Burned - pt. 4

Poteva sentire le coperte sotto di lui quando riprese i sensi, morbide e piene di un timido calore che gli permetteva di starsene lì, la mente persa in un nulla silenzioso, gli occhi chiusi nel desiderio acido ed alquanto sbagliato di non aprirli mai più, di non sbattere nuovamente con la realtà, quando stare lì dov'era sembrava più rilassante della maggioranza delle cose che si era ritrovato ad affrontare in quelle ultime settimane.
Era come se si fosse staccato dal mondo, come se il suo cervello, per proteggersi dalla costante autodistruzione, avesse gettato la spina della corrente mentale dentro al cestino e lo avesse reso semplicemente vuoto, leggero, privo di quel comprimere assassino che picchiava la sua cassa toracica e che lo faceva sentire così in pericolo da non respirare normalmente neppure a desiderarlo con tutto il cuore.
Era dunque ben disposto a starsene lì dov'era, in quella sua pace, in quella calma che non suggeriva o direttamente non gli sbatteva in faccia la propria debolezza, la propria incapacità a sopravvivere senza avere un attacco di panico o un brivido di timore ogni giorno della sua esistenza.

Eppure, che lo volesse o meno, i suoi occhi si aprirono, sollevandosi un minimo, abbastanza da ricevere un raggio di luce direttamente contro di essi, un unico raggio che lo portò a strizzare le palpebre disperatamente, non ancora capace di abituarsi alla luce quando il buio sembrava così accogliente, rendendosi conto solo agli ultimi -Una volta dopo essersi scostato leggermente all'indietro, sfuggendo alle dita luminose che scivolavano dalla fessura della porta dell'infermeria- della figura seduta poco lontano da lui.
Guardandolo con vaga preoccupazione e varie domande che ruotavano nei suoi occhi grigi, appoggiato ad una sedia di legno che si scontrava leggermente contro una parete della stanza, lo spadaccino sembrava essersi reso conto del suo risveglio, tanto da mettersi in piedi, le mani posate sull'elsa di Sandai Kitetsu - ma senza la tensione che diceva che avrebbe sguainato la katana - ed un lento avanzare verso il lettino, verso di lui.
Qualcosa nel modo cauto in cui Zoro procedeva, quasi insicuro su come muoversi per affiancarlo, lo lasciò alquanto perplesso, quasi scioccato perfino, ma non espose nessun commento, sentendo la gola troppo arida per provarci... E le labbra quasi cucite tra di loro a tratti, troppo pesanti per essere spostate di un millimetro.
L'unica cosa che gli venne istintiva di fare, dopo che lo spadaccino fu praticamente contro il bordo del suo letto, fu di scostare gli occhi da quelli dell'altro.
Il continuo ed ossessivo osservarlo del rivale gli stava facendo sentire un nodo in gola.

Zoro lo osservò ancora, però, quasi indifferente della sua risposta e gli sfiorò leggermente una mano, abbastanza da provocare un nuovo scontro di occhiate, siccome la mancanza di preparazione al contatto aveva nuovamente afferrato il biondo, riempiendolo dalla testa ai piedi e lasciandolo a sgranare gli occhi - o l'occhio, per come era visibile -, le labbra leggermente socchiuse.
Un attimo di silenzio, due, poi l'uomo dai capelli verdi sospirò con quella che sembrava frustrazione e una strana vena di... Tristezza? Era davvero tristezza o Sanji non riusciva a capire neppure più come questa fosse sugli altri? Che si fosse accecato a tal punto con il suo essere già un fallimento in partenza?
- Mi dici cosa diavolo ti succede, cuoco?- borbottò Zoro, aggrottando la fronte, spostando all'istante la mano che aveva anche solo sfiorato quella del biondo per portarla lungo il suo stesso fianco, chiusa a pugno.
-Cosa ti è successo? E non fare finta di niente, perché per quanto stupido dici che io sia, pure un cieco si renderebbe conto di quanto sei strano.- fece una pausa non particolarmente lunga - Non sei in te e non puoi negarlo-

Le dita di Sanji si agitarono appena nel disperato tentativo di afferrare una sigaretta invisibile, pur sapendo che, se era lì, in infermeria, Chopper doveva avergliele già, molto probabilmente, sottratte.
Il dottore non avrebbe mai permesso che fumasse in infermeria... In generale non voleva proprio che fumasse, ma su quello più di tanto non poteva farci.
Finché il biondo fosse stato nel 'territorio' della piccola-grande renna, lui non avrebbe potuto e basta, neppure se avesse pregato qualcuno di portargliele.
Strinse i denti, guardando altrove volutamente.
Non voleva dare risposte al Marimo.
Non doveva darne.
- Perché dovrebbe interessarti? Sono fatti miei, non dovresti impicciartene- riuscí a dire, finalmente sfuggendo dall'aridità della sua gola e dalla fatica per muovere la bocca e formulare dunque una parola senza biascicare, boccheggiare o inghiottire a vuoto come uno scemo imbambolato.
-Non fare l'idiota, cuoco- la voce di Zoro si mischiò ad un lieve ringhio mentre pronunciava le quattro parole, abbastanza forte da far stringere i denti all'altro, sapendo che non sarebbe stato facile scrollarselo di dosso, rendendosi conto che probabilmente non ci sarebbe riuscito affatto, ma rimanendo comunque determinato a provarci.
Sanji sapeva come irritare l'altro, se doveva essere meschino per evitare eventuali conseguenze nel caso in cui avesse sputato fuori la verità, lo avrebbe fatto.
-Smettila di porti domande. Ti cuocerai il cervello, Marimo. Le piante non sono fatte per pensare-
Dal movimento di entrambe le mani di Zoro, le quali si aprivano e si chiudevano a ripetizione, come desiderando di strangolarlo, si notò tutto il nervosismo che tale commento gli portò a galla, mischiato poi ad un prendere ripetuti respiri per calmarsi.
-No, cuoco da strapazzo. Tu la devi smettere. E sul serio. Mi interessa e basta, okay? Sono un tuo nakama e che tu lo voglia o meno, o ne parli, o ne parli. Non hai seconde opzioni. Non dopo che sei svenuto. Non dopo tutte le volte che ti ho visto svegliarti nel cuore della notte. Quindi sputa il rospo-
-E se non volessi? Cos'è, arriveresti a ricattarmi? Rimarresti qui ad insistere e a mettere quell'espressione offesa sperando che io decida di cambiare opinione? Perché se speri che funzioni una delle due, mi dispiace ma avrai una delusione-
-Ne parlerei con gli altri- sbottò lo spadaccino senza pensarci due volte -Farei in modo che siano loro a fartelo buttare fuori. Magari Nami ci riuscirebbe. E almeno getteresti fuori tutto, ma ovviamente chiunque nella nave lo saprebbe-

Sanji, a tale frase, si ritrovò letteralmente a bocca aperta.
Immaginare tutta la ciurma a conoscenza di quello che gli era successo gli strinse lo stomaco in una morsa tale che all'istante iniziò a respirare più rapidamente, tentando di calmarsi, di frenare i fremiti che gli agitavano le braccia, mentre i suoi occhi...
I suoi occhi sembrarono infiammarsi, neanche attraversati da lava.
Portò le mani ai capelli, afferrandoli, tirandoli più e più volte con insistenza, sperando che il dolore al cuoio capelluto cancellasse quello che era nato dalle parole di Zoro, sperando di poter tornare a chiudere gli occhi, a svuotarsi del tutto.
Una risata nervosa gli scappò di bocca, una risata che però non sapeva proprio di allegria.
Era quasi isterica, a tratti, suonava acida ed usciva con quell'ironia che si ribaltava nella sua testa, divorando il suo cervello con immagini.
Espressioni di disgusto da parte degli altri.
Parole di falsa comprensione, toni apprensivi, ma coperti di una pietà mischiata alla sensazione ovvia che avrebbe detto che lui non era abbastanza, che non era degno di essere guardato come sempre, che...

-Sanji- la voce dello spadaccino risuonò nella sua testa, quell'unica parola, il suo nome, un nome che l'altro non usava spesso, cosa che era stata capace di staccarlo dalla rete di pensieri che lo avevano stravolto in quei pochi istanti, istanti che però a lui erano sembrati non passare mai, cadendogli addosso con tutto il loro peso.
-Ascoltami, Sanji- fece, ancora, pronunciando quelle cinque lettere con cautela, quasi ponderando su di esse, ammorbidendole in maniera innaturale, cercando il suo contatto visivo -Non voglio che tu ne parli per farti del male. Qualunque cosa sia ciò che ti porti appresso... Ti sta distruggendo. L'unica cosa che voglio é poterti aiutare. Ma non posso farlo se non me lo permetti.- sembrò cercare qualcos'altro da dire, qualsiasi cosa, per procedere nel discorso, accennando un espressione mezza sorridente, un mezzo sorriso che non raggiungeva i suoi occhi, un mezzo sorriso che sapeva solo di frustrazione, mentre le sue mani andavano a sfiorarsi il coppino,per poi scorrere nuovamente verso il basso, neanche fossero trascinate dalla gravità.
-Mi da fastidio vederti così. Mi dà fastidio che ti tieni tutto addosso, quando potresti semplicemente affidarti a...- tacque, chiudendo gli occhi e scuotendo la testa, per poi riprendere a guardarlo - A noi... A chiunque di noi. Teniamo a te. Sei stupido se pensi che non sia così. Che parli con me, che parli con Luffy, con Usopp, con Chopper... Non mi interessa. Voglio solo che torni ad essere quello di sempre.- una delle sue mani fece per avvicinarsi a quelle del biondo, ma si fermò prima di poterlo toccare, ritornando perciò dov'era prima, riscuotendosi - Tutti lo vogliamo-

Il cuoco rimase inizialmente in silenzio, non sapendo che cosa rispondere di preciso, sentendosi preso alla sprovvista da una simile confessione da parte dell'altro, mentre l'ovvietà di aver già preoccupato tutta la ciurma senza nemmeno rendersene conto gli veniva sbattuta in faccia, quasi come uno schiaffo.
Lo avevano capito, dunque, tutti, che qualcosa non andava.
Lo avevano coperto bene, siccome lui aveva continuato a credere di non aver dato troppi segnali, aveva sperato che fosse solo Zoro quello che sembrava stranamente vicino alla verità, vicino al fatto che non stava affatto bene, ma non era così.
Si sentiva così stupido.
Stupido per averci sperato.
Stupido perché ci sperava ancora, dopo che il Marimo gli aveva appena detto quelle parole.
Stupido.

Stupido. Idiota. Inutile. Bruciato. Sbagliato. Fallimentare. Incapace. Diverso. Debole.

-Non...- il cuoco provò a parlare, ma le parole si fermarono subito, portandolo a guardarsi le mani con insistenza -Non credo sia possibile-
-Perché?- il tono di Zoro era palesemente amareggiato e confuso allo stesso tempo -Cosa non è possibile? Parlarne?-
-Essere come prima, penso- Sanji arrossí appena, vergognandosi di come le parole scivolarono dalle sue labbra, volenti o nolenti, quasi tirati fuori dall'espressione dipinta suo volto dello spadaccino, cacciate fuori dal suo sguardo.
-Non credo... Non credo che esista più. Quello che sono ora è tutto quello che mi è rimasto-
In quell'argento che lo fissava vide guizzare un emozione, poi un altra, poi un altra ancora, seguite da un lieve schiudere di labbra, le parole che morivano su di esse, questo perché le zittí lui stesso, incitandolo a continuare a parlare.


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