CH. 2.2: Sole di mezzanotte

Ancora un altro minuto di corsa e il cuore le sarebbe scoppiato in petto, ne era certa. Nonostante tutto, gli ammassi di carne rigida e pulsanti di dolore che un tempo aveva chiamato gambe continuavano a correre, sollevando schizzi d'acqua ogni volta che le scarpe incontravano il lastricato.

Lorraine aveva i piedi bagnati, le calze umide, il vestito e il mantello zuppi e i capelli incollati al volto dal sudore. Era insomma inzaccherata dalla testa ai piedi, e Alaric al suo fianco non se la passava meglio. Ikaros li precedeva di pochi metri, disegnando controvento rette precise con guizzi improvvisi, in maniera diametralmente opposta a come avrebbe volato una creatura organica.

Il cielo continuava a ruggire tuoni sui tetti spioventi di Camden. I fregi aguzzi dei cancelli di Regent's park si stagliavano contro il profilo delle ultime file di case, accartocciati come se una carrozza ─ o un mezzo vampiro dal temperamento focoso ─ li avesse sfondati con un pugno.

C'erano quasi, ancora poco e finalmente avrebbero appurato coi loro occhi perché Victoir non rispondeva più ai suoi appelli.

Lorraine aveva sopportato gli aghi della paura impressi nella pelle per ogni metro di quella corsa indiavolata attraverso il quartiere, oscillando in preda all'irrazionalità tra l'assoluta certezza che il cacciatore se la sarebbe cavata ad abissi di catastrofismo. Solo ora si rendeva davvero conto di quanto la caccia a Elijah Griffiths l'avesse toccata nel profondo.

La logorante attesa stava finalmente giungendo al termine.

O forse no.

Un'ombra scivolò dall'intrico di ferri appuntiti in cui si era trasformato il cancello, languida e melliflua come di ritorno da una passeggiata. Quando fu raggiunta dalla luce soffusa dei lampioni, questa assunse la forma di un uomo adulto, allampanato e dal passo storto, col volto congestionato tra il cappuccio e una benda che fasciava tutto il lato sinistro fino al mento.

In mano stringeva una pistola, ovviamente rivolta verso di loro.

Lorraine perse un battito, sbarrò gli occhi e cominciò a rallentare, finché a separarli rimase solo lo spazio necessario per vederlo con nitidezza.

Conosceva quell'uomo e, ironia della sorte, il loro primo incontro era avvenuto proprio davanti a un cancello che Victoir aveva minacciato di sfondare. La differenza stava nel fatto che in quell'occasione aveva avuto ancora un viso sano, non deturpato dalle cicatrici di un incendio.

«Non è possibile...» ansimò Alaric, sfiancato dalla corsa e incredulo quanto lei. «Yates? Sei davvero tu?»

Era raro vedere Alaric Langdon tanto spiazzato, ma chi non lo sarebbe stato davanti alla bestia che per anni hai chiamato capo e da cui hai imparato a ricevere più botte che ordini?

In un attimo il biondo si frappose senza alcuna esitazione tra lei e la canna su cui danzavano i riflessi di luce. Lorraine dovette divaricare le gambe per sincerarsi di avere ancora il pavimento sotto i piedi, un nodo allo stomaco si sommò al dolore che già le lacerava il fianco destro.

Un sorriso storto avvelenò il volto del mercenario, formando rughe tanto profonde da sembrare altre cicatrici. «Rigurgitato in carne e ossa dall'inferno. Felice di vedermi?» la pistola produsse uno scatto che non lasciava spazio a dubbi. «Perché io non vedevo l'ora di rivederti, traditore figlio di puttana.»

Lorraine uscì dal riparo dato dalle spalle del medium, ergendosi fieramente al suo fianco. «Fatti da parte, Yates. Non vorrai essere umiliato di nuovo da una donna?»

«Lorraine...»

Sentire gli occhi preoccupati di Alaric addosso le diede coraggio, benché non ne comprendesse il motivo. Non importava che fosse disarmata, non avrebbe permesso che si prendesse un proiettile per lei. Fece schioccare la lingua contro il palato: sapeva che avrebbe dovuto portare almeno un'arma da fuoco con sé... non era più abituata a pensare di poter correre rischi sul campo come li correvano Victoir e Alaric.

La pistola vibrò, non per la rabbia di una stretta preda della frustrazione, ma per la risata bassa che si riversò dalle labbra di Yates.

«Continui ad avere fegato, stronzetta, ma con te ci divertiremo dopo.»

Ci? La ragazza non ebbe il tempo di trasformare in domanda quel barlume di sospetto. Il fragore del temporale si infittì ulteriormente con il soggiungere di passi che si infrangevano sulle pozzanghere, ma prima che potessero reagire si trovarono sovrastati da due uomini.

Il meno corpulento si lanciò su di lei, colpendola in volto con un pugno che le fece girare la testa e digrignare i denti. Il mondo vorticò come su una giostra, dopodiché Lorraine si ritrovò, senza sapere come, con entrambe le mani catturate dietro la schiena e i capelli ghermiti con una ferocia che sembrava volerle fare lo scalpo. Gridò prima di dolore e poi di paura quando, con un solo occhio mezzo aperto e velato di lacrime, vide Alaric contorcersi a terra tra raffiche di calci da parte di Yates e del terzo uomo.

Il panico si impossessò di lei. Incurante della presa che si faceva più salda, del dolore che si acuiva e della sensazione dei capelli strappati, si dimenò e strillò furiosamente per un tempo che parve infinito, finché la tempesta di percosse non si fermò e, con un ultimo soddisfatto ghigno, Yates sputò sul medium viola di lividi e rosso di sangue.

«Ora va meglio.» rise, la voce intrisa di una poco promettente sfumatura di crudeltà. «Resta nel posto a cui appartieni, verme.»

Doveva aver perso la testa.

Lorraine era però consapevole di quanto Alaric avesse sofferto nel periodo in cui aveva lavorato per quell'uomo e che non si sarebbe fatto oltraggiare così, anche a costo di peggiorare la sua situazione.

Occorsero infatti pochi secondi perché il biondo reclinasse la testa quanto bastava per guardare non più l'asfalto bagnato, ma gli occhi del suo aguzzino.

«Vedo che...» tossì «non hai perso l'abitudine di voler vincere facile.» lo sfidò con un sorriso storto, in cui si mescolavano disprezzo e compassione. «Tre contro due e hai pure bisogno di una pistola? Oh, andiamo Yates, sei ridicolo...»

Uno sbuffo di risata scaldò l'orecchio sinistro di Lorraine, provocandole un brivido che si trasformò in spasmo. Persino i suoi complici non sembravano prendere troppo sul serio Yates, quale idiota aveva bisogno di una squadra e di un'arma contro un solo uomo e una ragazza?

Il revolver tornò a puntare Alaric.

«Sembra che tu abbia dimenticato da che parte stavi fino a un anno fa, o forse ti sei fottuto il cervello a furia di vedere cose che non esistono.»

«In effetti, in questo momento preferirei quelle alla tua faccia.»

Yates fece schioccare la lingua contro il palato. Era troppo. Se l'intento di Alaric era quello di attirare su di sé l'ira del nemico, Lorraine non gli avrebbe permesso di immolarsi.

«Perché sei a Londra?» si intromise, ritrovandosi addosso lo sdegno di Yates e il panico di Alaric. «È stato l'uomo che sta combattendo con Victoir a trovarti?»

Di solito era intuitiva e svelta nell'unire i puntini, ma il terrore che sotto la gonna le faceva tremare le gambe stava intaccando anche le sue facoltà cognitive.

Nonostante si sforzasse di concentrarsi, di selezionare le domande più calzanti e le parole più adeguate, tutto ciò che sentiva era il contrasto tra la pioggia gelida e il suo corpo bollente, soprattutto tutt'intorno alla guancia colpita, dalla quale si allungava un rivolo di sangue che bagnava le labbra e pizzicava le narici. Tutto ciò che vedeva, invece, era quel maledetto indice piegato sul grilletto, unico ostacolo tra Alaric e la morte.

«Pare che far incazzare la gente sia la specialità di quel mostro.»

Nessuno che conoscesse un minimo Victoir Evans gli avrebbe dato torto, ma non era quello il punto. Lorraine afferrò il messaggio: quindi si trattava di una vendetta. In tal caso, la lista degli indiziati era drammaticamente lunga.

Squadrò gli uomini con occhi roventi. «Da quanto ci stavate seguendo?»

Doveva aver detto qualcosa di molto divertente, a giudicare dal sogghigno di Yates. «Non vi stavamo affatto seguendo.»

«... cosa?» la ragazza si accigliò.

Lo sciagurato si ammutolì tanto a lungo da sembrare aver perso il dono della parola, godendosi fino in fondo lo sbigottimento dei due liminali. Yates non era mai stato una persona anche solo vagamente piacevole, ma il sadismo già mostrato in passato sembrava aver subìto un'impennata.

«Vi abbiamo solo teso una trappola. Tutto quel che abbiamo dovuto fare è stato scaricare quel rerum al Corbin per attirare la Black Court. Una volta arrivata una squadra li avremmo catturati e uccisi, e a quel punto i vostri capi avrebbero mandato un cane più forte per riprendersi ciò che è loro. Ammetto che è stato un colpo di fortuna che abbiano mandato direttamente voi, la Black Court ci ha risparmiato una faticaccia.»

Lorraine contrasse la mandibola. La frustrazione le correva sotto la pelle come la scintilla di una miccia, poteva quasi sentire l'esplosione montarle lentamente nel petto, tenuta a bada da una razionalità sempre più tentennante.

«Avete consegnato un'innocente a quella gentaglia e volevate uccidere delle persone che non c'entrano niente...» riepilogò, stupendosi di quanto velenosa suonasse ogni sillaba che scandiva. «Solo per attirare noi?»

«Avreste potuto mandarci un invito» si inserì Alaric, che a fatica stava tentando di rimettersi seduto «figurati se avremmo rinunciato al piacere di farvi il culo. Ma forse il tuo complice sapeva di non potersi fidare di uno sfigato come te.»

Un nuovo calcio lo rispedì a terra, stavolta con tanta forza da riverberare persino nelle ossa di Lorraine e imporporare il lastricato di sangue. La ragazza si dimenò di nuovo, riuscendo quasi a divincolarsi dalla stretta del mercenario prima che Yates si avvicinasse per scagliarle un pugno nello stomaco. Un chiodo di dolore le perforò il ventre, costringendola a piegarsi e tossire saliva e lamenti.

«Lasciatela andare!» la voce di Alaric era lontana e ovattata, rotta dalla mancanza di fiato. «È con me che ce l'hai, allora prenditela con me!»

«La prima cosa che faremo a lui sarà tagliargli quella maledetta lingua, quanto a te...»

Un volto grottescamente deformato dal livore invase il campo visivo di Lorraine eclissando tutto il resto, e con la mano che l'aveva colpita Yates le strinse il mento, costringendola a sollevarlo. Si avvicinò abbastanza da farla ritirare d'istinto, repulsa da quella vicinanza viscida, le dita callose e l'olezzo di tabacco che gli impregnava l'alito.

«Per sfortuna dovrò rimandare il momento in cui ti sparerò in mezzo agli occhi come la scrofa che sei. Sai, in qualche modo devo pagarli, i miei amici...»

Gli occhi di Lorraine si riempirono di lacrime, il cuore di disperazione. Per quanto continuasse a opporre una resistenza disperata, Alaric non poteva far altro che soccombere sotto i colpi del terzo mercenario, mentre Yates, tronfio, tornava a tenerla sotto tiro.

«Yates.» parlò la voce alle sue spalle, incrinata da una nota di disagio. «Quella merda magica sembra essersi... spenta, o qualcosa del genere.»

Lorraine inclinò debolmente la testa a destra, verso il parco. La notte era tornata buia, accendendo in lei la flebile speranza che Victoir stesse tornando indietro. Perché non poteva aver perso, Victoir non perdeva mai. Eppure l'auricolare, che ormai quasi ciondolava dal suo orecchio, taceva come se non ci fosse stato più nessuno a cui chiedere aiuto.

Tutto questo perché... non lo sapeva. Sarebbe stato così facile addossarsi la colpa, ma esattamente qual era stato il suo errore? Come avrebbe potuto prevedere una trappola del genere? E che cosa poteva fare per salvare Alaric dall'essere ucciso di botte e sé stessa dal diventare un pezzo di carne alla mercè di un sadico?

"Pensa!" si disse, ma tutto ciò che riuscì a fare fu lasciare che le gambe si piegassero e accasciarsi, svuotata. "Pensa, in nome degli Equilibri!"

Un ronzio metallico le passò radente il viso, tracciando una linea retta che si abbatté contro l'unico occhio di Yates. Il mercenario sobbalzò e diede pieno fondo all'aria che aveva nei polmoni, vomitando urla e improperi contro Ikaros che aveva affondato gli artigli uncinati nella sua carne e ora graffiava senza sosta.

Lorraine entrò in modalità sopravvivenza. Concentrò le poche forze rimaste in una testata che fece più male a lei che al mercenario che la intrappolava, ma lo colse abbastanza di sorpresa da fargli mollare la presa sui suoi polsi. Sgusciò tra le sue braccia e gli restituì uno dei tanti calci patiti da Alaric mirando all'inguine, lasciandolo così piegato su sé stesso tra urla e insulti.

Si preparò poi a fronteggiare Yates, mentre Alaric atterrava il suo aggressore lanciandosi addosso alle sue gambe. Grazie al diversivo fornito da Ikaros, la caposquadra riuscì a strappare il revolver di mano al nemico e mise alcuni metri di distanza, affiancando Alaric.

Allora Yates si strappò l'uccellino dal volto e lo scagliò contro un muro, con una cacofonia di ferro schiacciato e meccanismi inceppati che si infranse al suolo. Con l'occhio spiritato che troneggiava sulla maschera di sangue che era la sua faccia, le braccia che fremevano e le narici ingrandite dal fiatone, era davvero terrificante. Sembra sul punto di caricare alla cieca, pur di fare a pezzi qualunque cosa.

Lorraine gli fece passare la voglia ricordandogli di avere una pistola puntata alla fronte. «Sembra che la corona del porco continui ad appartenerti.»

Allungò la mano libera verso l'amico, aiutandolo a ritrovare stabilità sulle gambe tremanti.

Il suo povero viso era tumefatto, il sangue gli imbrattava le labbra spaccate e imporporava il mento. Un'onda calda come la lava riempì il petto di Lorraine. Intrecciò le dita a quelle di Alaric e se lo tenne il più vicino possibile, catturando ogni suo respiro sofferente e trasformandolo in desiderio di vendetta. Il braccio teso oscillava come un pendolo impazzito, impaziente di scegliere una vittima.

«Non fare cazzate, Lorraine...»

Nonostante le parole sembrassero provenire dal vocabolario di Victoir, a parlare era stato Alaric.

«Sono autorizzata a uccidere, se è per autodifesa.» affermò lei, non riconoscendo sé stessa in quella voce tremula e furiosa.

Non voleva ucciderli, ma voleva ucciderli. E simili contraddizioni non erano affatto da lei.

«È tutta scena, non lo farà per davvero.» ringhiò Yates attraverso gli scorci tra le lunghe dita con cui si copriva il volto martoriato. I due dietro di lui si scambiarono qualche parola sottovoce, indecisi. «Andiamo, è una ragazzina del cazzo! Cosa volete che faccia?»

Lorraine sparò.

Un altro urlo ferì quel poco di silenzio rimasto, la mano libera di Yates corse a tamponare l'incavo del collo, lungo la curva della spalla. «Lurida sgualdrina...»

«La visibilità fa proprio schifo. Il prossimo colpo un paio di centimetri a sinistra.»

Era troppo per i complici di Yates, che dopo quella scena pietosa decisero con un cenno d'intesa di ritirarsi. Il più alto alzò le mani, tenendole ben in vista mentre azzardava alcuni passi esitanti. «Va bene così, bellezza. Ce ne andiamo, ma tu sta' calma.»

«Che cazzo stai dicendo?» gli abbaiò contro Yates, solo per essere strattonato come un cane rabbioso.

«Non ci avete pagati abbastanza per farci ammazzare. Anzi, non ci avete pagati proprio. Quindi tu ora smetti di fare la femmina isterica e muovi il culo, o ti trascino via io.»

Una flebile speranza innervò ogni angolo di Lorraine. La presa sul revolver divenne solida come una roccia, mentre il dito di fumo vomitato dalla canna tagliava perfettamente a metà la figura spigolosa di Yates. Lui le restituì uno sguardo sguercio, livido di un rancore che si trascinava dietro da Alcor East e che, purtuttavia, non sembrava aver ancora neanche toccato il suo picco massimo.

«Sì, sì, la prossima volta andrà diversamente, non saremo così fortunati, eccetera, eccetera. Adesso levati dai coglioni, grazie.»

Alaric agitò una mano come per scacciare una mosca, schizzando le stille di fango raggrumante sui guanti. La sua ironia sembrò pungere abbastanza la situazione da smuoverla, e finalmente i nemici si inabissarono nell'oscurità dirompente dei vicoli.

Soli. Erano di nuovo soli, in una Camden abbastanza saggia da ignorare il baccano di una rissa e gli spari che ne avevano insediato le strade. Se qualcuno aveva origliato da dietro le finestre, si era guardato bene dall'accende luci o cercare risposte affacciandosi.

Questa fu la prima preoccupazione di Lorraine: accertarsi che nessuno li avesse visti. La seconda fu far scorrere lo sguardo su quel viso di cui conosceva a memoria ogni curva e che ora invadeva il suo intero campo visivo. Quegli occhi, saturi tanto di verde quanto di preoccupazione, furono l'ultima cosa che vide con chiarezza, prima che le lacrime finora trattenute esplodessero e deformassero tutto.

«Va tutto bene, Lorraine. È finita.»

«... È finita davvero?» un nodo le strinse la gola e spezzò la voce, costringendola ad abbassare la testa e reprimere un lamento di dolore.

«Sì, è finita. Ora lascia andare questa roba.»

La mano destra di Alaric, molto più grande e innocente delle sue, le accarezzò i palmi chiusi attorno al calcio della pistola. Ogni suo gesto era intriso di una gentilezza che Lorraine non pensava di meritare.

Scosse la testa: «Potrebbero essersi solo nascost─»

«Non si sono solo nascosti. Stai tranquilla, so molto bene come funzionano queste cose.» la interruppe lui, sforzandosi di sorridere nonostante il dolore visibile nella piega tremante delle labbra. «Fidati di me, per favore.»

Che razza di richiesta era? Ovvio che si fidava di lui. In quel momento non si sarebbe affidata a nessun altro, soprattutto a sé stessa. Persino le sue stesse braccia le erano nemiche, come due innesti artificiali che si rifiutavano di obbedire alla volontà di abbassarsi. Lentamente, accompagnata dalle mani premurose del medium, riuscì a rilassare i muscoli e mollare la presa su quell'invito alla follia rappresentato dal revolver, che Alaric rese innocuo con uno scatto della sicura per poi farlo sparire sotto il soprabito sgualcito. Esalò la tensione in un sospiro che si infranse sulla fronte madida di sudore della ragazza, poi, con trasporto, la strinse a sé.

Lorraine si sentì di nuovo dentro il suo corpo.

La barriera invisibile che l'aveva isolata dal mondo crollò e la realtà le piombò addosso, lasciandola a boccheggiare in cerca di ossigeno. Ogni gelida goccia di pioggia che le picchiava con furia sui capelli e la pelle scoperta, ogni lacrima intrappolata dalla trama della giacca contro cui premeva il viso, ogni singulto che le risaliva la gola, ogni spasmo di dolore delle braccia di Alaric che la stringevano le ricordò che era viva.

Incapace di controllarsi, Lorraine buttò fuori il terrore in un pianto disperato. Aveva temuto di vedere Alaric morire, di morire lei stessa dopo essere stata violata. Per la prima volta nella sua vita aveva desiderato di uccidere qualcuno, e la cosa peggiore era che non provava alcun rimorso.

Le carezze di Alaric sulla sua testa, delicate come un balsamo dopo la violenza che ancora bruciava all'altezza dell'attaccatura dei capelli, divennero un lasciapassare per buttare fuori tutto.

«Va tutto bene, Lorraine, va tutto bene...»

Sembrava un disco rotto, eppure non c'era altro sottofondo ai suoi singhiozzi che Lorraine avrebbe desiderato. Sprofondò nelle pieghe di panno incrostato dal fango, dandosi pace solo quando si scontrò col petto del medium e il battito accelerato del suo cuore le palpitò contro l'orecchio. Non aveva mai avuto dei genitori a cui accoccolarsi in quel modo, ma non faticava a capire perché i bambini cercassero tanto disperatamente quel suono quando erano terrorizzati.

Si aggrappò agli abiti dell'amico come se una voragine si fosse aperta sotto i suoi piedi e Alaric fosse stato l'unico modo per sopravvivere.

Il tempo e la tempesta sparirono nel soffio del vento e, quando riemerse dall'intontimento che le aveva atrofizzato i pensieri, Lorraine si scoprì così stanca da dondolare sulle gambe inaffidabili. Ingoiò un singhiozzo promettendosi che sarebbe stato l'ultimo, strofinò il viso bagnato di lacrime e pioggia contro la clavicola del biondo e si allontanò da lui. Tremavano ancora entrambi, impossibile capire se per il freddo o la paura.

Lorraine inspirò l'aria pungente e si strinse le mani al petto. «Grazie...»

«Figurati. Sei tu che ci hai salvati.» anche Alaric fece un passo indietro, schivando il contatto visivo con un sorriso teso. «Vado a prendere Ikaros, Victoir ci starà aspettando.»

Giusto, Victoir. Dove diavolo era finito Victoir? Mentre il medium si affrettava verso il muro contro cui Yates aveva scaraventato la Bussola, Lorraine corse con lo sguardo all'angolo da cui temeva di veder riapparire una faccia sfigurata da cicatrici e graffi, poi là dove le fronde degli alberi e il cielo erano stati fagocitati da una tonalità di azzurro che aveva visto solo nelle iridi di Victoir.

Quel colore, così saturo da rasentare l'innaturale, doveva avere qualcosa a che fare con la magia.

E adesso era scomparso, inghiottito dalla notte.

L'incedere di passi svelti sull'acqua la fece voltare mentre Alaric la raggiungeva, le mani chiuse a coppa attorno al corpicino accartocciato di Ikaros. Lorraine lo raccolse con immensa cura, attenta a non danneggiare ulteriormente l'ala destra, che ciondolava a un passo dallo staccarsi definitivamente. Chiuse le dita attorno all'uccellino e lo avvicinò al cuore.

«Grazie. Se tu che ci hai salvati.» sussurrò, cercando poi gli occhi di Alaric.

Erano entrambi a pezzi, ma non potevano fermarsi.

«Andiamo a riprenderci anche Victoir.»

***

Se Dio fosse esistito, Lorraine avrebbe usato le sue ultime forze per pregarlo di trovare Victoir ad aspettarli, con la sua solita espressione sbiadita dall'apatia e le parole sferzanti pronte a piovere su di loro come lame, ma sano e salvo.

Dio però non esisteva e la prova era incarnata dalla baionetta che giaceva sulla sponda del lago, bagnata dalle onde ancora non del tutto estinte. Oltre il cancello sfondato di Regent's park non avevano incrociato nessuno, neanche il residuo di un'anima rimasta ancorata al mondo dei vivi dopo la morte, come se il portale per il Sidh avesse risucchiato tutto.

La tentazione di lasciarsi cadere in ginocchio era forte, ma la determinazione a trovare il cacciatore lo era di più. Con la luce della luna a guidarli nella ricerca, Lorraine e Alaric scandagliarono la zona in cerca di qualunque indizio: ciò che trovarono furono schizzi di sangue, tracce di colluttazione, impronte che si mescolavano in una danza mortale.

«Qualunque cosa fosse, era forte. E noi abbiamo lasciato andare l'unica persona che poteva darci delle risposte...»

La consapevolezza bruciava sulla pelle della ragazza più del freddo accentuato dai vestiti zuppi. Strinse i pugni fino ad affondare le unghie nella carne, incidendo mezzelune bianche sintomo di frustrazione: maledetto Yates. Tutto ciò che ora restava di Victoir Evans era Ikaros, rotto e con un'ala spezzata, conservato come una reliquia sul fondo della sua tasca e cullato da ogni movimento.

«Ho trovato qualcosa!»

Lo stomaco si contrasse in preda all'ansia.

La speranza non avrebbe dovuto fare così male.

Voltandosi, Lorraine scorse Alaric immergersi senza alcuna esitazione nel lago. Lo seguì immediatamente, troppo stanca per preoccuparsi degli aghi gelidi che si conficcarono nel suo corpo al contatto con l'acqua. Coi muscoli intirizziti e i denti che battevano, raggiunse il medium immerso fino alla vita, riconoscendo l'oggetto stretto tra le sue mani solo quando gli fu accanto: un comune fazzoletto di stoffa, che nella morbida luce della luna appariva candido quanto una stella.

La caposquadra non fece in tempo a dischiudere le labbra. Alaric si sfilò un guanto e fece sparire le dita tra le curve del tessuto, inarcando subito la schiena e rivolgendo lo sguardo davanti a sé, perso in ricordi che solo lui poteva sentire.

Lorraine afferrò il suo avambraccio e lo sorresse, temendo il ripetersi delle volte in cui era crollato a terra senza più riuscire a svegliarsi. In quel momento era totalmente sola, anche il medium era lontano iarde mentali, dove nessuno avrebbe potuto raggiungerlo. Se Yates e i suoi tirapiedi fossero tornati a reclamare le loro teste, non sarebbe bastato un miracolo a salvarli.

Alaric inspirò profondamente, come se tutta l'aria del mondo non fosse stata sufficiente a riempirgli i polmoni. L'intensità dei suoi tremori aumentò, effetto collaterale che Lorraine conosceva bene: il freddo era il prezzo della sua magia, la sensazione di riempirsi degli altri svuotandosi di sé stesso.

Dalle sue labbra cominciarono a riversarsi bisbigli confusi, che solo dopo svariati tentativi assunsero la forma di parole: «Bambini. Sono dei bambini...»

Bambini? Quale poteva essere il collegamento tra dei bambini e la scomparsa di Victoir? Era stato il complice di Yates a perdere quel fazzoletto tra le acque?

«Alaric.» lo chiamò, ricevendo in cambio solo altri bisbigli sempre più arrocchiti e graffianti. «Alaric!»

Lo scrollò con forza, e quando le palpebre tornarono a sfarfallare sugli occhi vacui del medium, il peso che gravava sul suo cuore divenne più sostenibile. Non poteva perdere entrambi i suoi amici.

Alaric chinò la testa e digrignò i denti, forse non ancora del tutto padrone di sé, per poi stringersi nelle spalle in preda a tremiti tanto violenti da rasentare gli spasmi; dopo tutto quel che aveva subìto a causa di quei delinquenti, lo spietato contrappasso della sua magia era stato il colpo di grazia. Stavolta non c'era però nessun posto in cui potesse rintanarsi per nascondere il malessere, così Lorraine fece tutto ciò che era in suo potere: donargli parte del poco calore che riusciva a produrre.

Lo avvicinò e strinse piano a sé, mentre arretrava guidando entrambi fuori dall'acqua. «Va tutto bene, Alaric, sei di nuovo qui. Va tutto bene.»

Il biondo la seguì docile, ma non prima di aver arricciato le labbra violacee in un sorriso. «È-è la nostra frase preferita stasera...»

Lorraine ricambiò con una smorfia di accondiscendenza: lo era davvero, forse perché nessuno di loro era disposto ad ammettere che in realtà andava tutto male.

Fradici ed esausti, arrancarono sulla riva scavando impronte profonde nella terra cedevole. Col suo peso tre volte superiore al normale, la gonna minacciava a ogni passo di trascinare Lorraine verso un sentito abbraccio col fango. La sensazione delle calze zuppe incollate alle gambe era tra le più fastidiose di sempre.

Ancora vicini, nel blando tentativo di combattere il freddo, i loro respiri si condensavano in nuvole evanescenti dalla vita breve.

«Hai detto di aver visto dei bambini.» ansimò lei, incapace di stare troppo a lungo piegata in avanti a causa del dolore che ancora riverberava all'altezza dello sterno, dove Yates l'aveva colpita.

«Un bambino e una bambina, sì. Mai visti prima.»

«Qualche indizio?»

Alaric vagliò i ciuffi d'erba roridi con gli occhi acquosi, perso nei ricordi altrui; infine scosse la testa, mortificato.

«Non fa niente.» cercò di rincuorarlo lei. «Victoir non abbandonerebbe mai le sue armi, dev'essergli successo qualcosa. Probabilmente è finito nel Sidh assieme al fear sidhe.»

«E ora cosa facciamo noi?»

L'urgenza che regnava nel tono del medium la invase come fumo. Non importava che fosse a pezzi, che i suoi nervi implorassero pietà e un torpore preoccupante avesse già iniziato a ottenebrare i suoi sensi, gli occhi di Lorraine tracciarono comunque un arco che risaliva il cielo notturno, seguendo la costellazione di aeronavi che sciamavano silenziose attorno alla città volante che sfolgorava più della luna.

I fear sidhe non erano gli unici in grado di far sorgere un sole a mezzanotte.

«Torniamo alla Black Court.»

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