10.

Luglio 2025

L'altra sua mano stringeva la mia ed io riuscì a muovere un dito; dentro di me sentì una gioia diffondersi. Riuscì a muovere un altro dito e sentì il monegasco balzare fuori dal letto guardando la mia mano.
-"Vic? Vic!" Esclamò più volte il mio nome e lo immaginai guardarmi con un sorriso speranzoso sul volto.
Non so come, ma riuscì a stringergli una mano completamente.
-"oh mio Dio Victoria" quasi urlò tenendo la sua mano nella mia e poi chiamò l'infermiera.

Il ragazzo fece per andarsene ma io strinsi la mano più forte.
-"C-Charles" mormorai con un filo di voce talmente basso che nemmeno si sentiva.

Avevo pronunciato il suo nome, lo sapevo, me ne ero resa conto; ero attiva su quello che stavo facendo ed ero molto sicura e cosciente.

-"Charles mi prendi in giro, non può averlo fatto" mormorò Anne sul bordo della porta della mia stanza, mentre io tentavo di aprire gli occhi, arrivata velocemente nella mia stanza per via delle urla di Charles.
-"l'ha fatto, ha detto il mio nome, te lo posso giurare Anne" piagnucolò lui unendo le mani davanti al suo volto, tentando di farsi credere.
Lei rimase incerta, appoggiata allo stipite mentre teneva le braccia incrociate.
Io non sentivo la mano calda di Charles e la cosa mi faceva venire i brividi.
-"Char... Charles" sussurrai di nuovo il suo nome spostando di poco la testa e socchiusi gli occhi, cominciando finalmente a vedere qualcosa attorno a me.
Entrambi si girarono verso il mio letto ed Anne urlò il nome del mio medico, mettendosi a correre per tutto il corridoio. Il monegasco si avvicinò ancora a me e mi strinse la mano.
-"e-ehi Vic" salutò lui con voce tremolante accarezzandomi il viso ed io finalmente riuscì a metterlo a fuoco.
Oh, era bellissimo.

Aveva una felpa bianca addosso, con le maniche alzate al gomito ed i capelli spettinati, tenuti insieme da una bandana rossa.
La stessa con cui ci eravamo conosciuti.
Strane coincidenze.

-"ciao tizio con la bandana" sorrisi guardandolo, tenendo ancora gli occhi un poco socchiusi, visto che quella luce mi dava veramente tanto fastidio.
Osservai i fiori nella mia stanza, osservai i tantissimi disegni appesi al muro e il paesaggio che quell'enorme finestra poteva dare ai miei occhi.
-"sei tornata" ridacchiò lui mentre, di nuovo, alcune lacrime di gioia scendevano dai suoi occhi.
-"mi prometti di non piangere più?" parlai a voce bassa guardandolo ed alzai lentamente la mano per appoggiare sulla sua guancia; lui nello stesso tempo appoggiò la mano sopra la mia e se la strinse di più sul viso.
Passai il pollice lentamente sotto i suoi occhi e lo guardai, nella maniera più dolce e rassicurante possibile.
-"ehi, hai versato troppe lacrime per me"
-"s-scusa" singhiozzò lui lasciandosi andare ad una risata, mentre le sue lacrime cominciarono a fermarsi.
-"c-come ti senti?"
-"sto bene Char, sto bene" sussurrai cercando di tranquillizzarlo e poi il nostro momento di solitudine, la nostra bolla che ci eravamo costruiti, venne distrutta dal mio medico.

Finalmente vedevo in faccia l'uomo che mi aveva salvato la vita e che nello stesso tempo ripeteva e contemplava la mia morte.
-"salve signorina Lacroix" salutò cordiale.
-"salve" dissi con voce un poco chiara, leggermente bassa.
-"come si sente?"
-"bene direi, rispetto a prima"
-"sa come si chiama?"
-"sì, Victoria"
-"quanti hanni ha?"
-"venti..ventisette"
-"ventisette ed è già un vigile del fuoco rinomato?" ridacchiò lui.
-"sono entrata presto in accademia, mio zio non faceva altro che rendermi ogni giorno più forte per entrarci il prima possibile"
-"come si chiama suo zio?"
-"Theodore" mormorai, guardando Charles negli occhi, il quale stava in piedi in fondo al letto, come per dirmi "io sono qua, non me ne vado"
-"sente dolore?"
-"un po' alla caviglia e alla gamba sinistra. E... anche alla schiena"
-"lei sa da quanto tempo è qui?"
-"come posso saperlo?" che domanda del cazzo, so di essere stata in coma ma non so effettivamente quanto.
-"ottimo. Verrò domani per un altro controllo. Sei... andata molto bene"
-"sono una roccia" ridacchiai e Charles scosse la testa divertito.
Lo guardai meglio notai i suoi occhi così tanto stanchi da far paura, quel ragazzo aveva bisogno di dormire.

Il medico uscì dalla mia sala e per la prima volta riuscì a vedere la mia infermiera Anne. Aveva i capelli estremamente ricci, corti e il camice blu addosso, un sorriso bellissimo. Aveva proprio le sembianze di una donna su cui potevi mettere tutta la tua fiducia e con la certezza che si sarebbe comportata come una madre per te.
-"finalmente, possiamo darti da mangiare senza passare per un canalino" ridacchiò togliendomi il canale che portava i liquidi nel mio stomaco ed io feci un'espressione di dolore.
-"ew, sai che dramma" commentai guardandola e poi lei, con un sorriso dolcissimo, mi cambiò il cuscino da dietro la testa, mi cambiò la flebo ma tenne il respiratore apposito ancora collegato al mio naso.
-"andiamo passo per passo"
Io annuì solamente e poi voltai la testa, in modo da riuscire a vedere un trofeo sul mobiletto nella mia stanza.
-"quello?"
-"è il mio!" Ridacchiò Charles, con un sorriso molto soddisfatto.
-"é... per te, voglio che rimanga nelle tue mani"
-"ma no Charles! È tuo, non voglio che tu lo dia a me..." mormorai cominciando a giocherellare con il filo che collegava l'ago infilato nella mia mano.
-"effettivamente... dovresti meritarti di più, hai vinto qualcosa di più grande di me" disse ed io lo guardai, sorridendo in maniera dolce.

-"come mai sei così dolce con me?" domandai, curiosa, mentre la mia testa affondava nel cuscino morbido ed i miei occhi erano fissi su di lui.
Charles alzò gli occhi di colpo e con uno sguardo indecifrabile si alzò dalla poltrona comoda posta accanto alla finestra per avvicinarsi accanto a me, al bordo del letto.
Non aprì ancora bocca e quindi continuai il mio discorso.
-"ti sei preoccupato così tanto per me. Ti sentivo, tutti i giorni. Avrei voluto reagire in qualche modo ma non riuscivo a farlo e stavo male, mi preoccupavo  io a mia volta per te perché piangevi così tanto... e nessuno lo ha mai fatto per me."
-"sentivo il bisogno di starti accanto, io... dovevo venire da te, mi interessava sapere come stavi"
-"grazie" sorrisi felice e gli strinsi ancora la mano, dolcemente.
Era un ragazzo d'oro.

**

-"come ti senti Vic?" Jay sbucò dalla porta con la testa, portandomi un uovo di cioccolato incartato con una particolare carta rossa e bianca, decorata ulteriormente con tanti brillantini argento.
-"ciao Jay!" esclamai contenta, alzando gli occhi dalla mia tavolozza di carta e lo guardai, lasciando la matita fuoriuscire dall'incastro delle mie mani.
-"sto bene, grazie. Tu?"
-"tutto bene" sorrise.
-"questo è per te"aggiunse ridacchiando appoggiando l'uovo sul mobiletto accanto al mio letto.

Erano passate due settimane, posso dire di essermi ripresa per una buona parte del mio corpo, ho subito un altro intervento al petto per via di una piccola complicanza che doveva essere risolta e la gamba stava facendo il suo dovere. Il gesso era pesante, ma era quello che bastava per sistemarla al meglio.
Il corpetto alla schiena mi dava un fastidio incredibile, si appiccicava alla mia pelle e sudavo come un maiale sotto il sole; per giunta la temperatura esterna si stava alzando e la voglia di poter fare un giro al di fuori di questa stanza saliva sempre di più. Mi ero abituata alla bombola di ossigeno che dovevo portarmi dietro e ai fili che si collegavano al mio naso apposta per farmi respirare bene, e nello stesso tempo continuavo a sentire l'odore di pulito che dava un po' alla nausea.

-"che stavi disegnando?"
-"oh nulla" chiusi di fretta il blocco di fogli e lo guardai con un sorrisetto.
-"Victoria"
-"niente..." sospirai guardando fuori.
-"c'entra Charles?" Chiese piegando il sopracciglio e incrociando le braccia.
-"nono, assolutamente. È... i miei genitori"
-"ancora niente?"
-"no..." sospirai, mettendo la matita nel mio astuccio. Tirai la cerniera e lo appoggiai nel cassetto ancora aperto.
-"ho provato a chiamarli io, ma niente. Sembra che io sia cancellata dalla loro vita"
-"vedrai che magari..."
-"no Jay, non funzionerà mai. Io non ci spero nemmeno più e sinceramente non li voglio nemmeno vedere. La loro figlia in coma per... quante settimane?"
-"cinque, un mese circa"
-"ecco, in coma per più di un mese e non hanno nemmeno la decenza di rispondere ad una email, ad una fottuta telefonata" mi arrabbiai decisamente parecchio e chiusi con forza il cassetto prima di lasciarmi cadere sul letto apposito.
Diedi un'ultima cucchiaiata a quel pranzo infernale e strepitosamente schifoso per poi allontanare il vassoio e aspettare che qualcuno sarebbe arrivato a recuperarlo.
-"oggi che avete fatto?"
-"oggi nessuna chiamata particolare, abbiamo solamente pulito da cima a fondo la caserma ed in più, oggi é il giorno della pertica"
-"oh Dio è vero! Mi sono persa la pertica" misi il broncio incrociando le braccia rattristita prima di scoppiare a ridere.
-"Benjamin si é bloccato" rise ed io mi immaginai la scena di un ragazzo come Ben bloccarsi in mezzo alla pertica.

La prima cosa che ti affascina dell'essere vigile del fuoco è proprio lo scendere dalla pertica, perché sembra decisamente divertente. In realtà, con alcune nuove leggi approvate per la sicurezza sul lavoro, la pertica non può essere più utilizzata perché considerata pericolosa, ma bisogna sempre scendere dal dormitorio verso il garage tramite le scale.
Come se tutto il resto non fosse pericoloso...
Il giorno della pertica è stato dunque stabilito dal nostro capitano di distretto, che lavora sulle diverse spartizioni della Francia, in modo da poter utilizzarla una volta all'anno.

-"poverino" ridacchiai e scossi la testa.
Il suo telefono squillò più volte ed appena guardò lo schermo diventò rosso pomodoro, quasi imbarazzato.
Vedendolo così non riuscì proprio a farmi i cavoli miei.
-"chi è?"
-"Robert" disse sorridendo imbarazzato. Aw.
-"devi andare? Vai ti prego, non perdere questi momenti per stare seduto accanto a me in un ospedale" risi divertita picchiettando sul suo braccio appoggiato sul materasso e lui mi guardò speranzoso.
-"davvero?"
-"certo! Vai, vieni qui un'altra volta, tranquillo" sorrisi sincera e lo spronai ad uscire da quella stanza.
-"grazie ti voglio bene, giuro che la prossima volta rimango qua"
-"stai tranquillo" risi divertita e poi mi salutò di fretta, correndo per tutto il corridoio.

Anne entrò nella mia stanza con affare molto frettoloso e in seguito trascinò una carrozzina con due ruote dentro la mia stanza.
-"oggi è un grande giorno!" Gongolò tutta contenta mostrandomi il mezzo.
-"che vuoi fare con quella?" Aggrottai la fronte facendo slittare lo sguardo tra la carrozzina e Anne.
-"oggi puoi finalmente uscire! Non sei dimessa, chiariamoci. Puoi finalmente uscire da questa stanza e andare fuori" esclamò saltellando felice ed io persi un battito.
-"sul serio?" Chiesi piena di gioia dalla testa ai piedi e lei mosse la testa affermativamente.
-"certo! Ora ti aiuto a scendere"
-"sono emozionata" ridacchiai alzando il busto per tentare di farle svolgere meno lavoro e per caricarmi sulla carrozzina.
-"Anne ti conviene farti aiutare da qualcuno, sono parecchio pesante. Chiama un altro infermiere" mormorai guardandola sforzarsi troppo e lei, dopo avermi fulminata, mi diede corda.
-"ho una idea"
-"del tipo?"
-"mi faccio aiutare dal tuo trasportatore"
-"il mio cosa?" Chiesi curiosa e nello stesso tempo confusa.
-"non ti porto io a fare un giro, devo seguire altri pazienti"
-"pensavo fossi tu! E chi mi porta in giro?! Non dirmi l'infermiere del terzo piano, mi sta molto sul cazzo e con lui non posso parlare"
-"oh no, non lui" ridacchiò.
-"chi quindi?" Ero impaziente di sapere.
-"ora vedrai, e sono sicura che ci piacerà"
-"mh.." mugolai non contenta, non aveva risposto alle mie domande.

Lei uscì dalla stanza solo per chiamare il mio " trasportatore" ed appena lo vidi entrare nella mia stanza il mio cuore perse un battito e diventai rossa.

Ma buongiorno, pensavi fosse chi?
Victoria sei stupida

Ovviamente, Anne poteva chiamare tutte le persone al mondo, ma doveva per forza mettermi in imbarazzo con Charles. Diventai rossa più che altro perché doveva letteralmente spostarmi prendendomi in braccio come un sacco di patate e farmelo fare da lui in queste condizioni mi faceva perdere la dignità.
Avrei tanto voluto mettere la testa sotto la sabbia come lo struzzo.

-"dolce Vic" mi salutò dolcemente avvicinandosi e appoggiandomi un braccio attorno alle spalle, come un saputo molto caloroso.
-"ciao Charles" salutai sorridendo cercando di sminuire il rossore, anche se oramai era molto più visibile di tutto il resto.
Lui cercò di sollevarmi stringendo le sue braccia attorno al mio corpo e al corpetto, sollevandomi anche per le gambe e riuscì a sistemarmi da solo sulla carrozzina.
-"grazie" lo guardai alzando il viso verso di lui e ricambiò sorridendomi, mostrando le fossette.
-"posso farla andare veloce o devo aspettare?" chiese divertito ad Anne ed io lo guardai con gli occhi sbarrati.
-"Charles.. no." Anne rispose con le braccia conserte, tenendo comunque un velo di ironia.
-"non ci provare! Ah, non lasciarmi andare che ti urlo contro" incrociai le braccia e lui rise, promettendomi successivamente di non farlo.

Mi portò fuori e dato che quell'ospedale non era predisposto di un giardino decente su cui passeggiare, in brevissimo tempo Charles ebbe la fenomenale idea di sistemarsi sotto le rocce della montagna, sedendosi su una panchina mentre io rimanevo sulla mia seggiola dalle ruote giganti.
-"a che pensi?" mi chiese lui, osservandomi e assottigliando gli occhi per via della luce del sole.
Io mi portai una mano davanti alla faccia, tentando di creare una visiera, e mi voltai verso di lui.
-"che senza i miei amici e senza il tuo perenne aiuto sarei rimasta da sola.... e nello stesso tempo stavo pensando ad un gelato" ridacchiai guardandolo e lui scosse la testa, prendendo un paio di occhiali da sole e mettendomeli sul naso.
-"dimmi quali gusti e poi potrei portarti il gelato da un giorno all'altro"
-"li conosci di già"
-"giusto, pistacchio e cioccolato. Ovviamente"
-"quando parti per il prossimo gp?" Chiesi curiosa dopo un poco di tempo.
-"tra due giorni, è in Francia questa volta"
-"quindi hai tempo due giorni per portarmi un gelato degno"
-"mi impegnerò" ridacchiò divertito e poi mi prese la mano, stringendola nella sua.

Dal canto mio, la mia mano libera era impegnata a percorrere il percorso delle vene sul suo braccio rivolto verso di me. Ero veramente molto concentrata.
-"ti diverte?"
-"sì" continuai veramente molto presa da questa cosa. "ma se.. se non ti piace smetto" sussurrai subito dopo visto che non ricevevo nessun tipo di risposta.
-"mi piace invece, mi rilassa, puoi continuare" rise voltando la testa solo per appoggiare le sue labbra sulla tempia.

-"vorrei baciarti"
-"all'aria aperta non ci provare nemmeno"
-"finiremo lo stesso sui gossip della città e tutti cominceranno a parlarne..." mormorò abbassando gli occhi ed io mi resi conto di quella cosa appena uscì dalle sue labbra.
-"siamo un po' nella merda" sussurrai, senza togliere le dita dal braccio.
Volevo farlo, ma era più forte di me.
-"ti proteggerò" mi disse liberando la sua mano dalla mia solo per alzare il mio viso al livello del suo.
-"Charles... non serve farti in quattro per me"
-"mi faccio anche in otto se possibile. Mi piaci Vic, farò in modo che nessuno ti rovini, specialmente Ambra"
-"sarà furiosa" constatai.
-"lo sono anche io quando passa le serate fuori senza degnarmi di uno sguardo o quando non le interessa nulla di me. Che si faccia un po' i cazzi suoi" sussurrò avvicinandosi ancora di più ed io scossi la testa ridacchiando.
-"liberati da lei. È tossica"
-"credo che tu sia la mia liberazione" sussurrò ed appoggiò la fronte sulla mia.

Mi lasciò un bacio a fior di labbra e sorrisi, rimanendo vicina a lui.
Stavamo aspettando un ciclone.

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