Amore (Pov Renesmee)

Renesmee

Rapimento.
Questa era l'unica parola che mi veniva in mente in quel momento. Rachel si era presentata in officina, con una benda, e mi aveva prima coperto gli occhi, poi caricata in auto. Il tutto mentre io cercavo disperatamente un appiglio in Jake.
«E' già andato via, Nessie» mi aveva risposto lei.
E dire che io ero molto più forte di lei. Ma spiegare a Jacob e Paul come si era spezzata due polsi la sorella del mio fidanzato non sarebbe stato facile.
Fidanzato.
Era il mio fidanzato solo perché lo aveva dato per scontato. Abitavamo insieme e lui doveva giustificare la mia presenza lì alla riserva. E così ero diventata la sua fidanzata. Non che me l'avesse chiesto. Dato che io una volta avevo tirato fuori il discorso, per lui era tutto scontato. Ed ora, mi faceva rapire da sua sorella per chissà quale strano rituale della sua tribù.
La macchina si fermò.
Sentii Rachel aprire il suo sportello. I suoi passi risuonarono sulla ghiaia. Aveva fatto il giro dell'auto, per poi aprire il mio sportello e farmi scendere.
«Nessie, mi dispiace averti rapita. Ma credimi, se sapessi cosa ti aspetta mi seguiresti di tua spontanea volontà» mi disse, prima di afferrarmi per un braccio e condurmi fuori dall'abitacolo prima e lungo un vialetto poi. Vialetto. Quattro passi e di nuovo sentii la sua voce.
«Attenta ai gradini. Sono tre. Uno. Due. Tre» Scosse delle chiavi nella mano che non era impegnata a tenere me, ed aprì una porta. Un profumo familiare arrivò alle mie narici. Ma non poteva essere lì, no?
«Non siamo alla Riserva, vero?»
«No, non lo siamo» mi confermò Rachel.
«C'è qualcun altro oltre a noi? Mi sembra di sentire... l'odore di zia Alice, ma non vorrei essere del tutto impazzita»
«Uffi, Renesmee. Non si riesce a farti una sorpresa neanche volendo. Mi ero dimenticata del tuo olfatto sviluppato!»
«Zia Alice!» urlai, mentre Rachel mi liberava dalla sua presa e io correvo verso la fonte della voce, ancora bendata. Quando la trovai, la abbracciai forte. Facevo la dura, e cercavo di non darlo a vedere a Jacob, ma la verità era che la mia famiglia un po' mi mancava. Quello che avevano fatto, un po' meno. E da quando avevo deciso di vivere con Jake li avevo sentiti si e no tre volte. E mai avevo voluto parlare con i miei. Né loro avevano chiesto di me. Chissà se un giorno sarei riuscita a parlare ancora con loro.
«Beh, visto che ha scoperto tutto, direi che possiamo sbendarla!» rise Rachel dietro di me. Subito i miei occhi riacquisirono la vista, liberati dalle veloci mani di zia Alice.
«Dove... dove siamo?» chiesi. Non era un luogo a me familiare, e doveva essere stato abbandonato a lungo prima della nostra incursione. Era ammobiliata, pulita ed accogliente, ma odorava di chiuso.
«Siamo nella vecchia casa di tua madre» mi rispose Rachel.
«Era l'unico posto in cui potessimo collaborare io e Rachel» aggiunse zia Alice.
«Ora però dobbiamo metterci all'opera - sottolineò la sorella di Jacob - Abbiamo solo due ore per renderti perfetta»
«Perfetta per cosa?» chiesi incuriosita.
« Lo scoprirai. Ogni cosa a suo tempo » mi rispose zia Alice. Quelle due insieme non mi piacevano proprio.

Scoprii il perché un bagno, una piega e un trucco dopo. Erano spaventose messe insieme. Io, che avevo sempre cercato di evitare zia Alice per quel genere di cose, mi trovavo a fronteggiare lei e il suo clone.
«Ed ora, il vestito, mia cara» disse la zia, mettendo un sorriso che doveva essere rassicurante, ma che trovai invece terrificante. Provai a scappare, ma non ci fu niente da fare.
«Tesoro, dai, è solo un vestito! Sei peggio di tua madre quando ti ci metti!» insistette. Non so se fu il riferimento a mia madre a farmi scattare, ma afferrai la scatola del vestito, e la aprii. Volevo prima vedere a che morte sarei dovuta andare incontro.
Rimasi sbalordita.
Il vestito era sì elegante, ma non mostruoso come mi aspettavo. La gonna si allargava a partire dalla vita, sottolineata da un fiocco, fino alle ginocchia, mentre il corpetto, che poteva passare per una camicia, era senza maniche, e aveva il colletto alla coreana. Niente di troppo provocante. Che cosa strana per la zia.
«E queste sono le scarpe» disse Rachel, portandomi un paio di decolleté viola. Il vestito era grigio, con motivi floreali verdi e viola. La zia non lasciava mai niente al caso.
«Il vestito l'ha scelto Jacob, io sono solo entrata nella boutique di Armani per acquistarlo»
«Jacob? Che c'entra lui con tutto questo? E... Armani?»
«Mi sono già lasciata sfuggire troppo, vestiti, che diamo gli ultimi ritocchi al trucco e all'acconciatura» mi ordinò, uscendo dalla stanza dove mi avevano rinchiusa.
«Ti voglio bene zia!» le urlai dietro.
«Non mi compri così facilmente!» mi disse lei in risposta. Infilai il vestito, cercando di non macchiarlo e di non rovinare neanche il trucco e l'acconciatura. Impresa ardua, ma non impossibile, come scoprii dieci minuti dopo. Rachel e zia Alice tornarono da me esattamente mentre allacciavo il fiocco in vita.
«No, Nessie, non va così!» rise Rachel, sistemandolo.
«Infila le scarpe, tesoro» mi disse zia Alice, porgendomi le decolleté. Feci come mi aveva detto, ed infilai quella specie di trampoli che mi aveva comprato. Tacco dodici.
«Scommetto quanto ti pare che queste non le ha scelte Jake!» le dissi, digrignando i denti.
«Già. Le ho scelte io, sono magnifiche, non trovi?»
Non le risposi. Erano veramente magnifiche, ma scomode da morire.
«Tesoro, sei meravigliosa» mi disse, allontanandosi per squadrarmi meglio.
«Ma secondo me manca ancora qualcosa» le fece eco Rachel, estraendo dalla borsa due scatole da gioielliere. E non un gioiellere qualunque. Tiffany.
«Una è da parte del branco» disse, porgendomi una delle due scatole e dando l'altra a zia Alice. Aprii quella che avevo in mano. Un paio d'orecchini in... platino... con motivi floreali... diamanti e grossularia.
«Siete tutti impazziti» esclamai vedendoli.
«Questo invece è da parte dei tuoi zii preferiti»
«Tu e zio Jasper?»
«Non solo, anche zia Rose e zio Emmett ci hanno messo del loro» Il collier era meraviglioso, ma non ebbi il tempo di osservarlo troppo. Zia Alice me l'aveva strappato di mano e allacciato al collo.
«Credo che sia ora che tu torni ad avere un rapporto con la tua amica benda» mi minacciò Rachel.
«Ma si rovinerà l'acconciatura!» mi lamentai.
«Non si rovinerà niente, te lo assicuro» mi rispose, legandomi il foulard sugli occhi. Mi condusse fuori dalla casa, mi fece salire di nuovo in auto, e mise in moto, dopo aver salutato zia Alice.
Non era giusto, la volevo salutare anche io.
«Dove stiamo andando?» chiesi, mordicchiandomi nervosamente il labbro.
Lo saprai quando saremo arrivate. E smetti di morderti il labbro!»
«Mi avete rovinato una serata speciale, e non è neanche il mio compleanno»
«Cosa avevi in mente per stasera?»
«Beh... avevo chiesto a Jake... di tenere i bambini... dal nonno, per questa notte...»
«Ok, va bene! Non voglio sapere altro... ho capito qual era il tuo piano» disse, scoppiando a ridere. Io sprofondai nel sedile per l'imbarazzo. E non aprii più bocca per tutto il viaggio.

Quando si fermò di nuovo, mi preparai a scendere.
«Aspetta un attimo» mi disse lei, invece. Aprì il suo sportello, e in un attimo capii dove eravamo. L'odore di salsedine misto a quello di bosco era inconfondibile. La Push.
Perché non potevo scendere? Perché?
D'improvviso, lo sportello dal mio lato si aprì. Nessuno a parlarmi, solo un calore noto a riempire lo spazio intorno a me. Alzai una mano, e lui l'afferrò sicuro, aiutandomi ad uscire dall'abitacolo. Ero ancora bendata, ma ero certa che fosse lui.
Fuori dall'auto, inspirai nuovamente. Oltre all'odore di salsedine e bosco, ne percepii uno nuovo. Quello di vernice. Era anche piuttosto forte, e mi stupii di non averlo sentito prima. Forse avevo sentito solo quello che volevo sentire.
«Attenta ai gradini» la sua voce mi solleticò l'orecchio, mentre sentivo l'auto di Rachel allontanarsi.
Aprì la porta, e una dolce melodia mi riempì le orecchie.
«Ma questa...»
«E' una delle tue melodie preferite. Ho chiesto ad Alice di metterne alcune su un cd... avrei voluto sentirtele suonare, ma non ho un pianoforte»
«Va bene anche così, Jake! Posso togliere la benda?»
«Ancora no» Mi lasciai condurre in casa. Quando lasciò la mia mano, parlai ancora.
«E ora?»
«Solo un secondo. Ecco» Fu lui a sciogliere il nodo della benda. Quello che vidi, mi riempì il cuore di gioia e gli occhi di lacrime. Il tavolo, in mezzo al soggiorno, era apparecchiato per due.
«Hai preparato la cena?» gli chiesi. Lui annuì.
«Jake... quando oggi pomeriggio ti ho chiesto di chiamare Seth...»
«Avevo già programmato tutto...»
veva parlato ancora? Forse, ma mi resi conto dello spettacolo che avevo davanti solo in quel momento. Jacob, in uno smoking. Era la realizzazione del mio sogno ricorrente. Le lacrime riempirono di nuovo i miei occhi.
«Jake... hai fatto... tutto questo... per me?»
«Non solo per te» mi rispose, con uno di quei sorrisi che avrebbero riportato il sole anche in una giornata di pioggia. Prese la mia mano, e mi accompagnò al tavolo. Scostò la sedia, attese che mi sedetti e spinse dolcemente la sedia verso il tavolo. Fu un vero cavaliere per tutta la serata. Chiacchierammo del più e del meno, con la "mia" musica a farci compagnia.
«A cosa devo tutto il rinnovamento di casa?»
«Beh... era ora di sistemare un po'» mi rispose, vago.
«Jake... non sei bravo a dire bugie!» Mi alzai in piedi, avvicinandomi a lui.
«Posso avere un bacio dal mio fidanzato?»
«Ecco... a questo proposito...»
«Che c'è, ti sei pentito?» gli chiesi, spaventata.
«No, amore, non potrei mai pentirmi di una cosa del genere. Ti amo. Di questo non devi dubitare mai» mi rispose serio.
«E allora, cosa c'è?»
Lui mi sorrise, frugando nelle tasche dello smoking, dalle quali tirò fuori un braccialetto di pelle intrecciata, che mi allacciò al polso.
«Questo, per il branco, è il simbolo dell'imprinting»
«Ma io non sono il tuo imprinting»
«No, è vero. Ma i ragazzi hanno fatto una votazione. E ti ritengono meglio di un imprinting. Quindi... Benvenuta nel branco»
«Tutto questo solo per darmi questo braccialetto? Non potevi aspettare domani sera? Sarebbe stato molto più... sensato!» Mi baciò, forse per zittirmi.
«Sì, forse sarebbe stato più sensato, ma non altrettanto romantico - mi rispose - e poi, mi sono ricordato che non ti ho chiesto ufficialmente di diventare la mia fidanzata» Frugò di nuovo nelle tasche ed estrasse una scatolina bianca, da gioielliere.
«Jake... »
«Nessie, fammi parlare, perché non credo che troverò il coraggio di nuovo se mi interrompi»
Il capobranco non trovava il coraggio... facevo davvero così paura? Aprì la scatolina ed estrasse un anello. Si inginocchiò davanti a me. Deglutii.
«Renesmee Carlie Cullen, speranza, amore e luce di ogni mio giorno presente e futuro. Vuoi farmi l'onore di diventare mia moglie?»
Lo fissai a lungo negli occhi. Non sapevo come, ma aveva ancora una volta intuito i miei desideri. Una dichiarazione a lume di candela, romantica. Lui in smoking e un anello.
«Jacob Black. La mia risposta è sì. Sì, per ogni giorno dell'eternità che ci rimane da vivere, e che non voglio vivere accanto a nessuno se non a te»
Gli porsi la mia mano. Lo sentii tremare di emozione mentre infilava l'anello al mio dito. Anello che, notai, riproduceva lo stesso motivo intrecciato del bracciale.
«Era di mia madre - mi disse - Papà non poteva regalarle il bracciale del branco, non facendone parte, e così lavorò questo»
«Vuoi dire che l'ha fatto Billy?» gli chiesi sorpresa. Lui mi sorrise.
«Sì, l'ha fatto lui. Mi ha insegnato, ma non sarò mai bravo quanto lui!» Guardavo incantata quell'anello. Era il simbolo di un amore immenso, se Billy l'aveva addirittura paragonato a un imprinting. Lo stesso amore che Jacob stava ammettendo di provare per me. Forse sarei dovuta essere un po' spaventata. Ma non lo ero affatto. L'amavo dello stesso amore senza confini.
Le lacrime si affacciarono nuovamente agli angoli dei miei occhi. Presi il viso dell'uomo che amavo, ancora inginocchiato di fronte a me, tra le mani. Chinai il mio viso sul suo. Sfiorai le sue labbra con le mie, prima di sussurrargli un "ti amo" e baciarlo.
Quel bacio, iniziato come un dolce e tenero bacio, si infuocò di una passione che stavamo covando dal pomeriggio. Jake si alzò, senza staccare la sua bocca dalla mia, e mi sollevò tra le sue braccia. Per rendergli le cose più facili, strinsi le gambe attorno ai suoi fianchi. Così intrecciati, ci dirigemmo verso...
«Jake, ma dove stai andando?» chiesi, staccandomi per un attimo da lui.
«In camera nostra» mi rispose ridacchiando, per poi riprendere possesso delle mie labbra e della mia bocca. Mi lasciò sul letto, iniziando a togliersi la giacca.
«No...» brontolai, mettendomi in ginocchio sul letto. Lui si bloccò all'istante.
«Cos'è successo?» mi chiese allarmato.
«Faccio io...» gli dissi, con lo stesso tono da bambina testarda, sorridendogli maliziosa. Lui si avvicinò al letto, permettendomi di iniziare a sbottonare la sua camicia.
Decisi di fare un gioco.
Slacciai il primo bottone, e baciai la pelle del suo torace che lasciava scoperta. Il secondo, e di nuovo baciai la sua pelle. E così continuai fino ad arrivare all'ultimo, di quelli che erano fuori dai pantaloni. Slacciai i pantaloni del completo, e terminai il mio lavoro con la camicia.
Guardai la sua espressione.
Pura estasi con quel solo innocente contatto. Sorrisi.
«Ora tocca a te!» gli dissi. Lui aprì gli occhi, riscuotendosi.
«Ma tu hai solo il vestito»
«E tu non hai il reggiseno. Quindi siamo pari!»
Le sue mani accarezzarono le mie braccia, salendo dai polsi fino alle spalle, regalandomi brividi con il solo loro calore, poi scesero sul primo bottone del corpetto del vestito. Imitò il mio gioco, assaggiando la mia pelle oltre che baciandola, e seminando una scia infuocata laddove le sue labbra incontravano il mio corpo. Sciolse il fiocco in vita, poi mi spinse indietro, con la schiena sul letto e mi sfilò il vestito, seguendo il suo percorso nello stesso modo. Baciando le mie cosce, le mie gambe e arrivando insieme a quello alle caviglie.
Poi sparì nella stanza, gettato da qualche parte insieme alla sua camicia. Le mie mani scivolarono sul suo petto, disegnando i contorni dei suoi muscoli perfetti, fino a raggiungere i suoi pantaloni.
«Sdraiati» gli ordinai. Lui obbedì, e continuai la mia esplorazione, seguendo le sue cosce e le sue gambe con le mani e la bocca.
«Tocca di nuovo a me» disse, questa volta con un sorriso malizioso. Le sue mani raggiunsero la mia schiena, e il gancetto del reggiseno cedette impotente. Anche quello andò a far compagnia ai nostri vestiti, ormai sparsi per tutta la stanza.
Ma non me ne preoccupai. Avevo altro a cui pensare.
Altro.
Come ad esempio il piacere che le sue mani e la sua lingua sapevano darmi anche solo sfiorandomi. Mi aveva tirata a sedere sopra di lui e sentivo la sua erezione aumentare di dimensioni, mentre lui dava piacere a me. Mi liberai dalle sue mani, e scesi dal suo torace. Infilai le mani sotto l'elastico dei boxer, e con un solo gesto deciso li tirai via, gettandoli nel buio della stanza, e guardando Jake in tutto il suo splendore.
La mia mano scivolò sulla sua asta, accarezzandola per tutta la lunghezza, e sentendola indurirsi ad ogni carezza. Attesi che Jacob gemesse di piacere, prima di smettere.
«Nessie, mi ucciderai...»
«Forse...» gli risposi, prima di occupare la bocca in altre faccende che sapevo avrebbe gradito. Leccai il suo membro, prima, poi lo accolsi nella mia bocca, a poco a poco e per tutta la sua lunghezza. Di nuovo, attesi che gemesse di piacere, prima di allontanarmi.
«Sei... incredibile... - disse, affannato - ma ora tocca a me divertirmi»
Mi spinse sul materasso, e strappò via il mio intimo. Strofinò due dita sul mio sesso, trovandolo bagnato e pronto ad accoglierlo. Ma non le estrasse subito. Anzi. Continuò a massaggiare in circoli il punto più sensibile, facendomi gemere. E non era ancora niente. Alle due dita che mi tormentavano se ne aggiunse una terza. Il pollice, che continuò ad accarezzare lo stesso punto, mentre le altre due dita si allontanavano per altri lidi. Le sentii dentro di me, e istintivamente inarcai il bacino per andare loro incontro.
Gemetti ancora.
Solo a quel punto Jake, estrasse le sue dita. Mugolai di disappunto. Feci solo in tempo a vedere il suo sorriso, prima che la sua lingua andasse a sostituire le dita, leccando e succhiando, e strappandomi piccoli gridi di piacere. Che si facevano sempre più forti.
A quel punto smise di torturarmi.
Respiravo affannata, guardando l'uomo che rappresentava tutto il mio mondo. Lo vidi allungarsi verso il comodino.
«Non c'è bisogno, Jake.» gli dissi.
«Cosa...»
«Ho parlato con il nonno, e lui...»
«Stai prendendo la pillola?»
«Sì» gli risposi, arrossendo. Reazione spontanea, quanto inutile, visto che stavamo per fare l'amore. Sorrise, e mi diede un bacio sulla fronte.
«Ti amo» mi disse, prima di sollevarsi sulle braccia, e far combaciare il suo sesso con il mio. Fondemmo i nostri corpi nella più antica delle danze. Quando i nostri respiri si furono regolarizzati, uscì da me, e coprì entrambi con la coperta, anche se non ce ne era bisogno. Mi strinsi a lui, che mi circondò le spalle con il suo braccio. Posai la mano sul suo petto, ed iniziai a disegnare ghirigori tra i suoi muscoli.
«Ti amo» gli dissi.
«Ogni minuto che passa, sempre di più» mi rispose lui. Poi ci addormentammo.

Fui la prima a svegliarsi, ma decisi di rimanere ferma lì tra le sue braccia. Si stava troppo bene. Mi accoccolai al suo fianco ancora di più, se possibile.
«Buongiorno, amore» mi disse, con la voce roca del primo mattino.
«Buongiorno anche a te!» gli risposi, sfoderando uno dei sorrisi migliori che avessi, poi sollevai la testa dal suo petto e posai un bacio sulle sue labbra. La mia testa tornò dove era stata fino ad allora, ma sentii il suo stomaco brontolare. E il mio fargli eco.
«Aspettami qui. Torno tra due minuti» mi disse, alzandosi dal letto ed andando in cucina, senza indossare nulla. E perché avrebbe dovuto, eravamo soli.
Ripensai agli avvenimenti del giorno prima e mi incantai di nuovo a guardare l'anello, oro giallo, lucente. Intrecciato, lo stesso intreccio del bracciale, e l'aveva fatto Billy. Non avevo sognato. Era lì, al mio dito.
Jake tornò in poco tempo con un vassoio con la colazione. Lo poggiò sulle mie gambe, e si infilò sotto le coperte con me, a fare colazione.
«Jake... posso farti una domanda?»
«Dimmi!»
«Come facevi a sapere quale sarebbe stata la mia dichiarazione ideale?»
«Segreto» mi rispose.
«Dai...»
«Beh... visto che tanto prima o poi ad Alice sfuggirà qualcosa... Avevo una mezza idea sulla realizzazione della serata... ma volevo che fosse perfetta... ed allora ho messo da parte l'orgoglio e l'ho chiamata»
«Hai fatto questo per me?» dissi, guardandolo stupita negli occhi.
«Non era solo per te. E poi, pensavi veramente che avrei dato per scontata la tua presenza al mio fianco per l'eternità?»
«Come facevi...»
«Amore, sei una pessima attrice. I tuoi occhi non riescono a mentire, mi è semplicemente bastato guardarti in faccia quando ho iniziato a definirti fidanzata. E, visto che questa mattina è dedicata alle confessioni, se vuoi andare a trovarli o parlare con loro, non ti sentire in colpa verso di me. Sono sempre i tuoi genitori. Se io non voglio avere a che fare con loro, non è detto che questa decisione debba coinvolgere anche me»
«Quindi, per quanti sforzi io abbia fatto per tenerti nascosto il fatto che mi mancassero...»
«E' normale che ti manchino, Nessie. E' perfettamente normale. E sono sicuro che anche tu manchi loro. Non oso pensare come potrei prenderla se Sarah o Ethan si allontanassero da me e non si facessero sentire per mesi. E, visto che sembra che non ci siamo capiti, voglio che tu mi dica ogni cosa. Anche se pensi che possa dispiacermi»
«Ti posso fare una domanda?»
«Tutto quello che vuoi, amore»
«Non vorrei rovinare il momento...»
«E' davvero così brutto?»
«Non lo so... potresti non prenderla bene, comunque...»
«C'entrano i tuoi?»
«Sì. E il nostro matrimonio»
«Vuoi che sia tuo padre ad accompagnarti?»
«Mi piacerebbe... tanto»
«Amore, in questo momento non credo sia possibile... tuo padre al nostro matrimonio, significherebbe spiegare un sacco di cose a troppe persone... come ad esempio Charlie...»
«Lo so. E' per questo che non ti avevo detto nulla»
«Sono contento che tu me l'abbia chiesto, ad ogni modo»
«Cambiando argomento... Quando pensi di dirlo ai bambini?»
«Appena li vedo... non avranno problemi ad accettare la cosa...»
Si bloccò.
«Cos'hai?»
«Oggi siamo invitati a pranzo da Sue e Charlie»
«E?»
«E sono le undici e siamo in ritardo sulla tabella di marcia!»
«Penso che vedendo questo - dissi, alzando la mia mano sinistra - capiranno!»
«Ti amo» mormorò, baciandomi.
«Anche io. Ma adesso muoviti, altrimenti facciamo veramente tardi!»
«Vado!» e si alzò dal letto, infilandosi in bagno.
Sarebbe stato divertente infilarmi in bagno insieme a lui... ma che vai a pensare, Renesmee! Mi rimproverai. Finireste per fare più tardi di quanto già non sia! Sì, ma sarebbe comunque interessante! Pensai, sentendolo canticchiare, stonato come una campana, sotto la doccia.
Iniziai a rassettare la camera, infilandomi un kimono corto, di seta color glicine, che zia Rose mi aveva regalato qualche tempo prima. Mi sembrava passato un secolo. Raccolsi il suo smoking, sistemandolo su una stampella, e chiudendolo nell'armadio. Raccolsi il mio vestito e mi fissai a guardarlo. Era diventato il mio vestito preferito.
Sentii Jake schiarirsi la voce. Era uscito dal bagno e mi guardava, bello come nessuno mai, appoggiato allo stipite della porta, con i soli boxer indosso.
«Mi ha detto zia Alice che hai scelto tu il mio vestito» gli dissi.
«Sì, ho guardato un po' su internet. Lei mi ha dato qualche dritta sulla moda italiana»
«Zia Alice adora Armani» gli risposi ridendo.
«Ti è piaciuto?»
«Era meraviglioso. E lo è tuttora, perché finirà nel mio armadio, ed ogni volta che lo vedrò penserò a ieri sera»
«Hai bisogno di un vestito per pensarci?» mi chiese, avvicinandosi e prendendomi per i fianchi.
«Mmmh, no!» gli risposi.
«Beh, mi deludi, perché ti avrei fatto volentieri un bel ripasso della serata... se ne avessi avuto bisogno!» disse, posando le sue labbra sulle mie e schiudendole con la lingua per approfondire il bacio, come a dimostrarmi quale tipo di ripasso avesse in mente. Mi staccai da lui affannata e a fatica.
«Jake...»
«Sì?»
«Sue e Charlie... e i bambini»
Bastò questo a farmi lasciare andare. Aprii l'armadio alla ricerca di un completo intimo e di un paio di jeans e una polo.
«Abbigliamento informale, vero?»
«Jeans e polo?» mi chiese per conferma.
«Pensavo a quelli»
«Vanno benissimo. Tanto Charlie rimarrà a bocca aperta come al solito» Scoppiai a ridere. Fin dalla prima volta che ci eravamo incontrati, nonno Charlie era sempre stato sorpreso che somigliassi così a sua figlia. Beh, era mia madre, ma lui non lo sapeva. E secondo Jake non doveva sapere.
«Jake?» lo chiamai.
«Quando Sarah e Ethan sapranno che le leggende sono vere, che i licantropi e i vampiri esistono veramente... spiegherai loro chi sono io?»
«Amore... io non vorrei dover... parlare loro di Bella. Ma ho paura che quando saranno più grandi, e pronti alla trasformazione, dovranno sapere»
«Jake... e se... e se rimandassimo le nozze... a quando loro sapranno?»
«Dobbiamo proprio pensarci ora?» mi chiese, evidentemente frustrato dalla situazione.
«No, Jake, hai ragione... vado in bagno»
Mi lavai e vestii velocemente. A mezzogiorno eravamo entrambi pronti. Rientrai in camera, e lo presi per mano. Mi sorrise, ma i suoi occhi non si illuminarono.
«Jake, cos'hai? Se è per quello che ti ho detto prima, non ti preoccupare!»
«No, Nessie. Mi devo preoccupare. Perché tu hai diritto di essere accompagnata all'altare da tuo padre, come desideri... ed io devo pensare a Sarah ed Ethan, e al fatto che ammetterli nel branco significa parlare loro dei vampiri. Della tua famiglia. Di Bella. E delle situazioni che l'hanno portata lontana da loro. Vorrei poterli proteggere dalla verità. Ma non sarà possibile fino alla fine dei tempi. E questo mi crea un po' di ansia»
«Jake... non posso capire quello che senti, posso solo provarci. Ma ti prometto che qualsiasi cosa accada la affronteremo insieme. Sia che tu decida di raccontare loro la verità, sia che tu decida di non farlo»
«E se poi... se poi mi rimproverassero di non aver detto loro la verità? Se volessero conoscere Bella, nonostante tutto? Se... non volessero avere più a che fare con me?»
«E' per questo che mi spingi a parlare con loro?»
Annuì. Sollevai la sua mano, quella che tenevo stretta tra le mie, e ne baciai il dorso, le dita, una ad una, il palmo.
«Ti amo, Jacob Black. Amo questo tuo modo di preoccuparti e di metterti in discussione, sempre e comunque, amo il tuo coraggio di affrontare le paure a testa alta, ed amo il tuo non essere ipocrita. Amo tutto di te, e ti sarò vicina qualsiasi cosa accada»
Non potevo capire le sue paure, ma capivo che a spaventarlo era la mia reazione all'eccessiva protezione dei miei genitori. Loro mi avevano tenuto nascosto lui, per proteggermi dalle troppe verità che mi sarebbero crollate addosso. Ed io avevo reagito non parlando più loro, non chiedendo di loro, non cercandoli. Lui stava tenendo nascosta ai suoi figli l'esistenza della madre, per proteggerli. E aveva paura che reagissero come me. Ma al momento non ero in grado di biasimarlo. Erano troppo piccoli per conoscere quella realtà. Quando si sarebbero trasformati, allora avrebbe spiegato tutto loro. Ne ero convinta.
Si avvicinò a me, e mi strinse tra le sue braccia, con il viso affondato nei miei capelli.
«Ti amo. Ti amo. Ti amo. Ti amo. Ti amo. Non so cosa sarebbe la mia vita se non ti avessi mai incontrata. E quello che mi fa rabbia è che devo essere grato a tua madre per aver scelto Edward, perché altrimenti non ti avrei mai conosciuta»
«Ti amo anche io, Jacob Black. Ora andiamo da Charlie e Sue... i bambini saranno impazienti di sapere perché li hai cacciati di casa ieri sera!»
«Dubito che Seth sia riuscito a tenere la bocca chiusa con Sarah!» esclamò lui improvvisamente tornato di buonumore. Mi porse la sua mano. Io l'afferrai e la strinsi nella mia. Anche se forse era il contrario, date le dimensioni delle mani. E a piedi ci avviammo verso casa di Sue e Charlie.

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