Pensieri e Parole (Pov Jacob)
Jacob
Inspira, espira. Devi calmarti. Non puoi arrivare dai tuoi figli in questo stato. Non ti puoi avvicinare a loro se rischi di far loro del male.
Maledizione. Gliel'avevo consegnata su un piatto d'argento. Mi ero ritirato dalla contesa, e tutto perché? Perché ero sicuro che lei così soffrisse di meno. Ma a me ci pensavo mai? Chi cazzo mi aveva fatto così altruista? Gli avevo dato il benestare per tutto. Tutto. Dallo sposarla subito al farla diventare come lui. Una succhiasangue come lui. Non mi sarei più potuto neanche avvicinare alla mia "amica", e peggio ancora i miei figli non si sarebbero potuti avvicinare alla loro mamma. Ma in fondo era meglio che si abituassero fin da piccoli a non averla con loro. A che pro farli arrivare ad un'età in cui la avrebbero potuta ricordare solo per farli soffrire di più. Meglio così. Un distacco netto. Senza ricordi. In fondo era quello che sarebbe successo a lei. Ci avrebbe dimenticati. Non saremmo diventati altro che delle ombre nel suo passato. Forse ogni tanto si sarebbe ricordata qualcosa di quello che si era lasciata alle spalle, ma sarebbe successo solo se si fosse sforzata. Almeno era questo che mi aveva raccontato la sua quasi sorella Alice. Sentii umido sulla faccia. Lacrime. Cazzo. Avevo giurato a me stesso e ad Emily che non avrei mai più pianto per lei. E ora? Ora mi ritrovavo in mezzo a una scala che non volevo salire e non volevo scendere. Non volevo salire perché non volevo che Sarah ed Ethan mi vedessero in quello stato. Non volevo scendere perché mi sarei avvicinato troppo a Loro, e non volevo sentire quello che si stavano dicendo. Ma lì fermo mi sentivo un ebete. Decisi di salire. Mi asciugai le guance con il dorso della mano, e al termine del corrimano delle scale trovai un fazzoletto.
Alice. Solo lei aveva così tanta premura per me in quella casa. Perché poi? Perché sapeva da sempre che non costituivo un pericolo per la relazione di suo fratello con Bella? Perché sapeva che prima o poi mi sarei tirato indietro solo perché la amavo troppo per vederla soffrire? O perché sapeva che sarei stato io a permettere che lei diventasse una di loro? Ma non poteva vedere nel mio futuro, come cazzo sapeva tutte queste cose di me, quando ancora non le sapevo neanche io?
Inspira, espira. Non ti devi neanche avvicinare ai tuoi figli quando sei in questo stato. Lei è stata chiara. Non vuole che corrano pericoli.
Già, e allora perché era tornata lì? Con in giro quella sanguisuga roscia che la vuole sbranare a tutti i costi? Ah, già, lei non lo sa ancora. Non gliel'hanno ancora detto. Aspettavano che fossimo tutti e tre insieme. Perché poi? Perché così avremmo litigato meglio su chi si sarebbe sacrificato per primo per salvarla? O perché pensavano che "insieme" - mi faceva ribrezzo anche solo pensarla quella parola se per insieme eravamo sottintesi io e Edward - saremmo riusciti a distoglierla da qualsiasi piano che l'avrebbe portata a farsi del male?
I miei passi, e i miei pensieri mi avevano portato di fronte a quella stanza. Da lì i pianti di Sarah ed Ethan mi giungevano chiari. Perché nessuno era ancora andato a consolarli? Ormai era da un pezzo che piangevano. Poi mi resi conto che tutto il tempo che pensavo fosse passato era trascorso solo nella mia testa, e che solo pochi istanti mi avevano portato di fronte a quella porta. Che spalancai con un solo gesto, impedendole di sbattere poco prima che toccasse il muro. I bambini erano già abbastanza nervosi per tollerare anche quel fastidioso rumore. Mi diressi deciso verso i loro lettini, dai quali mi guardavano curiosi reggendosi con le braccine alle sbarre di legno. Presi in braccio prima Sarah, la mia piccola principessa, e poi Ethan. La piccola si calmò subito, iniziando a giocare con le ciocche di capelli che mi ricadevano sulle guance. Avevo iniziato a tenerli lunghi perché pensavo di piacere di più a Bella. Non era servito a niente, quindi li avrei tagliati presto, soprattutto per comodità, anche se la mia bambina dimostrava di gradirli così. Ethan invece continuò a piangere, sebbene fosse tra le mie braccia esattamente come la sua sorellina. Ma lui era da sempre quello più affezionato alla mamma, e sarebbe stato quello che avrebbe sofferto di più per la sua lontananza. Ma chi volevo prendere in giro? La lontananza di Bella avrebbe fatto soffrire lui esattamente come sua sorella, ma avrebbe fatto soffrire ancora di più me. Li tenni stretti a me fino a quando anche Ethan non si fu calmato.
« Isabella Marie Swan, amore della mia eterna esistenza, mia luce, mia speranza, mia vita, vuoi sposarmi? »
« Sì, e mille altre volte sì, Edward Anthony Masen Cullen »
Maledetta finestra sul portico. Quelle parole mi colpirono come una pugnalata in pieno petto. Anzi, se qualcuno avesse infierito rigirando il coltello credo che non me ne sarei neanche accorto. Lei aveva accettato di sposarlo. Per la seconda volta. Per sempre. Nonostante i nostri bambini. Nonostante me, che l'amavo più della mia stessa vita. Avevo perso. Dovevo riconoscerlo. Ero stato battuto su tutta la linea. Ed ero stato un ingenuo. Bella sapeva che era solo questione di tempo prima che lui scomparisse.
Come aveva detto? "non sentirti in colpa per qualcosa che Lui avrebbe fatto comunque. Ha promesso di sposarmi e non si è rimangiato la parola. E' solo questo che non mi ha permesso di crollare questa volta"
La faceva facile lei. Io mi sentivo in colpa perché gli avevo permesso di trasformarla senza rompere il patto. Io mi sentivo in colpa perché gli avevo concesso di ucciderla senza che fosse considerata una vita umana andata perduta.
Diedi un bacio ciascuno ai nostri bambini. Presto sarebbero stati miei. Miei soltanto. Non avrei più dovuto parlare loro della madre quando sarebbe diventata una... Mi riusciva difficile persino pensarlo. I rintocchi di una pendola nel soggiorno batterono le venti. Era ora di cena a La Push. Il mio branco mi stava aspettando a casa di Emily. Nonostante fossi io il capobranco ormai, la sua casa continuava ad essere la nostra base operativa, e lei continuava ad essere la mia confidente preferita. Quella sera il branco avrebbe conosciuto gli eredi. Ed era ora di andare. Allungai la mano, quella del braccio con il quale reggevo Sarah, che si teneva saldamente abbracciata al mio collo, per aprire la porta. Lì fuori, ad aspettarmi, la nana malefica. Quella che Bella odiava ogni volta che nominava la parola "shopping" e che io avevo cominciato ad evitare come la peste in periodi di saldi e di esami - ogni scusa era buona per comprare un vestito nuovo, o meglio un milione di vestiti nuovi, diceva Alice.
«Sembra che tu debba portare i bambini a La Push, o mi sbaglio?» chiese.
«Hai origliato la mia discussione con Bella... quindi come faccio a dirti che sbagli?» le risposi irritato.
«Prendi la Rapide. E' già attrezzata con tutto ciò che serve ai piccoli. Eccoti le chiavi - disse, infilandomi in mano una chiave luccicante - Vedi di riportare indietro per intero tutto ciò che è di Bella» mi raccomandò.
«Parte di ciò che è di Bella è anche mio - le ricordai - e comunque starò bene attento... ma se la tua visione dice il vero mi sarà difficile allontanare i bambini da La Push dopo stasera» le dissi.
«Già, la visione - mormorò a testa bassa, per poi fissarmi dritto negli occhi - per una volta spero di sbagliarmi. Questi bambini sono adorabili ed hanno portato una sorta di soddisfazione in questa casa. Rosalie li adora, ed Esme non perderebbe un'occasione di viziarli e coccolarli. Con loro si sentono soddisfatte nei loro istinti materni... e se ora diventassero parte del branco...»
«Non sapresti come reagirebbero?» chiesi curioso. In fondo parte del branco era ben accetta in quella casa. Lei scosse la testa, ma non rispose alla mia domanda.
«Jake, prima di andare passa in salotto. Carlisle vorrebbe parlare con te, Edward e Bella della situazione»
« Di quale... » situazione stai parlando?
Questa sarebbe stata la mia domanda se la nana non si fosse dileguata prima che potessi parlare. Scesi in salotto, come caldamente consigliatomi.
«Bella non dire sciocchezze!»
Questa fu la frase di Edward che mi accolse nella stanza. Poi il gelo. Bella si avvicinò a me per prendere Ethan dalle mie braccia. Mi chinai inconsciamente verso di lei, per non farle compiere sforzi inutili, e per non farle rischiare di far cadere il bambino. Lei ne approfittò per sussurrarmi nell'orecchio.
« Grazie, Jake! »
C'era tutto un mondo di parole non dette in quella semplice frase. E mi sentii rabbrividire, come se quelle parole invece le avesse dette. Grazie perché gli hai permesso di tornare, gli hai permesso di tenermi con sé per tutta la vita. Grazie per essere stato così idiota da pensare che lui stesse giocando pulito. Ma quest'ultimo era un pensiero mio, non suo. Grazie perché prima o poi sarò sua. Vidi Edward guardarmi storto.
Cosa c'è succhiasangue? Pensi che sia una bambola di porcellana? Come credi che li abbiamo fatti due figli? Per qualche cazzata del genere "immacolata"? Prima o poi ti chiederà di farla tua anche in quel senso, e mi auguro che tu non sia tanto idiota da pensare che possa essere prima. Pensai, con una punta di acidità di troppo forse, ma lui ostinava a comportarsi come se Bella non fosse un'umana dotata di pensieri, passioni ed ormoni.
Se la prendi, la prendi con annessi e connessi. E quella è un'arma che sfrutterà a suo vantaggio. Ficcatelo bene in testa. Gli dissi, fissandolo negli occhi.
«Non sarebbero comunque affari tuoi» sbottò lui, a voce troppo bassa perché Lei potesse sentirlo, ma non perché Carlisle, che stava spiegando a Bella di Victoria, non si interrompesse per chiedergli con lo sguardo cosa fosse successo. E neanche perché gli altri si voltassero verso di me, con la faccia di chi la sapeva fin troppo lunga. Ma non ce n'era solo uno in grado di leggere nel pensiero? E bastava e avanzava. Lei continuava, ignara delle nostre schermaglie, ad ascoltare il suo futuro suocero. Io la osservavo, mentre stringeva al seno il nostro piccolo, cullandolo e baciandolo sulla testa, come se volesse godersi la sua vicinanza finché poteva. Non aveva lo stesso rapporto con Sarah. Ma le voleva bene allo stesso modo. Era sua madre, come poteva essere altrimenti?
«Jacob, voi siete disponibili?»
Mi sentii interpellato e preso in trappola. Non avevo seguito una parola del discorso di Carlisle, preso come ero nella lite con Edward prima e nella contemplazione di Bella poi.
«Carlisle, perdonami... non ho seguito una parola» la sincerità era la migliore delle armi in quel momento, con un vampiro che leggeva nel pensiero pronto a sputtanarmi in qualsiasi momento. Sulla faccia aveva infatti stampato quell'odioso sorrisetto sghembo che volentieri gli avrei strappato via. A dire la verità se non fossi stato sicuro che avrei fatto del male anche a Bella gli avrei strappato ben volentieri anche altro, non solo il sorrisetto.
«Ci stavamo organizzando per i turni di ronda. Tu e il tuo branco ci darete una mano?»
«Certamente. Bella e i bambini sono parte del branco - un ringhio mi fece voltare verso Edward, per ricambiarlo - Dicevo, Bella e i bambini sono parte del branco, la cosa cambierà solo con la sua trasformazione, quindi... siamo obbligati ad aiutarvi. Ma è comunque un obbligo che assolviamo con piacere» speravo di aver parlato bene anche per il resto del branco, non mi piaceva far fare loro qualcosa che non volevano. Ma in quella situazione c'erano di mezzo anche i gemelli, sangue del mio sangue, non avrei avuto grossi problemi ad obbligarli.
«Grazie, Jacob» mi disse, con sincera gratitudine nella voce, il dottore. Fu in quel momento che mi resi conto di quanto fosse umano. Più umano di molti umani.
«Ehm... dovere - dissi imbarazzato - ora, se non vi dispiace, dovrei andare. Mi aspettano per cena alla riserva. Bells, domattina puoi venire a riprendere i bambini... o se preferisci te li riporto io qui»
«Vengo io alla riserva, così saluterò anche gli altri»
«Bella la tua macchina la prendo io, stasera, come verrai?»
«Con Charlie. Per te e tuo padre andrebbe bene se ci fermassimo anche per pranzo? Ho l'impressione che Alice preferisca che io stia alla larga da questa casa domani! Ed io voglio trascorrere un po' di tempo con il mio vecchio».
Alla nanetta brillarono gli occhi. Bella ci aveva azzeccato su tutta la linea.
«Perfetto. Allora ci vediamo domani» mi avvicinai a lei per riprendere Ethan, ma lei si scostò.
«No, vi accompagno alla macchina» disse.
Insieme, accedendo ai sedili posteriori da lati opposti dell'Auto, legammo i bambini nei loro seggiolini. Poi io mi sedetti al posto dell'autista e lei fece il giro per bussarmi al finestrino. Lo abbassai dopo aver acceso il motore. Quell'auto faceva le fusa come un gatto.
«Cosa c'è, Bella?» mi trattenni dall'aggiungere un "ancora" pieno di acidità.
«Vorresti farmi da testimone?»
Ma mi stava prendendo in giro vero? Come poteva chiedermi una cosa del genere? Sapeva che ero innamorato di lei. Voleva uccidermi o che? Perché se era quella la sua intenzione ci stava riuscendo benissimo!
«Non posso» in realtà la risposta doveva essere "Non puoi chiedermelo sul serio"
«Jake, per favore» mi chiese implorante.
«Se ti dico che ci penserò mi lasci andare? Ho fame»
«Per il momento mi va bene»
No. Ti deve andare bene per sempre. Non cambierò idea.
Si avvicinò per stamparmi un bacio sulla guancia. Me ne accorsi in tempo per voltarmi rapidamente e far sì che quel bacio finisse sulle mie labbra. Pessimo, pessimo Jake. La baciai dolcemente. Poi mi allontanai da lei bruscamente.
« Questo è quello che perdi » dissi. E partii con una sgommata. Il succhiasangue non l'avrebbe presa bene, ne ero sicuro. Guardai il tachimetro. Duecentocinquanta chilometri orari. Con i bambini in auto. Rallentai fino a raggiungere i cento.
Arrivai alla riserva in poco tempo. Parcheggiai di fronte a casa di Emily. Lì fuori mi aspettava Seth.
«Ci stavamo chiedendo che fine avessi fatto! - mi disse - dovevo immaginare che fosse arrivata Bella!»
«E tu l'hai capito solo guardando la macchina?» chiesi.
«No, dall'odore. Anche se devi ammettere che non troveresti un'altra auto simile in tutta Forks e dintorni. E a giudicare da quello che sento... hai finalmente portato i bambini a conoscerci!» disse. A quella frase di Seth tutto il branco si precipitò fuori dalla porta. Con Emily in testa.
«Seth, perché non mi dai una mano a tirarli fuori? Così potremmo fare le dovute presentazioni nel giusto modo!» dissi ridendo per la scena.
«D'accordo!»
Aprì lo sportello che dava l'accesso al sedile posteriore. E si bloccò. Non mi accorsi subito di quello che stava succedendo, preso com'ero a slacciare Ethan dal seggiolino mentre si contorceva nei peggiori modi che avessi mai visto. Quel bambino aveva un futuro al circo. Quando ebbi terminato, non sentendo alcun rumore, se non le risate della mia piccola, alzai gli occhi verso di lui. Che aveva uno sguardo ebete perso negli occhi di mia figlia.
«Seth. Non ti azzardare. Non. Con. Lei.»
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