Burned- pt.2
Attenzione: termini espliciti, scurrili e rudi. Se non volete leggere, saltate alla parte non in corsivo.
Gli ansiti spasmodici erano uno sfondo amaro e definitivo di ciò che stava accadendo dentro a quella stanza.
Vi era poi il fremito del suo corpo scosso, ma quello non faceva alcun rumore.
Anche le sue labbra, le quali sanguinavano al di sotto dei denti, che cercavano solo di zittire i versi, i piagnistei e le preghiere che avrebbero potuto scivolare fuori da esse, come l'acqua da un fiume in piena, non facevano praticamente rumore.
Erano solo gli ansiti.
Suoi, non suoi... Si mischiavano tra di loro a tal punto che non si capiva neppure da chi provenissero, a tratti.
Le sue gambe erano spalancate, divaricate , mentre Niji lo dilaniava, entrando in lui con il suo membro duro e bagnato di presperma, il quale andava a colpire al suo interno con tanta violenza che gli sembrava che esso andasse a fuoco.
I suoi occhi erano socchiusi, non volevano saperne di aprirsi anche solo un po' di più: perché avrebbero dovuto, dopotutto? Per assistere al ghigno di Ichiji che a sua volta lo osservava mentre il blu se lo fotteva neanche fosse stato una puttana o uno scarto? Per notare come Yonji non volesse altro che fare la stessa cosa?
No, Sanji non voleva assistere, lo disgustava già abbastanza ad occhi semi chiusi, sentendosi sempre più sporco, sempre più dolorante... E soprattutto sempre meno umano, perché quel dolore che lo calpestava era stato così forte all'inizio, che per certi versi iniziava a non sentirlo nemmeno più, come se ci si stesse abituando, come se qualcuno gli stesse dicendo che era qualcosa per cui lui doveva essere fatto e che non poteva scegliere.
La sua gola inghiottí a vuoto ripetutamente, questo pochi secondi prima che probabilmente Yonji si scocciasse di non fare niente e che gli aprisse la bocca con la forza, ficcandogli la sua erezione in gola e spingendosi in essa senza che lui potesse anche solo resistere.
Come avrebbe potuto? Era legato; il suo corpo era tutto fermo da catene che lo facevano sprofondare contro il materasso, le sue mani erano palesemente attaccate tra di loro, dettaglio che gli impediva perfino di schiaffeggiare il gemello dai capelli verdi prima che potesse attuare la propria azione.
Avrebbe potuto mordere, ma la punizione quale e come sarebbe stata? Avrebbero colpito lui o magari il mirino sarebbe stato Zeff? O, ancora, magari semplicemente se la sarebbero presa di nuovo con la cuoca, Cosette, a causa del suo atteggiamento trasgressivo?
Un senso di nausea gli salì nella gola mentre la sua testa percepiva gli spingersi sia nel suo antro, sia nella sua bocca, con il sapore dello sperma che gli schizzava giù in essa, nel mentre che entrambi venivano, prima uno e poi l'altro, facendo subito scambio, come se fosse stato un gioco.
Si sentí strattonare i capelli da Niji, afferrare per il sedere da Yonji e, cosa ancora peggiore, Ichiji si uní all'azione, andando ad aggiungersi, così da fare una doppia penetrazione.
Il biondo, nel momento in cui i due membri entrarono in lui, prima uno e poi l'altro, capì che il dolore precedente non era mai stato nulla in confronto a quello che provava in quel momento, mentre un urlo nasceva e subito dopo gli moriva durante lo spingere violento del secondo dei tre fratelli, trasformandolo in un pianto silenzioso misto a parole non dette, mentre dentro di sé il ragazzo pregava, pregava di perdere i sensi, pregava perfino di morire pur di non sentire più quella tortura.
E Ichiji, Niji e Yonji, mentre continuavano nel loro spingersi, lo toccavano.
Sfioravano i suoi capezzoli.
Gli strattonavano la chioma, tirandola fino a fargli sentire come se i suoi capelli fossero sul punto di essere strappati.
Lo spingevano verso di loro per arrivare ancora più a fondo e per trovare ancora più soddisfacente il lavoro.
Lo deridevano, insultandolo e ridendo di lui.
- Fallimento. Nessuno ti amerà mai-
La frase risuonò nella sua testa un secondo prima che lui si tirasse su a sedere di netto dall'amaca, quasi scivolando giù da essa, una mano che viaggiava subito verso la sua gola, come se questa avesse volontà propria e fosse pronta a soffocarlo.
Il suo intero corpo era immerso dal sudore, mentre il suo battito cardiaco, che procedeva come impazzito nel suo petto, cercava di calmarsi dall'ennesimo stramaledettissimo incubo.
I suoi occhi guizzarono per la stanza con estrema rapidità: tutti stavano dormendo.
Bene. Nessuno si era accorto del suo svegliarsi.
E meno male che, in generale, negli incubi, lui non urlava, altrimenti avrebbe finito con lo svegliare qualcuno, se non proprio tutti... E a quel punto avrebbe dovuto spiegare perché aveva urlato... E molto probabilmente qualcuno si sarebbe potuto preoccupare per davvero, insospettendosi per via del suo scacciare la questione come una mosca fastidiosa.
Si alzò, cacciando entrambe le mani tra i capelli, con un tremare vistoso che ovviamente non era dovuto al freddo, scivolando poi fuori dalla camera come un ombra, senza neppure rendersi conto che, qualcuno, lo aveva osservato per tutto il tempo, troppo preso dal desiderio di levarsi di dosso quella sensazione schifosa dalla pelle e dalla bocca.
Avrebbe vomitato. Di nuovo. Se lo sentiva. Ed in generale non era la prima volta che rigettava... E si malediceva per questo, perché era come se stesse sprecando cibo quasi ogni mattina.
Poi si sarebbe fatto un bagno caldo, con la speranza che il sapone lavasse via, almeno stavolta, un po' dello sporco che sentiva addosso e che non voleva.
Non lo aveva fatto nelle mattine precedenti, purtroppo... Ma non per questo avrebbe smesso di provarci.
Raggiunse il bagno pochi istanti prima che un conato gli salisse in maniera definitiva in gola con il sentire nuovamente, per qualche motivo che lui non capiva neppure, il sapore dello sperma di nuovo in essa, caldo, che colava, costringendolo ad inghiottirlo.
Anche se in realtà non vi era, lo sentiva lo stesso, finendo con l'appendersi al water come se fosse stato questione di vita o di morte e rigettando anche l'anima a momenti.
Quando tutto finí, si prese qualche piccolo attimo di pausa, accasciato sul pavimento, per poi allungarsi verso il lavandino e togliersi il sapore di vomito - il quale per certi versi era comunque meglio del sapore di orgasmo di uno dei suoi gemelli, almeno-.
Una volta rimosso, si riempí la vasca con la maggior quantità di acqua calda possibile, svestendosi nel frattempo e vi entrò, rabbrividendo alla differenza che vi era tra fuori e dentro.
Gli scottava ogni singolo e più piccolo centimetro di pelle... Ma già bruciato era, quindi non vi era un vero e proprio problema in ciò.
Si lasciò cullare dal liquido, rilassandosi appena, mettendo la testa al di sotto del livello dell'acqua e guardando come tutto, in essa, diventasse estremamente sfuocato e luccicante all'unisono.
Trattenendo il fiato, si permise di indugiare lì ancora per un poco, tirandosi fuori solo al sentire i polmoni chiedere pietà e spostando i ciuffi di capelli biondi che gli si erano appiccicati alla faccia, passandoli dietro alle orecchie con netta distrazione.
E l'azzurro celeste del suo sguardo andò a scontrarsi, nolente o volente, con i segni violacei che percorrevano le sue caviglie... E le sue gambe in generale... E i suoi fianchi... Il suo petto... Il suo collo...
Con un movimento forse troppo rapido, si ritirò su, uscendo in fretta e furia dalla vasca e realizzando di colpo che, forse per distrazione, non aveva preso i cambi con cui vestirsi.
"... Idiota" si disse mentalmente, scuotendo il capo ed afferrando dunque l'accappatoio, lasciando che questo lo avvolgesse con la sua morbidezza e con il suo profumo.
Non ci volle molto prima che uscisse dal bagno e si scontrasse di netto contro colui che dimostrava di essere probabilmente lì da... Quanto? Non ne aveva idea. Non si riusciva a capire, se doveva essere franco.
Era il Marimo, cosa che per la seconda volta nel giro di ventiquattr'ore, gli faceva salire una sottospecie di ansia di prestazione.
-Marimo- fece, serrando le labbra e guardandolo con falsa calma ed altrettanto falso scherno.
-Cuoco- il tono di Zoro era serio e impassibile come sempre, con un che, in contemporanea, di strano, che il biondo non seppe se ignorare o meno, chiedendosi se fosse sempre colpa sua se sembrava come tale o robe del genere, o se magari nel suo tono vi era davvero qualcosa di differente.
Lo spadaccino rimase in silenzio mentre l'altro si allontanò lentamente dalla porta del bagno, stringendosi nell'accappatoio, poi parlò di nuovo -Sei stato lento-
Un nervo, praticamente subito, partí al cuoco, tanto che a tale commento si ritrovò a digrignare i denti.
-Beh. Non ti fa male aspettare, testa d'alga, anzi. Temi di perdere tempo per fare la fotosintesi, per caso?-
"Stacci tu a vomitare al posto mio, vediamo se sei tanto contento della cosa" pensò tra sé e sé, assumendo un aria alquanto irritata.
Zoro non gli rispose, non a parole , almeno.
Semplicemente continuò a fissarlo al punto tale che il biondo si sentì molto più a disagio rispetto al normale, senza neppure capire perché, percependo il proprio stomaco attorcigliarsi ed il desiderio di sfuggire da quel grigio metallico che s'impuntava in lui con prepotenza.
Fece per allontanarsi dunque in maniera definitiva dall'altro, ma prima che vi riuscisse, il suo braccio venne stretto in una presa, cosa che non solo lo fece sussultare dalla sorpresa, ma che lo portò perfino a sbiancare, voltandosi con un che di quasi schizofrenico.
Ci vollero una ventina di secondi per cancellare le risate che erano tornate ad afferrare la sua mente, dieci per eliminare il sorrisetto di Ichiji e altri cinque per mettere a fuoco il fatto che no, non era più lì e che no, nessuno lo avrebbe ferito.
"É solo Zoro. É solo quel cretino di Zoro. Calmo"
-Cosa cazzo vuoi, Marimo di merda, cerchi rogne?- sbottó acidamente, liberandosi dalla sua presa con dello stizzito, lanciandogli un occhiataccia fulminante.
E di nuovo, eccolo lì. Quello sguardo, mischiato al silenzio dello spadaccino, cosa che serví solo a farlo sudare freddo.
"Che lui...? No. No. Non può saperlo. Non può essersene reso conto. È una testa di verza. Passa l'ottanta percento del tempo della giornata a dormire. Perché dovrebbe anche solo aver fatto caso a me? No. Me lo sto solo immaginando."
Si riscosse, riprendendo a camminare, guardandosi il braccio che lo spadaccino aveva precedentemente stretto nella mano.
Era stato fortunato, per certi versi, che almeno lì non vi fossero stati dei lividi.
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