Mattina (Pov Jacob/Renesmee)
Jacob
«Vedi anche tu che non dicevo una bugia?»
«Ma secondo te è vera?»
«Ma sei scemo? Non vedi che è lei?»
«Figo! Allora papà si è deciso a darsi una mossa»
«Hai la delicatezza di un elefante in cristalleria»
«E questa dove l'hai sentita? Ma poi, sei proprio sicura che sia lei, con tutti questi capelli davanti al viso...»
«Non ci provare!» bofonchiai, rendendomi conto che le voci che avevo sentito non erano sogni. Erano quei rompiscatole dei miei adorabili figli, che come ogni mattina erano venuti a svegliarmi.
«Papà, ma è lei?» sussurrò Ethan.
«Se intendi Nessie, sì è lei. Ed ora, uscite dalla camera, vengo subito»
Cercai di muoverla il meno possibile, ma non riuscii a non svegliarla.
«Che imbarazzo!» disse, seppellendo il suo viso nel cuscino. Sbagliato, non ero stato io a svegliarla. Erano stati i rompiscatole.
«Nessie, dai, prima o poi lo avrebbero scoperto... e poi non mi sembra che l'abbiano presa così male» ridacchiai tra me e me. Lei prese il cuscino e me lo tirò.
«Scemo!» mi disse, ridendo a sua volta. Le restituii il cuscino, poi la scavalcai e uscii dalla stanza, chiudendomi la porta alle spalle. Subito mi resi conto di aver fatto qualcosa che non andava. Ero proprio un coglione. Riaprii la porta e le sorrisi.
«Buongiorno, amore!» ritornai al letto con due passi e la baciai leggero, sulle labbra, sedendomi sul letto.
«Si, questo è stato decisamente un buongiorno migliore, scemo!» mi disse sorridendo, e sbattendomi di nuovo il cuscino sulla faccia.
«Non sono abituato a queste faccende» dissi, massaggiandomi la nuca, in imbarazzo.
«Ci abitueremo presto» mi rispose.
Ci. Noi. Era bello sentirla parlare di noi.
Un altro bacio, fermandomi ad assaporare le sue labbra. Bussarono alla porta.
«Papà! Hai detto che venivi subito!»
«Brutti rompiscatole!» borbottai sulle labbra di Nessie. Poi vi posai un ultimo bacio.
«Raggiungici quando vuoi!» le dissi. E uscii dalla stanza, pronto per affrontare la curiosità delle mie due belve.
«Papà, ma lei sarà la nostra nuova mamma?» mi chiese Sarah, con la sua voce innocente a cui non riuscivo a dire di no, mentre aprivo lo sportello del mobile della cucina per prendere i cereali. Rimasi con la mano a mezz'aria.
«Brava, Sarah, prendilo sempre in contropiede, vedi come ti risponde!» la prese in giro Ethan. Non sapevo veramente cosa rispondere, perché non avevo ancora guardato la situazione da quella prospettiva. Se la mettevamo come "lei sta con papà" allora, sì, avrebbe potuto essere la loro nuova mamma. Ma di fatto lei era la loro... sorella. Sorella minore, tra l'altro. Cazzo... stavo con la sorella dei miei figli. Bella mossa, Jake! Ma... visto che non dovevano sapere di Bella... non era necessario che conoscessero quella parte della storia per il momento, o no?
«Papa?» mi chiamò Sarah, che si era avvicinata a me, tirandomi un braccio - quello che era rimasto disteso lungo il fianco - per riscuotermi.
«Non so cosa risponderti, Sarah. - meglio optare per la sincerità, e azzardare un ragionamento in cui fossero partecipi, erano sempre stati troppo intelligenti per la mia scarsa capacità di dire bugie - Se con "sarà la nostra nuova mamma" mi chiedi se la sposerò... è un po' presto per dirti di sì, ma lo spero con tutto il cuore. Se invece mi stai chiedendo se lei ha l'età per essere tua madre, a questo rispondo subito. No, non ce l'ha, ha solo dieci anni più di te.»
Ok, l'ultima parte era una bugia, ma non potevo dire a Sarah e Ethan che Nessie aveva un anno meno di loro. Avrei dovuto includere un sacco di particolari su licantropi e vampiri, e in quel momento non mi sentivo pronto a farlo.
«Come l'hai conosciuta? E perché ci aveva detto quella balla sul suo nome?» mi chiese Ethan. Mi trovai ad odiare il sangue del mio sangue.
«L'ho conosciuta a scuola da Seth. E, prima che me lo chiediate, sì, va ancora a scuola, ma solo perché ha avuto una malattia grave che non le ha permesso di andarci prima»
«Che malattia?»
«Non lo so di preciso e non mi interessa - bugia, non era andata a scuola prima perché cresceva di anno in anno come se ne fossero passati tre - quello che conta è che io le voglio bene e spero che possiate volergliene anche voi»
Loro annuirono. Non mi avevano chiesto ancora della balla sul nome che avevo decisamente svicolato. Non sapevo cosa dire loro.
«Papà, dov'è Seth? A quest'ora è sempre qui!» disse Sarah, guardando l'orologio, impaziente di vederlo arrivare.
«Tesoro, penso che per stamattina non verrà. Ieri sera abbiamo fatto un po' tardi, e temo che si sveglierà appena in tempo per andare a lavoro. Però ti prometto che lo costringerò a passare oggi pomeriggio» le dissi, dandole un colpetto sul naso, vedendo la sua faccina affranta. Benedetto imprinting, mi aveva appena salvato da un fuoco di fila di domande a cui non avrei saputo dare risposta. Nessie colse quell'occasione per uscire dalla mia stanza con un sorriso di felicità stampato sul viso. Le sorrisi a mia volta, sapendo che in parte era per le risposte che avevo dato ai bambini che lei lo mostrava.
«Buongiorno a tutti!» trillò, con la voce più dolce che si fosse mai sentita. Ma com'ero diventato smielato. Mi feci una smorfia da solo.
«Nessie, tu sarai la nostra nuova mamma?» sussultai. Da quando erano così insistenti? Presi mentalmente nota di non affidarli più alle cure di Paul e Rachel e lanciai a Sarah un'occhiata di disapprovazione, prima di scambiare uno sguardo di scuse con Nessie. Lei allargò ancora di più il suo sorriso, prima di risponderle.
«Forse sono un po' giovane per farti da mamma... quanti anni hai, undici? - Sarah annuì - Beh, ne ho solo dieci in più, quindi effettivamente sono un po' troppo giovane per farti da mamma. Però se vuoi... se volete, visto che nel discorso ci sei di mezzo anche tu, Ethan... posso farvi da sorella maggiore»
«E poi mia sorella sarebbe la fidanzata di mio padre? Che casino» rispose Ethan. Lo fulminai con lo sguardo. Ultimamente il suo linguaggio stava diventando troppo come quello del branco. Presi nota di non lasciarlo più neanche con Embry e Leah.
«Se la metti così, effettivamente sembra un casino anche a me» gli disse Nessie, pensosa. Grazie, amore, io cerco di educarli e tu mi distruggi così. Mi accigliai.
Sarah scoppiò a ridere.
«Cosa c'è di così divertente?» le chiese Nessie.
«La faccia di papà - rispose lei tra le lacrime, per il troppo ridere - Lui si sforza di non dire parolacce davanti a noi, e rimprovera sempre Ethan per il suo "turpiloquio". E tu adesso hai risposto a Ethan con le sue stesse parole, subito dopo che papà lo aveva rimproverato con lo sguardo»
Nessie mi guardò, avevo ancora un'espressione furente, ma il suo sguardo mortificato mi fece capire che non l'aveva fatto apposta. Mi addolcii subito.
Poi guardai Sarah, stupito. Mi conosceva così bene, o leggeva anche nel mio pensiero?
Hai una faccia così espressiva che non riesci a nascondere niente!
Era la voce di Sarah, eppure non aveva mosso le labbra.
«Hai detto qualcosa?» le chiesi, allarmato.
«No, papà, perché?» Scossi la testa, come a scacciare il pensiero.
«A voi va bene, se siamo solo amici?» disse Nessie all'improvviso, riscuotendomi dalle mie riflessioni.
«Sì, bello!» esclamarono in coro i bambini.
«Ma da amici, possiamo farti una domanda indiscreta?» chiesero sottovoce.
«Dipende...» rispose lei.
«Come mai hai dormito con papà?» Lei avvampò e annaspò, alla ricerca di aria.
«Ieri sera Nessie è uscita con me e poi siamo venuti qui a dormire. E succederà abbastanza spesso, se lei vuole e se a voi non dà fastidio» risposi io, andandole in soccorso.
«Perché dovrebbe darci fastidio? - rispose Ethan, fissando sua sorella, che sembrava in disaccordo - Papà, sei sempre stato solo e non ti ricordo felice come da quando c'è lei. Se sei felice tu, lo siamo anche noi»
«Non vi dà fastidio pensare che possa prendere il posto della mamma?»
«Ma se noi neanche la ricordiamo, papà!»
Parlava solo Ethan, il che era veramente strano. Di solito la portavoce della coppia era Sarah. Sarah, che era ferma in mezzo alla cucina, con le braccia tese lungo i fianchi e i pugni stretti. E tremava.
«Sarah, cos'hai?» le chiesi, immaginando cosa fosse e sperando vivamente che non fosse quello che pensavo.
«Lei... lei era con voi... con te e con Seth... ieri sera?» Aveva pronunciato quelle parole come un accusa, sputandole tra i denti, rabbiosamente. Nei suoi occhi una luce omicida. All'improvviso scappò via, verso la sua camera. Mi apprestai a seguirla, ma Nessie posò una delle sue piccole mani sulla mia, e scosse la testa.
«Vado io, se non ti dispiace» mi disse, sorridendo dolcemente. Annuii. Lei la seguì. Rimanemmo io ed Ethan.
«Si può sapere cosa aveva tua sorella?»
Lui mi guardò e scosse la testa, come se fosse così evidente quello che era successo che solo io potevo non capire niente.
«E' gelosa» mi disse lui, sorridendo.
Renesmee
Non so cosa mi avesse spinto a seguire la piccola Sarah. Ma sapevo cosa avesse lei. Si era ingelosita, perché io avevo passato del tempo da sola con gli uomini della sua vita. Era la stessa reazione che avevo io alla sua età quando scoprivo che mamma e papà passavano dei momenti da soli a mia insaputa. Avevo iniziato presto ad odiare mia madre, mi dissi sorridendo a me stessa.
«Sarah, posso entrare?» le chiesi, bussando alla porta.
«No, vattene» mi rispose lei. Almeno mi rispondeva.
«Posso sapere perché sei così arrabbiata?»
«E' tutta colpa tua» urlò lei. Sembrava veramente furiosa.
«Cosa è colpa mia?» chiesi.
«Non fare la finta tonta. Ieri sera Seth è uscito con te e stamattina non mi è venuto a trovare. E' colpa tua»
La sentivo singhiozzare da fuori la porta. Mi spezzò il cuore sapere che la mia sorellina, che non sapeva di esserlo, stesse in quel modo a causa mia. E pensare che Seth non era venuto solo per colpa di quell'imbecille di mio padre. Cosa lo avrebbe potuto tenere lontano dalla sua piccola Sarah se non un "incidente" di quella portata?
Aprii la porta con cautela e la vidi, sdraiata a pancia in giù, a tentare di soffocare le sue lacrime e i singhiozzi nel cuscino. Mi somigliava molto. Ma probabilmente avevamo entrambe preso questo lato un po' frignone e masochista dalla mamma. Entrai silenziosamente e mi sedetti leggera sul letto di fianco a lei.
«Tesoro, ieri sera...»
Si voltò violentemente verso di me.
«Non chiamarmi "tesoro". Solo papà può chiamarmi così!» urlò.
«E Seth come ti chiama?» chiesi incuriosita, perdendo per un attimo il filo del discorso.
«Principessa - disse, tirando su con il naso - E' il significato del mio nome»
E per lui aveva una doppia valenza, mi ritrovai a pensare. Sarah, principessa. Principessa del suo cuore.
«Sarah, ieri sera... io, Seth e tuo padre abbiamo fatto un po' tardi. Ci siamo messi a chiacchierare e non ci siamo accorti di che ora si stesse facendo. E' normale che stamattina non sia riuscito a svegliarsi presto per venire qui prima di andare a lavoro» Mi guardava con gli occhi sgranati.
«Quindi... non gli hai detto niente di me? Niente che lo potesse allontanare da me?» mi chiese.
«No, Sarah. Non ne avrei alcun motivo» e anche se ne avessi, non avrei alcuna speranza.
«Non gli vuoi bene?»
«Sì, gliene voglio. Ma non come ne voglio al tuo papà. Per me Seth è, e rimarrà sempre, solo un amico»
«Anche papà ti vuole bene, lo sai?» mi disse, cambiando completamente espressione e sorridendo. Risposi al suo sorriso.
«Sì, lo so. A te dispiace dividerlo con me?»
«Se tu ci sei, lui è felice. Quando sei sparita è tornato triste. Non mi dispiace che sia felice, quindi non mi dispiace dividerlo con te» mi rispose, con una logica ferrea ed ineccepibile.
«Solo, non capisco... di solito telefona per avvertire che non viene...» mugolò, tornando all'argomento "Seth".
«Magari non si è ancora svegliato» le risposi. In quello stesso istante, squillò il telefono.
«Visto?» dissi a Sarah sorridendo. Lei scattò in piedi e uscì dalla camera correndo e urlando.
«Vado io!» Mi alzai anche io dal suo letto, e la seguii, più lentamente. La trovai in soggiorno, intenta a parlare al telefono con Seth.
«Sì, ho fatto la brava!»
Momento di silenzio.
«Sì, ho fatto i compiti!»
Altro momento di silenzio.
«No, non faccio arrabbiare papà, promesso!»
Sembrava che stesse parlando con una madre ansiosa, piuttosto che con un futuro fidanzato, ma zia Alice mi aveva avvertita che l'imprinting poteva essere così.
«Sì, ti passo papà!»
Jake sembrava sorpreso, come se veramente non si aspettasse di essere chiamato in causa.
«E' qui vicino a me» Pausa.
«Va bene.» Pausa.
«Però oggi pomeriggio mi vieni a prendere a scuola?» Pausa.
«Promesso?» Finalmente passò la cornetta a suo padre, trascinando Ethan in camera per prepararsi per la scuola. Mi avvicinai a Jake, ero curiosa di sapere cosa volesse Seth da lui.
«Jake, Renesmee è con te?»
Non era Seth, era mia madre.
«Sì, è qui» rispose lui, guardandomi negli occhi. Dall'altro lato della cornetta si levò un ringhio familiare.
Papà.
«Passameli» mimai con le labbra. Lui mi tese il telefono, seguendo i suoi figli, per vestirsi e per assicurarsi che non sentissero la mia conversazione con i miei genitori.
«Renesmee, tesoro, perché non sei tornata a casa?» mi chiese mia madre, apprensiva.
«Non ne avevo voglia»
«L'avevi promesso a tuo padre»
«Gli avevo semplicemente detto che vi avrei raggiunti più tardi»
«Non sei tornata a dormire ... ci hai fatti preoccupare...»
«Ho dormito lo stesso, e voi non l'avreste fatto comunque»
Seguì un breve trambusto, poi mi ritrovai a parlare niente di meno che con quella faccia tosta di mio padre.
«Che ti ha fatto? Come ti ha convinto ad andare da lui? Non avrai mica fatto niente di sconveniente? Non ti ha obbligata a fare qualcosa che non volevi?»
«Papà, piantala di vivere nel Medioevo. Gli ho chiesto io di venire qui alla Riserva. Quello che è successo puoi immaginarlo senza che te lo dica. Non mi ha obbligata, non l'avrebbe mai fatto. E quella di rimanere a dormire qui è stata una mia scelta. L'interrogatorio è finito?»
Sbuffò, offeso dalle mie parole. Qualcuno rise, dietro di lui. Forse lo zio Emmett.
«Vi aspettiamo per l'ora di pranzo. Le tue assenze a scuola per oggi sono già giustificate, come quelle di tutta la scorsa settimana. Ma da ora in poi non salterai più neanche un giorno, è chiaro?»
«Va bene. Ci vediamo più tardi» risposi, attaccando. Ma quando mai gli era importato che andassi a scuola? Ero dovuta scappare di casa per frequentarne una. Ah, già. Che andassi a scuola nella sua testa significava che avrei trascorso meno tempo con Jacob. Sospirai.
Due braccia bollenti mi strinsero la vita, e una voce profonda sfiorò l'orecchio.
«Un cent per i tuoi pensieri»
«Dai così poco valore a quello che penso?» gli risposi, senza voltarmi. Ridevo, avrebbe scoperto subito che stavo bluffando.
«No... era... era così per dire!» Mi voltai.
«Scemo! Non mi devi prendere sempre sul serio!» dissi, sollevandomi sulle punte per posargli un bacio sulle labbra.
«Se continui a chiamarmi scemo finirà che mi convincerò di esserlo davvero!»
«Non sia mai!» dissi, fingendomi scandalizzata, portando una mano davanti alla bocca. Spostò la mia mano e mi baciò.
«Si può sapere a cosa pensavi?» mi chiese, guardandomi negli occhi.
«A quanto sia seccante avere un padre nato nel 1901 quando sei una donna del ventunesimo secolo» Scoppiò a ridere.
«Che c'è?» dissi mettendo il broncio.
«Niente... è che... pensare a Edward in questi termini... non riuscirò più a guardarlo in faccia senza scoppiare a ridere, Nessie!» Continuava a ridere come un matto.
«Sono contenta di renderti così ilare di prima mattina!» dissi, sorridendo.
«Papà! Cos'hai da ridere?» i miei salvatori. Anzi, i salvatori del loro caro paparino. Se avesse continuato a ridere così avrebbe conosciuto anche la metà vampira di Renesmee Cullen.
«Niente, Nessie ha fatto una battuta molto divertente» disse lui. Mossa sbagliata.
«Possiamo sentirla anche noi?» Si riprese subito.
«No, dobbiamo andare a scuola. Salutate Nessie e correte in macchina»
«Ciao, Nessie!» mi salutarono in coro avvicinandosi a me. Mi chinai su di loro e posai un bacio sulle loro fronti. Subito dopo corsero in auto.
«Sei straordinaria! - mi disse Jacob - Neanche mezz'ora e già ti adorano!»
«Dimentichi che mi conoscevano» dissi allacciando le braccia dietro il suo collo.
«Che sono di famiglia» mi sollevai sulle punte.
«E che sono per metà una vampira, quindi irresistibile per gli umani» lo baciai.
«Vestita così sei irresistibile anche per i licantropi - mi rispose - Anche se non credo che riportarti a casa conciata così mi farebbe guadagnare punti con tuo padre»
«Dici?»
«Passa da mia sorella e fatti prestare qualcosa da mettere... anzi no... meglio che passi io da lei»
«Perché?» mi avevano conosciuta i suoi figli, non poteva farmi conoscere sua sorella?
«Ne hai già messi due sulla via della trasformazione. Il figlio di Rachel e Paul ha solo sedici giorni... Aspettami qui, tornerò prestissimo, te lo prometto»
Mi posò un bacio sulle labbra, ed uscì di casa. Ero rimasta lì, da sola. Iniziai a sistemare la casa. Due uomini e due bambini. Quella non era una casa, era un campo di battaglia. Avevo solo una domanda. Che fine aveva fatto Billy? Non si era visto in giro per tutta la mattina. Non che mi dispiacesse, per quel poco che l'avevo conosciuto sicuramente avrebbe dato man forte ai gemelli, e quella mattina non ne avevano proprio bisogno.
Ma non era proprio la mia giornata fortunata. Mentre sistemavo la cucina sentii delle voci sulla veranda. Mi affacciai nel salotto pensando si trattasse di Jake.
«Ciao, Nessie!»
«Ciao, Billy» risposi.
«Come mai sei qui?» Arrossii.
«Ok, ok, ritiro la domanda» disse, ridendo.
«Grazie, Billy» mormorai a testa bassa.
«Ehi, ma cos'è quest'ordine?»
«Jake è andato ad accompagnare i gemelli a scuola e mi ha detto di aspettarlo qui. Ho pensato di sistemare un po', tanto per passare un po' di tempo»
«Non ti dico che non c'era bisogno di farlo... perché so com'era questa casa ieri sera... e non ti dico neanche che non devi farlo perché sei un'ospite, perché penso che ti vedrò spesso qui in futuro»
«Lo spero» gli risposi sinceramente.
«Io non avrei così tanti dubbi!» Un paio di braccia bollenti mi circondarono la vita.
«Jake, sei tornato!»
«Sì, e ho fatto un salto anche da Rachel. Che ha lasciato il bambino a Paul - Billy fece un'espressione spaventata - ed è venuta a conoscere...»
«La donna che è riuscita a svegliare il bello addormentato. E... Jake, Paul mi aveva detto che era bella, ma non pensavo che fosse così bella!» Arrossii ancora più di quanto non fossi.
«Tranquilla, hai superato anche l'esame più difficile. Se hai la sua approvazione, sei ufficialmente di famiglia!» mi sussurrò nell'orecchio.
«Non credere a una parola di quello che ti dice su di me quello sbruffone» mi disse Rachel sorridendo.
«Gra - grazie» balbettai.
«Adesso vieni con me, ho frugato nell'armadio alla ricerca di qualcosa che potesse andarti. Ho indossato abiti pre-maman fino a venti giorni fa e non ho ancora fatto il cambio dell'armadio»
Solo a quel punto notai la borsa che aveva con sé. Sembrava zia Alice nei giorni di saldi. Mi trascinò nella stanza di Jacob, e sparse sul letto tutta la sua "mercanzia". Presi una gonna di jeans e una camicetta bianca. Con le converse bianche che avevo indossato di corsa la sera prima sarebbero state una meraviglia.
«Grazie, Rachel. Mi salvi da una tragedia familiare» le dissi, sorridendo.
«Non ho dubbi, conoscendo tuo padre e tua madre - la fissai a bocca aperta - Sì, Jake me l'ha detto, aveva bisogno di confidarsi con qualcuno. E, visto che conosco i tuoi genitori... se provi a farlo soffrire, te la vedrai con me» mi intimò, e faceva veramente paura.
«Non ne ho nessuna intenzione» le risposi, con un sorriso.
«Bene, ora che le cose sono chiare, tu puoi andarti a vestire, io torno a casa a coccolare Zack» disse sorridendo.
E uscì dalla stanza, lasciandomi sola.
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