Api e fiori (Pov Sarah)


Sarah

Dove... dove sono? Ricordo di essere scappata via dal falò ieri sera, ma perché? E soprattutto cos'è successo dopo? Non ricordo niente... ho un gran mal di testa.
Aprii lentamente gli occhi, e trovai quelli di mio fratello fissi nei miei. Stupiti e spaventati insieme.
«Oh, insomma, Ethan, la vuoi piantare di fissarmi?»
Ehi, cos'è successo alla mia voce? Quella non era la mia voce.
«Sarah, sei tu?» mi chiese lui.
«Certo, stupido, chi doveri essere?» e di nuovo, quella non era la mia voce.
«Sei... diversa. Però papà ha mantenuto la sua promessa se sei veramente tu»
Papà... ero arrabbiata con lui la sera prima, ma perché?
«Ethan... cos'è successo ieri sera?»
«Non ricordi perché sei fuggita dal falò?»
«Non molto. Ero arrabbiata con papà, vero?»
«Non solo - mi rispose lui, guardandomi un po' strano - Ma sei davvero, davvero tu?»
«Ma cosa vuoi, che te lo dimostri? Prova a entrarmi nella testa»
«Ci ho provato, ma non ci sono riuscito. Da dopo che mi hai accusato di averti tradita perché ho detto a papà dove poteva trovarti non sono più riuscito ad entrare nella tua testa»

"Sei un traditore, brutto idiota. Voglio restare sola. Vi odio tutti. Tutti. Mi avete nascosto che Seth mi vuole bene solo perché è obbligato a farlo"

«Seth...» mormorai.
«Ti sei ricordata cos'è successo?»
«Non del tutto, ma c'entra lui. Perché penso che mi voglia bene solo perché è obbligato?»
«Davvero non te lo ricordi?» mi chiese lui strabuzzando gli occhi.
«Forse... se mi sforzo...»

«Non puoi impedirmi di vederla!»
Quell'urlo disumano attraversò la parete, colpendo la mia testa e il mio povero cervello.
«Seth...» mormorai di nuovo.

«Devo ricordarti che sono io suo padre, e che sei tu il motivo per cui è scappata?»
«Ethan, perché papà e Seth stanno gridando?»
«Non stanno gridando, se non fosse che le pareti sono sottili non li sentiremmo neanche. Il che da un lato è una fortuna, ma da un altro...»
«A me sembra che stiano gridando. Perché papà non vuole che Seth mi veda?»
«Sarah, ecco... dove hai quello stupido specchio che usi per truccarti di nascosto da papà quando giochi?»
«Nel cassetto della scrivania, ma mi dici a che ti serve?» Non mi rispose. Si precipitò verso il cassetto e mi porse lo specchietto. Lo presi, e lo fissai confusa.
«Ethan, che ci devo fare?»
«Specchiarti, forse?»
Feci come diceva mio fratello e lasciai cadere lo specchio per la sorpresa. Attesi il rumore di vetro infranto, ma non ci fu. Ethan l'aveva afferrato al volo prima che cadesse a terra.
«Stupida. Sarebbero sette anni di guai, e davvero non ne abbiamo bisogno» disse, porgendomi di nuovo lo specchio.
«Sono... sono davvero io?»
«Ora capisci perché papà non vuole che Seth ti veda?»
«Come... come è successo?» stavo per mettermi a piangere. Dove era papà quando mi serviva?
«Ieri sera, al falò, ci hanno raccontato delle leggende»

"I Quileute discendono dai lupi"

«Sì, inizio a ricordare...»
«Quelle leggende sono vere, Sarah» mi disse, senza tanti giri di parole.

"Tu non mi vuoi bene perché lo vuoi. Tu sei obbligato a volermi bene"
Una rabbia inimmaginabile mi aveva percorso la spina dorsale, ed ero scappata via. Via dalle accoglienti braccia di quella sorta di vicepadre/fratello maggiore/migliore amico per cui avevo una cotta. Via dagli sguardi preoccupati di mio padre e di Nessie. Via dagli occhi dei miei zii, davanti ai quali avevo fatto una scenata a Seth.
Avevo iniziato a correre, senza pensare a dove stavo andando, provando rabbia verso il mondo, e all'improvviso...

«Ethan... io sono un lupo»
«Sì, lo so» disse deciso, e anche un po' scocciato.
«Cos'hai?» gli chiesi.
«Ti sei trasformata prima di me» mi rispose, mettendo il broncio.
«Vuoi davvero diventare un mostro?»
«Sarah, non sei un mostro. Sei un lupo, e anche piuttosto bello a quello che dice zio Paul»
«Zio Paul? Anche lui è...»
«Sì. Anche lui. Sono dieci in tutto. Undici con te»
«Anche papà...»
«Papà è il capo e zio Sam il suo vice»
«Come le sai tutte queste cose?»
«Papà me le ha raccontate stamattina, mentre tu dormivi»
«Da quanto sei in piedi?»
«Dalle nove. Sono le undici» Scattai a sedere.
«Le undici? E la scuola? E i nonni? E... - mi interruppi, vedendo mio fratello che mi fissava sghignazzando - Che hai?»
«Che sei sempre tu! Non hai neanche undici anni e ne dimostri diciassette, ma la prima cosa di cui ti preoccupi è che hai fatto tardi per la scuola? Non sai neanche se papà ti ci manderà ancora a scuola!» Non ribattei. Aveva pienamente ragione. Era tipico di me pensare alle cose stupide per non pensare a quelle importanti.
«Se vado di là ora...» iniziai.
«Se vai di là ora papà ti ammazza perché c'è Seth, e ancora non gli ha detto niente di... di questo» disse indicandomi. Scattai a sedere sul letto. Fino ad allora ero rimasta sdraiata sotto le coperte, ma iniziavo ad avere caldo.
«Perché non gliel'ha detto?» chiesi.
«Non ti sei mai resa conto delle "velate" minacce di papà a Seth che si basavano sulla tua crescita?»
«Che significa?»
«Beh, per essere così intelligente, sei piuttosto lenta a capire certe cose» borbottò.
«Allora illuminami, genio!» ribattei, felice di ritrovarmi in quel battibecco.
«Ricordi la storia delle api e dei fiori che papà ha iniziato un paio di mesi fa, per non concluderla mai?» mi chiese, con un sorrisetto.
Certo che la ricordavo. Era stata la prima volta che avevo visto papà arrossire.

«Papà, posso farti una domanda?»
Io ed Ethan eravamo seduti davanti alla televisione, mentre papà leggeva un giornale e nonno Billy era da qualche parte insieme a nonno Charlie. C'era un film, uno di quei film romantici che io adoravo e che Ethan disgustava. Ma quella sera il telecomando era mio di diritto. Per evitare che litigassimo continuamente, papà aveva stabilito dei turni, e chi aveva il telecomando aveva il diritto di scegliere il programma da seguire, senza possibilità di replica da parte degli altri. Il mio papà era un genio quando ci si metteva. O forse anni di litigi con zio Paul lo avevano formato.
C'era... una donna incinta alla tv. Anche zia Rachel aspettava un bambino. Ma come c'era arrivato il bambino nella pancia di zia Rachel? Guardai mio fratello, e poi papà. Lui aveva avuto noi, quindi doveva sapere come nascevano i bambini.
Ethan annuì. Così presi coraggio e chiamai papà.
Lui alzò lo sguardo dal giornale che aveva in mano, in attesa della mia domanda. Ormai non mi diceva più né sì, né no. Sapeva che sarebbe arrivata comunque.
«Papà, come nascono i bambini?»
Era arrossito, e aveva iniziato a tossire come se gli fosse andato qualcosa di traverso. Era così buffo, e avrei riso, se non avessi atteso con impazienza la mia risposta.
«Allora?» insistetti.
Fu in quel momento che papà tirò fuori la storia delle api e dei fiori. Ethan sbuffò, e il suo pensiero mi fece ridere.
«Siamo bambini, non cretini»
Papà si era interrotto confuso, borbottando qualcosa tipo "Per ulteriori approfondimenti dovrete aspettare la maggiore età".
Così, una volta che il nonno era tornato, avevamo chiesto a lui. E lui senza imbarazzo ci aveva detto quello che c'era da sapere, trattandoci da grandi, più o meno. Ci aveva spiegato che quando due persone si volevano molto bene, non come fratelli, ma come una mamma e un papà tra di loro, si univano in un modo particolare e in qualche modo creavano una nuova vita. Il nonno era più geniale di papà. E forse l'aver fatto quel discorso almeno altre due volte gli dava un vantaggio su suo figlio.

Sentii formarsi sul mio viso un'espressione stupita.
«Oh!» dissi soltanto.
«Ci sei arrivata, tonta?»
«Papà ha paura che Seth e io... facciamo un bambino?»
«Non proprio. Ha paura che non si ricordi che hai solo undici anni. Caspita, sei... sei bellissima Sarah!»
Mio fratello che mi faceva un complimento? Il mondo iniziava a girare alla rovescia. Arrossii, mio malgrado.
«Come Nessie?»
«Diciamo che in questo momento si notano le vostre somiglianze» mi disse lui, sibillino, mentre sorrideva come un deficiente.
«Grazie» mi rispose.
«Hai ricominciato a sentirmi?»
«Credo che sia dovuto al fatto che mi hai perdonato. Anzi, forse è più dovuto al fatto che hai perdonato papà, ma questa cosa non me l'ha spiegata troppo bene, penso che non ne sappia molto neanche lui»
«Perché hai detto quella cosa?»
«Quale delle tante?»
«Che Nessie e io ci somigliamo»
«E' difficile da mandare giù, e non vorrei che ti trasformassi e mi sbranassi»
«Ti do la mia parola che non ti sbranerò»
«Ma non che non ti trasformerai»
«Non credo di poter controllare il lupo dentro di me» risposi.
«Beh, sai ieri quando insistevi sulle somiglianze di Nessie con la mamma?»
Sì, quello me lo ricordavo. Papà mi aveva detto che solo gli occhi avevano una "certa somiglianza", ma io ne vedevo molte di più. Annuii.
«Avevi ragione. Lei e la mamma si somigliano molto perché... beh, perché Nessie è sua figlia» Spalancai gli occhi, incerta se credergli o pensare che mi stesse prendendo in giro. Osservai la sua espressione seria non mutare di una virgola e allora decisi di credergli.
«Ma come può essere, mamma doveva avere tipo dieci anni quando è nata lei!»
«No, Nessie è nostra sorella minore»
«Ma... ma...» non capivo come potesse essere, perciò provai a chiedere spiegazioni, ma tutto ciò che mi uscì dalla bocca furono quei due "ma" balbettati e sconclusionati.
«Papà non mi ha dato molte spiegazioni, perché vorrebbe che fosse la mamma stessa a darcene»
Il mio cuore, già fratturato dalla sera prima, scoppiò definitivamente in mille pezzi.
«Lei è viva? - urlai - E papà da quanto tempo lo sa? Perché non ce l'ha mai detto, era nostro diritto sapere!»
Le lacrime scendevano sulle mie guance, ma non ero mai stata una frignona e non avrei iniziato proprio in quel momento, perciò le asciugai e smisi di piangere. Strano che non fosse arrivato nessuno, sentendomi urlare.
« Gliel'ho chiesto io. Ho chiesto io di poter essere il primo a parlare con te, e ho chiesto anche di poterti dare tutte le spiegazioni che volevi. Poi, se avessi desiderato parlare anche con loro, li avrei chiamati io stesso. Abbiamo sempre diviso tutto, in bene e in male. Sei la mia metà e il mio doppio. Sappiamo tutto l'uno dell'altro. E sono convinto che se le cose fossero state al contrario tu avresti fatto lo stesso per me»
Fissai gli occhi castani di mio fratello, trovandovi un po' della magia che era in quelli neri del mio papà. Chissà quando era diventato così saggio.
«Ethan... c'è altro che devi dirmi?» gli chiesi.
«Sì. Seth sta veramente male per quello che è successo. Sembra un cane bastonato, e il fatto che papà non voglia che si avvicini a te peggiora le cose. - annuii, e lui continuò - Sai, l'imprinting è una cosa assurda. Ti tiene vicino a una persona, della quale tu vuoi solo il bene. I suoi desideri diventano i tuoi, e il male che la colpisce, colpisce anche te, ma mille volte più forte, perché vorresti che lei non dovesse soffrirlo»
Parlava consapevolmente di quella cosa. Com'è che l'aveva chiamata? Imprinting. Mi chiesi come... I mille frammenti del mio cuore si polverizzarono definitivamente, impedendomi di rimetterli insieme, se mai fossi sopravvissuta a tutto quello.
«Anche tu... anche tu hai avuto... l'imprinting - affermai con certezza. Ma con chi? - Terry...»
Il nome della nostra amica scivolò fuori dalle mie labbra in un sussurro. Ethan annuì.
«Papà lo chiama "mezzo imprinting", visto che io sono ancora un mezzo lupo. E soprattutto perché, a differenza di Seth con te, non provo la necessità di stare appiccicato a lei ogni mezzo secondo che passa»
«E zio Sam e zia Emily cosa hanno detto?»
«Considerato che anche la zia Emily è l'imprinting di zio Sam sarebbe un po' ipocrita da parte loro dispiacersi, no?»
E mio fratello che usava parole come "ipocrita" era l'avvenimento dell'anno.
«Grazie » borbottò nuovamente.
«Anche zia Rachel, e zia Leah, Nessie e - storsi il naso - Kim?» Tra tutte, Kim era la fidanzata/moglie degli amici di papà che meno sopportavo. L'aria altezzosa e l'atteggiamento di sufficienza che dimostrava verso me e Ethan erano... aaaah. Mi accorsi di aver stretto i pugni e di aver iniziato a tremare. La sera prima era iniziato così, o almeno così iniziavo a ricordare. Cercai un pensiero che potesse farmi calmare. Il calore dell'abbraccio di Seth e quella sicurezza che mi dava. Che c'era sempre stata. Il tremore cessò quasi immediatamente.
«Zia Rachel con zio Paul... sì, e anche Kim e zio Jared, purtroppo. Ma per quanto riguarda zia Leah la situazione era un bel po' incasinata, prima che lei e lo zio Embry si scoprissero innamorati. E Nessie... se te la fai raccontare da lei come l'ha raccontata a me... è una figata!»
«Vuoi davvero che parli con lei?» gli chiesi.
«Sì. Anche lei è dispiaciuta per quello che è successo, quasi più degli altri. E soprattutto, anche lei è cresciuta "in fretta", perciò può dirti quello che si prova» disse.
«Ethan, per quanto lei sia cresciuta in fretta non è cambiata in una notte rimanendo una bambina di undici anni intrappolata nel corpo di una ragazza di sedici»
«Beh, pensa che nei prossimi anni crescerai di età cerebrale e maturerai, ma non cambierai di una virgola»
«Che significa?»
«Papà ti sembra cambiato negli ultimi anni?»
E no, pensai, aveva ragione. Né papà, né tantomeno Seth, erano cambiati di una virgola.
«Va bene, falla entrare. In fondo dovrò pur conoscerla, nostra sorella, prima o poi»
Lui uscì soddisfatto dalla nostra cameretta. Dopo qualche istante, sentii bussare.
«Avanti» dissi. Sapevo chi era. Avevo chiesto io che entrasse.
«Volevi vedermi?» mi chiese.
«Sì, Nessie. Volevo capire»
«Ci sono due modi in cui posso farti capire. Uno è quello classico, parlandotene. L'altro è un po' meno ortodosso, ma ti chiarirebbe quasi da subito chi sono e perché sono così. Ed è mostrandotelo»
«Come è "mostrandotelo"?» chiesi, curiosa e decisa a fidarmi di lei. Non mi aveva fatto del male fino ad allora, papà si fidava di lei e l'aveva scelta come fidanzata, perché non avrei dovuto farlo?
«E' così» disse, prima di posare una mano sul mio viso, mostrandomi la sua storia.
Vissi con lei tutti i suoi dieci anni di vita. Conobbi attraverso i suoi ricordi i suoi zii, i suoi nonni e i suoi... genitori. Sua madre era anche mia madre. Ma aveva gli occhi gialli.

"I freddi dagli occhi gialli."

Al termine del fluire dei suoi ricordi, le feci una domanda.
«Nessie, perché papà non ha avuto l'imprinting con te?»
«Secondo Seth è perché ci siete voi» mi rispose sincera.
«Ma tu... tu sapevi che era lui che avresti voluto per tutta la vita?»
«Sì, lo sapevo da quando ero piccolissima. Lo sognavo ogni notte»
«E... pensi che anche io, in fondo, sappia che è Seth...»
«Mi stai chiedendo se è Seth che vuoi per tutta la vita?»
Annuii. Ethan aveva perfettamente ragione, ero una bambina di undici anni nel corpo di una diciassettenne. E Nessie poteva capirmi benissimo, perché, nonostante la nostra crescita estremamente rapida avesse seguito dei "ritmi" diversi, quello che ci rendeva molto simili era il sapere che desideravamo che qualcuno, e non un qualcuno in generale, ma un qualcuno molto particolare, che sapevamo esattamente che faccia avesse, ci stesse accanto per tutta la vita.
«Sarah, ieri tu hai fatto una domanda a tuo padre,e lui ti ha dato una risposta»

"Come si capisce di essere innamorati?"
"Credo sia diverso per ogni persona"
"Perché credi"
"Perché io posso darti solo la mia esperienza"

«Nella mia esperienza, ho sempre saputo che tuo padre sarebbe stato mio per sempre. Ho desiderato fortemente che i miei sogni si realizzassero, e ultimamente ho scoperto che sembra che io sia nata per farlo felice. Non sono te, e non pretendo di entrare nella tua testa, conosco solo due persone che potrebbero farlo»
«Due?»
«Sì, Ethan e mio padre»
«Legge nel pensiero?»
«Sì, lo sa fare» mi rispose, un po' scocciata.
«Capito»
«Sarah, ricordi quella conversazione che abbiamo avuto qualche tempo fa? Quando ti scopristi gelosa del tempo che Seth passava con qualcuno che non eri tu?»
«Sì»
«Ricordi la paura che qualcuno potesse allontanarlo da te?»
Annuii.
«La hai ancora?»
Annuii di nuovo.
«E il desiderio di stargli vicino e sapere che sta bene, c'è ancora?»
Ancora una volta mi ritrovai ad annuire.
«L'imprinting ti garantirà che lui, per te, ci sarà sempre. Che non dovrai mai dubitare della sua disponibilità per te o del bisogno che lui ha di te, come te di lui»
«Voglio... voglio vederlo...» le dissi, abbassando gli occhi che si stavano riempiendo di lacrime.
«Provo a convincere quel testone di tuo padre. Tu intanto vatti a vestire. Prendi qualcosa dal mio armadio, ieri sera ho visto che abbiamo la stessa taglia. E sinceramente è una fortuna in questo momento. Non credo che tu voglia andare a fare compere con tua zia Rachel»
«Compere con zia Rachel? Ma stai scherzando? Mica voglio finire al manicomio! E menomale che il piccolo Zack è un maschio!»
Mi avviai verso la camera del nonno, che ormai era di papà e Nessie, ed aprii il suo armadio. Anche lei a vestiti non scherzava mica! Afferrai un paio di jeans al ginocchio e una polo a maniche corte. Iniziavo a capire perché papà stesse sempre vestito in quel modo anche in pieno inverno. Mentre mi vestivo, origliavo la conversazione che si svolgeva in salotto.

«Jacob Black. Seth ha il diritto sacrosanto di sapere perché non vuoi fargli vedere tua figlia. E tua figlia ha il sacrosanto diritto di vedere questo ragazzo, se vuole.»
«Dovresti essere dalla mia parte» rispose lui.
«Io non sono dalla parte di nessuno, se non da quella di Sarah»
«Lo vuole vedere?» chiese papà sorpreso.
«Mi sembrava di aver parlato chiaro. Sì, lo vuole vedere, e se non dici tu cosa è successo, lo farò io»
«Posso farlo anche io, se papà non si muove» Ethan?
«Oh, dannazione! E va bene. Sarah è un po' cambiata stanotte»
«In che senso è cambiata?» chiese Seth preoccupato.
«Jake, va al punto. Tu e mio padre state iniziando ad avere fin troppi punti in comune»
«Non paragonarmi a quella sanguisuga»
«Quella "sanguisuga" è sempre mio padre. Piantala di offendere i miei parenti e sputa il rospo, piuttosto»
«Sarah è cresciuta. Ora sembra una ragazza di diciassette anni - potevo solo immaginare l'espressione sul viso di Seth, ma non me ne veniva in mente nessuna che comprendesse un sorriso - ma è sempre lei. Cioè, a quanto mi dicono, visto che sono l'unico con cui non abbia ancora avuto bisogno di parlare»
Sembrava... arrabbiato. Perché avevo chiesto di Nessie e Seth prima di chiedere di lui? Ma lui era il mio papà, ero certa che ci sarebbe stato sempre per me. Mi venne voglia di dirglielo, ma dovevo tornare nella mia stanza ed aspettare Seth.

Mi sedetti sul letto, rigida in quel nuovo corpo che non avevo ancora imparato a gestire. Di nuovo, bussarono alla porta.
«Avanti» risposi. E per la seconda volta sapevo esattamente chi c'era dietro a quel pezzo di legno.
«Sarah, posso entrare?» chiese, titubante come non lo avevo mai sentito. Non con me.
«Certo, Seth» gli risposi.
«La tua voce...» disse, sedendosi sul letto vicino a me.
«Sì, è un po' cambiata - gli risposi con un sorriso, per rassicurarlo - come un po' tutto il resto»
Ci fissammo a lungo, imbarazzati.
Poi scoppiai a piangere, e mi tuffai tra le sue braccia, come facevo sempre.
Lui mi strinse a sé, accarezzando i miei capelli e cullandomi, come faceva sempre. Fu in quel momento che mi accorsi che non era cambiato nulla, che i timori che aveva mio padre per tenere Seth lontano da me erano infondati. Lui continuava a vedere la Sarah del giorno prima, quella che aveva le dimensioni, oltre che la testa, di una bambina di undici anni.
«Seth, ho paura» confessai in un sospiro.
«Non ce n'è bisogno, principessa»
«Lo so, ma ho paura lo stesso. Ho paura di quello che sono diventata, ho paura di incontrare la mamma, ho paura di scoppiare davanti a tutti e di fare del male a qualcuno»
«Se tu vorrai, ti accompagnerò io, in tutto quello che dovrai affrontare. Sarò sempre accanto a te, pronto a darti una mano, e a darti il coraggio che ti serve. E sarò sempre accanto a te, anche quando le tue emozioni ti porteranno al limite e starai per scoppiare, pronto a ricordarti la dolce bambina che sei»
Mi allontanai da lui, guardandolo negli occhi.
«Tu riesci a vedere la bambina che sono, anche con questo involucro?» mi indicai.
«Principessa, l'imprinting non è solo una questione di aspetto. E' una questione di anime. Io so quello che desideri, perché lo desidero anche io. E da ieri i tuoi desideri non sono cambiati affatto. Perciò sei ancora la mia piccola Sarah. La stessa di ieri. Quella che ha bisogno di me come vicepadre/fratello maggiore/migliore amico. E tanto mi basta per essere felice. Se e quando vorrai, saprai che sono qui. Anche per sempre»
Gli posai un bacio leggero sulla guancia, e tornai ad abbracciarlo.
«Seth, ti voglio bene» gli sussurrai sul petto.
«Anch'io, principessa, anch'io» mi rispose tra i capelli.
«Però...» dissi, titubante, allontanandomi di nuovo da lui.
«Però?» mi chiese con un sorriso.
«Però sono ancora troppo piccola per fare un bambino»
Lui mi guardò stralunato per un attimo, poi comprese qualcosa che non mi era data sapere, e scoppiò a ridere. Ma non era una risata da presa in giro, era una risata gioiosa, come di chi pensava di aver perso qualcosa per sempre e invece l'aveva ritrovata.
Mi strinse di nuovo a sé.
«Seth, cosa avevi perso?»
«Niente, principessa. Ho avuto solo un momento di smarrimento quando mi hai detto quella cosa. Ma poi mi sono ricordato. Api e fiori»
«Api e fiori» confermai, ridendo insieme a lui.
«Ti devo solo chiedere un favore» mi disse, serio.
«Tutto quello che vuoi» gli risposi.
«Non pensare mai più che per me sia un obbligo, quello di volerti bene»

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