Capitolo 2 - Una famiglia completa

♤♡◇♧♤♡◇♧♤♡◇♧♤♡◇♧

Il viaggio in macchina era stato scandito per lo più dalle domande di Angela a Veronica.
Per lo più sulle sue abitudini a casa e se avesse qualche particolare preferenza per il pranzo, visto che mancavano poco più di trenta minuti alle tredici. Aveva fatto anche un accenno di conversazione con Francesco, che era rimasto ad ascoltare quanto le due si stessero dicendo, intervenendo qualche volta con una battuta o qualche domanda sulla scuola. Le sembrava tutto normale, sì insomma, per quanto normale potesse essere.

Una ventina di minuti dopo Veronica era scesa dalla macchina di sua zia e aveva osservato la casa: era grande, molto più grande di quanto si ricordasse. I muri bianchi e la grande porta in legno scuro la rendevano elegante, come in realtà anche le abitazioni vicine. La casa era circondata da un giardino di medie dimensioni, l'erba che sembrava essere appena stata tagliata e i vari cespugli e fiori posti vicino al muretto. Era così diversa da casa sua che a stento credeva fosse vera.

Aveva fatto per prendere la valigia dal bagagliaio, ma Francesco l'aveva fernata.

«Tranquilla, faccio io.»

Veronica aveva sorriso, recuperando comunque il suo zaino e l'altro bagaglio a mano «Grazie»

Lui aveva scosso la testa «Niente»

«Veronica! -Sua zia le aveva fatto cenno di avvicinarsi- Vieni, che ti mostro un attimo la casa»

La casa si apriva su un grande atrio, la scala per raggiungere il secondo piano si trovava proprio sulla sinistra mentre davanti alla porta di ingresso si apriva, a un paio di metri di distanza, una porta scorrevole in vetro che lasciava intravedere la cucina, mentre a destra una porta uguale dava l'ingresso sul salotto. Dopo che sua zia gliele aveva mostrate per bene, Veronica si era resa conto che cucina, sala da pranzo e salotto erano in realtà un grande living fatto ad L ribaltata, nessun muro a dividerele stanze. Sua zia le aveva fatto poi vedere che da una porta del soggiorno si arrivava al garage e che, sul sotto scala, in realtà c'era un piccolo bagno di servizio, abbastanza grande da contenere anche una doccia. Erano poi salite al piano di sopra, c'erano cinque camere e un bagno. Questo si trovava in fondo al lungo corridoio, ma Angela le aveva spiegato che in realtà in camera lei ne aveva uno privato. Camera sua era l'ultima porta a destra del corridio.

«Vado a mettere su qualcosa da mangiare e poi torno con il necessario tesoro»

Sua zia le aveva sorriso e poi si era trascinata Francesco dietro, chiedendogli di aiutarla con la pasta, così l'avevano quindi lasciata sola, e Veronica si era seduta sul letto, che era tanto comodo che quasi le faceva venir voglia di distendersi e addormentarsi.

La stanza era rettangolare, molto lunga ma non stretta, aveva fatto avanti e indietro per misurarla a spanne e aveva contato circa sei metri per la parte lunga e quattro per quella corta. Sulla parete della porta c'era il letto, con il comodino, e ai lati di questo delle mensole, due a sinistra e due a destra, anche se si era accorta solo successivamente, guardandole meglio, che c'erano delle fotografie che raffiguravano lei e sua madre. Questo le aveva scaldato un pò il cuore. Sulla parete davanti al letto, invece, si trovavano, in ordine, la scrivania ad angolo, poi una libreria bassa, che ricopriva quasi l'intera parete, anche se in realtà non arrivava fino all'angolo visto che c'era una porta di vetro, e sopra la libreria una televisione posizionata tra le due finestre. Veronica aveva notato solo dopo le due porte sulla parete di destra, tra cui era posizionata una piccola postazione trucco composta da mobile a cassetti, sedia e uno specchio retroilluminato, che lei aveva provato subito ad accendere, anche se doveva essere nuova perché era una delle poche cose, insieme alle mensole, non coperte da un telo bianco. Veronica aveva aperto entrambe le porte e aveva trovato una piccola cabina armadio, di circa due metri per due, e un bagno. Il fatto di avere un bagno in camera le aveva risolto un sacco di dubbi che aveva cominciato a farsi dopo aver scoperto di dover convivere con due maschi. Insomma, non era certo in un teen drama, o almeno lo sperava. Si era voltata incuriosita dalla parete di sinistra, ma non c'era niente se non un porta abiti affisso alla parete e una scarpeira bassa. La camera aveva tutti i mobili bianchi, intonsi, come se ci si aspettasse che qualcuno prendesse dei colori e la dipingesse a modo suo.

Aveva portato la valigia un poco più avanti visto che Francesco gliela aveva lasciata proprio dalla porta, che successivamente aveva chiuso. Poi, si era avvicinata alle mensole di fianco al letto, osservando meglio le foto. Sua madre doveva averne mandate alcune ad Angela, perché ce ne erano anche di lei da piccola. Ne aveva presa una in mano, una di quelle in cui sua zia e sua madre erano giovani, e aveva guardato i loro volti sereni. La porta, però, si aperta cigolando e scivolando sul pavimento, lasciando entrare sua zia, un poco trafelata, che pareva essere molto più felice di lei.

«Scusami tesoro, ti ho fatto aspettare molto?» Veronica non aveva fatto a meno di sorridere, negando con il capo

«No no, stavo solo guardando le foto»

La zia le aveva sorriso «Ti piacciono?»

«Sì, sono bellissime.»

«Bene, sai alcune le ho recuperate in soffitta, mentre altre me le ha mandate tua madre, speravamo potessi sentirti meno estranea con qualcosa di famigliare -Aveva fatto una piccola pausa per guardarsi intorno- Allora, cominciamo che se no non finiamo più, passami i vestiti che comincio ad ordinarli nella cabina»

«Certo» Veronica aveva spostato la valigia, portandola proprio davanti alla cabina armadio, e l'aveva aperta.

«Va bene, nel frattempo se vuoi sistemati le mensole e la scrivania, non so se hai libri o qualcosa che ti sei portata dietro» Angela le aveva sorriso dolce e poi, canticchiando, aveva cominciato a sistemare i vestiti.

Veronica aveva passato una quindicina di minuti abbondanti per decidere come mettere il computer e tutti gli oggetti di cancelleria che aveva. Era fissata con quel genere di cose: pastelli, penne, evidenziatori, matite, pennarelli, scotch, quaderni. Alla fine aveva deciso di posizionare il computer al centro della scrivania, con affianco un piccolo portapenne, l'astuccio e il suo diario, nei cassetti aveva riposto i quaderni nuovi, lo scotch di carta e tutte le penne, gli evidenziatori, i pennarelli particolari e i post-it che possedeva. Su una delle mensole sopra la scrivania, invece, aveva posizionato i libri per la nuova scuola, alcuni quaderni di quella vecchia, che probabilmente le sarebbero tornati utili per gli appunti, altri vari portapenne e organizzatori, che aveva suddiviso poi in base alla marca.
Si era girata verso la libreria vuota, dandole un'occhiata un poco frustrata. Non si era portata dietro molti libri, quindi aveva posizionato quelli che aveva nei primi scaffali, dividendoli talvolta anche con le foto che aveva trovato sulle mensole, in modo da utilizzare più spazio e lasciarne meno vuoto. Aveva sistemato i trucchi che si era portata via e e le cose per la doccia nel bagno.

«Come sei presa zia?» Si era voltata verso la diretta interessata e l'aveva osservata mente piegava con cura i suoi jeans e li riponeva piegati su uno dei ripiani.

«Abbastanza bene, ho quasi finito, anche se mi aspettavo meno vestiti... non mi sembrava così grande quella valigia.» Avevano riso. Veronica aveva fatto un po' effetto sottovuoto nella valigia, per farci stare più cose.

«Ah aspetta, ti do una mano.»

«Certo, piegami quelle magliette nel miglior modo che hai imparato -E si era beccata un occhiolino- E poi passamele che le metto a posto.»

Veronica aveva cominciato a passarle le magliette piegate una ad una e aveva notato come sua zia le stesse mettendo in odine per colore e per sfumatura, erano andate avanti per dieci minuti buoni a mettere giù magliette e a cambiare posizione di alcune per creare una sfumatura perfetta, dal bianco al grigio scuro, dal grigio all'azzurro, dell'azzurro al violetto, e via dicendo, fino ad arrivare al nero. Sua zia era poi sparita per un paio di minuti ed era tornata con delle tende, che sì erano leggere ma erano anche abbastanza ingombranti. Avevano aperto sia i balconi delle finestre sia quelli della porta di vetro, che portava sul piccolo terrazzino, da cui era possibile guardare verso Ovest, sapeva già che si sarebbe ritrovata a osservare il tramonto da lì, una di quelle sere, era una cosa che aveva dato quasi per scontato quando aveva capito che c'era una terrazza. Avevano messo le tende e successivamente si erano occupate del letto, mettendo copriletto e lenzuola.

«La postazione trucco ti piace?» Le aveva chiesto Angela mentre si guardava intorno, le mani sui fianchi.

«Sì, spero tu non l'abbia presa nuova solo per me.»

«No amore -Aveva ridacchiato- L'avevo comprata un paio di anni fa per me, ma sono sempre di corsa tra i turni in ospedale e il resto, e non l'abbiamo mai montata. Ho pensato potrebbe essere più utile a te che a me, a questo punto.»

«Zia?»

«Si cucciola?»

Veronica aveva stretto le mani tra loro dietro la schiena «Posso abbracciarti?»

«Certo!»

Si era ritrovata stretta tra le braccia di Angela, il volto sulla sua spalla. Sua zia aveva lasciato che fosse Veronica a decidere quando sciogliere l'abbraccio. Alla fine erano scese in cucina per finire di preparare da mangiare

«Hai detto quindi che pasta con il ragù ti va bene giusto?»

«Sì sì.»

«Allora aiutami un attimo, in freezer c'è del ragù di ieri, prendi una pentola e fallo scongelare, l'acqua bolle: preferisci spaghetti o mezze penne?»

«Mezze penne!» Non aveva poi ricevuto una risposta verbale, solo un sorriso e un cenno con la testa.

Veronica si era procurata una padella antiaderente e aveva acceso il fuoco, mettendo anche un filo di olio sul fondo, aveva poi preso il ragù da sopra il forno dove lo aveva appoggiato, visto che precedentemente lo aveva tirato fuori dal freezer, e lo aveva messo sulla padella, girandolo di tanto in tanto con un mestolo di legno. Anche cucinare era una cosa che le piaceva, anche se le faceva piacere farlo solo quando era in compagnia. Cucinare da sola le dava una noia immensa, e la faceva sentire sola, invece, in quel frangente, non si sentiva affatto sola, con sua zia Angela che canticchiava una canzone in inglese e la porta di casa che si apriva e si chiudeva, lasciando che i muri facessero passare la voce di Francesco al disopra degli altri suoni, fino a farla unire ai tipici rumori di una cucina in uso: il bollire della pasta, i mestoli che venivano posati e il friggere dell'olio. Francesco si era preannunciato di ritorno da una infinita spesa e fila al supermercato.

«Ma tuo fratello non si decide a tornare a casa?» Angela quella volta aveva ovviamente parlato con Francesco, che aveva alzato le spalle.

«Sarà da qualche parte in centro mamma.»

«È uscito ancora prima che uscissimo noi, e sono già le tredici e mezza passate, quando torna mi sente.» Aveva sorriso, divertita dal vedere Angela sguainare un cucchiaio di legno come se fosse l'arma più pericolosa del mondo.

Dopo pranzo in realtà non era successo niente di particolare, Francesco era rimasto un po' con loro e successivamente si era congedato a ripassare le ultime cose prima del rientro a scuola. Angela e Veronica invece si erano appostate sul divano e avevano cominciato a guardare un film su Netflix, commentando alcune scene e ridendo di tanto in tanto. Poi, verso le quindici e trenta, sua zia aveva cominciato a prepararsi perché aveva il turno in ospedale, Veronica lo sapeva ma, una volta rimasta da sola, davanti alle scene del film Giallo-Comico che continuava imperterrito ad andare avanti, si era sentita incredibilmente sola. L'altro fratello non era ancora rientrato, quindi si era abbandonata sul divano e aveva cominciato a scrivere con la sua migliore amica, un sorriso spontaneo le era comparso sulle labbra quando, pochi secondi dopo, la risposta le era arrivata, quasi impaziente, si erano chiamate. Veronica aveva preso a camminare avanti e indietro per la casa, stando lontana dalla camera di Francesco, probabilmente dormiva e non voleva disturbarlo. Aveva parlato con Lucrezia, la sua migliore amica, sia del viaggio in treno e delle persone più singolari che aveva visto salire, sia di sua zia e di Francesco. Lu, come era solita chiamarla Veronica, aveva riso di gusto ascoltando la ricostruzione comica di una conversazione che aveva avuto con un signore in treno ed era rimasta ad ascoltarla per tutto il tempo, consigliandola, rassicurandola e facendola sorridere. Non che in quella giornata i sorrisi fossero di certo mancati, ma ovviamente, aveva riso e sorriso più volte al telefono con Lu di quante non aveva fatto in otto ore che era lì. Avevano messo giù la telefonata solo quando i genitori di Lucrezia, dopo aver salutato Veronica, l'avevano chiamata per cenare. A quel punto, o forse solo pochi minuti dopo, anche Francesco era sceso sbadigliando

«Hey» l'aveva salutata con un cenno della mano e un sorriso.

«Hey, dormito bene?»

«Si -Francesco aveva ridacchiato- mi è preso l'abbiocco.»

«Immagino» Veronica aveva accennato un sorriso.

Francesco aveva girato la casa e Veronica si era seduta sul bracciolo del divano, mentre scorreva le foto e video sui vari social.

«Mia madre ti ha lasciato dei soldi per la cena?» Veronica aveva scosso la testa mentre si girava verso Francesco, che se ne stava in piedi dalla porta del salotto

«Non ho fatto caso, a che servono?»

«Quando ha il turno la sera ci lascia dei soldi per prendere qualcosa da asporto, tipo sushi, pizza, club sandwich, e pensavo che visto che oggi sei arrivata tu ne avesse lasciati.»

«No, in realtà a me non ha detto niente.»

Veronica si era alzata, lasciando il telefono sul divano.

«Di solito li lascia dall'ingresso ma non ci sono» Francesco le aveva indicato il mobiletto vicino alla porta

«E per terra? -Era andata verso la porta in legno della casa e si era accovacciata, poggiando le ginocchia sulle piastrelle fredde- Magari sono caduti, oh, eccoli. Sono finiti là in fondo.» Aveva allungato il braccio sotto al mobile di fianco alla porta, li aveva presi, e si era girata verso Francesco. Lui le aveva sorriso e lei glieli aveva passati, spolverandosi i pantaloni all'altezza delle ginocchia

«Cosa preferisci, il Sushi o il club sandwich?»

«Il sushi, ma non dovremmo aspettare tuo fratello?»

«Ormai sono le otto. Ho provato a scrivergli ma non mi risponde, quindi probabilmente sta fuori anche a cena.»

«Ah, va bene. Ma è normale?»

«Lui o il fatto che sparisca?»

Veronica aveva sorriso «Un po' tutto.»

Francesco aveva riso ma non le aveva rsisposto, Veronica aveva quindi capito che, probabilmente, era la normalità, e le aveva passato il listino del ristorante giapponese, dicendole che poteva scegliere quel che voleva, rimanendo tuttavia entro le sette portate.

Alla fine Veronica non aveva scelto niente di che per la cena, come antipasto dei ravioli di carne, che in teoria dovevano essere tre o quattro, non aveva molto fatto caso alla quantità, e degli involtini di verdure, come primo del riso alla cantonese e due nigiri, come secondo due uramaki e una porzione di sashimi. Successivamente, soli a casa, sia mentre mangiavano sia prima, avevano cominciato a parlare fino a finire tra le battute colme di ironia e alcune frasi spinose o piene di sarcasmo. Alla fine lui si era dimostrato una persona testarda e ostinata nelle sue opinioni, certo, ma con cui era incredibilmente facile avere una conversazione, in più, quando parlava della scuola e di ciò che avrebbe voluto fare in un prossimo futuro, gli si illuminavano tanto gli occhi che Veronica aveva quasi pensato che tanta dedizione non ce la metteva nemmeno lei, lui era quel tipo che, anche senza abilità speciali nello studio o facoltà che gli creavano delle facilitazioni, riusciva a studiare dando il massimo e a trattare in modo incredibilmente schietto gli argomenti, aveva un'innata capacità di conversatore, che spesso, come lei stessa non aveva potuto far a meno di notare nell'arco di quella serata tranquilla, si sviluppava anche per materie in cui non aveva una particolare preparazione, riusciva ad eludere qualsiasi barriera mentale e a portare le persone con il discorso in tutt'altri campi rispetto a quello di partenza. Con lei era riuscito a passare dalla storia della stampa agli ingranaggi meccanici e alla fisica, nemmeno si era accorta per quale strada stesse andando il discorso, ed era per quello che andava bene, perché riusciva a spaziare e creare di ogni singola cosa più discorsi che, inevitabilmente, erano sempre giustificati, talvolta da una giustificazione più significativa e talvolta da una meno immediata, ma sempre e comunque vera. Veronica invidiava quella sua capacità, perché per quanto lei leggesse, per quanto lei studiasse, le sembrava di lavorare a compartimenti chiusi e quella era tra le cose che doveva modificare di sé. Era andata avanti così fino a quando, dopo aver deciso di comune accordo di guardarsi un episodio insieme di "The mandalorian", visto che tra i vari argomenti di cui avevano parlato era rientrato anche Star Wars, che avevano scoperto piacere ad entrambi. Veronica non aveva mai visto nemmeno un episodio della serie, invece Francesco sì, quindi quando lui faceva dei commenti, invece di infastidirla le faceva piacere, cosa che normalmente non sarebbe avvanuta. Una sua amica aveva l'abitudine di commentare tutto quello che succedeva e di solito a Veronica infastidiva molto, anche se non lo diceva mai però Francesco non era così invasivo. Avevano continuato a guardare la televisione fino a quando Veronica, vedendo il ragazzo ormai mezzo addormentato, non lo aveva scosso per andare a dormire, avevano spento la televisione ed erano andati entrambi nelle proprie stanze.

Veronica però, alle tre di notte, era ancora sveglia perché quella non era la sua camera, non era il suo letto e non le sembrava nemmeno di respirare la stessa aria di prima, quando in realtà probabilmente lo stava facendo. Era in uno stato di confusione e ciò che gli dava vita era un raggio di cose disordinate e poco equilibrate che si erano scontrate col maniacale ordine che aveva cercato di dare alla sua esistenza. Non si era mai accorta di quanto precario fosse l'equilibro su cui poggiava la sua vita fino a quando non aveva dovuto cambiarlo.

Aveva passato esperienze ben peggiori, perché in quella giornata bene o male era stata circondata da persone che non le avevano fatto pesare di essere lì, e lei si era messa in gioco per poter stare al loro passo, per dimostrare che la loro preoccupazione nei suoi confronti e riguardo ai suoi sentimenti poteva anche essere messa da parte. Aveva cercato di mostrare che riusciva a lasciarsi quello che era il suo mondo prima di quella mattina un poco alle spalle, accettando quella che era la sua nuova vita da quel momento in poi, eppure, per quanto ci provasse, quando era sola, non riusciva a fare a meno di pensare che nulla sarebbe mai tornato come prima, che tutto quello che sarebbe accaduto da lì in poi avrebbe portato un freno alla concezione del mondo e della vita che aveva fino a quel momento, o che aveva avuto a seguito di esperienze di cui preferiva sempre non far parola. Niente era più doloroso che ricordare qualcosa in grado di spezzarle il cuore a metà, rifiutava qualsiasi pensiero rigirandosi nelle coperte e cercando di non pensare, di non ricordare e di non far dubitare se stessa della propria forza d'animo.

Poi, mentre i suoi occhi si stavano chiudendo per il sonno arretrato, una piccola creaturina nera aveva aperto la porta socchiusa di camera sua, Veronica, imbarazzata, sorpresa e quasi impaurita, aveva acceso la luce e aveva scoperto essere solo il gatto di sua zia, Akimi. La prima volta che aveva sentito quel nome le era sembrato strano, per un gatto, poi però ci aveva fatto l'abitudine e in quel momento le pareva normale. La gatta, bianca come un batuffolo di cotone, si era girata verso di lei mentre annusava il letto. Aveva proteso la mano per accarezzare il musetto della micia ma questa aveva indietreggiato, soffiandole contro, per poi scattare via, spaventata per quelle che sembravano delle urla trattenute, e lei le era andata dietro, incontrando per le scale anche Francesco che, svegliato dai rumori, si era preoccupato fino a uscire dalla propria stanza.

«Ma ti sembra l'ora di tornare a casa?! -La voce di sua zia, che si stava trattenendo nella speranza di non svegliare nessuno, era giunta alle orecchie dei due ragazzi e del gatto, che con fare tranquillo si era strusciato sulle gambe di Veronivìca- Sono le tre di notte, almeno avvisa invece di far prendere un infarto a tutti quanti»

«Mamma...» Il tono del ragazzo era sconsolato.

«Mamma un corno, vai in camera tua, prima che anche Veronica e tuo fratello si sveglino.»

«Possibile che non possa essere ascoltato?»

«Quella che deve essere ascoltata qui sono io, non tu.»

«Mam...»

«Leonardo -quella volta era stato Francesco a parlare, che nel frattempo aveva sceso le scale- Ti conviene stare zitto, oggi.»

Avevano un'armonia nella stramba situazione in cui si trovavano, Leonardo sembrava più un bambino in quell'istante che un ragazzo di diciassette anni, rimproverato sia da sua madre, sia da suo fratello maggiore.

Erano una famiglia completa, nonostante la mancanza di un padre. Come la sua.

♤♡◇♧♤♡◇♧♤♡◇♧♤♡◇♧

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top