Figli (Pov Jacob)


Jacob

«Jake, mi dici cos'hai?» mi chiese Nessie. Ero seduto sul divano, con i gomiti puntati sulle ginocchia e la testa tra le mani, la posizione che ormai tenevo da due giorni, a fasi alterne.
«Jake, mi sto preoccupando. Seriamente. Vuoi che vada a chiamare Emily o Rachel?»
«No» sussurrai.
Ero preoccupato per Sarah. Ero preoccupato per quello che poteva stare accadendo nella sua stanzetta in quel momento. Ma come mi era saltato in mente di lasciare Seth libero di andare da lei da solo? Era solo una bambina. In un corpo di donna, certo, ma era ancora una bambina.
«Jake, fidati di Seth. Fidati della vostra natura. Non farà mai niente che possa nuocerle»
Si era fermata davanti a me. Istintivamente, le abbracciai le gambe e le posai la testa in grembo.
«Perché non ha voluto vedermi?» chiesi, con voce spezzata e quasi mettendomi a piangere. Lei puntò le mani sulle mie spalle e mi spinse indietro, per guardarmi negli occhi.
«Jake, non avere paura. Sarah ti vuole bene. Sei il suo meraviglioso papà, come potrebbe essere altrimenti? - la fissai scettico - Credimi, ti prego. Non riesco a vederti così»
Fu la tristezza nei suoi occhi a darmi la forza di scrollarmi di dosso quelle paure. Sciolsi l'abbraccio e mi alzai in piedi.
«Vado a parlarle» dissi, facendo per muovermi. Lei mi prese la mano e mi fermò.
«Jake, no. Aspetta che finisca di parlare con Seth»
«Ma io... io... inizio a capire tuo padre» le dissi.
«Beh, la situazione non è proprio la stessa» mi rispose lei.
«Perché?»
«Perché tu potresti avere più motivi di lui per essere preoccupato. Ma, e questo ricordatelo, perché non voglio più sentirti litigare con Seth per questo motivo, lui ha l'imprinting dalla sua, e ti ripeto che non farà mai niente che possa nuocerle»
«Ma è un uomo, e lei... è così bella» mugolai, rimettendomi seduto sul divano e trascinandola con me, facendola sedere sulle mie gambe. Con la mano che non era impegnata nella sua, le accarezzai il viso, sottolineando con il pollice i suoi occhi, il naso, e le labbra, che dischiuse al tocco. Poi sostituii il dito con le mie labbra e la baciai, cercando in lei il coraggio per affrontare quella situazione.
«Perché avrei più motivi di Edward per essere preoccupato?»
«Ho detto "potresti avere", non che tu li abbia effettivamente. Comunque è semplicemente perché io ho l'aspetto di un'adulta, ragiono da adulta e agisco da adulta. Il che mi dice che sono un'adulta anche se, se effettivamente fossi registrata all'anagrafe, avrei solo dieci anni. Sarah invece ha undici anni, ragiona come una bambina di undici anni e agisce da bambina di undici anni. Ma ha il corpo di una ragazza di diciassette anni. Anche se in effetti credo che la sua intelligenza sia sempre stata superiore a quella di una bambina di undici anni»
«Togli il "credo"»
Mi guardò interrogativa, aggrottando le sopracciglia in un'espressione buffa che mi fece ridere, per la prima volta dalla notte precedente.
«Non è che credi che la sua intelligenza sia sempre stata superiore a quella di una bambina di undici anni. La mente criminale che lei e suo fratello condividono è sempre stata superiore a quella di bambini di undici anni normali»
«Non ti sembra di stare esagerando con questa storia delle menti criminali?»
«Secondo te me l'avrebbero mai detto che spesso riuscivano a leggere anche i miei pensieri? Chissà poi perché solo alcuni e non tutti»
«Papà te l'ha detto anche ieri sera che alcuni tuoi pensieri sono particolarmente rumorosi!» disse lei ridacchiando.
«Tuo padre l'ha detto in un momento un po' particolare» ammisi imbarazzato.
«Jacob Black! A cosa stavi pensando?» mi chiese, fingendosi scandalizzata e arrabbiata. Ci fissammo per qualche secondo negli occhi, poi scoppiammo a ridere entrambi.
«Pensavo alla spiaggia» ammisi infine.
«Mmmmh... sotto la pioggia... dovremmo ripetere l'esperienza, prima o poi» disse, sorridendo maliziosa e avvicinando le labbra alla mia spalla, baciando la pelle lasciata scoperta dal colletto ormai allargato della t-shirt che indossavo e risalendo molto lentamente il collo fino al lobo dell'orecchio, per poi scendere lungo la linea della mandibola, baciarmi il mento e arrivare finalmente alle labbra, mentre cambiava velocemente - molto più di una normale umana - posizione tra le mie braccia, mettendosi a cavalcioni sulle mie gambe, con le ginocchia puntate sul divano, ai lati delle mie cosce, guadagnando una posizione migliore per approfondire il bacio...
«Jake!»
Se ne avesse avuto la possibilità. La voce di Seth, tra il divertito e l'irritato, interruppe il tentativo, ben riuscito, di non farmi pensare alle mie preoccupazioni.
«Mmmh» mugolai, ancora sulla bocca di Nessie, agitando un braccio, che avevo dolorosamente tolto dalla schiena di Nessie per fargli segno di andarsene.
«Jake!»
Ripeté con lo stesso tono, inclinato più verso l'irritato che verso il divertito. Aprii gli occhi. E mi staccati immediatamente da Nessie.
«Nooo, Jake...» borbottò. Lei, girata di spalle, ovviamente non poteva vedere quello che vedevo io. Poi aprì gli occhi e seguì il mio sguardo. E scoppiò a ridere.
«Io te lo dicevo che non avevi alcuna ragione di preoccuparti!» disse, divertita. Mi sentii un po' preso in giro, ma dovevo ammettere che aveva ragione. Da vendere. Se Seth copriva gli occhi di mia figlia come li aveva coperti poco più di un mese prima, significava che per lui il fatto che Sarah fosse fisicamente maturata non significava che fosse cresciuta. Nessie mi diede un altro bacio a fior di labbra, e scese dalle mie gambe, sedendosi sul divano di fianco a me, con una mano poggiata sulla mia coscia.
«Seth, puoi togliere le tue mani dai miei occhi? So che papà e Nessie si baciano» Lui abbassò entrambe le braccia, portandosele lungo i fianchi, borbottando qualcosa che suonava come "Non era il cosa, era il come!" Probabilmente aveva dimenticato che in quella stanza avevamo tutti un perfetto udito.
«Papà, sei ancora arrabbiato con me?» mi chiese la mia piccola. La guardai, e vidi nei suoi occhi il terrore che potesse essere veramente così. L'alzarmi dal divano e l'abbracciarla fu un tutt'uno. Avevo bisogno di sentire la mia bambina tra le braccia.
«Come potrei mai essere arrabbiato con te? Ero arrabbiato con me stesso per non essere stato capace di dirti la verità. Avrei dovuto preparare te ed Ethan a tutto questo molto tempo fa»
«Papà, come potevi sapere che noi eravamo come te?»
Fu allora che capii che Ethan non le aveva spiegato perché loro erano così. La fissai nei grandi occhi neri, così simili ai miei, e sospirai.
«Seth, ti dispiace accompagnarmi a fare la spesa? Ho guardato prima nel frigorifero, e mi sono accorta che mancano un po' di cose. Ti va?» disse Nessie, capendo che avevo bisogno di restare qualche minuto da solo con mia figlia. Sapevo che non era un tentativo di fuga, ma il comprendere che mi sarebbe stato più facile spiegarle tutto se lei non fosse stata lì. Mentre parlava, aveva preso Seth per un braccio e lo trascinava fuori casa. Quando la porta si fu chiusa, sciolsi l'abbraccio con mia figlia, e mi sedetti sul divano, invitandola a fare altrettanto.
«Tesoro, io... io mi devo scusare con te, come ho già fatto con tuo fratello, per avervi nascosto tutto questo. In questo mondo ci siete nati, ma quando vostra madre è morta... o meglio, quando vostra madre si è dovuta allontanare da voi...»
«Papà puoi dirlo. Puoi dire che ci ha abbandonati. E' questo che ha fatto, se ne è andata e ci ha lasciati con te»
«Sarah, non sono la persona migliore per dirti quello che sto per dire, ma lasciale il beneficio del dubbio. Almeno fino a quando non ti sarai chiarita con lei»
«Cosa ti fa pensare, o fa pensare a lei, che io abbia voglia di parlarle?»
«Tesoro, fallo per me» la implorai.
«Immagino che sia per il fatto che tu voglia sposare mia sorella» mi disse, sincera e senza troppi giri di parole.
«Sì» sussurrai abbassando lo sguardo.
«Ok, lo farò. Per te»
«Grazie. Comunque ti stavo dicendo che quando tua madre ci ha lasciati, ho deciso che voi non avreste dovuto soffrire per l'esistenza di questa seconda natura dei discendenti della nostra tribù. I succhiasangue se ne erano andati, e le possibilità che voi vi trasformaste erano minime. Certo non avevo messo in conto che voi aveste vissuto fin da prima di nascere con delle sanguisughe, e che già da piccolissimi aveste sviluppato dei poteri»
«Come sarebbe a dire che abbiamo vissuto con dei vampiri?»
«Tua madre era innamorata di uno di loro, e abitava con lui quando aspettava voi. Poi è andata a Dartmouth, e abbiamo vissuto insieme per un certo periodo, però...»
«Però?» disse, raccogliendo la mia titubanza.
«Erano successe delle cose, cose che non mi permettevano di affrontare tua madre...»
«Papà, per favore, la chiameresti per nome? Non so se voglio ancora chiamarla "mamma", dopo quello che ha fatto»
Sarah aveva preso da me l'orgoglio e la testardaggine, e in quel momento non potevo che rammaricarmene. Con Ethan era stato molto più facile, aveva accettato la situazione senza mostrare un minimo di rabbia. Forse era dovuto al fatto che la sua trasformazione era a uno stadio meno avanzato di quella di Sarah, o forse era per il fatto che lui, a differenza mia e di sua sorella, si era messo l'animo in pace per l'assenza di Bella, nonostante fosse tra i due quello che era stato più affezionato a lei.
«Va bene. Erano successe delle cose che non mi permettevano di affrontare Bella e di guardarla senza sentirmi colpevole, perciò sono tornato alla Riserva. Non ci vedevamo spesso, ma ci sentivamo ogni giorno. Almeno quando non ero di ronda. Ad ogni modo, ad Hanover abitava con noi anche una sanguisuga, una delle più simpatiche che conosco»
«Papà, ma i succhiasangue non sono nostri nemici naturali?»
«Sì. In condizioni normali, sì. Ma con questo gruppo il trisavolo Ephraim strinse un patto, patto che prevedeva la loro convivenza pacifica in queste zone. Questo perché... perché loro non assalgono gli umani»
«Quindi Bella era innamorata di uno dei freddi degli occhi gialli della leggenda, papà?»
«Sì, era uno di loro»
«E... io... noi... voglio dire, se lei era innamorata di quel vampiro... come siamo nati noi?» si mordicchiava il labbro, come faceva anche Nessie, quando era nervosa, e come aveva fatto anche Bella prima di loro.
«Tesoro, non farmi ripetere quell'orribile discorso su api e fiori che ho fatto a te e Ethan non più di due mesi fa»
«No, quel punto è chiaro, ma se due persone si devono voler tanto bene per fare un bambino, e la mamma era innamorata di un altro...»
«No, Sarah, tu ed Ethan siete nati per amore. Tua madre era innamorata di me, quando vi abbiamo concepiti»
«Si possono amare due persone? Contemporaneamente?»
Scossi la testa. Sconfitto.
«Allora noi non siamo stati che un incidente di cui lei si è liberata alla prima occasione comoda?» Non volevo che la discussione con mia figlia andasse in quel modo, ma era intelligente, e aveva sempre fatto domande scomode. Alle quali spesso non ero stato in grado di dare una risposta. Dare una risposta a quella domanda dilaniava la mia anima.
«Vi ha amati. Ha amato te ed Ethan fin dal primo momento, anche se non sapeva che eravate due. Ha accettato che foste per metà di questa tribù, e le tradizioni che vi legavano ad essa»
«Sei convinto di quello che dici, papà?»
Ho passato dieci anni a cercare di convincermene, e quando l'avevo fatto, lei è rispuntata fuori. Viva. Mettendo in dubbio tutto quello in cui credevo.
«Sì, Sarah, ne sono convinto»
Inaspettatamente, non ribatté. Mi posò un bacio sulla guancia e poggiò la testa sulla mia spalla.
«Ti voglio bene, papà» mi disse.
«Ti voglio bene anch'io, tesoro» le risposi, spostando il braccio intrappolato tra me e lei a cingerle le spalle, per stringerla a me.
«Papà?» mi chiamò, dopo qualche istante che eravamo in quella posizione.
«Dimmi, tesoro» le risposi, posando un bacio sui suoi capelli, che sapevano ancora di infanzia, nonostante la trasformazione.
«Dov'è Ethan?»
«Da zio Sam, perché?»
«Perché dobbiamo andare a far visita a delle sanguisughe»
«Tesoro, c'è un'altra cosa che devo dirti, prima»
«Spara»
Il momento era critico, ma non potei trattenermi dal sorridere. Neanche mezza giornata nel branco, e tra l'altro neanche a contatto con noi, e già il suo linguaggio compito e forbito si stava modellando sul nostro. Il passaggio con Ethan sarebbe stato meno brusco da questo punto di vista.
Tornai alla serietà.
«Tesoro, la vostra trasformazione, che si era innescata quando eravate piccolissimi, si è poi bloccata, per riprendere...»
«Quando siamo entrati in contatto con Nessie»
La guardai a bocca aperta. Lo sapeva? E allora perché la sua camera era ancora intera? Perché?
«Papà, non guardarmi in quel modo! Sottovaluti sempre l'intelligenza mia e di Ethan. Se, secondo le leggende, noi esistiamo per proteggere gli umani dai vampiri, la nostra natura non può non aver reagito alla sua presenza! Anzi... non mi stupirebbe se quella volta in montagna...»
«Era lei. E' lì che l'ho incontrata la prima volta - mi interruppi per guardarla, poi proseguii - Ieri mi hai chiesto dove l'avessi incontrata per la prima volta, no?»
«Quindi è per lei che quella settimana sei stato intrattabile?»
«Sì» le dissi.
Era bello poter essere finalmente sincero con la mia famiglia. Lei e Ethan erano la mia famiglia, e presto anche Renesmee ne avrebbe fatto parte.
«Cercherò di comportarmi bene oggi pomeriggio, a casa dei vampiri»
«Sarah?»
«Sì, papà?»
«Ti posso chiedere una cosa?»
«Dimmi, per una volta non potrà farmi male ricambiarti il favore»
«Cosa avete fatto di là con Seth?» Lei rise.
«Esattamente quello che sto facendo con te. E' il mio vicepapà/fratello maggiore/migliore amico, no? Cosa dovevo fare?»
«Niente, tesoro, niente» scossi la testa sorridendo. Nessie aveva ragione, ero solo un testardo paranoico che non si fidava della sua stessa natura. Lei non l'aveva messa proprio in quei termini, ma si poteva riassumere bene anche in quel modo.
«Andiamo a prendere Ethan?» le dissi.
«Aspettiamo anche Nessie e Seth? Non vengono con noi?»
«Nessie sì, in fondo è a casa sua che dobbiamo andare, ma Seth...»
«Seth verrà con voi, e non puoi impedirglielo» rispose lui dall'ingresso, entrando nel salotto e poggiando le buste della spesa sul tavolo.
«Nessie ha svaligiato lo spaccio?» gli dissi ridendo.
«Ho l'impressione che abbia fatto molto felice la mamma di Embry!»
«La smettete di prendermi in giro? In questa casa a parte i cereali non c'era niente che assomigliasse a della verdura. Dovreste imparare a mangiare un po' più sano» borbottò lei, ma sorrideva.
«Senti da chi viene la predica!» la presi in giro.
«Nessie, tu cosa mangi?» le chiese la mia curiosa Sarah.
«Il cibo umano non mi disgusta, ma bevo anche il sangue. Ovviamente animale. Nonno Carlisle non mi perdonerebbe mai se azzannassi un umano»
«E credo che papà dovrebbe difenderti dagli altri» le rispose lei.
«Non credo che il problema si porrebbe, se la sua famiglia non si nutrisse di sangue animale lei non sarebbe mai nata, tu non ci saresti e io starei piangendo la morte di Bella. O forse no, non l'avrei quasi conosciuta, quindi non l'avrei potuta piangere»
«Perché dici queste cose, papà?»
«Perché la mamma era la "cantante" di mio padre» le rispose Renesmee, con l'aria di chi ha sentito quella storia talmente tante volte da averne la nausea.
«Che significa?»
«Significa che il suo sangue "cantava" per lui. Che il profumo del sangue di mamma era quanto di più delizioso lui potesse mai sentire, e al quale non poteva resistere»
«Ma le ha resistito, tanto da farci una figlia insieme» borbottai.
«Sembra quasi che ti dia fastidio» mi rispose lei, sedendosi accanto a me, dal lato opposto rispetto a quello che occupava Sarah, e posandomi un bacio sulla guancia. Abbracciai anche lei.
«Ci vorrebbe una foto» borbottò Seth, sentendosi escluso. Sarah mi posò un bacio sulla guancia e si alzò a prendergli una mano. Niente di malizioso, solo la voglia di rassicurarlo.
«Andiamo a prendere Ethan!» dissi, alzandomi dal divano e lasciando Nessie dietro di me.
«Sei un bruto!» mi rimproverò lei, scherzosamente, probabilmente perché non l'avevo aiutata a rialzarsi.
«Ti stavo dando la possibilità di dimostrare la tua superiorità da mezza vampira!» le dissi.
«Non devo dimostrare niente a nessuno. Io sono superiore»
«E questa sarebbe la tanto esaltata età adulta, Seth?» chiese Sarah, guardandoci bisticciare scettica. Lui si limitò a risponderle scuotendo la testa e accompagnandola fuori, precedendoci all'auto.

Raccolto Ethan, ci dirigemmo verso casa Cullen. Parcheggiai di fronte all'enorme villa nel bosco.
«E qui ci abiterebbero dei vampiri?» chiese Ethan, vedendo per la prima volta la grande casa dall'intonaco bianco, le mille finestre e l'aria... viva.
«Ci hai abitato anche tu per un po' di tempo» gli risposi io dal sedile davanti, senza neanche girarmi. Scendemmo dall'auto, e vedemmo - immancabile - Edward ad attenderci sulla porta di casa.
«Quello è tuo padre?» chiese Sarah a Nessie. Lei annuì.
«Gli somigli» disse Ethan.
«Grazie» rispose lei. Era vero, somigliava ad Edward terribilmente.
«Jake, cos'hai?» disse, mentre mi stringeva la mano.
«Niente, Nessie, non ho niente» risposi, intrecciando le dita alle sue.
«E allora perché ti sei irrigidito, quando Ethan ha menzionato il fatto che somiglio a mio padre?» Non potei non lasciarmi sfuggire un sorriso. Quella donna, la mia donna, mi capiva al volo. Aveva subito capito che c'era qualcosa che non andava in me, al pensiero che proprio Edward fosse suo padre.
«Ha a che vedere con il matrimonio»
«Ne hai discusso con loro ieri notte. Se non vogliamo che partecipino non si metteranno in mezzo»
«Il problema è che tu vuoi che partecipino. Ed io non sono così sicuro di volerli escludere, perché sarebbe una macchia nella perfezione di quel giorno, ed io non voglio che il giorno delle nostre nozze possa essere coperto da qualsiasi ombra. Soprattutto se è a causa loro»
«Credo che papà in fondo abbia detto che si sarebbe tirato indietro perché sperava in questa tua reazione. Ti conosce abbastanza il mio vecchio, vero?»
«Mi frega ogni volta. Sistematicamente» le sussurrai. Lei scoppiò a ridere.
«Beh, ci vogliamo dare una mossa?» disse Ethan, impaziente. Come Sarah, non aveva ancora visto Bella, ma, al contrario di sua sorella, non le portava rancore. Avendo parcheggiato di fronte alla scalinata principale - i famosi sette gradini del patio - non ci mettemmo molto a raggiungere Edward sulla porta.
«Edward» gli dissi, a mo' di saluto.
«Jacob» ricambiò lui.
«Ciao, papà» lo salutò Nessie. La sera prima non si erano visti, lei si era tenuta alla larga dal salotto. Sapeva quello che ci eravamo detti in parte perché aveva origliato, e in buona parte perché le avevo riportato fedelmente il nostro dialogo, quasi parola per parola. Lui fissò le nostre mani intrecciate e scosse la testa. Probabilmente decidendo che non gli importava, o che non voleva dare peso alla cosa. Abbracciò sua figlia, che lo ricambiò con un solo braccio, riluttante a lasciare la mia mano quanto lo ero io a lasciare la sua.
«E' così bello averti di nuovo qui» le sussurrò, baciandole la fronte, prima di salutare anche Seth.
«E voi dovreste essere Ethan e Sarah» disse, non facendo neanche una piega sul fatto che mia figlia sembrasse più una liceale al penultimo anno che una bambina delle scuole medie. In effetti, gli avevo detto la sera prima che i gemelli non erano più tanto "gemelli", e quindi non doveva essere troppo sorpreso.
«Somigli a Bella, quando l'ho conosciuta»
«Dalle foto non direi. Somiglio di più a papà» gli rispose lei. Seth le strinse la mano.
Jake, non farti paranoie. Non devi preoccuparti, non significa nulla di quello che stai pensando in questo momento. E' solo un tentativo di tranquillizzarla. Mi dissi. Nessie strinse la mia, di mano, forse per lo stesso motivo. Suo padre sorrideva. Certo, aveva letto tutto quello che mi era passato per la mente! La mano di Nessie si strinse ancora più forte nella mia.
«Entriamo?» chiese Ethan impaziente. Non aveva alcun timore dei Cullen. Era dovuto alla sua natura di lupo, o a quel cinquanta per cento dei cromosomi che divideva con Bella? Mise la mano in quella di Edward. Lui si voltò a guardarmi stupito. Io ricambiai la stessa occhiata. Poi sorrisi. Non che la situazione mi facesse piacere, ma non potevo neanche mettermi ad urlare come un bambino di cinque anni davanti ai miei figli.
E' il figlio di Bella. Pensai, diretto a lui. Si fida di te, purtroppo.
Probabilmente era vera anche quella cosa che avevo letto sui libri sull'infanzia che mi aveva passato Seth. I bambini assumono il carattere e gli atteggiamenti delle persone che li educavano. E Seth era uno di quelli che erano stati più a contatto con Ethan. Ma se questa cosa fosse stata vera, anche Sarah si sarebbe dovuta comportare come lui, in fondo Seth era sempre stato una piattola, con lei più che con Ethan.
«E' proprio il figlio di Bella - mi rispose lui - Non riesco a sentire cosa pensa»
«Sei fortunato, Ethan, è un tale impiccione!» gli disse Nessie.
«Sai leggere nel pensiero?» chiese invece Ethan, con evidente ammirazione, ignorando quasi totalmente Nessie.
«Non nel tuo... o in quello di tua sorella»
«Figo» Edward gli lanciò un'occhiataccia. La stessa che gli lanciai io.
«Divertente. Almeno su una cosa siete d'accordo» ci disse, con quell'aria da furbetto che ormai mi stava diventando sempre più familiare. Possibile che avesse sempre "mandato avanti" Sarah, ma che in realtà fosse lui quello da tenere d'occhio? Ripercorsi velocemente la mia vita con loro. In effetti Ethan aveva sempre avuto la tendenza a prendere il comando nelle situazioni "critiche", a mostrarsi allegro per tutti, a fare finta che non gli importasse di niente. Eppure, in quel momento, sembrava che non vedesse l'ora di ricongiungersi con sua madre. E di nuovo, quel terrore di perdere uno dei miei figli, mi strinse il cuore. Immediatamente lui lasciò la mano di Edward, facendolo rimanere di stucco. Poi, velocemente, si avvicinò a me, e mise la sua manina nella mia.
«E' questo che non avevi capito dei nostri poteri, papà. Riusciamo a sentirti solo quando sei arrabbiato o hai paura»
«E' veramente strano» borbottò Edward.
«I miei figli non sono strani, sanguisuga» ringhiai al suo indirizzo.
«Non era questo che volevo dire, e lo sai»
Sarah era rimasta per tutto il tempo in silenzio al fianco di Seth, probabilmente scambiandosi informazioni con il fratello.
«Papà, possiamo entrare e sbrigarci con questa storia?» chiese implorante.
«Sì, avete ragione, vi ho tenuti sulla porta per troppo tempo. Esme mi rimprovererà all'infinito per questa mancanza di ospitalità»
Lo seguimmo dentro la casa, dentro il bianchissimo salone della luminosissima casa, in cui i soli due punti d'ombra erano rappresentati dal nero pianoforte a coda e dal televisore al plasma attaccato al muro. Sul divano, davanti al televisore, Emmett e Jasper discutevano su una vittoria, meritata o meno, a un gioco per una delle migliaia di consolle che avevano.
«Questo posto sembra una sala giochi» dissi a Nessie.
«Sì, quando ci sono loro - disse indicando i suoi zii - lo è» Lasciò la mia mano per andare a salutare i due sul divano che, presi com'erano dalla conversazione, sembravano aver perso la buona educazione. Era un tipico comportamento da Emmett, non da Jasper.
«Ciao, Jake!» mi salutò un'allegra Alice, correndomi incontro e abbracciandomi. Quando l'avevo chiamata, prima che arrivasse Nessie per cena, e l'avevo ringraziata per tutto quello che aveva fatto, avevamo parlato un po', e, sebbene non ci fossimo del tutto chiariti, avevamo seppellito l'ascia di guerra.
«Ciao, nana!» le dissi, posandola a terra.
«Papà, è lei?» mi chiese Sarah. Sulla mia faccia si dipinse un punto di domanda.
«Chi?»
«La vampira che abitava con noi ad Hanover. Hai detto che era una delle più simpatiche che conoscessi»
«Davvero hai detto così? Sei un tenerone!» disse Alice, pizzicandomi le guance, non so bene come dato che era quarantacinque centimetri più bassa di me. La ignorai, per rispondere a mia figlia.
«Sì, è lei»
Seth stava stranamente zitto ad osservare la situazione. Edward se ne era andato in giro per casa a chiamare gli altri, probabilmente, benché una semplice parola sarebbe stata sentita da chiunque in quella casa.
«Jake, ma loro sono veramente quei batuffolini che tenevo in braccio dieci anni fa?» mi chiese Alice.
«Sì, sono loro» dissi, indicandole i "bambini".
«Ti sei trasformata, vero?» chiese Alice a Sarah, in maniera diretta. Probabilmente Edward e Bella non avevano detto niente al resto della famiglia, ma per chi ci conosceva era impossibile non capire che la straordinaria maturazione fisica di Sarah rispetto al gemello fosse dovuta alla sua trasformazione. Sarah annuì. Non sembrava a suo agio, ma neanche a disagio, di fronte ad Alice.
«Jacob, caro, è bello riaverti qui.» mi disse una voce, sopraggiungendo alle mie spalle.
«Sì, è bello, ma questa, come l'ultima, non è una visita di piacere, Esme»
«Lasciate almeno che vi prepari qualcosa per pranzo!»
Ethan la squadrò, pensieroso, poi sul suo viso si formò un sorriso immenso.
«Nessie, lei è tua nonna? Quella che cucina meglio di zia Emily?»
«Sì, Ethan, è lei!» gli sorrise di rimando.
«Furbacchione, che ti ho detto ieri?» gli dissi torvo.
«Lei è tua, sì, va bene. Io ho avuto l'imprinting, te lo devo ricordare?»
«Ha avuto l'imprinting?» Carlisle. Annuii, iniziando a sentirmi un po' sulle spine. C'erano tutti. Mancavano la psicopatica, Bella ed Edward. Ma che dovevano fare, un'entrata ad effetto?
«Amore, ma i tuoi che fine hanno fatto?» dissi rivolto a Nessie, che prontamente mi indicò un punto alle mie spalle. Non avevo neanche fatto in tempo a finire la frase che loro erano apparsi, come per magia, con la scorta della bionda, che prontamente si affiancò al suo Emmett.
«Ciao, Bella. Rosalie» salutai, accompagnando il tutto con un gesto della mano, senza dare un tono particolare alla mia voce. Era più una cosa dovuta, che il vero piacere di rivederle.
«Ragazzi, accomodatevi» disse Esme, sedendosi su una delle poltrone, vicino a suo marito. Seguimmo la sua indicazione. Il discorso che dovevamo affrontare era lungo e duro, e parlarne in piedi avrebbe solo peggiorato i nostri stati d'animo. Nostri. Non loro. Sarah e Seth sedevano lontani da me, Ethan e Nessie. Mio figlio era comodamente seduto tra me e la mia fidanzata, beandosi delle nostre braccia appoggiate alle sue spalle. Sarah era stretta nell'abbraccio di Seth. Come la sera prima. E, stranamente, non provavo fastidio verso Seth. Solo gratitudine, per quel suo aver insistito per accompagnarci. Il posto migliore per Sarah era proprio tra le sue braccia. Comoda e al sicuro. Si era sempre sentita protetta con lui.
«Bella, credo che stia a te parlare» le disse Edward, con dolcezza. Lei mi guardò, o forse guardò Ethan, tra me e Renesmee. Poi fissò per un lungo istante Sarah, ed iniziò a parlare.
«Io... io devo scusarmi con voi. Con tutti voi. Per avervi fatto soffrire e per essere piombata di nuovo così all'improvviso nelle vostre vite. Mi dispiace avervi lasciato quando eravate così piccoli, pensavo davvero che fosse la scelta migliore per voi...»
«Forse lo è stata» rispose Ethan, lasciando di stucco persino Sarah, che l'aveva sicuramente sentito pensare quella cosa.
«Ethan, io...» fece Bella, ma lui la interruppe di nuovo.
«Mi correggo, forse lo sarebbe stata se tu non avessi deciso di lasciare papà immerso nei sensi di colpa fino alla punta dei capelli»
«Sai cosa è significato sentirlo urlare ogni notte per anni?» le chiese Sarah, con astio nella voce, ma mantenendo una calma invidiabile, almeno in superficie. Avevo notato che la stretta di Seth su di lei si era fatta più salda.
«Non solo le urla, ma anche quel suo negarsi l'allegria che ha ritrovato solo da quando c'è Nessie» aggiunse Ethan. I vampiri si erano congelati nelle loro posizioni, come me, che non mi ero mai reso conto fino a che punto i miei figli avessero compreso quello che provavo.
«Ci hai lasciato con dei poteri sviluppati a metà. Non ci siamo resi conto di cosa fossero fino a quando non abbiamo scoperto di poter comunicare con la mente. Ci siamo sentiti inadeguati, strani, dei mostri. Non potevamo parlarne, perché ci avrebbero presi per matti. Non potevamo dirlo neanche a papà, perché avrebbe dovuto affrontare le nostre diversità. Lo hai costretto a nasconderci la nostra vera natura, che finalmente ha dato un senso alle nostre capacità, perché temeva che pensassimo che fosse il colpevole della tua morte. E tutto solo per lui» sputò le ultime parole con disprezzo, indicando Edward con un cenno della testa. A quel punto una domanda mi venne spontanea.
«Da quanto riuscivate a sentire i miei pensieri?» chiesi ai miei figli. In particolar modo a Ethan.
«Che io ricordi l'abbiamo sempre fatto, ma te l'ho detto, solo nei momenti di rabbia o di paura. E quando pensavi a lei avevi sempre paura che potessimo ritenerti colpevole della sua morte»
Stavano mettendo a nudo la mia anima davanti alla famiglia Cullen, ma non me ne fregava niente. Quello che era importante in quel momento, era che finalmente riuscissimo ad essere sinceri l'uno con l'altro.
«E comunque, mamma - disse Ethan, proseguendo il suo discorso, e pronunciando quella parola con una strana inflessione - Papà ci ha voluto bene per entrambi. Ci ha parlato di te, non voleva che ti dimenticassimo. E si arrabbiava ogni volta che io dicevo che non ti ricordavamo. Ma ci ha fatto sempre pensare che tu ci amassi, e che non ci avresti mai abbandonati. E invece l'hai fatto! L'hai fatto, e invece di prenderti le tue responsabilità, che fai? Dici che l'hai fatto solo perché pensavi che fosse la cosa migliore? Per chi? Per noi o per te?» scattò in piedi, e se non fosse stato che conoscevo quel tremore come le mie tasche, non avrei mai fatto in tempo a portarlo fuori da quella casa.
Strinsi le braccia intorno alla sua vita e mi precipitai verso l'esterno, rompendo una delle grandi vetrate del salone. Appena fuori scoppiammo insieme. Io, un lupo dal pelo rossiccio, sovrastavo mio figlio, un lupo magnifico dal pelo nero e grigio, di poco più piccolo di me.
Ethan! Calmati. Gli imposi, con il doppio timbro dell'alfa.
Papà, scusami. So che ci tenevi che andasse tutto bene, ma non sono riuscito a mantenere la calma davanti... davanti a lei! Lei ci ha abbandonati, e ora pretende che la perdoniamo come se non fosse successo niente.
Ethan, non ce l'ho con te. Sei il mio cucciolo adorabile. Come potrei avercela con il mio cucciolo?
Papà, basta con questa storia del cucciolo. Anche perché quando mi sarò trasformato di nuovo in umano se andrà come con Sarah avrò l'aspetto di un diciassettenne!
Sarai sempre il mio cucciolo. Gli dissi, leccandolo tra le orecchie.
Lui latrò, in una risata lupesca.
Papà? Mi chiamò.
Dimmi tutto.
Adesso come facciamo? Intendo... a rientrare?
La vedi Nessie?
Sì.
Ha qualcosa in mano?
Sì, sembrano... vestiti. Papà, avevi previsto che andasse in questo modo?
Beh, diciamo che se non ti faceva scoppiare questa situazione non ci sarebbe stato nient'altro. Probabilmente ti staranno un po' grandi. Sono vestiti miei.
Feci un cenno a Nessie, che portò i vestiti in mezzo al bosco, precedendoci.
Poi si allontanò.
Ethan, ascoltami, ti aiuterò a ritornare umano, poi mi trasformerò anche io.
Perché non il contrario?
Perché in questo modo posso controllare le tue emozioni.
Ah... ok.
Pensa a qualcosa che ti rilassi o ti renda felice.
A cosa ad esempio?
Credo che tua sorella si concentri sulla sensazione che prova quando è tra le braccia di Seth. Tu prova a pensare a Esther.
Vidi immagini di loro due giocare spensierati nel prato di fronte a casa di Sam e lentamente persi il contatto con la testa di mio figlio. Aprii gli occhi, e mi trovai con un me diciassettenne di fronte. Non fosse stato per i capelli castani e gli occhi dal tipico taglio Swan, sarebbe potuto passare per me appena mutato.
Mi trasformai in fretta anche io.
«Vestiamoci e torniamo in casa» dissi, sicuro.
«Non hai paura che possa succedere di nuovo?»
«C'è il pericolo, ma imparerai a controllarti, ora che sai qual è il trucco»
«Qual era il tuo?»
«Il mio cosa?»
«Il tuo pensiero felice»
«Tua madre» gli risposi.
«Come faceva ad esserlo, se era innamorata di un altro?»
«L'altro se ne era andato, ed io pensavo che lei fosse innamorata di me»
«E dopo che lui è tornato?»
«Eravate tu e Sarah. E lo siete tuttora»
«Non è Nessie?»
«Anche Nessie mi rende felice, ma voi siete la mia gioia più grande. Non potrei mai rinunciare a voi»
«Non potresti mai rinunciare neanche a Nessie, papà!» mi rimproverò lui scherzando, per poi tornare serio.
«Sai papà, prima, quando ho preso il tizio per mano, volevo fare un esperimento»
«Quale?» chiesi, incuriosito.
«Stavo cercando di capire cosa avrei provato se la mamma avesse deciso di portarci con lei anziché lasciarci con te. Ma ho capito due cose. La prima, è che probabilmente la mamma ti voleva bene, perché la tua faccia e i tuoi pensieri quando mi hai visto per mano con lui, erano quelli di una persona che non sarebbe sopravvissuta se oltre alla donna che amava gli fossero stati strappati anche i figli»
«E la seconda?» chiesi.
«La seconda è che la mano a Mister Ghiacciolo l'avrei staccata a morsi da piccolo» mi rispose sghignazzando, mentre uscivamo dal bosco. No, mi sbagliavo. Non era figlio di Bella, era proprio figlio mio.
«Finalmente, Jake, stavo venendo a cercarvi!» mi disse Nessie, stampandomi un bacio sulla guancia.
«Ethan, sei molto bello anche tu!» gli disse sua sorella.
«Gli altri dove sono?» chiesi.
«In casa. Mamma non ha preso molto bene la reazione di Ethan e Sarah» mi rispose Nessie.
«Ti dispiace se entro a parlarle?»
«No, Jake. Vai» mi rispose.
La strinsi a me per un attimo, poi entrai in casa, trovando Bella immobile sul divano, con lo sguardo fisso davanti a sé.
«Posso parlarle?» chiesi ad Edward, che la guardava impotente. Mi fissò per un lunghissimo secondo, probabilmente ascoltando i miei pensieri. Poi annuì.
«Bella, ti avevo detto ieri sera che sarebbe stato complicato da fargliela mandare giù. Non è stato facile per me scoprire che eri ancora viva, per loro può soltanto essere stato peggio»
«Non mi hanno fatta neanche parlare»
«Mi sembrava di averti avvertita del fatto che sono due menti criminali» scherzai. Lei abbozzò un sorriso, che si spense subito.
«Bella, prima o poi verranno a cercarti di nuovo. Per farsi dare delle spiegazioni migliori. Vedi di averne, quando sarà il momento»
Non attesi la sua reazione.
Mi girai sui talloni, e me ne andai di casa, raccogliendo la mia famiglia, e tornando alla riserva.

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