Come quando tu e Jonas mi avete portata nel labirinto.»

Il respiro mi si blocca in gola. «Mag, no che non è uguale.»

«Perché, no?» Si stropiccia gli occhi. «Perchè io e Cathe vi abbiamo lasciato fare tutto quello che volevate, giusto?» Si passa una mano sul seno e le esce una piccola smorfia di dolore. «E se vi avessimo detto di no?»

«Ci saremmo fermati.»

«Ci credi veramente?» La sua espressione è così seria che per un attimo quello che dice sembra l'unica cosa sensata. «Per qualche motivo ci sono ragazze che vengono portate a cena fuori, a cui regalano fiori, che ricevono lettere, e poi ci sono quelle come me, Victor.» Deglutisce. «Quelle come me finiscono in ginocchio nei cessi.»

«Guarda che non è così.»

«Allora perché non mi hai chiesto di uscire?» Gli occhi le diventano due fessure umide al centro di un alone grigio e indistinto di mascara colato. «L'unica cosa di cui vi siete preoccupati quel giorno era che fossimo abbastanza drogate da non darvi problemi...» Si passa una mano tra i capelli bagnati e li manda indietro. «La cosa divertente è che io con te ci avrei scopato lo stesso, non mi serviva l'ecstasy, o la vodka e tutto quel teatrino che avete messo su, solo per toglierci le mutande.»

«Forse devi dormire un po'.» Forse devo dormire un po' anch'io, perché questa giornata continua a investirmi e ho bisogno di svegliarmi in un giorno diverso.

Lei annuisce. Mi guarda come se ce l'avessi lasciata io lì dentro. Come se l'avessi sbattuta fino a svuotarmi e poi me ne fossi andato.

«Dormiamo, Mag, e domani se ti va ci facciamo un giro.»

«Un giro?»

«Sì, ai mercatini di Natale, ti va di andarci?»

SPAZIO AUTRICE: Questo capitolo è un pugno allo stomaco, o almeno lo è per me. Scriverlo non è stato semplice e nemmeno rileggerlo. 

La verità è che moltissime donne nel corso della propria vita subiscono abusi, più o meno gravi e credo sia importante parlarne e farlo nel modo giusto. Spero di esserci riuscita. 

Il personaggio di Maggie reagisce in modo particolare, forse la sua reazione sembra troppo lieve rispetto al trauma subito, ma vi ricordo che molte donne dopo aver subito uno stupro sono semplicemente andate a lavorare, o hanno continuato a svolgere le loro attività, di fatto fingendo che non fosse accaduto nulla. Maggie, inoltre, è abituata a essere vista dagli uomini in un certo modo e non si aspetta niente di diverso da loro. 

So che lei non vi piace, ma spero abbiate potuto empatizzare con lei e con ciò che le è capitato e che questo vi aiuti a capire un po' meglio il suo personaggio.

P.S. Ora sapete cosa è successo nel labirinto, o almeno la parte che ci ha raccontato Mag.

Che ne pensate?

E soprattutto, la reazione di Victor come vi è sembrata?


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