25.
Dicembre 2026
Un anno dopo
-"è una neonata Arthur, smettila di trattarla come una bambola di pezza" Commentò nervoso Lorenzo, strappando con i denti la busta che conteneva un cuccio pulito. L'ultimo era caduto in mezzo al caffè.
-"devo girarla per cambiarle il pannolino dai!"
-"eh muoviti! Siamo in ritardo per colpa tua"
-"fai silenzio e lasciami concentrato"
-"sia mai quanto concentrazione ti serva per cambiare un pannolino" mormorò il fratello più grande avvicinandosi al biondo e dando nelle mani di Emilie il ciuccio nuovo e brillante.
La bimba se lo portò alla bocca ma cominciò a ciucciare la parte sbagliata, tenendo tra le labbra la parte in plastica.
-"nonono non così!" esclamò già stanco.
-"anche tu facevi così Lorenzo" si intromise Pascale, prendendo tra le sue mani le dita piccole di Emilie per sistemare il ciuccio in maniera decente; la bimba iniziò a piangere.
-"wow mamma"
-"fai silenzio" lo fulminò lei ed appena lo sistemò nella bocca, la bimba fece silenzio, cominciando tutta tranquilla e spensierata a guardare Lorenzo mentre ciucciava.
-"ew oh mio Dio che puzza"
-"come sei schizzinoso Arthur" Lo prese in giro il fratello maggiore, mentre la madre di entrambi scoccava un'occhiata ad entrambi.
-"faremo tardi, muovetevi." Disse seriamente e poi si spostò per andare a sistemarsi.
Pochi secondi dopo, nella stanza della bimba entrò Charles, vestito tutto in punto. Una stampella nera si abbinava al suo completo ed il tutore avvolgeva ancora la sua gamba sinistra. Una piccola cicatrice sul collo era diventata bianca, poco visibile.
I capelli erano come suo solito spettinati e in disordine, mentre la barba sul suo volto continuava ad essere meticolosamente curata.
-"ancora qua state?" Esclamò con una punta di nervosismo ai due fratelli che continuavano a bisticciare.
-"sì scusa ci muoviamo" mormorò Arthur, lasciando il compito di levare il pannolino puzzolente a Lorenzo.
-"non è ancora vestita?" chiese, piegando leggermente la testa e avvicinandosi alla bimba.
Immediatamente, questa allungò le mani verso Charles.
-"ciao piccina" mormorò mostrando un sorriso, facendola scalciare un po' di più.
-"puoi dirle di stare ferma per piacere? Già è complicato così"
-"imbecille. Spostati va" disse Charles dando un colpetto con l'anca destra a Lorenzo.
Fece tutto in pochissimi minuti e guardò i suoi fratelli alzando le sopracciglia.
-"ci voleva molto?" chiese con una punta divertita e gli atri lo fulminarono a loro volta.
-"potevi arrivare prima tu" disse il biondo pulendosi le mani nei jeans e poi prese i vestiti che la bimba avrebbe dovuto indossare.
Pascale si prese il compito di trascinare il passeggino, visto che per Charles era un po' impossibile e fuori dalla porta trovò Zoe con George Russell e Daniel Ricciardo.
-"abbiamo deciso di tenerti compagnia" mormorarono insieme, e la ragazza si strinse di più al braccio del suo fidanzato.
Charles annuì con la testa e dopo essersi messo un paio di occhiali da sole, si diresse lentamente ed insieme agli altri verso Victoria.
Lui rimase da solo, si sedette per terra e guardò con aria triste la lapide bianca lucente davanti a lui. Prima Jules, poi suo padre ed infine Victoria.
-"dolce Vic" parlò lui tentando di rimanere il più normale possibile, ma la voce cominciò già ad incrinarsi.
-"un anno da quando mi annunciasti di aspettare Emilie, un anno dal nostro incidente e pochi mesi dalla tua morte. Dopo... dopo l'incidente pensavo che finalmente tutto fosse finito, eravamo entrambi in piedi - beh io quasi - e tu non avevi perso il neonato che portavi in grembo. Quando misi piede fiori dall'ospedale con te tirai un sospiro di sollievo, pensando che finalmente tutto il dolore fosse finito. Eravamo insieme, e nonostante fossi triste per te perché non avresti più potuto fare il vigile del fuoco, ero felice per il fatto di stare con te. Nel corso dei mesi mi preparai psicologicamente a fare il padre di una bimba, e pensai al fatto che se non fossi stato abbastanza capace, avrei avuto te accanto per portarmi sulla retta via, per dirmi quello che avevo sbagliato, per confrontarmi; invece mi ritrovo ancora una volta, ed improvvisamente, da solo. Non ho mai avuto il momento ed il tempo per metabolizzare quello che successe quel giorno; tutto caotico, tutto in veramente pochi minuti. Ho perso Jules così, ho perso mio padre così, ho perso te ancora una volta così, senza il tempo.
Quel giorno ero alle stelle, felicissimo; tu eri arrivata al termine della gravidanza, mio fratello ti aveva caricato sull'auto piena di dolori ed ansimante perché le acque si erano rotte ed io ero accanto a te a tenerti la mano. Mi hai guardato per tutto il tempo con quel sorriso così amorevole e dolce che io mi tranquillizzai, pensando solo al fatto che ti avrei rivista dopo. Poi mi hanno fatto entrare in sala con te, ti stringevo ancora la mano, ti accarezzavo il viso e poi, al termine, ti diedi un bacio sulla fronte. Tu ti misi a ridere con le lacrime agli occhi e la tua mano finì sulla mia guancia, dolce, come per accarezzarmi e dirmi che sarebbe andato tutto bene. Mi dicesti "ti amo" ed io ti risposi nello stesso modo, con le fossette che mi arrivavano alle orecchie. Poi mi fecero uscire e fu l'ultima volta che vidi i tuoi occhi su di me. Mi portarono dalla bambina, poi mi dissero di aspettare il sala d'attesa. Mi mangiucchiavo le dita dalla tensione e poi dalla sala in cui tu eri ancora, sentì un urlo disperato, il mio nome urlato da te. Non riuscì a capire più niente, osservai solo dottori entrare ed uscire di fretta, mentre tenevano tra le mani oggetti di cui io non conoscevo l'esistenza. Mi fecero allontanare, lasciarono la bambina con una infermiera e non mi fecero sapere più nulla per diverse ore. Ero reso come una corda di violino e disperato, chiamai mia madre, nonostante mio fratello maggiore cercasse di calmarmi.
Quando vidi lo sguardo del dottore, che già conoscevo, mi cadde il mondo addosso, letteralmente. Non sentì più la terra sotto i piedi e mi abbandonai alla seggiola posta dietro di me senza riuscire a dire più nulla. Non... non emisi nessun suono, ero vuoto. Mi ricordo il volto di tuo fratello: arrivò tutto spensierato in ospedale, tutto contento e impaziente di vederti insieme alla bambina. Anche lui, quando mi vide, rimase immobile come se fosse imbalsamato.
Oggi solo qua, da solo e con Emilie in braccio.
Ho conservato tutte le tue fotografie, le ho divise con tuo fratello e il giorno dopo del funerale chiusi a chiave la tua house boat. Comprai l'appartamento a Lille e lo feci sistemare, lasciando però la camera da letto così com'era. Avevamo fatto l'amore la prima volta in quel posto, non lo avrei mai consegnato nelle mani di nessuno.
Certe volte torno nella tua house boat, mi siedo sul divano e penso solamente a te: Nuji mi sta addosso come una cozza volendo tutto l'affetto del mondo, Cloud piagnucola tutti i giorni e si avvicina solo se sente il tuo profumo, altrimenti rimane isolato.
Emilie è qua, la senti? Un po' come senti me sentirai anche lei. Vede solo me ma sono sicuro che ti cerca, ti cerca da quando ha aperto gli occhi per la prima volta. Anche io ti cerco, in continuazione. Certe volte penso pure di vederti, ma so che è tutta immaginazione. Ho bisogno ancora per un attimo di vederti, di stringerti la mano e di sussurrarti quanto ti amo.
Domani è Natale, ma per me non è più Natale senza di te: per me è una cosa senza più valore. Nulla ha valore senza la tua presenza, nemmeno il paddock con te che urli anche quando un'auto mi sfiora. Mi manca il tuo tifo, mi mancano i tuoi abbracci sotto il podio e durante la notte, mi mancano i tuoi baci tranquillizzanti, mi mancano le tue lacrime di gioia e mi mancano persino le tue di dolore, perché anche se stavo male, potevo stringerti tra le mie braccia e calmarti a modo mio."
Si fermò asciugandosi le lacrime con la manica della giacca pesante e guardò con volto stanco dalle lacrime gli occhi di Emilie, uguali a quelli di Victoria.
-"Ti ho portato, anche oggi, i tuoi fiori preferiti. Sai, è così strano vedere un lungo ramo di girasole nel bel mezzo di un cimitero, è un modo per distinguerti da tanti pezzi di marmo. Ho messo anche una macchinina sul bordo della lapide, ma molto probabilmente qualcuno l'ha portata via... fa niente, forse ne metterò un'altra.
Ho ancora male alla gamba, poco; ho sentito molto più dolore a farmi il tatuaggio per te, ma forse era perché piangevo." Mormorò ancora e poi si strinse di più il corpo della bimba a se, lasciandole un bacio sulla fronte.
-"domani tornerò qua, il Natale merita anche una tua piccola presenza. Ti verrò ancora a trovare e ti porterò ancora un bellissimo girasole splendente, anche se d'inverno non so quanto sia giusto. È finto si, ma fa niente" gli scappò una flebile risata.
-"ti amo Vic, ti amo come ogni giorno." Disse e poi si alzò, tenendo la bambina in braccio.
Rimase ad aspettare sua madre che sistemò la piccola di nuovo nel passeggino.
Accarezzò con un dito la fotografia circondata da una cornice in oro e con gli occhi lucidi, andò via a testa bassa, reggendosi sulla sua stampella, per poi fermarsi ed appoggiarsi alla spalla della madre, che lo consolò dolcemente.
Quando alla sera si sistemò nel letto, chiuse gli occhi stringendosi le lenzuola tra le mani e cercò di riposarsi un po', distrutto fisicamente per via della gamba e psicologicamente.
Si trovò improvvisamente in una stradina che riconobbe subito per via del cartello stradale che segnalava la strada per Montecarlo. Il rumore delle onde segnava il sottofondo e riconobbe subito la sua auto parcheggiata e la house boat di Victoria poco distante.
-"Charlie" sentì mormorare alle sue orecchie e subito dopo delle mani avvolsero il suo viso, coprendo i suoi occhi. Lui trasalì e poi portò immediatamente le sue mani sopra quelle di chi gli copriva la vista. Sentì subito l'anello che lui aveva regalato, sentì le unghie corte e poi sopra i suoi occhi non sentì più nulla.
-"Victoria" mormorò lui girandosi lentamente e trovandosi la ragazza davanti ai suoi occhi. Un paio di trecce molli ricadevano sulle sue spalle e gli occhiali da vista erano accessori sul suo volto.
-"o-oh" mormorò senza muoversi molto. In maniera molto goffa, osservando la ragazza sorridergli, la strinse sollevandola da terra e si sentì il corpo avvolto tra le braccia della ragazza.
-"ehi amore mio" sussurrò lei appoggiando la fronte sulla sua e lui scoppiò a piangere.
-"mi sei mancata"
-"lo so" sussurrò lei dandogli un bacio sul naso.
-"n-non andare v-via" disse tra i singhiozzi.
-"io non sono mai andata via" lei continuò ad accarezzargli la guancia; lui singhiozzava in continuazione.
-"c-come no?"
-"io sono sempre con te, non ti ho mai lasciato e non lo farò mai. Se avrai bisogno di me io sarò accanto a te. Quando avrai paura, io sarò con te. Non dimenticarlo mai" lei parlò e lui la strinse così forte da non volersi staccare mai più.
Sentì tutto molto più leggero, non si sentì la stretta attorno al suo busto ed improvvisamente si svegliò ansimante, sedendosi sul letto e lanciando un urlo, come se fosse spaventato.
La luce nel corridoio si accese velocemente e Pascale corse nella sua stanza, spalancando la porta.
-"Charles? Che c'è? Che cosa è successo?" domandò preoccupata avvicinandosi.
-"h-ho visto Vic" piagnucolò e la strinse di nuovo, tra le lacrime.
Ripensò parecchio a quelle parole e poi si rese conto di quanto avesse ragione in quel sogno: Victoria c'era quella notte, c'era quando lui tornò in una monoposto, c'era quando fece scrivere il suo nome sulla monoposto rossa, c'era quando vinse ancora un altro mondiale lottando con tutte le sue forze e c'era quando Emilie pronunciò mamma e papà.
Victoria c'era in ogni momento, impressa nella sua pelle, e non se ne sarebbe mai andata. Victoria era con Charles, e lui capì di non essere mai da solo.
Perché in fondo, erano due ragazzi destinati a stare insieme.
**
Siamo arrivati alla fine, ecco qua. Ho pianto molto nel scrivere questo pezzo, è stato un po' difficile farlo, ma ho deciso di farla terminare così.
Spero vi sia piaciuta, e per chi è arrivato fino a qua vorrei dire un enorme grazie, ma i ringraziamenti arriveranno dopo. ❤️
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