Pazzia (Pov Jacob)

Jacob

Corsi via. Scappai, sarebbe una definizione migliore.
Da lei. Dalle sue parole. Dalle sue bugie. Dalle sue preghiere.
Ma non tornai alla Riserva come avevo detto. Mi trasformai, esplodendo, come quando non avevo ancora imparato a controllarmi. Incurante del fatto che non mi ero portato altri vestiti.
Jake, non è il tuo turno...
Embry, per favore, lasciami in pace. Fai finta che non ci sia. Risposi al mio amico, che come al solito era preoccupato per me.
Va bene. Ma se hai bisogno di parlare devi solo chiederlo.
Grazie, Embry. Ma non volevo parlare. Volevo svuotare la mia testa. Riempirla con le immagini della foresta che mi scorreva a fianco. Correvo senza una meta. E quando mi resi conto di essere arrivato lì, era troppo tardi. Troppo tardi per evitare che mi facesse male. La radura.
Quella in cui si supponeva lei fosse morta. Tornai nella mia forma umana. Ero nudo. E a chi importava? Ero solo.
Solo.
Ma in fondo perché me ne meravigliavo? Nessuno voleva stare con me. Ripensai a una battuta di Quil di molti anni prima. Il giorno in cui Seth aveva avuto l'imprinting con Sarah. Quel dodici settembre di dieci anni prima.
Poi ripensai alle ultime settimane.
Quelle prima di Nessie.
Quelle con Nessie.
Quella dopo di Nessie.
Una lacrima scivolò solitaria - anche lei - sulla mia guancia. I miei pensieri, e le mie gambe, mi avevano portato alla pietra. Quella pietra che con amore avevo inciso perché la memoria di Bella rimanesse là, dove una vampira pazza l'aveva uccisa. Quella stessa pietra che iniziai a sbriciolare con le mani.
«Non hai mai meritato tutto l'amore che ti ho sempre dedicato. Non sei mai stata sincera con me. Non mi hai mai voluto neanche un briciolo di bene. Non hai mai voluto un briciolo di bene a nessuno, forse a te stessa. Sei sempre stata un'egoista. Una maledettissima egoista. Ed ora che hai tutto quello che hai sempre voluto, che fai? Te ne torni allegramente a Forks, pensando "Ehi, vediamo un po' che fa quel fesso del mio amico? Vediamo un po' cosa succede se mia figlia va da lui e gli fa un po' di moine. Vediamo cosa succede se si innamorano" Beh, lo vuoi sapere che è successo? Che mi sono innamorato di lei, e vorrei che lei fosse mia per sempre, ma se per avere lei devo avere a che fare ancora con te, allora rinuncio a lei» urlai al vento. Ed urlavo talmente forte, con talmente tanta disperazione, con gli occhi appannati dalle lacrime, da non accorgermi del pugno che stava arrivando, e che mi colpì in pieno petto, facendomi volare ed atterrare addosso a un albero, che crollò sotto il mio peso.
«Ma che...» dissi, scrollando la testa. Il colpo non mi aveva fatto niente, ovviamente. Ma non avevo capito da dove era venuto. Fu solo quando sentii il suo odore che capii.
«Come mi hai trovato?» chiesi.
«Difficile non riconoscere il tuo odore»
«Mi hai seguito?»
«No, ho seguito la tua scia»
Manteneva la posizione di attacco, e mi studiava. Non sapevo se trasformarmi. Probabilmente l'avrebbe presa come una sfida. Forse lo era. Ma perlopiù lo avrei fatto perché nudo davanti a lui mi sentivo... nudo.
«Trasformati - mi ringhiò contro - Ci sarà più gusto a farti fuori!»
«Sei completamente fuori di testa» gli risposi.
«Anni fa avrei pagato per avere una simile occasione»
«Anni fa avrei pagato anche io per potermi battere con te»
«E' bastato solo aspettare un po' di tempo»
«Non mi batterò con te» gli risposi.
«Sei un vigliacco» mi disse.
«No, non ne ho un motivo»
«Io invece sì - ringhiò basso - Hai fatto soffrire mia figlia. Che non mi parla da quando l'hai lasciata. Stai facendo soffrire mia moglie. Non posso fartela passare liscia!»
«Edward, sei completamente fuori di testa. E fuori prospettiva» gli dissi. Continuavamo a girare in tondo, guardandoci in... cagnesco.
«Vuoi lottare perché sto facendo soffrire tua moglie e tua figlia. Ammettiamo che sia vero. Ammettiamo che loro non stiano soffrendo per le conseguenze delle loro azioni. Ammettiamo che sia colpa mia. Ma prova a metterti nei miei panni. Due bambini cresciuti per dieci anni con l'idea che la loro mamma fosse morta. Che fosse una brava persona. Che li amasse. Che non li avrebbe mai abbandonati. All'improvviso scopro che tutto è un castello di carte, o di sabbia, se preferisci. Sto solo cercando di proteggere la mia famiglia. Come tu stai cercando di proteggere la tua»
Mi sentivo un rammollito. In altre occasioni non avrei rinunciato a colpirlo. Forse ero davvero cresciuto. Forse ero solo preoccupato per i miei bambini. Non volevo renderli orfani di un altro genitore. O forse mi preoccupavo per Edward. O per Nessie. Chissà cosa avrebbe detto se l'avessi fatto fuori.
«Smettila con quel soprannome idiota»
«A lei piace. E poi idiota è il nome che le avete dato»
«L'ha scelto Bella» mi rispose.
«Non cambia niente. Non contribuirà a farmelo piacere di più. Mi piace solo perché è il suo»
Non sapevo perché mi stessi confidando con quel succhiasangue, ma tanto non sarebbe cambiato niente. L'avrebbe letto.
«Se l'ami così tanto, perché la fai soffrire così?»
«Ma che bella coppia di egoisti che siete tu e la tua mogliettina - risposi con sarcasmo - Possibile che non riesci a capire che lo faccio per i miei figli?» Calcai la voce su quel miei. Che capisse che non avevo intenzione di farli vedere a Bella. Si scagliò contro di me. Non capii mai se per il fatto che gli avessi dato dell'egoista o per il fatto che avevo pensato che non avrei mai fatto vedere Sarah e Ethan alla sua dolce metà. Mi trasformai in un secondo.
Pronto a combattere. Che non si dicesse mai che Jacob Black si tirava indietro in una zuffa. Ripensandoci... no, non ero cresciuto affatto. Il colpo arrivò preciso sul fianco. Capriola in aria, ero di nuovo in piedi. Cioè, sulle zampe.
Pronto ad attaccare. Mi ricordai dell'unica volta in cui lo avevo visto combattere.
Letale.
Questa l'unica definizione che potevo dargli. Poteva leggere nella mente dei suoi avversari. E non si faceva mai cogliere di sorpresa. Grattai il terreno con una delle zampe davanti. Come potevo...
Agendo d'istinto. Questo era l'unico modo per raggiungere la parità. Ma in quel modo quello scontro non sarebbe mai finito. Io pensavo, e intanto ci azzuffavamo. Zampate, graffi, tentativi di morsi andati a vuoto. Questo quello che succedeva. Ed intanto io pensavo ad un modo per distrarlo.
Effettivamente ce n'era uno che mi veniva in mente.
Anzi due.
Ma pensai al più recente. L'unico a cui ripensavo con piacere.

Il suo corpo sotto di me. Le sue guance imporporate dal piacere che io le stavo dando. I suoi occhi incatenati nei miei. I suoi baci. I suoi capelli sciolti e sparsi sul cuscino. Quelle due parole che mi aveva mormorato, prima di addormentarsi.
«Ti amo»

Quello stratagemma funzionò. Si bloccò il tempo necessario perché riuscissi a colpirlo.
«Jacob, no!» urlò una voce dolcissima, che bruciava però più dell'alcol sulle ferite. A quel punto fui io a bloccarmi. E a subirne le conseguenze. Edward che come una freccia si lanciava contro di me. Lo vedevo, ma non riuscivo a muovermi. Poi all'improvviso qualcosa si frappose fra me e lui. Qualcosa che ricevette il morso destinato a me.
Qualcuno, non qualcosa.
Seth.
Seth! Urlai nella mia testa.
«Edward, sei completamente impazzito!» gridò Emmett.
Lui non mollava. Continuava a tenere i denti nella spalla di Seth. Non sapevo se stesse succhiando via il suo sangue. Quello di cui ero certo era che più tempo i suoi denti fossero rimasti lì, più veleno sarebbe entrato in circolo nelle vene di Seth, e meno sarebbe stato il tempo che gli sarebbe rimasto da vivere.
«Papà, fermati! Lui è tuo amico!»
Ma la bestia che era in lui non ne voleva sapere di abbandonare la presa. Vedevo i suoi occhi, neri come la pece, oscurati dalla rabbia verso di me. Ma non potevo permettere che fosse Seth a pagarne le conseguenze. Scattai verso di loro e con una testata allontanai il succhiasangue dal mio amico.
Che cazzo ti è saltato in mente? Domandai. Non sapevo se rivolto a Seth o alla sanguisuga.
Non potevo permettere che ti facesse del male. Sarah avrebbe sofferto troppo. Fu Seth a rispondermi. Emmett e Jasper avevano raggiunto me e Edward e lo tenevano stretto. Nessie, Alice e Rose erano da Seth. Edward ancora scalciava e ringhiava.
«Lo voglio uccidere. Lasciatemi!» Urlava.
«Jacob, allontanati da lì, si calmerà prima!» mi urlò Alice. La cosa migliore sarebbe stata che mi trasformassi in umano. Ma non volevo farlo. Mi vergognavo. Se ci fosse stata solo lei, non avrei avuto problemi.
Lei.
Quanto mi era mancata. Solo in quel momento mi resi conto di quanto fossi stato stupido.
Seth, trasformati. Dissi.
Ma rimarrò nudo. Mi rispose, con una voce debole e sofferente.
Ma per loro sarà più facile prendersi cura di te. E, perché sia chiaro, Sarah soffrirebbe anche se non ci fossi più tu, quindi vedi di rimanere in vita.
Edward si stava calmando. I suoi occhi sgranati iniziavano a capire quello che aveva combinato.
«No, Renesmee, no!» urlò. Probabilmente aveva letto tra i suoi pensieri qualcosa che non voleva.
«Papà è l'unico modo»
«Non sai come il tuo corpo potrebbe reagire al veleno» urlò lui.
«Non mi importa! Voglio rimediare ai danni che hai combinato» Lei gli rispondeva calma, sapendo che suo padre non l'avrebbe potuta fermare. Io ancora non riuscivo a capire cosa stesse succedendo.
Seth, trasformati! Ordinai. A quel punto non poté fare a meno di obbedirmi. Si trasformò.
«Ciao, Seth» disse Renesmee al mio amico.
«C... ciao» le rispose lui, avvampando.
«Seth, quel cretino di mio padre ti ha morso» gli disse.
«Tuo... padre?» chiese lui, scosso. Di nuovo, li avevo esclusi dalla mia vita. Di nuovo, non avevo detto al mio branco cosa mi stava succedendo.
«Jacob non ti ha detto niente?» chiese sorpresa.
Non è questo il momento per i convenevoli. Mi ritrovai ad urlare nella mia testa, solo. Solo una persona poteva ascoltarmi.
«Senti, Seth, prima che il veleno raggiunga il cuore vorrei provare a...»
«Succhiarlo via...» le rispose lui tossendo.
«Sì... per te va bene?» disse, guardandolo negli occhi. Lì, in mezzo al bosco, lontano da entrambi i gruppi che si erano formati, mi sentivo un estraneo. Mi sentivo estraneo a qualsiasi azione si stesse compiendo in quel momento. Eppure a scatenare tutto quel casino eravamo stati io ed Edward. E mi sentii lo stesso congelare il cuore quando capii cosa voleva fare la mia Renesmee. Ora capivo le parole accorate di Edward. Quelle che lo stavano spingendo a vedere il casino che aveva creato.
Non sai come il tuo corpo possa reagire al veleno. Nessie non era velenosa. E non era neanche completamente una vampira. Vidi la sua testa avvicinarsi alla spalla di Seth, e la sentii bere. Già, come il veleno dei serpenti. Bisognava succhiarlo via prima che entrasse in circolo. Accadeva tutto molto in fretta, se distoglievo l'attenzione per un attimo eravamo già all'azione successiva.
«Renesmee cos'hai?» gridava la psicopatica bionda, quella affezionata anche ai miei bambini. A quel grido scattai verso di loro. Non mi importava più niente del fatto che trasformandomi sarei stato nudo. Lei stava male. Lei aveva bisogno di me. Era questo il mio unico pensiero.
Di nuovo su due piedi, mi trovai dietro di lei, pronto ad accoglierla tra le mie braccia prima che svenisse.
«Jake... sei salvo!» disse, prima di chiudere gli occhi.
«Fatemi... fatemi andare da lei!» disse Edward, ormai completamente calmo.
La ferita sulla spalla di Seth si stava già rimarginando. Il suo respiro si stava regolarizzando, così come i battiti del suo cuore. Segno che Nessie aveva compiuto un miracolo.
Ma lei... lei ora cosa aveva? Guardai impaurito Alice. Lei scuoteva la testa.
«Che significa, Alice?»
«Che non so come andrà a finire. Non riesco a vederla»
Istintivamente, strinsi a me la dolce creatura che tenevo tra le braccia. Quattro vampiri ringhiarono al mio indirizzo. Me ne fregai.
«Nessie, amore mio, ti prego apri gli occhi»
Le lacrime scorrevano sulle mie guance in abbondanza.
«Nessie, ti prego, non lasciarmi anche tu» sussurrai nel suo orecchio. Non potevo perderla. Non potevo perderla senza averle detto ancora una volta che l'amavo. Che ero stato uno stupido a lasciarmi condizionare così da chi fossero i suoi genitori. Che mi ero reso conto che era stato tutto uno stupido scherzo del destino che aveva giocato contro di noi. Perché in cuor mio sapevo che lei avrebbe voluto dirmi tutto sin dall'inizio. Sin da quella volta in cui Seth l'aveva interrotta con quello stupido ululato.
Ma allo stesso tempo ero combattuto. Combattuto dal fatto che far entrare lei nella mia vita significava esporre i miei bambini, le mie gioie più preziose, ad una grande sofferenza. Ad un mondo delirante in cui le fiabe non erano solo fiabe, e i personaggi delle storie del terrore uscivano dalle pagine dei libri per prendere vita. Guardai uno ad uno i vampiri che mi circondavano. Tutti con una maschera di paura sui volti. Paura che, ero sicuro, era solo una minima parte di quella che si poteva vedere sul mio.
Non volevo perderla.
«Non posso perderti! - sussurrai ancora nel suo orecchio - Non dopo averti aspettata così tanto»
Chinai il mio viso sul suo e la baciai. Come il principe azzurro delle fiabe, se si escludeva che ero un mezzo lupo, indiano d'America, e che non indossavo niente di azzurro. Anzi... non indossavo proprio niente. E come in quelle favole che leggevo spesso ai miei cuccioli, la principessa che tenevo tra le braccia sbatté gli occhi e mi guardò.
«Non eri un sogno!» disse, prima di buttarmi le braccia al collo e baciarmi le labbra, gli occhi, le guance. Alice sorrideva, serena, osservando quella scena. Emmett, Jasper ed Edward si erano voltati. Rose mi guardava storto. Ma quando mai non l'aveva fatto? Solo allora mi resi conto di quello che era successo.
«Che ci fate tutti qui?» chiesi.
«Li ho chiamati io» mi rispose Edward.
«Perché?»
«Per lo stesso motivo per cui voleva ucciderti» mi rispose la mia dolce Nessie, continuando ad accarezzarmi i capelli. Era seduta sulle mie gambe, e nascondeva le mie nudità.
«Sì, ma non ho ancora ben capito neanche quello»
«Ai suoi occhi stavi distruggendo la sua famiglia» mi rispose Alice. Con lei avevo qualche conto in sospeso.
«Con te facciamo i conti dopo»
Mi dedicò uno sguardo pieno di scuse. Ma non ero intenzionato a farmi comprare. Doveva spiegarmi perché mi aveva tradito in quel modo, dopo avermi detto che mi considerava come un fratello. Anzi, quello me l'aveva detto proprio mentre si preparava a farlo.
«E comunque vorrei delle risposte da te, Sapientino!»
«Sapientino?» mi chiese Nessie.
«Sì - risposi - Era un vecchio gioco che andava di moda quando ero piccolo»
Lei scoppiò a ridere. Quanto mi faceva bene quella risata.
«Papà?»disse, dopo essersi ripresa. Non mi sarei mai abituato a sentirlo chiamare papà. Era un succhiasangue. Un non-morto. Un... Beh, qualsiasi cosa fosse era all'estremo opposto della vita. L'esatto opposto di qualcosa che poteva donare la vita. Ma non mi fregava niente di come fosse possibile che lei fosse sua figlia. L'importante era che lei fosse lì.
Tuffai il naso nei suoi morbidi capelli, respirando il suo profumo. Miele e mare. Miele e mare. Avevo pensato di non sentirlo mai più, e invece, eccolo lì, tra le mie braccia.
«Jacob, cosa vuoi sapere?» mi chiese Edward. Di nuovo l'espressione della calma più assoluta. Sembrava che gli ultimi dieci minuti non fossero mai esistiti.
«Perché?» una domanda, ma ne valeva altre mille. E lui lo sapeva. Proprio mentre stava per parlare, Nessie si intromise.
«Papà, non so da dove tu voglia iniziare il discorso, ma ho la sensazione che sarà molto lungo. E voglio esserci anche io. Penso di avere diritto a una spiegazione - ci guardò entrambi - da parte di tutti e due. Ora, è molto tardi, siamo tutti molto stanchi e Jake e Seth hanno bisogno di fare una doccia e di dormire. Come me. Perciò... perché non rimandiamo a domani, quando questi due avranno dei vestiti addosso? Magari a casa nostra... davanti a una delle meravigliose creazioni della nonna?»
«Ma tu, parli sempre tanto così?» le chiesi, sussurrando al suo orecchio. Lei sorrise.
«Per me va bene» rispose Edward.
«Anche per me» dissi io. Speravo solo di non dovermene pentire.
«Edward - chiamai - Potete farmi un favore? Portereste Seth a casa vostra?»
«Lo lasceresti alle mie cure dopo quello che gli ho fatto?» disse, con uno sguardo sofferente.
«Non alle tue. A quelle di Carlisle. So che Nessie ha compiuto un mezzo miracolo con quella storia del veleno - mi fermai per sorriderle - ma vorrei che gli desse un'occhiata lo stesso»
«Va bene anche alle sue, Jake - disse Seth a mezza bocca - Sapevi che ha due lauree in medicina?»«Se non stai zitto mi rimangio tutte le preoccupazioni per te di questa serata»
Con quell'insana passione per i Cullen... lo avrei ucciso prima o poi. Se ora non l'avessi condivisa... almeno un pochino. Guardai la mia Nessie.
«Jacob, piantala con quel soprannome»
«E tu piantala di entrarmi nella testa» gli risposi. Ci mancava la linguaccia e saremmo sembrati due bambini dell'asilo. Nessie scuoteva la testa davanti ai nostri bizzarri scambi di opinione.
«Tesoro, vieni a casa con noi?» le chiese suo padre, caricandosi Seth in spalla. Se non avessi saputo che era un vampiro, mi sarei alzato per dargli una mano. Seth caricato in spalla come un sacco di patate non doveva essere un peso leggero.
«No, per niente» mi rispose, lui, per niente affaticato.
«Vi raggiungo più tardi, papà.» gli disse Renesmee sorridendo.
«Mi raccomando, fai la brava!»
«Come sempre, papà» Lo vidi sorridere mentre si voltava, e poi partire alla velocità della luce.
«Devo spiegarti qualcosa...» iniziò, ma prima che potesse continuare, la zittii con un bacio. Eravamo ancora lì, seduti in quel bosco teatro di ben due scontri che mi avevano visto protagonista.
«Ti devo fare solo una domanda. Mi ami?» le chiesi, quando il nostro lungo bacio ebbe termine.
«Ogni giorno sempre di più, Jacob Black. Temevo di impazzire in quella casa, senza di te. Senza sapere se ti avrei mai più rivisto»
«Io stavo impazzendo all'idea di averti allontanata. Nessie, amore, ti ho incolpata di qualcosa di cui non sei responsabile. Ci ho pensato, e sono cosciente del fatto che tutte quelle volte che ti hanno interrotta eri sul punto di dirmi che Bella ed Edward sono i tuoi genitori. Quello che voglio che tu sappia è che prima, quando pensavo che non saresti più tornata a guardarmi con quegli splendidi occhi che hai, che non avrei più potuto assaggiare quelle dolcissime labbra, e che non avrei più rivisto il tuo sorriso, mi sono sentito perso, ed ho capito che non mi importa chi sono i tuoi genitori, se tu mi ami»
«E i bambini?» mi chiese.
«Sarah e Ethan? Non è necessario che sappiano chi sono i tuoi genitori» le risposi, imbronciandomi.
«Quindi non è vero che non ti importa chi sono»
«Non mi importa sapere chi sono in relazione a te. Quello che Bella ha fatto ai miei figli è inaccettabile ed inammissibile. Non so neanche come abbia potuto solo pensare di chiedermi di poterli vedere. Come se si potesse andare da un bambino di undici anni e dirgli "ciao! ti ricordi di me? Sono tua madre, quella che si suppone fosse morta. Non sono morta, sono una succhiasangue e ti ho abbandonato"» quel tasto era ancora dolente.
«Sapevo che la pensavi così. E' per questo che le ho mostrato qualche mio ricordo»
«Tu cosa?» gridai.
«Le ho mostrato qualche ricordo. Così» avvicinò la mano al mio viso.
Quello che vidi... ero io. Io, una sera di settembre di dieci anni prima. Come lo sapevo? Era l'ultima volta che avevo indossato lo smoking. Persino al matrimonio di mia sorella ero andato in jeans. Ed ero il testimone.
«Tu... tu...»
«Tu non dovresti avere questo ricordo - mi disse sospirando - Non sai quante volte me lo sono sentita ripetere in questi dieci anni. Eri il mio sogno ricorrente. Sei il mio sogno ricorrente. Mi sono innamorata di un sogno. E quando zia Alice mi ha detto che non era solo un sogno, ho iniziato a pensare a come farlo diventare realtà»
«Quindi era questo che intendevi con "sempre"»
«Sì, Jacob Black» mi disse, alzandosi in piedi. La imitai. Aveva indosso un leggero pigiama di colore rosa. Pantaloncini e canottiera. Con una temperatura invernale, lassù dove eravamo.
«Ma non hai freddo?» le chiesi.
«Non so come tu abbia fatto a non notare che la mia temperatura corporea è forse di un paio di gradi soltanto inferiore alla tua. E poi... ci saresti sempre tu a riscaldarmi, no?»
«Già» e di colpo, mi sentii catapultato nel mondo del sorriso a trentamila denti. Quello di Seth e Leah su cui avevo sempre ironizzato.
«Jake, posso chiederti una cosa?»
«Tutto quello che vuoi, amore mio»
«Puoi trasformarti? Astenersi dal saltarti addosso con mio padre davanti era facile, ma ora che siamo soli è una tortura guardarti e basta»
«Chi ti dice che devi torturarti?» le risposi, con la voce roca di "quei" momenti.
«Il fatto che l'ultima volta abbiamo rischiato grosso, e che, a meno che tu non abbia precauzioni, non sarebbe proprio il caso di tentare nuovamente la fortuna. Senza contare che con il padre che mi ritrovo sarebbe più facile cercarti nella scatola dei cereali domattina piuttosto che a casa tua»
Scoppiai a ridere. Ma capii le sue ragioni, e mi trasformai. Quel luogo, io trasformato, lei lì, che mi metteva le mani addosso. Era diventato il nostro posto. L'aura di malvagità che si sprigionava da quel posto magico era finalmente scomparsa.
Portata via dal nostro amore.

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