Capitolo 16

Strinsi la sua mano.
<< Si. >> dissi in un sussurro.

Mi aiuti a salire sopra la ringhiera.

Trascino la sedia accanto a lui, e io ci sali sopra, ma non vedevo ancora nulla, gli alti alberi davanti a me, impedivano che io vedessi qualsiasi cosa.

<< Cameron... >> sussurrai nuovamente.
Ormai sembrava che la mia voce, fosse nascosta in qualche grotta all'interno della mia gola, timida, e non ne voleva sapere di suonare ferma e forte, o perlomeno udibile.
<< Non vedo. >>

<< Si, Zoe. >> disse guardandomi negli occhi mentre ancora mi teneva la mano, e me l'accarezzava dolcemente.
Persino da sopra la sedia continuava ad essere più alto.
Mi sentivo strana.
Lui era strano.
Tutta la situazione che si era venuta a creare era STRANA.

<< Metti il piede qui. >> indicò la ringhiera di fronte a me, che hai miei occhi era troppo sottile per salirci sopra, e poi come potevo farlo, se eravamo a un altezza di almeno quattro metri e mezzo dal suolo, e per me che soffrivo di vertigi era come se mi chiedesserò di entrare direttamente nelle fauci della tigre.

Lo guardai negli occhi disperata, e per un attimo mi ci persi dentro.
Erano di un marrone scuro, così comune, ma altrettanto bello, che mi dimenticai di tutto quello che avevo attorno e misi un piede sulla ringhiera.

<< Ti tengo!>>

Misi anche l'altro piede, lui sul momento mi afferrò il bacino stringendomi e impedendomi di cadere, era come se due grosse catene in ferro mi tenesserò ancorata alla mia posizione.

<< La vedi. >> mi chiese, mentre con una mano mi indicava la sua posizione, e con l'altra circondò la vita.

<< Eh. >> sussultai io, distogliedo lo sguardo dal suo viso.

La luna sopra di me era, come aveva detto lui.
Diversa.

Era grande e luminosa, non del solito giallo formaggio, ma di un bianco quasi avorio, come se risplendesse di una luce tutta sua.

In quel momento sentì quasi che se avessi sollevato la mano verso di lei avrei potuto toccarla.

Mi alzai sulla punta dei piedi, distendendo il braccio.

Ma in quel momento qualcosa andò storto.

Qualcosa mi pervase la mente, una luce bianca mi riempí gli occhi che chiusi improvvisamente.

Portai il piede sinistro in avanti cercando di ricompormi, dimenticandomi che in quel momento ero praticamente sospesa in aria, se non fosse per la sottile ringhiera di ferro.

Persi l'equilibrio, cadendo davanti.

<< Cam!>> urlai spaventata, mentre scivolavò dalla sua presa.

I secondi dopo trascorserò quasi a rallentatore.

Sentivo delle voci provenire da fuori il cancello.
Sentivo la mia voce isterica che urlava dalla paura.
E sentivo la paura negli occhi del ragazzo di fronte a me.

Era tutto così tremendamente logorante.

Come il gatto che giocava con il topo, sembrava che anche la morte mi dava qualche secondo in più per osservare la realtà, prima di avvolgermi nel suo freddo abbraccio.

Ma proprio all'ultimo, Cam prese la mia mano, proprio quando ero sicura che ero spacciata.

<< Zoey, afferrami forte e non lasciarmi per nulla al mondo.>> quasi gridò, mentre mi tirava sù.

Afferai il suo avambraccio con l'altra mano, ancorandomi a lui.

Ricordo bene il suo sguardo quella notte.

Alla fine mi tiro su con un ultimo sforzo, facendomi ricadere su di lui.

Mi strinse in un abbraccio, buttandosi a terra, mentre mi accarezzava la schiena cercando di consolarmi.

Le lacrime uscivano da sole, per quando io oddiassi piangere in pubblico.

<< Va tutto bene Zoe, tutto bene. >>

Ci misi qualche minuto a calmarmi, ancora stretta tra le sue braccia.

<< Sono arrivati i tuoi >> disse a un certo punto sollevandomi da terra e portandomi sul letto.
<< Credo che ora dovrei andare. >>

Strinsi forte la sua mano.

Sentivo i suoi occhi su di me.

<< Okey. >> disse alla fine.
<< Sta arrivando tua madre. >> bisglio.

<< Nasconditi sotto il letto, sbrigati. >>

Non mi fece finire la frase che lo senti divincolarsi sotto di me.
Pochi secondi dopo entrò mia madre, appena in tempo per non accorgersi di nulla.

Feci finta di star dormendo.

<< Zoe dormi?>> chiese dolcemente lei, dalla soglia della porta.
Non, le risposi.
Poco dopo se ne andò.

<< Se n'è andata? >> chiese Cam da sotto il letto.
<< Si. >> bisbigliai.
<< Puoi uscire fuori. >>

Lo senti divincolarsi sotto il mio letto,
uscendo allo scoperto poco dopo.

Rimasi seduta sul letto , imbarazzata dalla situazione, i miei occhi correvano per tutta la stanza cercando do evitare kl sul sguardo.

Rimasimo in quella situazione per un paio di minuti.

<< Bhe... Cos'è, tu non dormi senza la canzoncina della buonanotte?>> chiese lui sbeffegiandomi.

<< Ah ah ah, che simpatico. >> dissi io alzandomi, uscendo in balcone.
<< Prego sei liberissimo di andartene. >>
Mi risedetti sulla sedia.

<< E dai non fare la permalosa. >>
Cam mi segui in balcone, appoggiandosi sulla ringhiera di fronte a me.
Si sistemó i capelli, mentre era intento a scrutare il cielo scuro sopra di noi.

Non potei fare a meno di pensare a quanto fosse bello.
Mi sarebbe piaciuto alzarmi e infilare una mano fra i suoi capelli, sembravano così morbidi e profumati...

Si voltò improvvisamente verso di me, distolsi lo sguardo imbarazzata perché mi aveva colto a guardarlo.

Sentivo il suo sguardo bruciare su di me, mentre cercava nelle tasche dei sui jeans il pacchetto di sigarette.

Sentivo le guance che mi bruciavano, poggiai la mano fredda sul viso, sentendo il contrasto con la mia pelle bollente per la figuraccia appena fatta.

Ero a conoscenza del fatto di essere diventata tutta rossa, ma non volevo che anche lui lo vedesse, anzi mi avrebbe dato fastidio che lo vedesse qualsiasi persona.

Non ho mai sopportato il fatto che in un momento anche di minima vergogna diventassi rossa, e ancora di più che le persone mi vedesserò piangere, mi dava fastidio che le persone mi potessero vedere in un qualsiasi momento di debolezza, perché sapevo che poi ne avrebbero approfittato.

E per quanto io potevo essere debole, triste e sola, il mio orgoglio non mi avrebbe mai permesso di darlo a vedere.

Era in sé il mio bene essenziale, ma anche il mio male principale.

Mi proteggeva dalla cattiveria della gente, ma mi limitava anche in molte cose.

<< La smetti di guardarmi per favore!?>> sbottai alla fine.

Lui sorrise.
<< È una domanda oppure... >> domandò lui divertito.
<< No, smetti di guardarmi e basta. >>

Mi guardò per qualche altro secondo, il suo sguardo era ancora più divertito di prima.

<< Va bene. >>
<< Però ho notato che quando mi guardavi tu era tutto apposto.>>

Alzai gli occhi al cielo, esasperata, mentre raccoglievo la coperta da terra.

<< Pensala come ti pare.>> sbuffai coprendomi.
<< Perché sei sempre così acida, sai che se continui di questo passo non trovarai mai un fidanzato. >> mi ammonì lui, accendendosi una sigaretta.

<< Non ho bisogno di un fidanzato. >> risposi io fredda, mentre mi coprivo ben bene con la coperta.

<< Oh si che ne hai bisogno. Immigina ora saresti con lui a fare jogging invece di stare qui con me. >> ripete lui deciso.

<< Pensala come ti pare. >>

<< Secondo me non hai mai avuto un fidanzato. >> se né uscì alla fine, portandò la sigaretta alla bocca.

<< Preferisco stare da sola. >> risposi io incrociando le braccia al petto.
<< Vuoi che me ne vada? >>
<< Smetti di fumarmi nel balcone. >> dissi alzandomi dalla sedia e entrando dentro la mia stanza.
<< Non hai risposto alla mia domanda. >> precisò lui.

<< Fa come ti pare.>> gli risposi mentre chiudevo la porta del balcone.

Volevo dormire e non stare a sentire lui che mi ricordava che la mia vita faceva schifo.
<< Zoe. >> mi chiamo lui, mi girai a guardarlo.
Oltre al vetro vedevo i suoi occhi castani soffermarsi un ulteriore volta su di me.
<< Il tuo orgoglio ti ucciderà. >>



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