Lacrime (Pov Bella)


Bella

«Quel cretino! - dissi, incapace di trattenere la mia rabbia - a che cazzo stava pensando quando ha portato la moto qui davanti?»
Ero partita in una di quelle tirate rabbiose che da più di dieci giorni si alternavano alla delusione per il tradimento del mio migliore amico - ormai ex - Jacob Black. Edward ogni tanto annuiva, cercando di calmarmi. Era domenica e Charlie era uscito per andare a pesca, altrimenti non avrebbe potuto essere lì con me. Ero in punizione. Questo aveva ottenuto Jacob. Che Charlie mi mettesse in una punizione che somigliava più al carcere con i lavori forzati - che per me erano la scuola, le pulizie di casa e i turni in cucina.
E non avevo neanche la libera uscita, ora d'aria o come diavolo si chiamava. Lo odiavo. Ma mi mancava.
«Dannazione» dissi, sentendomi le lacrime sul punto di uscire.
Edward non sapeva ancora cosa era successo realmente tra me e Jake. Non ero ancora riuscita a confessarglielo, anche se aveva capito che c'era altro oltre a quello che gli avevo raccontato. Non mi faceva pressioni, ed io da parte mia non ero così ansiosa di farmi odiare da lui. Ma non poteva mentire a se stesso più di quanto non potessi fare io. Mi conosceva abbastanza bene per sapere che stavo rimuginando su qualcosa, e mi conosceva troppo bene per non aver capito che mi mancava Jacob. Continuavo a parlare a vanvera, ed Edward continuava pazientemente ad ascoltarmi, cullandomi tra le sue braccia come se fossi stata una bambina bisognosa di protezione. Probabilmente aspettava solo che il mio accesso di rabbia, scatenato dall'ennesima telefonata a vuoto che avevo fatto a Jake, avesse termine.
«Perché non gli scrivi una bella lettera?» mi disse, quando mi fermai per prendere fiato.
Lo guardai. Non aveva una faccia felice. Non l'aveva mai quando stavo giù per via di Jacob, e quindi ultimamente non aveva avuto una faccia felice molto spesso. Ma provava a sorridere. Sapeva che se fossi riuscita a mettermi in contatto con lui forse - e dico forse - sarei stata tranquilla e serena per un po'. Quello che non capiva era il mio bisogno di Jake. Ma come potevo dirgli che mentre non c'era... mentre non c'era avevo fatto sesso... no, avevo fatto l'amore con Jacob?
Bella, non ci devi pensare, mi rimproverai.
Avevo strappato a Jake la promessa di non pensarci e di non parlarne, come se non fosse successo, ed io dovevo fare altrettanto. Ma io ero libera di pensarci, Edward non poteva leggere nei miei pensieri. E soprattutto presto l'avrebbe saputo dalla mia voce.
«Sai che ti dico, Edward? Hai proprio ragione. Lui sarà testardo, ma io lo sono almeno quanto lui!» gli risposi.
«Lo so - disse arcuando le labbra in quel sorriso sghembo che amavo tanto, e del quale non avrei mai potuto fare a meno - Purtroppo ti conosco abbastanza bene» concluse baciandomi dolcemente i capelli.
«Cosa vorresti dire?» dissi in un tono acido che non mi apparteneva, alzandomi dal letto dove ci stavamo coccolando per prendere carta e penna.
Iniziai a scrivere.

" Ciao Jake,
dovrei odiarti per aver tradito la mia fiducia in quel modo. Pensavo fosse chiaro il concetto 'Charlie non deve sapere, altrimenti fa la fine del povero Harry'.
Mio malgrado - inizio a parlare come Edward, è sconvolgente quanto mi influenzi la sua presenza, e scusa se te lo nomino, ma è parte integrante della mia vita, anzi oserei dire che è la mia vita - mi manchi.
Mi manca la tua risata, mi manca quel tuo modo di prenderti gioco di me, mi mancano i tuoi abbracci roventi... e mi manca il tuo modo di volermi bene. Probabilmente dal tuo punto di vista mostrare la moto a Charlie era un modo di fare il mio bene... però prima o poi me lo spieghi perché davvero non l'ho capito.
Prima o poi... torneremo a vederci, vero Jake?
Sai che non posso fare a meno di te, anche adesso che... beh lo sai, non voglio girare il coltello nella piaga. Volevo solo aggiungere che quando ho detto che ti amavo lo dicevo sul serio. Voglio che tu sappia che ti amo anche adesso, e che ti amerò per sempre... a modo nostro.
Tua, amica, per sempre
Bella
PS: Quando ho detto che dovevamo far finta che non fosse mai successo... Jake, era solo la paura a farmi parlare. Avevo paura di perdere te come avevo perso lui, e devi ammettere che il momento non era proprio dei migliori. Poi le cose si sono sistemate, e tu continuavi a mantenere il riserbo su tutto quello che riguardava... quel fatto... ed io non avevo il coraggio di parlarne, ma voglio che tu sappia che non mi pentirò mai della decisione che ho preso quella volta."

«A che decisione ti riferisci?» mi chiese Edward, facendomi sobbalzare sulla sedia.
Ovviamente aveva letto tutta la lettera, non sapeva quello che mi passava per la testa e aveva deciso di scoprirlo nel peggiore dei modi.
«Da quando in qua leggi la mia corrispondenza senza permesso?» dissi piccata.
«Da quando ti arrabbi per una curiosità innocente?» mi rispose composto, con quell'aria da angelo ribelle che iniziavo ad odiare, perché sapevo già che gli avrei perdonato anche quella. Sorrisi e piegai la lettera per imbustarla. Non avevo intenzione di parlarne in quel momento, non era il momento buono, mi dissi.
Ma troverai mai il momento buono? Mi chiese la mia coscienza. Non sarà che continuerai a rimandare all'infinito, con questa scusa del momento buono?
«Sai che non serve a niente nasconderla? L'ho già letta» mi disse scherzoso.
«Infatti non serve a tenerla nascosta a te, ma a Charlie - risposi acida - che la dovrà consegnare a Jake tramite Billy, visto che non mi è permesso...»
«Uscire di casa» concluse al posto mio.
Ridemmo insieme, quando improvvisamente lui si rabbuiò, con le orecchie tese.
«Sta arrivando tuo padre, meglio che vada prima che mi trovi qua - mi disse - e... c'è anche Billy. Sembrerebbe la tua giornata fortunata, comunque torneremo su quel discorso»
Uscì dalla mia finestra dopo avermi posato un leggero bacio sulle labbra. Dopo qualche minuto, stando alla finestra vidi la macchina di Charlie spuntare dalla curva. Scesi in cucina ed iniziai a preparare qualcosa per pranzo. Se erano tornati così presto dalla pesca voleva dire che non avevano trovato granché al fiume. Canticchiavo, mentre iniziavo a scegliere gli ingredienti. Qualcosa di semplice naturalmente, ero ancora troppo arrabbiata con Charlie per la punizione per preparargli uno dei suoi piatti preferiti.
Ormai ero maggiorenne!
Ma non serviva a niente lamentarsi, visto che me l'ero ampiamente meritata. Prima il viaggio in Italia e poi... la moto. Quello che mi faceva più rabbia era la frase che era solito ripetere. "Non ce l'avere con Jake, quel ragazzo si è comportato in modo maturo mostrandomi quella moto". Dal suo punto di vista forse. Dal mio... tutte le motivazioni che avevo provato a dare a quel gesto sconsiderato finivano inevitabilmente in un infantilismo di Jake.
Sentii aprire la porta.
«Bella, ci sei? Abbiamo ospiti!» lo sapevo già, ma mi affacciai fingendo di essere sorpresa.
«Ma chi... oh! Ciao, Billy!» dissi, sinceramente felice di vederlo.
Lui non sembrava altrettanto contento, a giudicare dalla sua espressione, ma poi mi sorrise.
«E' un sacco di tempo che non ti fai vedere alla riserva, Bella! Sapevo che Charlie ti aveva rinchiuso, dopo quella storia della moto, ma non pensavo che ti avesse anche messa ai lavori forzati!» disse, guardando il mio abbigliamento. Il solito che usavo quando ero a casa da sola e non c'era Edward. Un paio di pantaloni di una vecchia tuta, una canottiera colorata e una felpa con la zip e il cappuccio che si era rovinata per i troppi lavaggi. Ma ci ero affezionata e non volevo buttarla. A completare il tutto il grembiule che usavo quando stavo in cucina.
«Dici per il grembiule? - risposi ridendo - Hai mai assaggiato la cucina di Charlie? Ti metteresti volentieri ai lavori forzati anche tu!» mio padre non sapeva cucinare. Questo era un dato di fatto, tanto che non provò neanche a negare.
«Come mai siete tornati così presto?» chiesi a mio padre.
«Le solite cose. I pesci non abboccavano, eravamo stanchi e... Billy aveva voglia di vederti».
L'ultima frase mi lasciò spiazzata. Billy aveva voglia di vedermi? Ma se in più di due mesi aveva a malapena sopportato la mia presenza vicino a suo figlio. Lo squadrai in cerca di una risposta. Che non tardò ad arrivare.
«Sai Bella, quel lavoro sta tenendo impegnato Jake più del previsto. Ma mi ha detto di riferirti che appena potrà verrà a fare un salto da te»
Sì, come no, in altri tempi avrebbe disobbedito a Sam pur di venirmi a trovare. Quello era solo un modo carino per dirmi: non ti vuole vedere, lascialo in pace. Avevo ragione a dire che Billy non era affatto felice di vedermi, malgrado fosse un buon attore.
«Ok - risposi laconica - salutamelo tanto, visto che è talmente impegnato da non rispondere neanche al telefono e... Billy, a proposito di Jake, potresti consegnargli una cosa da parte mia?»
«Va bene» mi rispose senza esitazioni.
Voleva che lo lasciassi in pace, ma sapeva anche che non avrei ceduto facilmente. Almeno fino a quando non fosse stato Jake stesso a dirmi di farlo. Corsi in camera mia a prendere la lettera che avevo scritto poco prima. Sulla busta scrissi "Per il mio migliore amico (se vuoi ancora esserlo)" e mi sentii una bambina delle elementari. Passare bigliettini al ragazzino col banco più lontano dal mio pretendendo che nessuno fosse curioso di quello che c'era scritto al suo interno. Inevitabilmente, più lunga fosse stata la catena che avrebbe portato quella lettera nelle mani di Jake, maggiori le possibilità che venisse aperta prima di giungervi. Per questo colsi immediatamente l'occasione che mi si presentava. Billy non avrebbe aperto la lettera per Jake... mentre mio padre... era un poliziotto, curioso per natura. Magari non l'avrebbe aperta, ma sicuramente avrebbe fatto un sacco di domande su quello che c'era scritto. Billy la mise in tasca senza fare questioni. Mi chiese solo una cosa.
«Aspetti una risposta?»
«Solo se vuole. Non deve sentirsi obbligato»

Pranzammo in tranquillità e in allegria, come se fossimo realmente una famiglia. Ma mancava qualcuno. Chissà dov'era Jake. Mentre lavavo i piatti, gli uomini impegnati nel salottino a guardare una partita di baseball, mi parve di scorgere un lupo rossiccio gironzolare attorno a casa mia. Ma forse era solo un'illusione, perché durò un attimo e svanì immediatamente. Non poteva essere Jacob. Era solo una materializzazione dei miei pensieri. La mia voglia di vederlo era così forte che adesso avevo anche delle allucinazioni con lui protagonista. E sempre sottoforma di essere non parlante. Ormai lo preferivo così. Scossi la testa e continuai a lavare i piatti. Poi salii in camera a fare i compiti.
Un paio d'ore più tardi Charlie mi chiamò dal piano di sotto.
«Bella, noi stiamo andando»
«Ok papà, ci vediamo più tardi!» risposi, gridando dalla mia stanza.
Non appena furono usciti, Edward entrò dalla finestra.
«Eri qui da molto?» gli chiesi.
«Non troppo» mi rispose.
Poi notai i suoi occhi color topazio.
«Sei stato a caccia questo pomeriggio?»
«Beh, non è che potessi fare molto, visto che quei due sono stati qui per tutto quel tempo. Ho fatto una gara con Emmett» disse.
«E chi ha vinto?»
«Tu su quale vampiro scommetteresti?» mi chiese con voce suadente avvicinando il suo viso al mio. Colmai la distanza che separava le nostre labbra e lo baciai appassionatamente.
«Cosa ho fatto per meritare questa accoglienza?» mi chiese
«Esisti» risposi semplicemente.
«Bella, ti amo»
«Ti amo anche io»
Rimasi tra le sue braccia per un po', fino a quando non iniziai a tremare per il freddo. Ma non volevo staccarmi da lui.
«Bella, ti ammalerai» mi disse, cercando di allontanarmi.
«Non mi importa. Voglio passare con te il resto della mia vita»
«Sei sicura di quello che dici?» mi chiese, guardandomi negli occhi.
«Sì, e poi i Volturi... verranno a cercarmi prima o poi»
«I Volturi hanno una concezione del tempo del tutto diversa dalla tua. Non voglio che tu mi dica che vuoi stare con me per sempre solo per una questione di paura»
«Oh, Edward, è sempre lo stesso discorso... Io non voglio stare con te per sempre perché ho paura. Io voglio stare con te per sempre perché ti amo!»
E lo baciai nuovamente, gettandogli le braccia al collo e cercando di trasmettergli tutta la forza del mio amore.
«Voglio che tu sia sicura» disse, quando gli fu possibile parlare.
«Io sono sicura. A questo punto mi viene il dubbio che quello che a non volermi tra i piedi per l'eternità sia tu!» dissi scherzando.
«Non dirlo mai più - mi rispose imbronciato - Tu sei l'unica che io vorrò mai al mio fianco» e mi baciò dolcemente.
«Allora stabiliamo una data - dissi fingendo di rifletterci per un po' - domani va bene?»
«Mi sembra un po' presto Bella! - rispose sorridendo - Non dovresti pensare al diploma, preparare Charlie al distacco, fingere di partire per l'università magari»
«Sei troppo saggio, Edward!» dissi, e non scherzavo.
«Ho solo novant'anni di esperienza più di te!» rispose.
«Allora... dopo il diploma?»
«Ne dobbiamo parlare con la famiglia, ma verosimilmente sì»
«Perché?» dissi, pensando che fosse una decisione che riguardava solo noi.
«Sei stata per mesi con i lupi e non ti hanno insegnato niente - mi canzonò - La loro coesistenza pacifica con noi è dovuta soltanto alla nostra promessa di non far del male agli umani. Nel momento in cui ti trasformerò... il patto sarà ritenuto infranto, e noi ce ne dovremmo andare da Forks. Per non tornare mai più».
Pensai a Charlie, che non avrei mai più rivisto, pensai ai miei compagni di scuola, che non avrei più cercato, e soprattutto pensai a Jake, che era la persona che mi sarebbe mancata di più.
«Bella ci stai ripensando?» mi chiese Edward con dolcezza.
«No, impossibile. Solo che vorrei salutare tutti come meritano. Spero che Charlie mi faccia uscire presto da questa punizione».
«A proposito di Charlie. Sta arrivando. Ed è pronto a farti un discorsetto».
«Su cosa?» chiesi.
«Lo saprai presto. Ci vediamo tra un'oretta, passo dalla porta» mi disse uscendo dalla finestra. Guardai l'orologio. Un'ora ancora e sarebbe stato l'orario di visita di Edward. Non che non avessimo già trascorso un bel po' di tempo insieme.
«Bella scendi, ti devo parlare!» urlò Charlie. Chissà cosa avevo combinato ora.
«Arrivo papà!» risposi di rimando.
Mi ero cambiata. Indossavo un paio di jeans e una maglia blu a maniche lunghe e a collo alto, stretta sul seno che si allargava a campana fino ad arrivare a metà coscia.
«Bella... devo dire che mi hai stupito. Stai accettando la punizione in maniera eccezionale per essere un'adolescente... quindi... voglio premiarti»
«Sono libera?»
«Diciamo che sei in libertà vigilata - mi rispose lui - puoi uscire di casa nel fine settimana, ma durante i giorni di scuola il tuo rientro a casa è inevitabilmente entro le ventuno»
Dalla clausura alla libertà vigilata. Le cose stavano migliorando.
«Altre condizioni?»
«Gestisci bene questa libertà» mi disse.
«In che senso?» risposi confusa, pensavo solo ad un modo di occupare il mio tempo.
«Non passare tutto il tempo con Edward. Se dovesse succedere...» lo zittii prima che dicesse quello che stava per dire.
«Non succederà più, sta tranquillo»
«Per il momento ti credo, ma... vorrei lo stesso che gestissi meglio il tuo tempo. Da quanto tempo non esci con un'amica?»
«Papà sono stata...»
«In punizione, lo so, ti ci ho messo io - mi rispose - quello che intendevo è, da quanto non senti più neanche le tue amiche del liceo... o i ragazzi della riserva? Da quando è tornato sembra che la tua vita ruoti intorno a lui... di nuovo. E non voglio vederti più...»
E io non volevo più pensare a quel periodo.
«Quindi il succo è...»
«Perché non vai un po' alla riserva a vedere i tuoi amici? Ti sono stati vicini in questo periodo e ora che loro sono tornati non meritano di passare in serie B».
«Tutti o uno in particolare?» dissi, avevo capito dove voleva andare a parare.
«In particolare Jake. Ha preso la tua lettera e l'ha letta di corsa. Poi è andato in camera e ne è uscito dopo un bel po', con questo - mi disse porgendomi un foglio tutto stropicciato - mi ha detto di consegnartelo e se ne è andato di casa. Ma mi è sembrato di vederlo piangere. Bella, non merita che tu lo faccia soffrire così».
Ah, e così adesso la cattiva ero io. Lui non rispondeva al telefono e la cattiva ero io. Lui non si faceva vedere e la cattiva ero io. Io non potevo uscire di casa per andarlo a prendere a calci e la cattiva ero io.
Sentimmo bussare alla porta.
Edward aveva salvato Charlie da una mega-rispostaccia che mi avrebbe dato un biglietto di sola andata per la punizione.
Ma il suo arrivo non mi aveva permesso di leggere il bigliettino che avevo infilato in tasca.
«Edward mi scusi solo un attimo? Devo andare in bagno».
Non gli diedi il tempo di rispondere. Mi chiusi in bagno e lessi la risposta che aspettavo:

"Bella,
non capisco perché tu stia passando bigliettini a Charlie e Billy come se fossimo in seconda media. Se avessi voluto parlarti ti avrei risposto al...
Hai fatto la tua scelta ok? Non puoi scegliere entrambi quando...
Quale parte di "nemici mortali" ti è difficile capire? So che mi sto comportando da stronzo, ma non c'è modo...
Non possiamo essere amici quando passi tutto il tuo tempo con un mucchio di...
Sto sempre peggio quando penso troppo a te, perciò non mi scrivere più...
Sì, mi manchi anche tu. Un sacco. Ma questo non cambia le cose. Perdonami.
Jacob"

Finito di leggere, piansi fino a non avere più le forze. Non mi importava di Edward che sentiva tutto. Non mi importava di Charlie che probabilmente si chiedeva che fine avessi fatto, anche se forse l'aveva già intuito. Mi importava solo del rapporto con il mio migliore amico. Che ormai avevo distrutto.

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