☆ Prologo ☆

Partenza super soft. Molto soft. Softissima.

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Era l'inverno più freddo che la selva avesse mai patito. Le piante non si sforzavano nemmeno di crescere, sapendo che sarebbero morte gelate. Gli animali rimanevano rincantucciati nelle loro tane, nell'eterna attesa della primavera. La neve si accumulava sulle scale e sui tetti, e nessuno aveva più voglia di toglierla. Perfino i bambini guardavano con disinteresse i fiocchi, sebbene fossero straordinari come sempre. Adesso anche una piccola meraviglia era diventata ordinaria, e si rimpiangeva il cielo limpido e i fiori profumati. Proprio in quel momento le nubi cariche di neve continuavano imperterrite a decorare di bianco l'Accademia.

Ma questa volta per una ragione speciale. C'era da festeggiare qualcosa di importante: il compleanno del principe delle nevi. Un fiocco di neve più coraggioso svolazzò all'interno della torre d'argento dell'Accademia, spinto dal vento di tormenta. Con un paio di giri teatrali si posò sulla campana di vetro congelata. Fiero di dove era arrivato, rimase ad ammirare il principe Kay, ancora gelato. Ma non ebbe tempo di fare altro, perché una figura estranea lo gettò a terra, spolverando la copertura del Narrastorie.

Con un forte rumore di tacchi sul pavimento di legno, l'intrusa si diresse verso la finestra e la chiuse con energia, infastidita dalla neve che continuava ad entrare. Il legno cigolò e il vetro quasi rimbalzò, ma la finestra non si ruppe. Tornò a fare quello che stava facendo, questa volta con più energia del solito.
«Mi sono scocciata» proclamò la giovane donna. «Ogni giorno, da due anni, provò a liberare il Narrastorie. Ed ogni giorno rinuncio per paura di svegliare il principe delle nevi. Ma oggi é il giorno. Me ne potrebbe importar meno di lui!» proclamò decisa.

Si scostò i boccoli rossi dal viso, mettendoli dietro le spalle. Si sistemò i guanti di stoffa rossa, preparandosi a sollevare la campana di vetro che imprigionava l'oggetto dei suoi desideri. Prese un bel respiro, ignorando il rumore delle crepe che si formavano sia sulla superficie del vetro che sulla statua di ghiaccio del principe. Alla fine la protezione venne via e lei la gettò a terra. Ammirò rapita la penna per qualche attimo, poi si voltò in direzione della statua, che si stava pian piano sciogliendo. Afferrò il Narrastorie e se lo mise sotto la giacchetta, poi corse giù per le scale, lasciando dietro di sé solo il rumore dei tacchi.

La statua di ghiaccio esplose in mille pezzi. Il principe delle nevi era libero.

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Anche quando non lo vediamo, c'è sempre qualcosa di magico in attesa di accadere. O almeno, questo era il punto di vista del ragazzino ben piazzato intento ad allacciarsi i pattini. Non posso testimoniare se sia vero o no, ma forse è vero che nella vita bisogna sempre sperare. Gettando gli stivaletti di pelle nella neve e saltando con un balzo sulla superficie ghiacciata del laghetto il ragazzo iniziò a piroettare, senza nessun intento. Di solito aveva più voglia di pattinare, ma in giorni come quelli era impossibile avere voglia di fare qualcosa in generale. E poi, aveva tanti motivi per ritornarsene nell'Accademia, ad esempio il fumo nero che usciva dalla finestra, segno che qualcuno dei suoi avesse provato a cucinare il pranzo, fallendo. Forse fu proprio quello a fargli ritornare la voglia di pattinare. Tra balzi e piroette, decise semplicemente di scivolare il più velocemente possibile da una sponda all'altra, sperando di non schiantarsi contro un albero. Sulle prime l'aveva fatto per ammazzare il tempo, poi ci prese gusto.

«E la folla è su di giri per Thomas D'Oltreforesta!» esclamò, voltandosi verso gli spalti inesistenti, pieni di persone altrettanto inesistenti. Concluse con un'altra piroetta. Rimase per qualche attimo deluso dalla mancanza di spettatori, poi decise di tornarsene dentro la scuola e investigare la puzza di bruciato. Si fece strada fino alla cucina, inciampando tra i vari utensili sparsi sul pavimento, sui mobili, ovunque. Sollevò un cucchiaino che gli si era incastrato sotto la suola dello stivaletto e lo gettò nel lavandino, non prima di aver controllato se fosse parte di qualche collezione o fosse un semplice cucchiaino. Si mise un fazzoletto sul naso, tossendo.
«Zietto, cosa sta succedendo?!» chiese tra un colpo di tosse e l'altro, cercando un modo per guardare negli occhi l'altro senza dover rinunciare alla propria vista per sempre.

Khalil si voltò verso di lui, con i capelli legati in una coda tutta spettinata e un grembiule che doveva essere uscito direttamente dall'armadio di qualcun altro, perché era tutto blu e gli stava corto. Anche lui non sembrava particolarmente appagato della situazione, ma continuò con nonchalance e cercare di tirare fuori una teglia fusa dal forno.
«Cosa intendi con "cosa sta succedendo"?» chiese, agitando una mano cercando di ripulire l'aria e combattendo il metallo sciolto con l'altra.
Thomas lo guardò senza dire niente, così che il principe decise che era l'ora di una pausa. Con la scusa di scortare il ragazzino fuori, il giovane uomo si fece strada fino all'uscita.
«Non dire a Dario che ho sciolto l'ennesima teglia» esclamò non appena libero di respirare aria pulita. Gli mise una mano sulla spalla e lo guardò dall'alto verso il basso per fargli intendere che era serio.
«Non glielo dirò, anche se credo che lo scoprirà presto. Piuttosto, forse dovresti ritornare ad i tuoi hobby originari, tipo lavorare a maglia» suggerì cautamente, conoscendo la sensibilità dell'amico.
«Perché no?» ribatté invece Khalil inaspettatamente scoraggiato. «Almeno i maglioni sono capace di farli»
«Ottima idea» esclamò Thomas, stringendolo in un abbraccio. Il castano si sforzò di ricambiare, ma il ragazzo percepì la sua mancanza di energia anche in quel modo. Lo guardò andare a sedersi accanto ad una finestra e mettersi a lavoro con i ferri. Rimase qualche secondo a guardarlo mentre si perdeva a fissare la neve, poi si mise a sedere accanto a lui.
«Ti manca tanto, vero?» domandò debolmente, abbassando lo sguardo.

Khalil incrociò le braccia sul petto dopo aver gettato i ferri a lato. «No, no...è solo che...»
Fece qualche espressione strana nel tentativo di non piangere. «Non parliamone, d'accordo?» chiese, alzandosi e andandosene verso il bagno. Prima di chiudere la porta dietro di sé, si premurò di mostrarsi sorridente come suo solito.
«Nulla di cui preoccuparsi» canticchiò, ma non appena si rifugiò nella stanza Thomas poté udire i singhiozzi. Il ragazzo sospirò, preoccupato. Mise i ferri a posto, sentendosi osservato. Miranda era dietro di lui, col capo e le braccia poggiate sullo schienale del divanetto. Gonfiò le guance e sospirò, imitando il ragazzo seduto.
«Nulla di più triste delle pene d'amore, non trovi?» commentò, scivolando accanto al più piccolo e abbracciandolo.
«Già, Khalil è distrutto. Non pensavo si volessero così tanto bene» commentò.

Si raggomitolò tra le braccia della ragazza, lasciandosi consolare. «Forse dovresti trovargli qualcun altro. Magari una fidanzatina. O un fidanzatino. Forse qualcuno con i capelli blu. Oh, che ne dici di Dario?»
«Certo, così Jamil tornerà indietro dalla morte per strappare gli occhi a Dario e per spellare Khalil» ribatté Thomas scuotendo la testa.
«É molto specifico» mormorò la rossa, assottigliando lo sguardo.
«L'ho letto nel suo diario. È divertente, ma a volte dice cose inquietanti»
«Hai il suo diario?» domandò Miranda, con un'espressione sorpresa. Poi scosse leggermente il capo. «Cosa dice di inquietante?» aggiunse rapidamente, mostrandosi interessata solo alle sciocchezze.
«Mah, a volte parla di cucinare persone. Ma non ne sono sicuro, la sua grafia é terrificante. E poi la maggior parte delle cose divertenti non posso dirtele, parla di problemi da ragazzi» ribatté fiero. La rossa rise. «Come vuoi tu»

Si alzò lentamente. «È stato un quarto d'ora piacevole, caro. Ma ho delle cose importanti da fare. Sono sicura che qualcun'altra verrà presto a farti compagnia» commentò scrollando le spalle e indicando con un rapido movimento del capo l'arrivo di qualcuno.
Thomas mise le mani sullo schienale del divanetto e si sollevò, sbracciandosi per farsi notare. «Zia Meloooody» strillò, assicurandosi di essere visto.
La giovane donna si fermò per un attimo, posandosi una mano sul cuore.
«Mi hai spaventato» mormorò infine, dopo qualche secondo di silenzio passato a boccheggiare come un pesce fuor d'acqua.
«Scusa» rise il castano. «Sei riuscita a svegliare Keiichi?» chiese poi, saltandole addosso.
«Non ancora...devo solo prendere coraggio e dargli un bacio. Quanto può essere difficile?!» esclamò lei, improvvisamente motivata. Fece per girare i tacchi e tornare dal fidanzato, ma poi si riabbatté. «E se non riuscissi a svegliarlo? Non potrei vivere con la delusione»
«Almeno sarebbe privata. Voglio dire, lui non lo saprebbe» cercò di rassicurarla il ragazzino, ottenendo solo l'effetto contrario.

La giovane sospirò dopo qualche minuto di lotte intestine. «Senti. Proverò domani» concluse, strofinandosi le mani tra loro.
«Ma lo dici da due anni! Di questo passo ad ottant'anni continuerai a provare»
«Mai arrendersi!» rispose lei.
«Melody, forse dovresti trovare un metodo alternativo, se proprio non riesci a dargli un bacio...»

Indispettita, si mise a girare in tondo. «No! Devo solamente sciogliermi un po'. Assolutamente. O magari suonargli una bella melodia col piffero. Se...se mi ricordo come si suona»
«Ma insomma, qui va tutto alla scatafascio» piagnucolò il ragazzino, raggomitolandosi in un angolo della stanza.
«Non definirei "tutto" uno "scatafascio"» ribatté lei, non molto convinta.
«Zia, tu passi il tempo a fissare Keiichi, Khalil ha preso la fissa della cucina e manca poco che avvelena tutta la scuola, Dario é sempre triste e Kay é congelato! Cosa può andare peggio?!»
«Non é il tuo compito preoccuparti così tanto per gli adulti, d'accordo? Sei solo un ragazzino, ricordatelo. Sono pesi troppo grandi per te. Torna a giocare con le bambole. Era quello che facevo io alla tua età» rispose la giovane, incrociando le braccia sul petto e sperando di essere stata abbastanza convincente. Gli fece segno di andar via con delle occhiatacce.

Thomas l'abbracciò. «Nessun bisogno di essere così seria, puoi piangere se vuoi. E poi sono sicuro che a tredici anni non giocavi con le bambole»
Il labbro di Melody tremò per qualche attimo, e la ragazza scoppiò in un pianto infinito. Il ragazzino la consolò con delle pacche sulla schiena.

☆.。.:*  .。.:*☆

Aveva delle mani lunghissime. Kay era seduto a terra, tra le scartoffie, a guardarsi le dita. Non capiva se le trovasse belle o brutte. Erano molto lunghe e affusolate. Qualcuno gli aveva detto che erano perfette per suonare il pianoforte. Non ricordava chi, però. Aveva anche una faccia molto buffa. Non si era mai reso conto di avere un naso così grosso. O le labbra così sottili. E se aguzzava lo sguardo, notava anche il riflesso del suo riflesso nelle sue pupille. E poi aveva così tante vene nella sclera. Era preoccupante. Era normale? Si mise un dito nell'occhio. Capì rapidamente che non era una buona cosa.

Si rimise in piedi e lasciò perdere il frammento di vetro in cui si stava specchiando. Era il suo compleanno. Era il compleanno di un principe! All'Accademia era sempre una questione importantissima. Gli uccellini facevano del loro meglio per intonare loro gli auguri, e i loro amici preparavano torte a quattordici piani. Di cui alcuni avevano sempre un sapore strano. Almeno, questo era quello che ricordava dei compleanni. C'era molto da fare. Era il suo diciottesimo compleanno, dopotutto. Scese anche lui le scale, con gli occhi pieni di meraviglia. Gli sembrava di essere rinato, e forse era proprio così.

Inciampò e rotolò giù per le scale. Cadde con la faccia dritta sul pavimento del ponte. Si rimise in piedi, tastandosi il viso ed assicurandosi che il suo naso non si fosse schiacciato. Poi si diresse verso la sua camera preferita. Risalì le scale, bussando alla porta della camera 666 e sistemandosi i capelli. Nessuno aprì, così si abbassò all'altezza della serratura. Controllò se ci fosse qualcuno. Non c'era proprio nessuno. Aprì la porta e si fece spazio. C'erano quattro letti, ma solo tre sembravano utilizzati correntemente.

Guardò le cose sui comodini curioso. Libri. Fazzolettini per pulire le lenti degli occhiali. Un pennino blu. Inchiostro blu. Un elenco delle cose da fare. Quello era il comodino di Dario, ne era sicuro. Era troppo pulito ed ordinato per essere di qualcun altro. Si mise a sedere sul suo letto, ma ci rimase per poco tempo. Si avvicinò all'altro letto blu. Era sfatto. Strizzò gli occhi per capire cosa fossero le cose sul comodino. Erano piene di polvere, così soffiò per ripulirle, ma gli finì tutto nelle narici. Iniziò a tossire.

Dario lo guardò in silenzio, all'entrata. Il povero principe delle nevi dovette aprire la finestra per prendere un po' d'aria.
«Forse non avresti dovuto toccare quelle cose» suggerì il castano, sorpreso.
«L'ho notato» ribatté Kay, sventolandosi la mano davanti al naso. «Perché Jamil non pulisce mai niente?»
L'altro sorrise. «Buon compleanno» rispose invece, ignorando la domanda.
«Grazie mille. Sono molto soddisfatto che tu ti sia ricordato del mio compleanno»

Non era sicuro che ricordasse qualcosa di quanto accaduto prima di gelare, né voleva sorprenderlo dicendogli qualcosa.
«Perché Ryuu é scappata? Eravamo congelati insieme. Ci siamo detti delle cose...voglio parlarle» mormorò piano Kay, posando il capo sul davanzale.
«Non so perché sia scappata» rispose il castano. «Che ne dici di andare a mangiare una torta?»
«Chi l'ha preparata?» domandò il principe delle nevi, supponendo di conoscere la risposta.
«Oh, Khalil. Ha una vena per la cucina, ultimamente. Non é così pessimo» mentì. Era così pessimo.

«Che strano». Kay apparve un pelino deluso. «Ryuu vi ha parlato male di me? Per questo siete così?»
«No. È una storia che voglio tu senta seduto al tavolo» ribatté Dario, molto calmo. Poteva essere scioccante, e non se la sentiva di vedersela da solo.
«Siamo cresciuti così tanto...» proclamò il principe delle nevi. Qualcosa nel tono melanconico della sua voce gli faceva supporre che sapesse già tutto. La sua voce suonava come l'eco in una scuola vuota.
«È vero» rispose semplicemente.

La barba gli cresceva più velocemente e più regolarmente. Il che voleva dire passarci molto più tempo dietro, ma non era noioso. Aveva spiegato anche a Thomas come usare un rasoio. Aveva dei lineamenti più definiti. Ad essere sincero, non si aspettava nemmeno di poter diventare più adulto di quanto era. Si toccò la guancia, riflettendoci. Forse il passaggio dall'infanzia all'età adulto era più dolce del previsto. Kay invece non era cambiato molto. Aveva i capelli più lunghi, anche se una ciocca era asimmetrica rispetto alle altre. E aveva un'aria più rilassata. Doveva aver trovato la pace interna, da qualche parte. Forse avrebbe dovuto chiedergli di insegnargli come fare. Ne aveva bisogno.

Si misero a sedere al tavolo. Forse il principe si aspettava una festa, perché parve sul punto di piangere. Rimase in silenzio.
«Adesso chiamo Khalil. È un po' emotivo ultimamente» mormorò, per spiegare l'eventuale e probabilmente pianto che sarebbe avvenuto di lì a poco.
«Gli manca Jamil» concordò il Gran Maestro, annuendo leggermente e dondolando i piedi.
«Tu...sai?» chiese esitante Dario.
«No. Ma l'ho capito» rispose, abbassando lo sguardo. «Spero che la sua torta sia buona»

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La torta non era buona. Khalil aveva sbattuto sul tavolo una sorta di teglia — o quella che un tempo doveva essere stata una teglia — che grondava cioccolata di qua e di là. Aveva anche preso un coltello e dei piattini, come se la cosa risolvesse la situazione. Guardava di sottecchi Kay, come se non fosse sicuro che fosse reale. Ogni tanto guardava anche Dario, si abbassava e gli sussurrava qualcosa all'orecchio. Il principe delle nevi, abituato al polistirolo oppure al nulla, separò abilmente il cioccolato dal metallo con il coltellino, consapevole di essere osservato da diverse persone.

Melody si versò del succo di frutta, cercando di dire qualcosa di sensato. Si voltò verso Keiichi addormentato. L'aveva portato alla festa perché aveva ritenuto che avrebbe voluto esserci. Doveva sistemargli spesso la testa. Cercava di non farla cadere nel piatto o all'indietro, ma inevitabilmente il corvino tendeva al pavimento. Gli altri non sembravano per nulla a disagio. Doveva essere un'abitudine, e in effetti lo era. Miranda mise il braccio attorno alle spalle di Thomas, troppo sorpreso. Voleva correre ed abbracciare Kay, ma la rossa lo teneva fermo. L'avrebbe traumatizzato, almeno secondo lei.

Xiaolong, intenta nella stessa impresa di Kay, commentava senza pausa i miglioramenti di Khalil in ambito culinario. Miglioramenti, che per correttezza, va detto fossero inesistenti. La dragonessa ogni tanto dava spallate qua e là, una volta a Kay, una volta a Dario. Ada, seduta accanto al cuoco, si rifiutava di mettere in bocca la nuova lega metallica servita. Ogni tanto posava l'occhio sul principe delle nevi, ogni tanto guardava l'amico, cercando di cogliere i segni di un prossimo pianto.

«Immagino che ci siano tante cose da dirci» commentò Miranda, sbattendo le mani per richiamare l'attenzione.
«Deduco di sì» rispose Kay, spostandosi una ciocca di capelli bianchi dietro l'orecchio e mettendo in bocca un pezzo di teglia.
«Dunque, nell'ultimo anno...» cominciò la rossa, ma il Gran Maestro fece cenno di no. «Le cose importanti» spiegò dopo aver ingoiato.
«Okay...»

Demotivata, la giovane cercò di mescolarsi fra gli altri e ridare la parola a qualcuno che sapeva spiegarsi meglio.
«Ryuu é chiuso dentro un dipinto, piange ininterrottamente da due anni. Abbiamo tutti dei tappi per le orecchie perché la notte urla. Jamil é scomparso nel nulla. É andato in cucina un giorno e nessuno l'ha più visto. Keiichi si è punto un dito con un ago avvelenato e Melody non ha abbastanza coraggio per baciarlo e svegliarlo. Ecco le cose importanti. Oh, Thomas ha iniziato a farsi la barba»

Il ragazzino arrossì e abbassò lo sguardo, aspettando che Kay gli rivolgesse almeno un'occhiata. Non successe.
«In un dipinto?» chiese piuttosto, posando la guancia sulla mano con fare quasi scocciato. Non lo sembrava, ma il tono con cui aveva parlato aveva una punta di durezza in più rispetto a prima.
«Sì. Sembra stata opera del misterioso impostore»
«Non l'avete catturato, vero?» mormorò il principe, che sembrava giudicarli e soppesarli uno ad uno.
«No» ribatté Khalil, mordendosi le labbra. «Dopo tutto quello che é successo é rimasto silente»
«É vero» aggiunse Miranda, riemergendo dalla folla e superando l'imbarazzo.

Ada la squadrò, ma non disse nulla. Dario guardò dolcemente Thomas, che cercava di non piangere. Aveva atteso per così tanto tempo il ritorno del suo migliore amico solo per essere ignorato. Ora che il castano ci pensava, la stessa cosa valeva per lui. Ma a discolpa di Kay, non sembrava star prestando attenzione a nessuno in particolare.

«Forse un sonno farà bene a tutti» annunciò infine Dario, rivolgendosi ai compagni. Questi annuirono. Kay parve deluso ma non disse niente.
«Posso dormire nella tua stanza?» chiese solamente, indicandolo.
Al castano brillarono gli occhi. «Certo»

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Era notte fonda. Thomas si era sfilato il suo paio di tappi per le orecchie ed era sceso silenziosamente al piano inferiore. Più si avvicinava alla stanza dove veniva riposto il dipinto, più sentiva l'adrenalina in corpo. Era terrificato, ma allo stesso tempo sentiva di doverlo fare. Aprì il portone il più velocemente possibile e sgusciò dentro. Si mise a sedere sul tappeto, guardando la principessa con i capelli rossi intrappolata dietro il vetro.

«Ciao Ryuu» la salutò timidamente, cercando di nascondere il viso nella maglietta. «Scusa se ti disturbo. Io...non dovrei essere qui. Mi hanno detto tutti che sei cattiva e che secondo loro hai fatto tu sparire Jamil e hai addormentato Keiichi. Ma sembri molto dolce...io non penso tu sia malvagia. E poi, ho davvero bisogno di qualcuno. Lo so che loro sono adulti e io sono un bambino, ma mi sento come il loro terapista personale. Trattano così anche Dario, ma lui non si lamenta. Scusa, volevo solo...volevo solo parlarne. Ecco»

Si mise in piedi e andò a guardare meglio il ritratto. «Buonanotte» mormorò, mettendosi in punta di piedi per darle un bacio sulla guancia. I pianti smisero per un secondo. Sorrise, ma andando via il chiodo che teneva il quadro fermo al suo posto si impigliò nella sua maglietta. Il dipinto cadde a terra silenziosamente, ma quando Thomas lo sollevò si era creata un'enorme crepa.

«Ops» mormorò. I pianti avevano smesso, questa volta per sempre.

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