Capitolo 9 Parte 1
Senza attendere una sua risposta se ne andò.
Si chiuse nella sua auto, mise in moto e sgommò verso l'uscita.
Benjamin rimase con la gamba davanti il sensore dell'ascensore per non far chiudere le porte e la guardò allontanarsi a tutto gas.
Eleanor tornò a casa super arrabbiata. Non riusciva a capire come questo suo stato d'animo potesse essere così forte. Aveva voglia di prendere a schiaffi Anya Ward. Questo impulso non lo aveva mai provato per nessun altro. Il suo essere sempre padrona di fronte a qualsiasi situazione le permetteva di agire con cognizione di causa, dove le conseguenze delle sue azioni erano sempre prevedibili e controllabili.
Decise che l'unico gesto da fare in quel momento era scaricare tutte quelle energie negative. Si cambiò velocemente, lanciò il cellulare sul letto, in quel momento non le sarebbe servito. Mise l'orologio da polso che segnava il battito cardiaco ed i chilometri ed andò a correre.
Mise anche le cuffie ed alzò il volume della musica al massimo, voleva isolarsi completamente dal resto del mondo.
Corse a perdi fiato. Era allenata, correva tutte le mattine o quasi, ma non lo aveva mai fatto così. Non aveva mai mosso le gambe così velocemente come se stesse scappando da qualcuno o qualcosa. Come se la terra dietro di lei si sgretolasse ad ogni suo passo in avanti.
Quando ormai aveva perso tutto il fiato si fermò. Guardò il cielo e le stelle che erano l'unica cosa che illuminava il suo tragitto. Ogni tanto qualche albero più alto la lasciava completamente al buio. Si rese conto di aver corso per circa due ore. Aveva perso tutta la rabbia di poco prima ed era stremata. Voleva solo farsi una doccia e buttarsi nel letto.
Arrivata a casa trovò la sua porta d'ingresso semiaperta. Camminò lentamente attenta a non emettere alcun suono. Non aveva armi con sé. Sì guardò attorno nel pianerottolo alla ricerca di qualcosa che potesse aiutarla a difendersi. C'era solo un portaombrelli vuoto. Lo prese e si diresse verso il suo appartamento. Aprì la porta con estrema lentezza. Entrò e tutto le sembrava esattamente come lo aveva lasciato.
Un rumore in cucina richiamò la sua attenzione. Si fermò un secondo per valutare come procedere. In cucina avrebbe potuto procurarsi un'arma migliore. Dei passi avanzarono verso di lei. Eleanor sollevò il portaombrelli pronta a colpire chiunque si fosse trovata davanti.
«AAAH! Ma che cazzo Elle!!» Gridò Jefferson con una birra in mano.
«Che diamine stai facendo?» Gli chiese Eleanor lasciando cadere il portaombrelli.
«Io? Cosa fai tu con quell'affare in mano?» Chiese Jefferson agitato.
«Questa è casa mia. Hai lasciato la porta aperta. Credevo fosse entrato qualcuno!»
«E hai pensato di aggredirlo lanciandogli quel portaombrelli di plastica?» Chiese Jefferson scettico. «Cavolo, gli avresti fatto proprio male!» La prese in giro.
«Non avevo di meglio!» Esclamò Eleanor. «Mi sarei procurata qualcosa di affilato ed appuntito una volta raggiunta la cucina.»
«Wow!» Esclamò Jefferson raggiungendo il divano. «Ho sempre pensato che, in un futuro mooolto lontano, qualcuno mi avrebbe ucciso, ma non ho mai pensato che quel qualcuno potesse essere mia sorella con un portaombrelli!!»
Eleanor rise di gusto e si buttò sul divano accanto a lui.
«Cosa è questa puzza di sudore?» Le chiese.
«Sono andata a correre.»
«Bene allora adesso ti consiglio di correre verso la doccia.» Disse Jefferson mettendo i piedi sul tavolino ed accendendo la TV.
«Ed io che volevo un abbraccio.» Disse Eleanor sarcastica.
«Che schifo!» Esclamò Jefferson disgustato. Eleanor si alzò pronta a dirigersi verso il bagno. «Non rispondevi al telefono e sono venuto a controllare che stessi bene.»
«Sto bene... adesso.» Mentì Eleanor.
Jefferson sapeva che le sue corse improvvise erano per liberarsi di qualsiasi sentimento lei non volesse provare. E la capiva. La capiva benissimo. Erano stati feriti così tante volte che adesso avevano deciso di chiudersi in loro stessi. Di non lascare che frivoli stati d'animo potessero offuscare il loro giudizio. Non le avrebbe impedito di cancellare tutte le emozioni indesiderate, ma non era neanche giusto alzare tutti quei muri. Entrambi non riuscivano a farne a meno.
Avevano imparato a fidarsi di alcune persone, ma questo non significava credere in loro ciecamente. I fratelli Shaw erano come due facce della stessa medaglia. Inseparabili. Confidavano l'una nell'altro come se il mondo fosse popolato solo da loro due.
Dopo la doccia inebriante il corpo di Eleanor chiedeva di essere portato a letto, ma lei si buttò tra le braccia del fratello. Poggiò la testa sul suo petto.
«Allora? Di cosa ti sei liberata questa volta?» Le chiese nel suo solito modo affettuoso e consapevole.
«Della rabbia.»
«In questo periodo sembra essere una costante per te.» Jefferson le diede un bacio veloce sulla fronte. «Adesso è andata via?»
«Pare di sì.» Eleanor non era certa. Non sapeva se era davvero sparita o se la stanchezza era così forte da sovrastare tutto il resto.
«Perché eri arrabbiata?»
«Ho visto Benjamin ed Anya baciarsi nell'archivio.» Disse lei incerta sulle parole da utilizzare. Aveva visto chiaramente Anya baciare Benjamin, ma non era rimasta abbastanza per vedere se lui ricambiava o no. In quel momento si rese conto di un nuovo sentimento mai provato prima.
«Questo ti ha fatta innervosire. Perché?» Chiese Jefferson. Solo parlandone tra di loro avrebbero potuto aiutarsi a vicenda.
«Mi ha dato fastidio il modo in cui la guardava. Poi lei lo ha baciato ed è diventato tutto nero.»
«Eleanor come è andata la tua serata con Benjamin?» Le chiese improvvisamente Jefferson. Erano passate due sere da quella cena insieme.
Eleanor si sollevò per guardarlo diritto negli occhi. «Perché me lo chiedi?»
«È possibile che tu stia iniziando a provare qualcosaper lui?»
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