Ventisettesimo
Steve entrò nella tenda in cui si era rifugiato Bucky; quest'ultimo dopo essere stato soccorso per le lievi ferite riportate, aveva trovato un piccolo spazio isolato dove riposarsi. La confusione nella sua mente era come un tornado che spazza via ogni certezza e sicurezza.
Era arrabbiato, non solo per il semplice fatto che Steve non lo aveva ascoltato, che avesse messo a rischio la sua vita per la sua stupida ostinazione, per dimostrare a se stesso di potercela fare, ma anche per aver perso una parte di lui.
Quello era Steve, il siero non aveva cambiato i suoi sentimenti o il suo carattere, e neanche i tratti del suo viso, ma Bucky sentiva che presto o tardi, tutta quella forza avrebbe portato a qualcosa che il ragazzo dai capelli chiari non sarebbe riuscito a controllare.
«Hey Buck, tutto bene?» Rogers gli diede una lieve pacca sulla spalla, sedendosi accanto a lui.
Non ricevendo alcuna risposta, si avvicinò di più a lui, domandando con la fronte aggrottata: «Qualcosa non va?»
Bucky si rigirò i pollici, parlando con sincerità, come aveva sempre fatto:
«Si. Non va affatto bene, Steve. Non dovevi immischiarti in questo casino.»
Cap si accigliò confuso; «Come scusa? Sono qui con te, ti ho raggiunto. Sono il soldato che ho sempre sognato di diventare, l'uomo sano e forte senza alcun problema, sono al tuo fianco.»
«Non capisci proprio, vero? Credi di rendere felice gli altri, di apparire il super soldato, un esperimento in provetta ben riuscito, ma in realtà hai fatto tutto questo per te stesso. Io ti conosco, Steve, meglio di qualsiasi altra cosa; è vero, hai sempre voluto spaccare il culo ai bulli, ma stavolta è diverso.»
Bucky serrò le labbra, voltandosi verso l'altro: «Tu non sei questo, Steve. Tu sei molto di più. Non hai bisogno di essere forte ed invincibile, perché tu sei sempre stato un eroe. Il mio eroe.»
Steve restò in silenzio, con le labbra semichiuse, ed un pizzico di disgusto e confusione in volto.
«E adesso guardati, guarda quello che abbiamo intorno! Hai la guerra negli occhi, un buco nel petto, e la vita che sognavi. Me è davvero questo quello che hai sempre desiderato? Tu eri la mia unica speranza di ritornare a casa, eri l'occasione di poter ritornare alla normalità. Ma adesso eccoti qui, con me, pronto a morire per una battaglia troppo grande per tutti.»
Bucky si alzò in piedi con fare barcollante, camminando lentamente verso l'uscita. La forte mano di Steve gli afferrò il polso, costringendolo a voltarsi verso di lui, adesso in piedi.
Non erano certo abituati a guardarsi faccia a faccia, alla stessa altezza. Faceva un certo effetto.
«Quando ho sentito pronunciare la tua divisione dai soldati reduci della missione, ho avuto la sensazione di essere stato soffocato, potrei stare qui a descriverti il mio terrore, a fare un disegno di quel mostro, ma non riusciresti a capire comunque. Ti prego, adesso siamo qui, non importa come o perché, finalmente siamo insieme. Non mandare tutto a monte.» Steve scrollò la testa ridendo con dolcezza «Non cercare di tenermi il broncio, perché altrimenti appena torneremo a casa, sposterò il tuo letto di nuovo in soffitta.»
Entrambi risero. La voce di Steve non era cambiata, le sue parole avevano sciolto Bucky, come sempre.
«Oh no, la prego signor Rogers, la soffitta no.» rispose con un debole tono sarcastico, mentre Steve tirava fuori qualcosa dalla tasca dei suoi pantaloni.
Fece passare fra le dita il piccolo oggetto luccicante, e lo lasciò dondolare difronte ai loro occhi.
«La collana di mia madre.» sussurrò il moro meravigliato.
«Sai, quella lettera strappa lacrime sul nostro quaderno mi ha fatto sbellicare dalle risate. Non ti facevo così sdolcinato, sergente.» le labbra di Steve si alzarono in un tenero sorriso, incantato dalla sorpresa negli occhi di Bucky.
«Grazie per averla tenuta con te, Steve. Grazie.» mugugnò Bucky, ancora troppo emozionato. Il biondo poggiò una mano sulla sua spalla, stringendo con forza, qualcosa che Bucky non si sarebbe mai aspettato.
«Io ti amo. Ho il terrore di dirlo ad alta voce, ma è proprio il fatto di saperlo che mi fa' sentire libero. Che ne dici di provare ad essere liberi, insieme, in questa guerra?»
«Fino alla fine?» domandò James alzando un sopracciglio, sarcastico.
«Fino alla fine.» annuì Cap, camminando al fianco di Bucky.
«Ho notato che hai una spasimante, bel biondo.» lo provocò il maggiore con il solito tono spiritoso, mantenendo un atteggiamento freddo difronte agli altri.
«Cosa?!» sbottò imbarazzato Steve, quasi inciampando su un sacco a pelo in terra.
«Suvvia, capitano, la signorina Carter ha occhi solo per te.» constatò il moro a testa alta.
«I-io avevo sospettato qualcosa, ma...»
«Non balbettare come una ragazzina, non distruggere la nostra copertura... Non sei abituato all'attenzione delle pollastrelle. Sta tranquillo, se solo si azzarda a toccarti spedisco i suoi capelli a Hitler.» un mezzo sorriso maligno comparve sulle labbra di Bucky.
«Io non sono mai stato geloso delle tue ragazze.» aggiunse Cap, ingenuamente.
«Non sono abituato a vederti sbavare dietro delle signorine, non biasimarmi...» si giustificò lui, scrollando le spalle; «E poi, scommetto che ha perso la testa alla vista dei tuoi addominali da paura... Non negare, sono sicuro che ti ha visto mezzo nudo.» I due si fermarono vedendo arrivargli incontro proprio Peggy.
Bucky notò il rossore alle guance del suo Stevie, aggiungendo sottovoce: «La invidio parecchio, non vedo l'ora di scoprire anch'io cosa si cela sotto i tuoi vestiti... Tutto sommato, potrei abituarmi.»
Steve avrebbe voluto picchiarlo in quel momento, tutto gli era mancato di Bucky, tranne le sue battutine sconce.
«Capitano Rogers.» Carter si voltò verso Bucky, facendo un lieve segno con il capo: «Sergente Barnes. Mi dispiace interrompere il vostro incontro, sono certa che avrete tante cose di cui parlare, ma dobbiamo metterci in marcia. Abbandoniamo questo campo, ci aspetta una missione più a nord.»
Steve si fece serio, guardando d'istinto Bucky, con sguardo sicuro:
«Andiamo allora.» Rispose con sicurezza, impugnando la sua arma, camminando verso le tende ancora piene di provviste e munizioni pronte per essere caricare via, seguito da Bucky, che schivò la donna, accennando un'espressione sarcastica con la fronte, guardandola come per sfidarla.
«Smettila di essere così esuberante, e non provocarla.» lo rimproverò Steve continuando a camminare fieramente.
«Cosa posso farci? Ha cominciato lei.» si giustificò sempre nello stesso tono, facendo sorridere il capitano, che scrollò la testa leggermente. Tutto questo faceva sentire in un certo senso il moro a casa, forse Steve aveva sempre avuto ragione, forse quello che aveva detto nello scantinato da ragazzo, quando avevano fatto l'amore per la prima volta, era vero.
Bucky non sarebbe mai riuscito a dimenticare quelle parole, quell'episodio della sua vita, così inteso e speciale.
"Così realizzo che noi due non abbiamo bisogno di una casa, ci basta solamente stare insieme"
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