Burn, like fire on my skin ~

Burn, like fire on my skin ~
 

 
Bruciavano, i loro corpi caldi, ardevano, l’uno sull’altro.
La pelle strusciava, ricoperta da un lieve strato di sudore che la rendeva lucida alla fievole luce della candela.
Il fruscio delle coperte, spiegazzate e accartocciate sotto ai loro corpi, si mischiava ai gemiti vogliosi, ai sospiri desiderosi, ai grugniti mal trattenuti...
Il piacere che provavano entrambi era come un incendio che dal bassoventre saliva su, ad infiammare i loro cuori, si espandeva in tutto il corpo tramite le vene e raggiungeva gli angoli più remoti del loro essere.
Gli dava alla testa.
Era come se fiamme altissime divampassero al loro interno, indomabili come la passione che li avvolgeva in quel momento, impazzite come il turbine di emozioni che li aveva colti e trascinati all’inferno del piacere.
 
I movimenti sincronizzati dei loro bacini disegnavano un ritmo selvaggio nella notte, una notte particolarmente calda, ricca di ardente desiderio, di amore.
Sì, perché quella donna dagli occhi di ghiaccio e i capelli morbidi come la seta, la pelle di porcellana e l’implacabile audacia, aveva rapito il suo sguardo in un giorno di molte lune lontane e si era scavata lentamente un posto in quel cuore che il Mastino tanto celava sotto una corazza di serietà e durezza.
Un cuore che aveva perso tanto tempo addietro, quando parte del suo viso era stato lacerato dalle braci del camino, con la mano di Gregor che lo teneva spinto su di esse incurante ch’egli urlasse di dolore.
Ma adesso, ciò che provava lo rendeva felice; il corpo di lei bruciava come fuoco sulla sua pelle, ma era tutt’altro che un dolore: gli piaceva, ne voleva di più, sempre di più.
I seni tondi della donna, con i capezzoli inturgiditi dal piacere, frizionavano sul suo petto mandandogli scosse.
Le sue grandi mani erano intrecciate nei suoi lunghissimi capelli biondi scompigliati e la spingeva contro di sé per potersi beare del sapore delle sue labbra, di tutti i baci che lei poteva dargli.
E come una lingua di fuoco si innalzò al cielo la passione, mentre si spingeva di più in lei e i loro bacini si toccavano, si premevano l’uno contro quello dell’altra.
 
La donna lasciò la sua bocca e tracciò una linea di baci infuocati sul suo collo e sul petto, tra gemiti e respiri mozzati, per poi risalire a baciargli ogni lembo di pelle bruciata dal fuoco della sua infanzia, senza orrore o ribrezzo per quella pelle martoriata che lo faceva sembrare un mostro.
Già, Sandor si sentiva un mostro.
Le fanciulle della sua infanzia avevano sempre riso di lui, nessuna aveva mai mostrato un briciolo di pietà per un povero ragazzo sfregiato.
Provavano repulsione, per lui, le donne.
Tutte, tranne lei.
Lei lo toccava e lo baciava in quei punti dove altre non osavano nemmeno posare lo sguardo.
Era questo che più amava di quella donna selvaggia che lo stava letteralmente facendo impazzire: non aveva paura di lui, non gli faceva schifo.
Lo faceva sentire umano e non un mostro orribile dal quale guardarsi le spalle, l’uomo dal volto bruciato che spaventava i bambini e suscitava repulsione negli altri.
Lei lo amava e lui non poteva fare altrimenti che ricambiare quel sentimento che aveva sempre considerato frivolo, inutile.
 
Ringhiò, il Mastino, riprendendo possesso delle sue labbra morbide e gonfie per i baci, arrossate dalla sua lussuria.
Fece scorrere le mani su quel corpo accaldato, madido, ma pur sempre bellissimo, perfetto.
I gemiti si erano trasformati in versi animaleschi e le spinte si erano fatte poderose.
Lei aveva le braccia strette al suo collo e le unghie conficcate nelle spalle, lo graffiavano e lo stringevano forte.
Le bocche premute l’una sull’altra in quegli ultimi attimi in cui l’incendio che infuocava il loro bassoventre esplose come fosse una bomba d’Altofuoco, riversando in un fiume in piena tutte le loro sensazioni, la passione e l’appagamento ricevuti dopo l’atto supremo che coronava l’amore, l’ardente desiderio di sentirsi parte di una stessa cosa come fossero Uno.
 
Stanchi e sudati, col fiatone e i cuori che galoppavano così velocemente da sembrare che volessero spaccare le loro casse toraciche, si stesero l’uno accanto all’altra e si abbracciarono, rimanendo in silenzio.
Perché a loro non servivano parole per esprimere i sentimenti o l’amore che li univa.
Bastavano piccole carezze sulla pelle, le dita intrecciate e l’eco dei sospiri che andava via via sbiadendo, spegnendosi così come la fiamma della candela che aveva illuminato i loro volti, disegnando giochi di ombra su di essi; spegnendosi, come il fuoco che era divampato nei loro cuori alimentato dalla passione che ora si stava affievolendo proprio come il loro respiro stava tornando ad una cadenza normale.
 
Lasciarono che il sonno li trasportasse in una dimensione diversa dalla realtà, mantenendo i loro corpi vicini a bearsi di quell’ultimo spettacolare calore che si infondevano a vicenda.

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