estratti dal prologo, in quattro lingue


Los Cinquedraghi no eran una familia cualquiera.

Y no lo eran tampoco sus funerales.

Tres Lancia Thesis de color azul estaban estacionados uno al lado del otro en el patio interno del Palacio Cinquedraghi. Alrededor de los coches se paseaban los policías de civil y los ex miembros de los cuerpos especiales. Marco los seguía con la mirada, mientras se movían con movimientos geométricos y susurraban a sus auriculares. Evidentemente su padre quería aprovechar el funeral del año para impresionar a la opinión pública y a adversarios políticos exhibiendo una escolta de Rockstar. Levantó los ojos hacia la embocadura de la escalinata helicoidal. En los peldaños, junto a las columnas en par, estacionaba el enésimo hombre de la escolta, pero no había todavía señales del honorable Tommaso Cinquedraghi.

Marco, vestido de negro de la cabeza a los pies, comenzaba a pensar que había dejado su recámara demasiado pronto. Había llegado al patio enervado por el teléfono móvil que continuaba sonando, exasperado por las notificaciones de correos electrónicos y mensajes que parecían un río crecido y por el ir y venir de amigos que querían hacer un homenaje a la familia. Llegado al patio, no había dejado de moverse, consumiendo los adoquines a fuerza de caminar de un lado a otro. Tenía un extraño frenesí y el deseo de dejar ese día atrás, de una manera u otra.

Quería "enlodarlo", para usar una palabra que a su abuelo no le gustaría. Luego se ocuparía de aquello en que se había convertido su vida, ahora que estar solo había adquirido un significado tan radical. El pensamiento de que su abuelo no estuviera más le sonaba, todavía a tres días, muy extraño. Era una suerte de disparate, ante el cual se movía cauteloso, como frente a una verdad a medias que no va a tono con el sentido común.

(....)

Non appena Tommaso si accorse di lui divenne più serio, e i suoi occhi neri si fecero severi. Lo guardò dall'alto al basso. Era rimasto uno dei pochi a poterlo fare, un po' perché Marco superava il metro e ottanta di altezza, un po' perché era il tipo di occhiata che solo un Cinquedraghi poteva permettersi. E ormai con quel cognome erano rimasti solo loro due.

«Marco, sai cosa devi fare».

«Sì, papà».

«È un funerale di Stato. C'è il presidente. E ci sono le televisioni».

«Lo so, papà».

«Quindi ricorda»

...contegno...

«contegno»

...riserbo...

«riserbo»

...e distacco...

«e distacco».

«Sì, papà» annuì, rassegnato a sentirsi dire sempre le stesse cose, nonostante non avesse mai, in tutta la sua vita, dato prova di non averle capite.

«E niente scenate» lo squadrò. «Sei un Cinquedraghi».

Scenate... Marco non ricordava di averne mai fatte, anche nel concetto allargato di suo padre che considerava come eccessi sentimentali perfino le lacrime, ridicole in privato e inammissibili in pubblico. E i funerali non facevano eccezione.

Marco non si scompose, non aveva alcun desiderio di piangere. Non era neppure certo di saperlo fare.

Non aveva pianto neanche per suo fratello Riccardo, morto due anni prima, all'età di diciassette anni, e non avrebbe pianto per suo nonno. E, poco ma sicuro, non avrebbe versato una lacrima per suo padre, quando fosse venuto il momento.

Annuì e lo seguì sull'auto blu.

II


La cérémonie durait depuis des siècles, quand Marco eut l'impression que sa cravate se resserrait autour de son cou. Il avait chaud ; pourtant, en cette journée de février, l'église était glacée. Ancienne, grandiose, elle était appelée la Rotonde à Rome.

L'association d'idée lui rappela un souvenir enfoui, d'une journée vécue lorsqu'il était enfant.

Son grand-père jouait les guides pour quelques amis anglais en visite, et il l'avait emmené avec lui dans une de leurs excursions à la découverte des merveilles de Rome. Marco, fatigué par les discours des adultes, s'était éloigné et avait commencé à errer entre les édicules et les niches, le nez en l'air, hypnotisé par la géométrie des opus sectile. Ainsi, il était arrivé jusqu'au centre du dallage usé, juste en dessous de l'oculus. Et, tout d'un coup, une idée lui était venue, qui aurait pu frapper n'importe qui se trouvant ainsi au centre d'un cercle, mais que seul un enfant pouvait mettre en œuvre. Les bras écartés, il avait commencé à tourner sur lui-même, encore et encore, jusqu'à en perdre l'équilibre. Il avait atterri par terre et s'était cogné la tête. Et son grand-père, même s'il était toujours très respectueux des lieux de cultes, ne l'avait pour une fois même pas grondé.

Le souvenir de cette sensation évoqua en lui un écho du vertige qu'il avait éprouvé alors. Il battait à peine des paupières, mais d'un seul coup, il fut frappé de la certitude que l'espace tout autour de lui était en train de bouger. L'immense coupole à caissons, qui lui avait toujours semblé ne tenir que par miracle, semblait tourner au-dessus de sa tête, tandis que l'église se déformait, semblait presque s'élargir autour de lui, comme du métal en fusion avant d'être travaillé.

L'espace, rythmé par les pilastre, les colonnes et les marbres polychromes, commença à pencher vers la gauche, avant d'accélérer le mouvement et de se mettre à tourbillonner sans fin, presque jusqu'à revenir à sa position initiale. Le cercle. La rotonde.

III

A Marco la stanza di Mercurio proprio non piaceva. Era un enorme salone barocco, con finestre solenni e affreschi dedicati al messaggero degli dei. La ridondanza delle colonne e l'opulenza degli stucchi creavano un immediato senso di distanza. Era stata fatta per quello: celebrare la ricchezza e il potere che ne deriva.

Suo padre lo attendeva con un cognac in mano. Aveva versato solo per sé. Marco stava ancora camminando verso di lui quando l'altro annunciò: «A settembre parti per la Svizzera».

Quelle parole ebbero l'effetto di bloccarlo sul posto, come un muro di granito sorto all'improvviso.

«La Svizzera?» ripeté. «Che ci vado a fare in Svizzera?» «Ti ho iscritto all'Albion College» dichiarò.

La reazione di Marco tardò. Per un istante rimase sospeso su quel nome, Albion, che aveva sempre fatto parte della sua vita, ma che aveva sperato non facesse parte del suo futuro.

«All'Albion?» domandò, rompendo il silenzio. «Avevamo già deciso, due anni fa, che non ci sarei andato».

«L'aveva deciso tuo nonno, non io» puntualizzò.

«Sì, però, dopo quello che è successo a Riccardo...»

«Che diavolo stai insinuando, Marco?» irruppe. «Tuo fratello ha avuto un incidente. La scuola, naturalmente, non c'entra».

«Io dico solo che...»

«Non puoi mancare di rispetto all'Albion» scandì.

Marco deglutì. Quell'istituzione in famiglia era percepita come qualcosa di sacro.

«Tuo nonno si è diplomato all'Albion, io mi sono diplomato all'Albion. Ora tocca a te».

«Ci si immatricola a quindici anni» obiettò, la gola serrata, «e mi era parso di capire che non si entra in corsa».

«Gli altri non possono. Tu sì» chiarì. «Ti hanno ammesso direttamente al terzo anno». Bevve il suo cognac. «Come vedi, il problema non esiste. Si tratta di un grande privilegio».

«Ma il nonno era contrario...»

«Tuo nonno è morto. Non ha più voce in capitolo. Puoi andare».


How could something like this be decided this way? His father answered these unspoken questions in his own manner, by turning his back. Marco left the room. Going back down the corridor to his room, under the gaze of his ancestors, Marco again brought his hand to his throat. He'd taken his tie off; he didn't understand what kept choking him. Maybe it was anguish. Maybe it was shock. Maybe it was his need to release the rage that had been building up for so many reasons. He closed the door behind him and realised he was drenched in sweat. He whipped off his jumper and, when he tore open his shirt, all the buttons scattered to the floor.

The room began to spin, just like in the church.

When he felt the cold marble against his cheek, he realised that the funeral had taught him another lesson. If you deal with stress on an empty stomach, you'll end up fainting. And if you're a Cinquedraghi, you should have the decency to do it in your own room. Where no one can see you.


Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top

Tags: