02 ☆ Ricongiungimenti e vermi.
Non so se ci sono talassofobici ma nel dubbio la scenetta é contrassegnata da un 🐡. Buona lettura :]
Capitolo corto ed essenziale perché mi aspettano settimane dure e non sto benissimo. Comunque scusate se non ci sono tutti
Non ho riletto.
*Assegna canzoni di Lady Gaga ai personaggi e si rifiuta di elaborare*
Ryuu - Bad Romance
Keiichi - Applause
Kay - Poker Face
Jamil - Telephone
Melody - Just Dance
Domina - Monster
Miranda - Bloody Mary
Khalil - Judas
Dario - Alejandro
Ada - Paparazzi
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Come vi raccontava Dario nello scorso capitolo, gli ingredienti per pozioni ed incantesimi sono difficilmente reperibili. È quasi impossibile produrli di mano propria a causa dell'incredibile dispendio di tempo e le diverse collocazioni di flora e fauna necessarie. Tuttavia, vi é un negozietto ben nascosto che risparmia ai passanti la fatica di cacciare bestie mitologiche per procurarsi le loro squame. Nella bottega di Budur é possibile trovare qualsiasi cosa si cerchi: dalle foglie di ciclamino alle piume di angeli, dalle orecchie di capra agli occhi di jinn. Si possono perfino incrociare persone di spicco nel mondo delle fiabe, clienti abituali. L'abilità di Budur sta proprio nel trattarli come persone normali e rigirarli nelle sue tante mani come sciocchi, proprio come se non fossero nessuno. Ma d'altronde il suo mercato é destinato a fiorire fino alla fine dei tempi, mancando di concorrenza.
Intenta a stipare nel cassetto delle radici di zenzero, sollevò le orecchie attirata dal campanello che suonava ogni qual volta qualcuno faceva l'ingresso nel negozio. Scese graziosamente dalla ragnatela su cui si era arrampicata, facendo attenzione a far tintinnare ogni singolo braccialetto d'oro che portava ai polsi. Lanciò uno sguardo di sfida al nuovo arrivato, poi si sistemò i capelli e ritoccò il rossetto col dito, quasi infastidita dalla sua presenza. Si inchinò, sollevando lo sguardo con fare ribelle.
«Posso servirla?» domandò infine, piegando il capo e risollevandosi. La jinna si stiracchiò, lasciandosi osservare dall'uomo curioso. Era nota per avere fattezze inusuali, anche per creature della sua stessa specie. La sua pelle era di un viola denso, scuro, ma aveva comunque diverse lentiggini visibili, di un viola anche più profondo. Di occhi ne aveva solamente due, dalle iridi arancioni, ma compensava con le sei braccia che l'aiutavano nel suo mestiere. Era ormai difficile trovare qualcuno della sua stessa stirpe: fattezze tipiche di aracnidi potevano essere ritrovate solamente in lei e in sua cugina, comunque morta da tempo. La teneva imbalsamata nel retro bottega, in attesa di rivenderla. Era ricoperta d'oro da capo a piedi, ma era naturale con un lavoro come il suo. Sarebbe stato sciocco pensare che vivesse in povertà.
L'uomo la guardò malizioso, aspettando che si abbassasse alla sua altezza. Non appena Budur si chinò le si avvicinò all'orecchio. «E quello?» chiese, indicando un giovane dietro il bancone. Prima puntò l'indice ossuto verso di lui, poi verso una lunga catena d'argento che partiva dalla sua caviglia.
«Nuova aggiunta» spiegò lei, sorridendo e mostrando le zanne.
«Non aveva soldi per pagare?» ridacchiò lui. «Perché se questo é quello che mi aspetta, allora potrei aver dimenticato il portafoglio a casa» ammiccò, cercando un modo di toccarla giocosamente senza sembrare inappropriato.
«Molto divertente. È passato per le mie proprietà e io gli ho preso l'anima»
«Ma chi é che non conosce le tue proprietà? Doveva essere un forestiero»
«Mhm» ribatté solamente lei, umettandosi le labbra.
«Sembra un tipo strano» mormorò ancora il mago. «Vado a studiarmelo meglio» aggiunse, allontanandosi dalla jinna.
Il giovane si era rannicchiato in un angolo, avvolgendosi attorno la catena ed esaminandone ogni singolo anello nella speranza di trovarne uno fallaceo su cui fare forza. Il mago, il cui nome era Madis, si posò sul bancone di legno, che scricchiolò annunciando la sua presenza.
«Di cosa é fatta?» domandò tranquillo, cercando di iniziare una conversazione. Guardò gli occhi dorati dell'altro vagare di là e di qua, poi focalizzarsi su di lui.
«Argento e ferro» rispose rapidamente lui, tornando a giochicchiare con la catena, a disagio.
«Da quanto tempo sei qui?» aggiunse, cercando di collocarlo tra le specie di jinn che conosceva. Che ne fosse uno era una certezza, doveva solo sapere quale.
«Due anni...circa» rispose frettolosamente ancora una volta il ragazzo.
«Caspita. E dire che sembri molto giovane. Io sono Madis, é un piacere conoscerti» gli tese la mano mentre lo diceva, con un sorriso amichevole.
«Ho diciotto anni» mormorò lui, contando con le dita prima di stringere la mano del mago.
«Caspita. Hai delle belle orecchie. Toglimi la curiosità, sei per caso un marid?»
«No. Sono un ghoul e un ifrit, ciascuno per metà» spiegò infine il giovane, mettendosi una mano all'altezza del cuore, costernato da qualcosa.
«Accidenti, ho sbagliato di grosso...»
«Già. Ma non preoccuparti. Di solito mi scambiano per un folletto»
Madis si lasciò sfuggire un sorriso, e perfino l'altro sembrava più tranquillo. Esitò un po', infine si indicò e lo guardò. «Io sono Jamil» si presentò infine.
«Un po' tardi per farmi sapere come ti chiami» ridacchiò nuovamente il mago.
«Non pensi che dirti subito il mio nome ti avrebbe dato troppo potere su di me?»
«D'accordo, d'accordo. Hai ragione. Sei un tipo furbetto, eppure non capisco perché ti sei fatto incatenare da Budur come un uccello tropicale»
«È una lunga storia che non mi va di raccontare» ribatté aspramente Jamil, punto sul vivo.
«Come vuoi tu, Ja...dimmi di nuovo come si pronuncia, per favore»
«Juh-meel. Non fare quella faccia strana. È un bel nome. Tu come ti chiami?»
«Madis. Perdonami, sono abituato a nomi diversi. Vengo dall'estremo est. Sai, terra di draghi...»
Il jinn gli toccò il naso. «Tu non sei un drago però. Sei umano. Ne sono sicuro»
A disagio, il mago lo guardò male. «È vero. Ma sono stato cresciuto da una dragonessa comunque»
«Mi dispiace» disse solamente Jamil, credendo se ne stesse lamentando. Questo suscitò un fastidio immenso nell'uomo, che detestava essere associato con gli umani per qualche ragione. Budur, nascosta tra i mille scaffali del negozio, se la rise abbondantemente sotto i baffi.
«Fa niente! Goditi la tua permanenza qui» sbuffò, irreversibilmente offeso. Salutò la proprietaria togliendosi il cappello e se ne andò via furente. Il jinn lo guardò andare via, sporgendosi sul bancone finché non lo vide più. A quel punto strizzò gli occhi e si rimise al suo posto, mortificato, poi posò la testa sul bancone con violenza.
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A Melody cadde il caffè per terra. A dire il vero oltre al caffè era caduta anche la tazzina, spaccandosi in mille pezzi sul pavimento. Quello che la preoccupava non era la macchia che sarebbe rimasta sul tappeto, ma il fatto che Keiichi stesse facendo colazione in cucina. Chiariamoci: certamente il fatto che stesse mangiando una banana non era il problema (almeno per lei), il problema è che era vivo...cioè sveglio.
«Buongiorno?» esordì lei, dubbiosa. Forse era uno stato di sonnambulismo incredibilmente verosimile al comportamento di veglia.
«Buongiorno. Non dirmi niente, so già tutto. Sentivo quello che dicevate, ho ancora il bernoccolo dell'altro giorno» ribatté acidamente il corvino, guardandosi attorno infastidito.
«Non c'è niente in questa cucina per fare colazione? Riso, pesce, uova? Niente miso? Mi terrificate. Non è normale dover mangiare una banana per colazione»
«Sai, ultimamente ci arrangiamo. Cucina Khalil» spiegò la ragazza, sbattendo le ciglia. Non era sicura del perché si aspettasse qualche complimento del genere «sei bella proprio come il giorno in cui ti ho persa», ma non riceverli era stato abbastanza deludente.
«Ho notato. Ha fuso insieme forno e teglia. Complimenti al cuoco. Perché nessuno di voi prende iniziativa e non gli dice che il cibo che cucina non é commestibile e che piuttosto mangiare fango sembra un pasto di lusso a confronto?»
Khalil, dietro di lui, lo fissò per qualche istante e gli si mise a sedere accanto. «Ci sto provando, d'accordo?» ribatté, incrociando le braccia.
«Non ricordavo che tu fossi così alto» commentò il corvino, sapendo benissimo di toccare un tasto dolente. «Sei cresciuto ancora?»
Istintivamente il castano si piegò con la schiena per apparire più minuto. «No» negò, nonostante fosse davvero cresciuto. «E comunque tu non hai fatto nulla di buono in questi due anni se non la bella addormentata»
«Eppure ero sempre con voi»
Melody fece per mettere la mano sulla sua ma venne respinta rapidamente da uno schiaffo sulle dita. «Non toccarmi. Ah, poi vorrei sapere chi ha inserito Domina nel gruppo. Vi siete dimenticati tutto?»
«Keiichi, Domina non é cattiva come vuoi farla sembrare. Ti assicuro che solo perché ti ha battuto in quel duello non vuol dire che voglia la tua caduta»
«E tutto quel dramma con...quel coso blu che mi bracca ovunque vada. Anche lui non sembrava averla presa in simpatia»
«Oh, ma sai com'è Jamil...alle volte si lascia accecare dalla rabbia. Domina è solo stata il suo capro espiatorio»
«Certo. Khalil?» mormorò il principe, spostandosi verso l'altro.
«Sì?»
«Non dovresti iniziare il tuo discorsone su come il tuo fidanzato avesse ragione?»
«Ah...veramente...non so a chi credere» mormorò il castano. In fondo al cuore credeva ciecamente a Jamil, ma aveva paura di dirlo ad alta voce. Anche perché non gli conveniva molto inimicarsi la bionda.
Keiichi prese un grosso respiro e si limitò a mettere la buccia di banana tra le mani del principe. Lo guardò dritto negli occhi.
«Ha perso la pelle proprio come il tuo serpente» commentò, osservandolo soddisfatto mentre si alzava e correva via in lacrime.
Melody li guardò confusa. «Kaa ha fatto la muta?» chiese, cercando di arrivare ad un contesto che potesse spiegare la battuta.
«Oh, no. Kaa é viva e vegeta. Mi riferivo al suo serpente Banana» — accompagnò il nome dell'animale con un paio di virgolette mimate con le dita. «Purtroppo è morto da un pezzo. Tragedia. Era solo un pargolo...dev'essere stata dura per lui»
La ragazza ci rimase più male del previsto. «Certo che ti sei svegliato male» mormorò semplicemente, torturandosi le mani.
«Chissà perché. Forse ha influito venir trattato come un bambolotto negli ultimi anni» ribatté, sperando di essere lasciato in pace. Melody, che negli ultimi anni aveva coltivato l'arte della pace, decise di lasciar perdere. Prese anche lei una banana e se ne andò via.
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«Quindi cosa facciamo con il Narrastorie?» domandò Domina, dondolando le gambe, seduta alla sedia in maniera composta. Miranda le afferrò il braccio con forza. «Sei stupida a parlarne davanti a tutti? E poi la domanda corretta é cosa ci faccio io con il Narrastorie. Non noi» le sibilò. La bionda arrossì e si avvicinò di più a lei.
«Mi piace quando mi stringi così» squittì contenta, strofinando la guancia contro la sua.
La rossa sospirò solamente. «Non so nemmeno come ho fatto a ritrovarmi con una come te»
«È il destino. E poi mi sono guadagnata lo spazietto accanto a te. Non puoi certo dire che non ti aiuti»
«Su questo non ho nulla da dire»
In effetti Domina aveva faticato molto di più per guadagnarsi il suo posto tra quelli che erano rimasti del gruppetto. Melody era completamente sola. Non c'era nessuno per lei: la sua migliore amica era andata, quelli che un tempo erano i suoi amici erano spariti e il suo ragazzo (era corretto chiamarlo così?) era rimasto in una sorta di stato comatoso per diverso tempo. Era stato naturale per lei appoggiarsi sulla disponibile compagna di stanza...che alla fine non era così male. Se avesse dovuto dare un parere anche estetico, era anche la ragione per cui adesso la sua povera cara amica non sembrava un ratto sfollato. Le era costato un po' non essere più la più bella del reame in assoluto, ma poteva sopravvivere al non ricevere le attenzioni dei mostriciattoli che adocchiavano Melody. E poi poteva sempre contare sulle buone parole di Khalil, che non poteva fare altrimenti.
«Ho intenzione di provarlo. Non so perché ha reagito così male alla cerimonia. Adesso sembra starsene buono» mormorò la rossa, guardando la punta scintillare sotto la luce del sole.
«Forse perché Saffron era ancora viva» propose la bionda, sbuffando. «Quand'é che faranno i funerali alla bastarda?»
«Ti sembra che ne abbia idea?» bofonchiò la strega, rimettendoselo in tasca.
«Era solo una domanda retorica» sbuffò Domina, riavvicinandosi a lei e prendendole il viso tra le mani. Le diede un bacio sulle labbra chiudendo gli occhi.
«Soffro tantissimo quando non sono con te» piagnucolo dopo essersi staccata dalla ragazza.
«Tanto ti piace. Io ho da fare»
Miranda si mise in piedi e andò via, guardandosi attorno sospettosa.
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La porta della stanza di Kay era chiusa a chiave. Dopo aver bussato diverse volte Thomas si abbassò all'altezza della serratura e guardò all'interno.
«Ci sei o stai dormendo?» lo chiamò, infilando un dito nello spazio tra pavimento e porta. Non ci fu nessuna risposta.
«Dai, Kay, rispondi. Pensavo fossimo amici. Ti va di fare qualcosa insieme? Possiamo giocare a scacchi. Mi ha insegnato a giocarci Auryn. Lo conosci? É un tipo simpatico»
«Non ho tempo per giocare» rispose una voce seriosa dall'interno della stanza. Emozionato dal fatto che l'altro avesse almeno risposto, si avvicinò di più con le orecchie al legno.
«Perché no?»
«Perché sono stato congelato per due anni? Perché ho questioni da risolvere? Perché hanno rubato il Narrastorie?»
«Lo so, però la socialità é importante. Dario pensa che se continui a comportarti così congelerai di nuovo tutti»
«Ti assicuro che non la pensa così» ribatté il principe delle nevi.
Thomas diede un calcio alla porta, in modo giocoso. «E come lo sai?» domandò, gonfiando il petto.
«Perché é qui con me» rispose secco Kay.
«Ciao Tommy» lo salutò imbarazzato la voce di Dario.
«Ma se siete tutti lì che senso ha tenermi fuoriii» piagnucolò disperatamente il ragazzino, sbattendo altri pugni.
«Non siamo tutti. E poi non c'è nessuno che può tenerti d'occhio» rispose ancora il principe, esasperato. Ignorò Dario che gli suggeriva col labiale di farlo entrare.
«Ma non ho bisogno di un babysitter»
«Te l'abbiamo già trovato. É Ada. Non preoccuparti, è sicuramente bravissima con i bambini»
«Certo. Ada» mormorò demoralizzato Thomas. Si mise le mani in tasca e girò i tacchi, andando alla ricerca di qualcuno che fosse più divertente di Kay.
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«Saaaaally»
Il grido proruppe nella foresta per diverse volte prima di essere udito dalla diretta interessata. Ryuu si gettò a terra, distrutta. Aveva cercato per ore il suo animaletto domestico, senza risultati. Così adesso si concedeva una meritata pausa. Era stato anche più pesante evitare tutti. Non c'era nulla che poteva andare peggio. L'intera scuola pensava che fosse un'assassina. Era deprimente. Non si aspettava certo una festa di bentornato, no, ma sembravano stimarla meno di quando aveva rovinato il compleanno di Thomas. In quel momento avrebbe voluto davvero chiedere scusa a Jamil. Aveva dato un'occhiata alla sua tomba, ma era solo un sasso con su scritto col pennarello il suo nome.
Finalmente qualcosa emerse dal buio della foresta. Un ragno enorme (era alto più di lei di almeno un metro, ne era sicura) si avvicinò di gran carriera alla rossa, estremamente felice di rivedere la padroncina dopo anni. La guardò con tutti gli otto occhi, poi si mise a tessere una tela a forma di cuore.
«Sally?» chiese Ryuu, mettendosi una mano sul cuore, terrorizzata. La bestia annuì.
«Sei cresciuta parecchio» commentò, mentre l'animale faceva un giro su sé stessa. Esitò ad accarezzarla, ma alla fine lo fece chiudendo gli occhi.
«Capisco perché non eri dentro l'Accademia»
Nonostante la falsa nonchalance con la quale faceva le coccole all'animale, sentiva gli sguardi fissi su di sé. Si girò più volte, cercando di capire da dove provenissero.
Era Melody.
«Perché mi fissi?» chiese infine la rossa, preoccupata. Si mise una mano sul petto, come a controllare se il cuore fosse ancora al suo posto.
«Nessuna ragione. Mi hai svegliata mentre urlavi» rispose la più bassa, stringendosi nelle spalle. Si avvicinò a lei, e si mise a sedere su un tronco spezzato. Per diversi minuti ci fu un silenzio quasi imbarazzante, poi Ryuu si girò verso l'altra.
«Ti sono mancata almeno un po'?» domandò, strusciando il piede a terra. Sally si ritirò nella foresta.
«Tantissimo. Sono stata molto sola»
«Davvero?»
«Eravamo io e Khalil. E Dario. Ma mi sembrava di essere davvero...l'ultima. Capisci?»
«Un po'. Io c'ero però. Anche se non mi vedevi. Però mi sentivi»
«Già»
Rimasero in silenzio di nuovo. Ryuu si mise a sedere vicino a lei e le mise la testa sulle spalle.
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Il sorriso di Thisbe si era spento quando Thomas le era passato davanti e non l'aveva salutata. Mogia, si era rifugiata in un anfratto in cucina. Mentre cercava di cucinare dei biscotti al burro – che non sembravano star venendo commestibili — rimuginava sul fatto che forse sarebbe dovuta rimanere a Gavaldon. Aspettava pazientemente che l'inverno finisse, ma non sembrava che la primavera dovesse mai arrivare. E il diploma le sembrava sempre più lontano. Era deprimente.
Miranda fece il suo ingresso in cucina, non molto interessata a quello che stava leggendo. Salutò la bionda con un cenno della testa.
«Ciao Thi'» esclamò, distratta.
«Ah, a Gavaldon mi chiamavano Thi» mormorò lei, stupita dalla coincidenza.
«Davvero? Buffo!» esclamò la rossa. «Che cucini di buono?»
«Ah, cercavo di imitare una ricetta di mia madre. Ma é tutto così colloso...non so se capisci» rise. Aveva le mani tutte impiastricciate.
«Credo ti convenga ricominciare. Fai dei biscotti?»
«Sì» cinguettò Thisbe, facendo una piroetta su sé stessa. Nel farlo fece cadere la ciotola. Arrossì di imbarazzo. Miranda le sorrise e la raccolse.
«Perché non mi racconti un po' di Gavaldon?» propose.
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Gli batteva forte il cuore. Troppo forte. Keiichi si mise una mano all'altezza del cuore. Gli sembrava che tutto ruotasse attorno a lui, che tutto fosse confuso. Melody non poteva essere il suo vero amore. I Mai non hanno un vero amore — e avere un amante, avere una famiglia, é solo una debolezza. Se vogliono ferirti basterà ferire loro. Sentiva i sudori freddi e i brividi sulla schiena. Si prese il viso tra le mani. Era una cosa bella, perché gli metteva così tanta ansia? Perché per lui non era bello. Per lui non era bello per niente.
L'amore è una gran bella fregatura. Se pensava ad un futuro con Melody, pensava solo a lei morta. Perché Keiichi era bravo a crearsi nemici, ma non a difendersi. Diverse volte era stato sopraffatto, e aveva la sensazione incredibile brutta di non avere la forza per proteggere qualcun altro. Era un'emozione nuova, e la odiava. Per un attimo pensò davvero di morire. Sì, stava morendo. Meglio così. Doveva smettere di seguire il percorso di redenzione di Kay. Lui non voleva migliorare. Lui era cattivo. E lo era davvero.
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«Che palle. Metà della mia classe é stata decimata» bofonchiò Xiaolong, sdraiata sul tavolo.
«Non vedo perché sia un mio problema» la rimbeccò Kazuha, separando i piselli dal riso. Chicco per chicco.
«Volevo solo parlare»
«A me non va di parlare, però»
«Che ne dici di cavalcarmi?»
«Che problemi hai?!»
«Intendo da drago. Pervertita»
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Khalil posò i ferri sul davanzale della finestra e sospirò, guardando l'aria triste dell'inverno. Era un vero miracolo che nessuno si fosse perso per strada, ammaliato dal fascino gelido della tempesta di neve. In realtà era sorpreso di sé stesso: non era facile che un tipo solare e amante del caldo come lui sopravvivesse ad una situazione del genere. Gonfiò un po' il petto, fiero di sé stesso. Keiichi gli si mise a sedere accanto.
«Ho sentito del pozzo» commentò solamente, guardandolo con la coda dell'occhio. Non poté che abbozzare un mezzo sorrisetto. Il principe lo guardò, cercando di trovare nei suoi occhi la ragione per cui gliel'aveva ricordato. Era genuinamente dispiaciuto oppure voleva prenderlo in giro?
«Già...» commentò il ragazzo, posando il gomito sul davanzale e distogliendo lo sguardo.
«Chi pensava che Ryuu fosse così peperina...»
«Mhm»
Cadde un certo silenzio, imbarazzante solamente per Khalil.
«Sai, Haidar, mi sorprende particolarmente che tu non ti sia allontanato nemmeno un secondo per cercarlo»
«Mi hai appena chiamato Haidar?» notò il castano, indicandosi.
«Certo. É il tuo primo nome, non capisco perché dovrei chiamarti Khalil. Troppa confidenza. Non siamo amici. E poi, non cambiare discorso. Ogni giorno i sempre mi cadono più in basso. Il mio amore di qua, il mio amore di là. Come ti sei consolato? Con Ada e Domina»
«Guarda che tra me e loro non c'è niente. E poi che dovevo fare?»
«Cercarlo?» lo stuzzicò il corvino, senza guardarlo mai negli occhi. Il ragazzo cercò di calmarsi, sapendo che l'altro voleva solo una reazione da lui.
«Non sapevo nemmeno da dove iniziare! E poi c'erano altre cose da fare, capisci...non era solo lui. Eravate tutti!»
«Ma adesso sai dov'è» gli fece notare Keiichi, sospirando e accavallando le gambe.
Khalil deglutì. Era vero. Ma nonostante questo non si era avvicinato proprio al pozzo dei desideri. Era un luogo cupo, come se la sparizione di Jamil l'avesse deturpato. Le piante si comportavano in modo strano. Dal pozzo risalivano rampicanti — o forse erano animali? — terrificanti. Spesso mandavano qualche volontario coraggioso ad estirparli. Non tutti riuscivano a sorpassare il muro di arbusti che si era creato, e nessuno insisteva sull'andare avanti.
Keiichi gli si avvicinò all'orecchio. «Sai che devi fare» sussurrò, e Khalil sentì un brivido lungo la schiena. Era vero. Sapeva cosa doveva fare.
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Il muro di rampicanti sembrava guardarlo, per quanto era alto e vivo. Le piante, in costante movimento, spesso si fermavano dopo aver puntato nella sua direzione, e aprivano una bocca piena di denti. Era da diverso tempo che nessuno andava a controllare il pozzo e la situazione era diventata ingestibile. Forse non erano nemmeno piante. Sembravano una sorta di vermi abissali, risaliti in superficie per qualche ignota ragione. Khalil chiuse gli occhi e si aprì un varco usando la scimitarra. Ignorò il liquido — forse era sangue? – che gli era schizzato addosso e ci passò attraverso. Il muro emise qualche verso soffocato di sdegno, ma non osò opporsi più di tanto.
Il pozzo era davanti a lui. Tondo e miserabile come lo era da anni. I mattoni scrostati sembravano più cupi del solito. Uno era perfino caduto a terra. Evidentemente uno dei volontari precedenti non aveva avuto la forza e la voglia di rimetterlo al suo posto. Sull'arco un tempo contornato da rose erano rimasti solo rampicanti e altre strane creature. A differenza di quelle del muro, queste erano sottili e senza bocca. Sembravano nastri di velluto rosso. Alcune erano avvolte sull'arco, altre su una pala abbandonata. Khalil cercò di evitarle, ma non appena percepito il suo movimento una di queste gli si attorcigliò alla gamba con così tanta forza che il principe credette davvero che gli si sarebbe staccata. Tagliò l'animale con l'arma e rabbrividì. Le sue compagne, messe in allerta, non si mossero. Il giovane si avvicinò al pozzo e ci guardò dentro.
«E pensare che un tempo qui si esprimevano desideri» mormorò, mogio. Nonostante la luce fioca, riusciva a vedere il fondo. O quello che sperava fosse il fondo. Era rosso sangue, e denso. Cercò con lo sguardo il secchio. Lo trovò e scacciò il "nastro" che si era avvolto sul manico. Ci legò una corda e lo buttò giù. Quando lo tirò su, notò con sollievo che non era sangue, ma acqua, nemmeno scarlatta. Ne era così certo perché altrimenti l'odore gli avrebbe stimolato un certo appetito. Vide qualcosa muoversi all'interno del secchiello e quasi gli mancò un battito. Era un pesciolino, o meglio una lisca. Pareva comunque dotato di coscienza propria. Agganciato ad una delle spine c'era un anello. Khalil lo guardò. Era un diamante blu.
Si arrampicò sul bordo. Gettarsi senza niente gli sembrava sciocco e futile. Si mise l'anello all'anulare libero, poi prese una corda e la legò ad un albero. Con un bel respiro si decise a scendere. Il peggio che poteva succedere era solamente trovare qualcosa di brutto, tipo il cadavere del suo Jamil, e dover risalire. Il pozzo era di forma regolare, ma per qualche ragione gli sembrava di scendere in un cunicolo dalle mille deviazioni. Forse avrebbe dovuto portare una lampada. La luce era fioca. Improvvisamente sentì uno schiocco sordo, come qualcosa che viene tagliato con un gesto netto. Nemmeno il tempo di pensarci che cadeva nel vuoto.
Ad accoglierlo fu l'acqua. Fu abbastanza grato da esserci vicino, perché altrimenti sarebbe morto in ogni caso. Sbatté diverse volte le palpebre, alla ricerca di un bagliore di luce. Pian piano gli occhi si abituarono al buio. Riuscì a distinguere qualcosa: la ragione per cui a vedersi l'acqua sembrava rossa era perché la sabbia sul fondale era di quel colore. O almeno così pensava, dato che non riusciva nemmeno a vedersi i piedi. Poté però distinguere di trovarsi in un enorme, sconfinata foresta di sargassi. Era infastidito e terrorizzato dalla loro presenza. Erano il posto perfetto per nascondere qualcuno...o qualcosa. Da quanto ne aveva studiato a scuola, erano molto lunghi. Ma non immaginava potessero essere così enormi. Parevano piuttosto arbusti.
Vide un'ombra enorme sotto di sé. Deglutì, incerto in che direzione nuotare. Non voleva allontanarsi dal pozzo, perché magari qualcuno si sarebbe accorto della sua scomparsa. Allo stesso tempo voleva esplorare (o fuggire) quell'oceano sotterraneo. Gli sembrava incredibile che si trovasse sotto la scuola. L'ombra si delineò grazie ad una luminescenza su di sé, ed emerse in superficie. Khalil si tranquillizzò un po'. Era una balena. Non erano aggressive nei confronti umani, no? Erano tranquille. Avrebbe preferito non esserne risucchiato, ma era un ricorso storico. Forse Dario sapeva come risolvere la situazione. Un po' più rilassato, nuotò nella sua direzione. L'animale, calmo, non fece nulla per allontanarlo.
Improvvisamente percepì un movimento subacqueo. Dallo spostamento d'acqua, capì che non si trattava di una balena. Era qualcosa di molto più grande. Quel "qualcosa" emerse improvvisamente dall'acqua e con un saltò prese la balena tra i denti. Dopo averla dilaniata, gettò il cadavere accanto a Khalil. Altre due creature della stessa specie emersero poco dopo, circondando il ragazzo. Non sembravano averlo visto.
«Ti ho detto che l'avrei uccisa» esclamò quello che doveva essere un ragazzo. Aveva la pelle di un verde scuro che somigliava al colore dei sargassi. I capelli erano di blu tendente al verdognolo, che gli ricadevano appiccicaticci sulla fronte. Nonostante sembrasse una creatura marina non aveva le branchie. Anzi, sembrava piuttosto umanoide. Khalil rimase completamente in silenzio, cercando di non essere udito o notato. Erano enormi. Forse non era alto nemmeno quanto il loro dito.
«Avrei fatto di meglio» ghignò la ragazza, mostrando i canini. La vera preoccupazione del principe era l'altro. Sembrava più piccolo dei compagni, e scrutava la superficie dell'acqua con gli occhi dorati. Ogni tanto si immergeva fino al naso e rimaneva in silenzio.
«Certo, certo» la rimbeccò quello che aveva ucciso la balena.
«Ragazzi» mormorò infine il più piccolino, indicando Khalil. I due si immersero di più, cercando di mettere a fuoco l'esserino.
«Ma guardalo. Un umano» lo derise la ragazza, sollevandolo per la maglietta.
«Proprio così» rispose intimidito il castano, facendosi piccolo piccolo...non che servisse.
«E voi?» aggiunse, cercando risposte. Guardò verso l'alto, alla ricerca del cielo.
La ragazza rise e si coprì la bocca con l'altra mano. «Ci ha chiesto cosa siamo noi! Ma insomma, non riesci a fare un semplice ragionamento. Siamo sotto il pozzo dei desideri, quindi siamo creature che esaudiscono i desideri»
«Siete dei...jinn?» chiese preoccupato.
«Non chiamarci jinn!» esclamò il più piccolo, scuotendo la testa e agitando le braccia.
«Siamo marid! I marid sono la specie migliore dei jinn! Siamo i più forti!» concluse offeso. Il più grande gli mise una mano sulla testa, per calmarlo.
«Ah...ah» sorrise terrorizzato. «Quindi siete voi che...sussurrate le risposte quando si esaudisce un desiderio»
«Certo. Beh, non proprio io. Lo fa la mia mamma» esclamò fiera. «Cosa dovremmo farci con lui?» aggiunse poi, rivolgendosi ai fratelli.
«Vendiamolo a Budur! Secondo te ci darà abbastanza monetine per...per il regalo alla mamma?» chiese il più piccolo.
«Perché non usiamo la sua cassa toracica per farci un anello? Lo apprezzerà di più»
«Noo, poi si arrabbierà perché non gliel'abbiamo portato»
Khalil si agitò. «Che ne dite se mi lasciate risalire?» propose. Mai dire mai.
«No» risposero tutti e tre all'unisono, tornando a bisticciare. Okay, doveva ammettere di avere un po' d'ansia. Forse doveva trovare una scusa, o iniziare a pensare alle reazioni di tutti se fosse morto.
«Conoscete un jinn?» chiese improvvisamente. «Più basso di me. É ehm, azzurro. E ha i capelli blu»
Si guardarono. «Mhmm...» iniziò la ragazza, immergendosi ancora di più, pensosa.
«Credo di sì. Non molto tempo fa è caduto qualcuno di simile a quello che descrivi. Ho cercato di prenderlo ma mi sfuggiva come un pesce fuor d'acqua. Non sarà andato lontano. Se non é annegato se lo saranno mangiato i vermi» commentò infine.
«Era un ifrit! Io odio gli ifrit!» esclamò il piccolo.
«Niente più discussioni politiche con baba» si lamentò il maggiore, tirandogli le orecchie.
«Beh, se arriviamo tardi mamma ci mangia» bofonchiò la ragazza, e si immerse. Forse loro respiravano sott'acqua. Khalil no.
Improvvisamente la ragazza lasciò la presa e il principe ne approfittò per risalire in superficie, ansimando. Parte dell'acqua era congelata. La marid ci si avvicinò. «Ma che é?» strillò imbestialita. Il castano ne approfittò per salirci sopra. Sembrava abbastanza solida. Una corda discese dall'alto e Khalil ci si aggrappò immediatamente. Il più piccolo cercò si tagliarla con gli artigli, ma riuscì a staccare solo il pezzo sotto il ragazzo. Deluso, se la avvolse attorno alle corna e si immerse. Il principe si aggrappò al bordo del pozzo e Kay lo tirò su.
«Posso sapere che ti é saltato in mente?» strillò il principe delle nevi. La terra tremò, segno che i tre fratelli non erano felici dell'accaduto. Il Gran Maestro rovesciò nell'acqua ferro liquefatto. Con strilli da parte dei marid, tornò la calma.
«Cosa...come?» esclamò confuso il principe, ancora tutto bagnato.
«Ti ho chiesto che cosa ti é saltato in mente. Perché ti sei buttato?» ripeté deciso Kay, scuotendolo per le spalle.
«Non mi sono buttato. Hai idea di cosa ci sia là sotto? É un mondo completamente diverso!» esclamò. Ora che era al sicuro ne era completamente meravigliato.
«Haidar Khalil scopre che la selva é composta anche da altre creature» commentò aspro il Gran Maestro.
«Grazie per avermi salvato, Kay.» commentò infine, mogio, il principe. Abbassò lo sguardo e lo abbracciò.
«Cosa hai visto là sotto?» chiese a quel punto l'altro, staccando uno dei vermi dai calzoni fradici del castano.
«È un oceano! È incredibile. C'erano una balena, tanti sargassi, poi pesciolini a forma di scheletro. E tre marid»
«Tre?» chiese perplesso Kay, trascinandolo nell'Accademia. Così bagnato sarebbe morto assiderato.
«Sì. Tre fratelli»
«Strano»
«Perché?» chiese il più alto, inclinando il capo.
«Perché ho fatto diverse ricerche, ed era una sola in un lago, non in un oceano. Evidentemente ha trovato un compagno...»
«Non parlarne come se fossero animali» lo redarguì Khalil.
Kay si massaggiò le tempie.
☆.。.:* 🐡 .。.:*☆
Ho bisogno di spiegare diverse cose. La prima é che non avrei buttato nel nulla tutta la ricerca che avevo fatto sui jinn. La seconda é che non so cosa sto facendo della mia vita. Sostanzialmente ho pensato: "wow i jinn vivono sottoterra e i marid nell'acqua...chissà coMe PoSSo ComBiNarE tuTto"
Mi scuso per voi che dovete leggere le mie minchiate ogni qual volta pubblico. Però volevo anche esplorare oltre l'Accademia, nonostante sappiate che io e il worldbuilding proprio ciaone
Enniente. Ho la lore di tutti i personaggi apparsi, se a qualcuno interessa. Ah, comunque. Le balene sono lunghe attorno ai 24 metri. Se a qualcuno interessa la lunghezza dei marid, ci avviciniamo agli 80 m.
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