Ciclone ( Pov Jacob)


Jacob

«Papà!»
I bambini, che giocavano di fronte a casa di Sue e Charlie con Seth, ci corsero incontro. Lasciai la mano di Nessie per accoglierli tra le mie braccia.
«Papà... com'è andata?» mi chiese Sarah, con gli occhi sognanti e senza troppi giri di parole. Guardai storto Seth, ma non riuscivo a non sorridere. Nonostante le preoccupazioni che si erano profilate all'orizzonte fossero ancora vive dentro di me, mi sentivo felice come non lo ero mai stato. Anzi, come ero stato forse soltanto il giorno della nascita dei gemelli, ma era una felicità diversa. La donna che amavo aveva accettato di sposarmi, ed io volevo gridarlo al mondo intero.
Nessie scoppiò a ridere. La sua risata argentina, sincera, gioiosa, contagiò tutti e ben presto ci ritrovammo come quattro idioti a ridere in mezzo alla strada.
«Ti riferisci a questo?» chiese poi a Sarah, mostrandole la sua mano sinistra.
«Hai accettato!» gridò lei, felice. Ethan mi saltò al collo.
«Ehi, ehi, ehi! Non sei più tanto piccolo! Faccio fatica a tenerti così!»
«Scusa, papà, ma sono felice!» Mi ritrovai stretto nell'abbraccio dei miei figli e della mia futura moglie.
«Ragazzi, siete in ritardo!» urlò Sue dalla veranda della casa, tenuta in perfetto ordine. Insieme ci dirigemmo verso la casa. Appena entrati, notai che veramente eravamo in ritardo. Erano già tutti seduti intorno alla tavola. C'erano Billy, Rachel e Paul, Leah ed Embry, e Charlie. Con noi, eravamo in dodici seduti intorno a quel tavolo. Una grande famiglia. Che ormai non contava solo Quileute.

«Sue, era tutto buonissimo!» dissi, abbracciandola.
«Grazie, Jake. Sai che mi fa piacere cucinare per voi!» mi rispose lei.
«Sì, lo so. Ma non siamo mai abbastanza riconoscenti per questo!» scherzai.
«Papà?» mi chiamò Sarah.
«Dimmi, tesoro!»
«Ti devo chiedere una cosa» mi guardò, seria, con quegli occhioni neri che aveva ereditato da me.
«Tutto quello che vuoi»
«Come si capisce di essere innamorati?»
Dannazione, Sarah. Fai tutte le domande del mondo a Seth e questa la riservi per me? Non so cosa risponderti! Come al solito, del resto. Pensai, frustrato.
«Credo che sia diverso per ogni persona» le risposi.
«Perché "credi"?» insistette.
«Perché io ti posso dare solo la mia esperienza»
«Allora, vediamo come posso cambiare la domanda in modo da avere una risposta soddisfacente» Proprietà di linguaggio di una donna adulta in una bambina di undici anni. Ma ero sicuro che fosse mia figlia? Le girai intorno e sollevai la coda che nonna Sue le aveva fatto con i suoi lunghi capelli, fissandole la nuca per qualche secondo.
«No» mormorai pensoso.
«Papà, che fai?» mi chiese.
«Mi chiedevo se ti avessero sostituito stanotte con qualche clone robotico»
«Papà, guardi troppa televisione!» Incredibile, rimproverato da una bambina di undici anni. Da mia figlia.
«Comunque, non cercare di distrarmi. Come ti sei accorto di essere innamorato di lei?»
«"Lei" è Nessie? - Sarah annuì - Dopo la prima volta che l'ho vista, ho pensato a lungo a lei, ma non mi ero reso conto di essermi innamorato fino a quando non l'ho vista per la seconda volta. E a pensarci bene neanche quella volta volevo arrendermi all'evidenza. Alla terza volta, però... mi è stato chiaro che senza di lei non sarei più potuto stare. Ti va bene come spiegazione?»
«Non tanto. - mi rispose, sincera come suo solito. E spietata come suo solito - Dove vi siete incontrati la prima volta?»
No, a questo ancora non posso risponderti, piccoletta! Domani mattina ti racconterò tutto. Promesso. Dissi tra me e me.
«Perché invece di farmi queste domande non vai a giocare fuori con Ethan? Ci sono le nuvole, ma non piove!» le risposi, cercando di svicolare da quel percorso su cui aveva seminato acqua e sapone per farmi scivolare.
«Va bene, papà. Tanto prima o poi dovrai dirmelo! - mi disse lei - Senti, papà, ti posso fare un'ultima domanda?»
«Sono tutt'orecchi» tanto, anche se avessi detto di no, lei l'avrebbe preso per un sì.
«Non trovi che Nessie somigli un bel po' alla mamma?» mi chiese, mostrandomi una foto di noi quattro di fronte alla casa di Bella a Dartmouth, quasi undici anni prima. L'aveva scattata Alice, e Bella l'aveva incorniciata, tenendola in mostra sul caminetto della casa. Pensavo di aver fatto sparire tutte le copie di quella foto, l'illusione di una famiglia felice. Una famiglia che non era mai esistita.
«Dove l'hai presa?» le chiesi, invece di risponderle.
«Non si risponde a una domanda con una domanda, papà. E' da maleducati» mi disse, citando una delle mie frasi più celebri. Ero troppo stupito per darle peso.
«Sarah, dove l'hai presa?»
«Era nel gilet di nonno Charlie. Sai quello con cui va a pesca?»
«Hai frugato nelle sue tasche?» le chiesi con uno sguardo di rimprovero.
«No, ha chiesto a me e a Ethan di prendergli la penna nel taschino, ed Ethan l'ha fatta cadere» Presi la foto, e finsi di guardarla attentamente. In realtà sapevo perfettamente quali fossero le somiglianze tra Nessie e Bella. Ma sapevo anche quali erano le tantissime differenze tra di loro.
«Sì, gli occhi hanno una certa somiglianza. Ma per il resto sono completamente diverse» le risposi, cercando di essere il più credibile possibile. Lei mi strappò la foto dalle mani, fissandola scettica.
«Secondo me si somigliano, altroché!» E fuggì via, senza dire altro. Sì, dovevo necessariamente parlare ai gemelli di Bella. Ma il giorno dopo, quando avessero già saputo del branco e dell'esistenza dei vampiri.
«Che ti ha detto?» mi chiese Nessie, avvicinandosi a me e posando una mano sulla mia spalla.
«Mi ha chiesto come ci si rende conto di essere innamorati»
«E tu cosa le hai risposto?» mi chiese lei, stringendo gli occhi, fingendo di guardarmi con sospetto.
«Che sei irrimediabilmente innamorato di qualcuno quando ti rendi conto che lo stare senza di quel qualcuno ti manda al manicomio»
«E a te è capitato?»
«Lo sai. Non posso stare senza di te» le dissi, abbracciandola stretta.
«Bleah» Ethan, ti ammazzo! Strofinai la mano sulla schiena di Nessie, poi la lasciai, a malincuore.
«Perché non sei fuori a giocare con tua sorella?»
«Perché Sarah sta facendo le coccole a Zack. Zia Rachel lo ha lasciato in braccio a nonno Billy e lui piangeva, così Sarah si è messa a giocare con lui e lui s è calmato subito. Però ora non vuole giocare con me» terminò mettendo il muso. Come biasimarlo, era abituato ad avere sua sorella tutta per sé, al limite a dividerla con Seth, ma non ci faceva caso, lui era come un compagno di giochi troppo cresciuto, ero stato io a farlo crescere con quella convinzione. Ed ora si trovava a dividerla con un cuginetto, non in grado di camminare e neanche di parlare, figuriamoci di giocare. Un cosino che piangeva, mangiava e dormiva. Un cosino che le donne, e le bambine, adoravano. Mi chinai di fronte a lui.
«Cucciolo, non avere quell'espressione abbattuta. Lo sai che non mi piace quando fai quella faccina»
«Papà, non usare quel tono con me. E non chiamarmi "cucciolo". Ormai sono grande!» mi rispose lui, riprendendo il suo abituale atteggiamento da duro. Scoppiai a ridere. E mi alzai, posandogli una mano sulla testa per scompigliargli i capelli.
«Perché non vai da zio Sam a giocare con Terry?» gli chiesi. Sul suo viso si formò un'espressione estasiata.
«Perché non ci ho pensato prima io?» mi chiese, allegro come non mai, preparandosi ad uscire di casa.
«Ehi, frena i cavalli, campione! Prima devi salutare i nonni e gli zii. Poi io e Nessie ti accompagneremo dallo zio Sam e dalla zia Emily»
«Non posso andare da solo?» mi chiese, con un'espressione che fino ad allora avevo visto sempre e solo sul viso di Sarah. Un'espressione implorante che lei usava solo quando le impedivo di fare qualcosa con Seth. Quanto odiavo l'imprinting. E menomale che quello di Ethan era solo ancora a metà.
«Ehi, Ethan! Mi offendi! Non vuoi fare una passeggiata con me e papà?» La mia adorabile Nessie. Spalla e complice.
«Non pensavo volessi veramente accompagnarmi!» le rispose lui con un sorriso radioso. Se non fosse stato mio figlio, e suo fratello, sarei stato geloso.
«Ehi, ehi, Casanova, vacci piano! Lei - e sottolineai la parola stringendo Nessie al mio fianco - è la mia donna!» In risposta lui mi fece una linguaccia poi corse via.
«Vado a salutare!» urlò, mentre scappava.

Qualche minuto dopo eravamo da Sam e Emily. Lei e la bambina ci vennero ad aprire. Non appena Esther ebbe notato Ethan, non ci degnò più di uno sguardo. Imprinting a metà? Ne ero proprio sicuro? Questo sembrava un imprinting completo e per giunta reciproco.
«Noi andiamo a giocare!» urlò Ethan, prendendo la mano di Esther e scappando nel prato di fronte alla casa di Sam e Emily.
«Accomodatevi!» mi disse la mia amica, spostandosi dall'ingresso per permettere a me e Nessie di entrare. Ci sedemmo su un divano. Dopo pochi minuti, Emily ricomparve con una teiera fumante e una crostata fatta in casa. Mi ero quasi scordato cosa significasse andare a trovarla. Dolci sempre pronti, un sorriso e la disponibilità all'ascolto. Mi ero quasi scordato quanto fosse adorabile.
«Grazie, Emily» le disse Nessie.
Lei la squadrò, poi strinse gli occhi e parlò.
«Se provi anche solo a pensare di fare qualcosa che possa farlo soffrire, ti troverai calva in men che non si dica. E non mi importa cosa sei, e se sei più forte di me. Non mi fai paura.»
«Emily, penso di sapermi difendere da solo»
«Credo di sì. Ma è meglio mettere le cose in chiaro» mi rispose lei.
«Non ho intenzione di farlo soffrire, perché farlo significherebbe far soffrire me stessa. Sarebbe come pensare di staccarmi un arto» le disse Nessie. Emily sorrise.
«Speravo che lo dicessi»
«Emily Uley, non avrai mica detto quello che ti ho sentito dire?» disse Sam, facendo il suo ingresso nel salotto di casa sua.
«Sì, Sam. L'ho detto. Qualcosa in contrario?» gli rispose lei.
«No, amore, no» le rispose, stringendola a sé e baciandola. Sulle labbra e su ognuna delle cicatrici che anni prima le aveva lasciato. Per uno stupido sbaglio. Ero abituato a quel loro modo di salutarsi, ma Nessie era la prima volta che li vedeva.
«Poi ti racconterò la storia di quelle cicatrici» le sussurrai a un volume tale che Emily non potesse sentire.
«La devozione che Sam le dimostra non è dovuta solo all'imprinting, vero?» mi chiese lei allo stesso tono di voce. La strinsi al mio fianco, annuendo. La meravigliosa e intelligente donna che avevo a fianco aveva capito ogni cosa senza che dicessi una parola. Baciai dolcemente le sue labbra, prima di rendermi conto che Sam e Emily ci fissavano.
«Jake, dobbiamo parlare di stasera» mi disse Sam.
«Per il falò è tutto pronto, vero?» chiesi. In quegli ultimi giorni non avevo avuto la testa per occuparmi dell'organizzazione, e avevo delegato ogni cosa ai ragazzi.
«Sì, è tutto pronto. Alla spesa hanno pensato Rachel ed Emily. Abbiamo legna da bruciare fino a domattina. Ma sono insorti un paio di problemi, e volevo parlartene in privato»
«Non ho segreti per lei - gli risposi cocciuto - come immagino tu non ne abbia per Emily»
«Ok, Jake. Ma non vorrei che si offendesse» Lei scosse la testa.
«Qualunque cosa sia saprò affrontarla senza pensare di fare di te il mio pasto» rispose, con un sorrisetto.
«Jared ha detto a Kim che Renesmee è per metà una vampira, e lei non vuole venire stasera»
«Che rimanga a casa sua, allora. Se non fosse stato per Jared non l'avrei mai potuta sopportare» borbottai in risposta, con Emily che sorrideva complice. Neanche lei aveva mai potuto vedere Kim
«Quil vuole portare anche Claire. Ha detto che ormai ha quattordici anni ed è abbastanza grande per sapere la verità.»
«No. Claire per quest'anno, e anche per l'anno prossimo, rimarrà a casa. Non voglio che Quil si penta di decisioni affrettate. E' ancora una ragazzina, e lo considera ancora un fratello maggiore, come pensi che si sentirebbe se sapesse dell'imprinting adesso?»
«E questo ci porta a Seth»
«Cos'ha Seth?»
«Non vuole che Sarah sappia della questione imprinting»
«Non posso tenerglielo nascosto. Sai anche tu che i gemelli sono avviati verso la trasformazione. E non voglio che i miei figli passino quello che abbiamo passato noi. Voglio che siano preparati all'evento»
« Sì, ma devi valutare anche il fatto che tua figlia, a undici anni, sa essere spietata quando vuole »
«Non devi ricordarglielo!» rispose Nessie con un sorrisetto.
«Che significa?» chiese lui.
«Significa che Sarah è la curiosità fatta persona, e non si ferma davanti a niente pur di ottenere quello che vuole scoprire. Quanto pensi che ci metterebbe a scoprire la faccenda dell'imprinting se anche stasera non le raccontaste nulla? E quanto pensi che si arrabbierebbe se lo scoprisse da sola?» dopo la discussione di quella mattina, Nessie sapeva perfettamente perché desideravo mettere le cose in chiaro con i miei figli al più presto.
«Sì, l'ho detto a Seth. Ma sembra irremovibile»
«Per quanto Seth abbia avuto l'imprinting con Sarah, sono ancora io suo padre. E sono io a decidere cosa è meglio per lei»
«Va bene» disse Sam, accogliendo la mia decisione.
«C'è altro?» chiesi. Era lecito avere dei dubbi sul fatto che non mi avesse detto tutto. Quello che aveva tirato fuori, erano tutte cose che avrebbe potuto dire anche davanti a Nessie. Non c'erano cose che potessero turbarla troppo.
«Sì. Il vecchio Ateara vorrebbe che lei non fosse presente» Aveva sganciato la bomba, ed ora attendeva la mia reazione. Che non tardò ad arrivare.
«Penso che queste richieste il vecchio Ateara dovrebbe farmele di persona. E, sinceramente, visto che Renesmee diventerà mia moglie il prima possibile, non credo sia ancora il caso di tenere questi pregiudizi verso di lei. E considerato che ha lasciato il "comando" a noi, non credo che abbia più voce in capitolo. Inoltre, mi sembra che voi del branco l'abbiate già accettata. Altrimenti non avrebbe al polso quel bracciale» Ok, non ero stato molto rispettoso. Ma le richieste di quel vecchio mi facevano incazzare di brutto, chi pensava di essere per vietare alla mia donna di far parte della mia tribù? Ero scattato in piedi, quando Sam aveva nominato il vecchio Ateara, e me ne rendevo conto solo in quel momento, in cui Nessie cercava la mia mano, stretta in un pugno, provando ad infilare le sue dita tra le mie, per trasmettermi calma solo con quel contatto.
«Quindi hai accettato!» disse Emily, che fino a quel momento si era tenuta fuori dalla discussione, conoscendo le abitudini mie e di suo marito.
«Sì» rispose Nessie, sorridendo, e mostrandole l'anello. Passammo un'oretta a parlare del più e del meno, quando finalmente Ethan e Esther rientrarono in casa, esausti.
«Ehi, campione! Sarà il caso di fare un riposino?» gli chiesi.
«Non sono stanco!» protestò lui, soffocando lo sbadiglio che gli era salito alla bocca. Emily scoppiò a ridere.
«Signorina, è il caso che tu ti faccia un bagno e ti vada a riposare un po'!»
«Va bene, mamma!» le rispose lei. Uscendo dalla stanza posò un bacio sulla guancia del padre, e sorrise a Ethan, arrossendo.
«Perché tu e tua sorella non riuscite ad essere come lei?» chiesi a Ethan.
«In che senso?» mi chiese lui guardandomi storto.
«Non fate mai quello che vi dico!»
«Oh, quello! Quello è solo perché Terry è ancora piccola!» mi rispose lui.
«Hai solo tre anni più di lei, sbruffoncello!» gli disse Sam sorridendo.
«Sì, appunto!»
«Ethan, lo vuoi una fetta di crostata alle mele?» gli chiese Emily.
«Certo, zia Emily che lo voglio un pezzetto della tua fantastica crostata!» disse lui, saltandole praticamente addosso per abbracciarla.
«Nessie, tu sai cucinare?» le chiese, mentre masticava la sua fetta di crostata.
«Sì, mi ha insegnato mia... nonna» gli rispose-
«Cucina bene quanto zia Emily?»
«Di più! Senza offesa, ovviamente» disse lei, ridendo.
«Me la fai conoscere?» Lei smise improvvisamente di ridere. Io annaspai.
«Ethan, è meglio se finisci la torta in fretta. Andiamo a casa, ti devi lavare e riposare un po' prima di stasera»
«Ma che ho detto?» mi rispose lui.
«Ethan, cucciolo, fai come dice papà» gli disse Emily, che era a conoscenza della ragione del mio imbarazzo.
«Va bene, zia» disse lui, mogio.
«Perché se lei ti chiama "cucciolo" tu non hai niente da ridire?» gli chiesi.
«Perché la zia Emily è come una seconda mamma. E le mamme possono chiamare "cuccioli" i figli finché vogliono» mi rispose lui, serio e sfidandomi a contraddirlo. Ad Emily si erano riempiti gli occhi di lacrime. Lo abbracciò stretto.
«Grazie, Ethan» gli disse, scompigliandogli i capelli mentre lo guardava negli occhi. In effetti, quello che aveva detto Ethan era vero. Lei gli aveva fatto da madre dopo la scomparsa di Bella, e aveva continuato a stargli accanto anche dopo la nascita di Esther. Era anche merito suo se i miei figli erano cresciuti così bene. E potevo solo immaginare quale gioia le desse il fatto che lui lo riconoscesse.
«Ethan, dai che andiamo» gli dissi.
«Ok, papà!» disse lui, tutto allegro, avviandosi verso la porta. Nessie lo seguì, dandomi il tempo di salutare adeguatamente Emily, dopo quello che era successo poco prima.
«Emily, grazie. Ogni parola che ha detto Ethan è vera. Sei stata per lui e per Sarah come una madre» la abbracciai, sotto lo sguardo di Sam che a un certo punto tossicchiò.
«Devo ricordarti che è mia moglie?» Scoppiai a ridere.
«Grazie anche a te, Sam. Ci vediamo più tardi. Dove lascerete Terry?»
«Da Sue. Si è offerta di tenere tutti i bambini»
«Ah»
«Ci vediamo stasera, Jake!» disse Sam accompagnandomi alla porta, dove una radiosa Renesmee e un sorridente Ethan mi aspettavano.

Il resto della giornata trascorse in fretta, complice anche il fatto che, appena rientrati a casa, io e Nessie discutemmo con i bambini dei benefici che un pisolino avrebbe dato loro.
«Non riusciremo a dormire, siamo troppo eccitati dall'idea del falò con gli adulti!»
«Provateci lo stesso» dissi, spegnendo la luce della loro cameretta e chiudendo la porta. Raggiunsi Renesmee seduta sul divano. Papà non era ancora tornato da casa di Charlie e Sue e non credevo che sarebbe tornato tanto presto.
«Sono felice!» sospirò Nessie, abbandonando la testa sul mio petto, e permettendomi di circondarle le spalle con un braccio.
«Anche io. Più di quanto non sia mai stato. Più di quanto meriti»
«Jacob Black. Tu meriti di essere felice, più di tutti messi insieme» mi rispose lei, alzando la testa e guardandomi con uno sguardo fiero.
«Ti amo» le dissi, posando le labbra sulle sue. Rimanemmo abbracciati senza dire niente per un bel po' di tempo. Fino a quando Ethan e Sarah non entrarono in salotto, stropicciando gli occhi. Segno che avevano dormito.
«Allora - dissi, mentre la mia piccola si sedeva sulle mie ginocchia - Avete dormito?»
«Sì. Avevi ragione, papà. Eravamo veramente stanchi» rispose Sarah. Ethan rimaneva a distanza, come se pensasse che in quel quadretto non ci fosse posto per lui.
«Ethan, vuoi venire vicino a me?» gli chiese Nessie. Cavolo se ci sapeva fare con i miei figli. Li capiva al volo quasi quanto me. Le labbra di Ethan si aprirono in un sorriso immenso, mentre si precipitava al suo fianco, e lei lo stringeva a sé come stavo facendo io con lei. La mia mano gli sfiorava i capelli. E in quel momento, per un momento, dimenticai tutte le mie preoccupazioni e mi sentii veramente completo.
Ovviamente non poteva durare. Bussarono alla porta.
«Seth, entra!» urlai, privo di ogni voglia di muovermi dalla mia posizione.
«Che ne sapevi che ero proprio io?»
«Chi può essere a venire a rompere i... - mi trattenni per via dei bambini - a casa mia all'ora di cena?»
«Jake, possibile che in undici anni non hai ancora imparato a moderare il liguaggio?»
«Fatti i fatti tuoi» gli risposi a denti stretti.
«Principessa, non mi saluti?» chiese, rivolto a Sarah.
«Lo farei, ma sto così comoda tra le braccia di papà!» gli rispose lei, facendogli una linguaccia.
«Guarda che mi offendo!» disse lui storcendo il naso. Lei scattò in piedi e si fece prendere in braccio, abbracciandolo.
«Adesso sì che va bene!» sottolineò sorridendo.
«Come mai sei qui? Non dovevamo vederci alla spiaggia?»
«Sono venuto ad avvisarvi che stiamo andando - mi rispose serio - Principessa, ti va di venire con me?»
«Posso, papà?» mi chiese lei, voltando la sua faccina verso di me. Faccia sulla quale era impressa un'espressione implorante.
«Va bene. Vai. Noi veniamo tra cinque minuti»
«Grazie, papà!» gridò sorridendo.
«Vatti a cambiare prima. Anche tu, Ethan» Quando furono in camera, mi azzardai a parlare.
«Seth, mi chiarisci il motivo per il quale non vuoi che stasera raccontiamo la leggenda dell'imprinting?»
«Ho paura - ammise lui senza problemi - Sai com'è tua figlia, e potrebbe passarle per la testa che io le starò sempre a fianco solo per l'imprinting. Ma in realtà credo che le sarei stato a fianco anche se non fossi stato obbligato»
«Pensi che l'avresti scelta come donna della tua vita?»
«Beh, magari non l'avrei saputo da quando era una neonata»
«Seth, sono convinto del fatto che i gemelli debbano sapere tutto. Domani racconterò loro anche di Bella. E sono convinto anche che saprai scegliere le parole migliori per spiegarle tutto, se dovesse arrabbiarsi»
«Grazie, Jake» mi disse lui.
«Sono pronta!» urlò Sarah, tuffandosi al fianco di Seth.
«Va bene, principessa!» le sorrise lui, stringendole la mano.
«Sarah, non allontanarti da Seth, almeno finché non arriviamo noi» le raccomandai. Come se fosse possibile che lui la lasciasse andare.

Attorno al fuoco, Nessie aveva preso posto vicino a Seth, tenendo Ethan tra le sue braccia, nella stessa posizione in cui Sarah era tra le braccia di Seth. Ogni lupo con il suo imprinting. Fatta eccezione per Quil e Jared. Kim alla fine non era voluta venire, e Quil si era arreso all'evidenza del fatto che avessi ragione. Sam si alzò, avvicinandosi a me, già in piedi, lasciando sola la sua Emily, che si era avvicinata a mia sorella e Paul. Leah, tra le braccia di Embry, sorrideva guardando suo fratello e l'espressione serena che era dipinta sul suo viso. Li guardavo, immaginando come avrebbero trovato quelle leggende raccontate da me. Era la prima volta che mi spettava quell'incombenza, e avevo paura di sbagliare.
Non appena iniziai a raccontare, però, sentii quei timori scivolare via. Ogni parola era seguita dalla successiva in maniera fluida, e la mia voce risuonava sicura, cullando le coscienze dei miei fratelli e delle loro compagne, nonché dei miei figli e di Nessie, che mi ascoltava ad occhi chiusi. Sam prese il mio posto alla narrazione nel momento in cui la leggenda prevedeva che i Cullen facessero il loro ingresso nella nostra storia. I freddi dagli occhi gialli, così li chiamavamo. Fu lo stesso Sam a raccontare la leggenda della terza moglie, quella che descriveva l'origine dell'imprinting. Era lui la persona giusta per farlo, a me l'intensità dell'imprinting era preclusa, non avrei saputo descrivere le sensazioni che si provavano bene quanto lui.
Ma mentre raccontava, un particolare mi distrasse dalla storia. La mia piccola Sarah che, attenta come non era stata per tutto il resto della serata, si irrigidiva progressivamente. Seth aveva alzato lo sguardo da lei su di me, uno sguardo preoccupato, motivato anche dal fatto che lui la sentiva tremare. I suoi peggiori timori stavano prendendo forma, ed io non potevo fare niente per impedirlo. Sarah stava iniziando a comprendere che quello che legava Seth a lei era qualcosa che lui non aveva potuto controllare. Che lui non l'aveva scelta. Che gli era capitata.
Mentre Sam continuava a raccontare, la sua rabbia cresceva ogni secondo di più, ed io temetti che potesse scoppiare da un secondo all'altro, ferendo qualcuno lì di fianco a lei. Ma mi sentivo impotente. Ero completamente bloccato dalle mie emozioni. Come potevo capire quello che stava provando in quel momento la mia piccolina.
Fu in quel momento che scattò in piedi, urlando.
«Tu non mi vuoi bene perché lo vuoi. Tu sei obbligato a volermi bene!» E scappò nel bosco. Io e i ragazzi rimanemmo completamente bloccati da quella reazione.
Fu Nessie a riscuoterci dallo stato di shock in cui eravamo caduti.
«Cazzo, ragazzi! E' una bambina di undici anni che vede crollare tutto il suo mondo, potrebbe perdersi nel bosco» urlò.
«Hai... Hai ragione» le fece eco Seth, ancora visibilmente scosso per quello che era successo. Mi trasformo e la vado a cercare.
«No, Seth. Non andare tu» disse Ethan.
«Che significa?»
«Che è molto arrabbiata con te e con papà, per averle nascosto questa cosa. E' fuggita perché non vuole più vedere né te né lui. Scapperebbe di nuovo. Sta pensando che in questo momento avrebbe bisogno della mamma» sentii il mio cuore lacerarsi. Sua madre c'era, eccome, eppure io le avevo nascosto anche quella verità. Nessie, che era vicina a Ethan e lo fissava, alzò lo sguardo verso di me a quelle parole, per poi tornare a parlare a Ethan.
«Ethan, riesci a vedere dove si sta dirigendo?»
«No, le immagini sono molto confuse, sembra che stia correndo velocissima, ma non è... possibile... che corra... così... velocemente» aveva parlato a singulti, fissando con una smorfia d'orrore ognuno dei nostri volti.
«Cucciolo, cos'hai?» gli chiese Emily.
«Si è... si è trasformata? E' per questo che eravamo qui stasera. Sapevate che stava per succedere. Le leggende sono vere. Papà?» mi chiamò, confuso. Non riuscii a fare altro che annuire. Si precipitò tra le mie braccia.
«Ho paura, papà» disse, scoppiando a piangere nascondendo il viso nella mia maglietta. Mi chinai.
«Ethan» Lo presi per le braccia.
«Ethan, guardami» Sollevò lo sguardo verso di me.
«Ethan, ti spiegherò tutto più tardi. Ora aiutami a trovare Sarah»
«Si è... si è fermata. E'... papà, mi sembra che sia dove ci porti ogni anno per la mamma... ma non è possibile... cioè, è lontano, non può essere lassù, no?»
«Embry, Paul... sapete dov'è... andate e riportatemela salva - ordinai - Seth, vai a casa tua e avvisa Charlie e Billy. Nessie... chiama tua madre e dille di venire alla riserva. Da sola»
«Papà, che c'entra la madre di Nessie?» Sapevo che era troppo per lui affrontare tutto in una notte, ma speravo che avrebbe retto anche quel colpo.
«E' anche tua madre» gli dissi, brutale forse, ma non mi piacevano i giri di parole. E non pensavo ci fosse un modo meno doloroso di dargli quella notizia.
«E' viva?» mi chiese, di nuovo con le lacrime agli occhi.
«Sì - risposi, per poi correggere il tiro, vedendo la sua espressione sconvolta - Cioè... più o meno... capirai quando e se vorrai vederla, questa scelta spetta a te e tua sorella... ma io ho bisogno di parlare con lei»
«Papà... quindi Nessie è mia sorella? Ma la mamma era giovane quando ha avuto me e Sarah, e lei è più grande di me... che casino!»
«Ti spiego tutto domattina. Te lo prometto»
«Jake?» mi chiamò Nessie.
«Dimmi, amore»
«La mamma sta arrivando, ma papà non ha voluto saperne di farla venire da sola»
«Va bene. Andiamo a casa»
«Sam!» lo chiamai.
«Trasformati e dì a Embry e Paul di portare Sarah a casa quando l'avranno trovata»
«Va bene, Jake!»
Presi in braccio il mio piccolo Ethan e mi avviai verso casa con lui e Nessie. Non serviva più a niente fingere di essere umani, pertanto raggiungemmo casa a una velocità sovrannaturale.
«Papà... è bellissimo correre così! Perché non ce l'hai detto prima?»
«Speravo che non doveste entrare in questo mondo malato» gli risposi sinceramente. Lo posai in salotto.
«Cucciolo, vai a dormire, ora. Ti prometto che domattina tua sorella sarà nel suo letto»
«Papa?» mi chiamò mio figlio, senza neanche protestare per il fatto che l'avessi chiamato "cucciolo".
«Dimmi tutto»
«E' per questo che io e Sarah riusciamo a sentirci a distanza?»
«Sì, è per questo»
«Mi piace questa storia di avere i superpoteri!» esclamò, correndo nella sua camera.
«L'ha presa meglio di quanto ti aspettassi» mi disse Nessie avvicinandosi a me.
«Non ha ancora metabolizzato il fatto che vostra madre sia ancora viva» le risposi, non altrettanto speranzoso. E ancora non avevo ricevuto tutte le batoste di quella notte.
Quando bussarono alla porta, mi aspettavo di trovare Embry e Paul con mia figlia tra le braccia avvolta in una coperta.
Non ero preparato a vedere sulla soglia Embry e Paul, certamente, ma tra le braccia avevano una ragazza di sedici diciassette anni, avvolta in una coperta. Aveva i capelli di mia figlia, e la stessa carnagione pallida, ed era bellissima. Ma non poteva essere Sarah. Lei aveva solo undici anni. Dovevo avere un'espressione sconvolta ed eloquente, perché Paul si sentì in dovere di spiegarmi.
«E' stato l'effetto della trasformazione, Jake. In fondo è successo anche a noi. - mi disse, grave, mentre Embry me la metteva tra le braccia - Ah, è proprio tua figlia. Pelo rosso e testa calda. Proprio come te. E' veloce e combattiva. E, domattina, quando le spiegherai quello che è successo, non nominare la parola "Seth"»
Mia figlia era diventata una donna. La tenevo tra le braccia meditando di non farla vedere a Seth per i successivi cinque anni, quando Nessie mi raggiunse.
«Hai sentito tutto?» le chiesi. Lei annuì, e tese le braccia perché le passassi Sarah.
«Avrà bisogno di biancheria e di un pigiama. E non credo che voglia farlo tu. Tra l'altro mamma sarà qui tra pochi minuti» Le lasciai prendere la mia bambina e la vidi scomparire con lei nella nostra camera. Mi sedetti sul divano, con i gomiti sulle ginocchia e la testa tra le mani.
Attendendo che un ciclone arrivasse a portare via me e i miei errori.

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