16. Sedicesimo Atto

VARCHI DI LUCE


«Com'è andata la tua giornata?»

La classica, dolce domanda che il marito di turno poteva rivolgere alla propria moglie, o viceversa. Kristen strinse con forza il ricevitore, le labbra serrate, il cuore che minacciava di fuoriuscirle dal petto. Non aveva messo proprio niente sotto i denti, ma, d'altra parte, non aveva un briciolo d'appetito.

«Non mi posso lamentare», gli rispose, cercando di non lasciargli trapelare quanto fosse agitata. «La tua, invece?»

Dall'altra parte un sonoro sospiro. «Vorrei tanto essere lì con te. Non avrei mai creduto che il direttore si sarebbe messo in testa di imporre la mia presenza qui in ufficio fino a tarda ora. Certe volte, manderei proprio tutto al diavolo e, pur di non lavorare più qua dentro, tornerei perfino tra i banchi d'università.»

A studiare ciò che ti appassiona davvero, completò Kristen nella sua testa. «Si vede che sei un geniaccio della finanza», cercò di tirarlo su, lasciandosi scappare un sorriso malinconico. Anche a lei sarebbe piaciuto averlo tutto per sé, e non soltanto per quella sera. Nonostante il tempismo – a suo dire perfetto – del suo capo. Era molto meglio che stessero lontani. «Si fida di te», proseguì. «E di questo dovresti esserne fiero.»

«Lo so. Però, nonostante tutto, continuo a sentirmi inadatto. In barba alla mia esperienza sul campo.»

«Questo succede perché non hai ancora realizzato il tuo sogno. Ma sono sicura che ci riuscirai. Non smetterò mai di ripetertelo.» Soltanto in quel momento, Kristen si accorse di quanto le sue parole suonassero fuori luogo. Anche se dovrò pur smetterla, un giorno, si corresse, non avendo però la forza di dirlo a voce alta.

«E io non mi stancherò mai di sentirtelo dire. Grazie di cuore, Kris. In mezzo a tutto questo buio, tu sei quella luce che non mi sarei mai aspettato di trovare in fondo al mio tunnel.»

A Kristen scesero giù un paio di lacrime. E tu avresti potuto essere la mia.

«Kris? Ci sei ancora?»

«Sì, ci sono», borbottò lei, ancora incredula per le parole che gli erano uscite di bocca.

«Scusami tanto, forse sono stato troppo sdolcinato. Volevo solo dire che—»

«Non devi scusarti, anzi», gli rispose Kristen, continuando a piangere in silenzio. Lei, per Marcus, era stata veramente la sua luce? «Hai... hai già cenato?» gli domandò, incapace di ricambiare appieno quella forte affermazione.

«Ho mangiato un misero panino al formaggio, sì. Tu?»

«Io non ho mangiato ancora nulla.» E non penso che lo farò.

«Be', direi che è quasi ora. Il mio capo sta per rientrare, comunque, quindi ti devo lasciare. Ah, ti devo dire un'ultima cosa...» Per un momento, calo il silenzio. Un silenzio che sembrò durare un'eternità.

Kristen trattenne il fiato senza volerlo.

«Purtroppo, domani stesso dovrò partire per Amburgo, e ci dovrò rimanere per quasi una settimana. Sempre per lavoro. Il mio capo si è messo in testa di finanziare una campagna promozionale, e io devo assolutamente esserci per supervisionare il lavoro. Parole sue. Ho provato a oppormi, ma puoi intuire com'è finita.»

Kristen sospirò di sollievo. Malgrado fosse dispiaciuta per lui, stargli lontana per qualche giorno l'avrebbe aiutata a riflettere sul da farsi. «Mi dispiace che la cosa non ti vada a genio. Ma guarda il lato positivo: Amburgo è una bellissima città, e, pur non essendo il tuo un viaggio di piacere, magari potrai visitare qualcosa.»

«Ti avrei chiesto volentieri di venire con me, se non fosse che, in tutta probabilità, finirei per distrarmi un po' troppo dagli affari. Allora sì, che il mio capo me la farebbe pagare cara», ridacchiò lui.

Kristen avvampò. La sola prospettiva di un viaggio con Marcus la riempiva d'eccitazione. La faceva sentire una bambinetta che, piena d'entusiasmo, si apprestava a scoprire il mondo e tutte le sue meraviglie.

«Sarà per un'altra volta, magari», proseguì Marcus. «Adesso ti lascio. Ci sentiamo presto.»

«D'accordo», rispose flebilmente lei. Stava quasi per riattaccare, quando lui la richiamò a sé. «Kris?»

«Sì?»

Un altro momento di silenzio.

«Kris, io ti... Ti posso richiamare domani mattina? Ti va bene?»

Kristen aggrottò la fronte. Per un istante, aveva pensato che stesse per dirle ben altro. Scosse la testa e, accantonando l'ennesima – quanto sciocca – fantasia, gli sussurrò un va bene e gli augurò la buonanotte.

Si riaccucciò sul divano e, per scongiurare il rischio di pensare troppo, accese il televisore. Sul suo canale preferito, stavano trasmettendo il solito quiz serale che tanto l'appassionava. Il presentatore era un tipo piuttosto goffo e non meno simpatico; tra i concorrenti, una vecchia coppietta che suscitava una tenerezza infinita soltanto a guardarla. Stavano battibeccando, piuttosto animatamente, col conduttore in questione, una risata improvvisa e un successivo battito di mani. Kristen non ascoltò neanche una singola parola di quanto si erano detti.

Stargli lontano le permise, almeno sulla carta, di riacquistare una parvenza di controllo. Kristen si accinse a ripercorrere con lo sguardo un paio di scaffali – dei venti totali – della grande libreria cui andava di solito. Aveva trascorso buona parte del tempo bazzicando nella sezione Thriller e assimilati, da sempre la sua preferita (nonostante, negli ultimi tempi, si stesse avvicinando anche ai grandi classici della letteratura), e aveva già acquistato un paio di libri di Charlotte Link. Adorava alla follia quella scrittrice tedesca, tant'è che nella sua camera teneva un intero cassetto contenente molti suoi romanzi.

Dopo aver raccattato quei libri che, ovviamente mancavano alla sua collezione, si approntò per uscire. Ma proprio quando stava per andarsene – la donna non seppe spiegarsi bene il perché – si avviò verso la sezione Scienza. Non l'aveva mai fatto, prima di allora. Non l'aveva mai guardata neppure di striscio. Mentre ora...

Ispezionò in lungo e in largo il piccolo angolino di mondo che ospitava saggi scientifici inerenti alle materie a lei più ostiche: Fisica, Matematica e, non da ultimo, quella materia che tanto l'aveva affascinata al liceo, ma che poi non aveva avuto il coraggio di scegliere all'università: Chimica. Poco più sotto, una cospicua quantità di saggi scritti da un certo Stephen Jay Gould, che Kristen scoprì essere stato un famoso biologo e paleontologo americano.

La Vita Meravigliosa, Il Pollice del Panda, L'equilibrio Punteggiato, Il Sorriso del Fenicottero, Un Riccio nella Tempesta. Questi erano solo alcuni dei tanti, curiosi titoli che popolavano lo scaffale.

Kristen optò per il primo. Con la punta dell'indice, traccio il profilo di quel bellissimo titolo, carico di così tante promesse. La Vita Meravigliosa. L'ultima parola riecheggiò più volte nel suo petto. Perché meravigliosa avrebbe potuto essere la sua vita, se soltanto l'avesse vissuta insieme a...

Si morse le labbra, fin quasi a farsi male. Raggiunse la cassa e, acquistato il libro, lo ripose nella borsa. Anche quella mattina, aveva chiacchierato del più e del meno con Marcus al telefono, per circa una decina di minuti. Erano passati quasi tre giorni dalla sua partenza. Molto presto, avrebbe fatto ritorno a Scarborough e le avrebbe chiesto d'incontrarsi di nuovo. E lei gli avrebbe detto .

Tanto, ormai lo sapeva: non avrebbe potuto fare altrimenti.

Il lunedì seguente, Kristen si precipitò nel suo ufficio. Era in mostruoso ritardo, e tutto perché, come una stupida, si era dimenticata di impostare la radiosveglia. Quando spalancò la porta dello studio – per sua fortuna, la direttrice non sembrava essere nei paraggi –, si ritrovò davanti Ramona che, seduta di fronte alla scrivania, le guance più rosse del solito, stava guardando un punto indefinito della stanza. Subito si riscosse e le domandò dove fosse finita. «Ti ho chiamata un sacco di volte! Te l'avevo detto che sbarazzarti del telefono fisso non era una buona idea!»

«Sì, lo so, avevi ragione tu», la canzonò Kristen, alzando gli occhi al cielo. «Non ho impostato la sveglia, okay? Scusami tanto se ti ho messa nei casini.» Addolcì il tono e si sedette accanto a lei. «La signora Harper?»

«Per tua fortuna, oggi non c'è. Ha una brutta influenza, e quindi ci ha pregato di gestire tutto nel migliore dei modi e di non fare pasticci.»

«Come se fosse facile», borbottò Kristen, sospirando, comunque, di sollievo. Almeno per quella volta, la dea bendata non si era voltata dall'altra parte. «Avevo il silenzioso, comunque. Ecco perché non ti ho sentita. Senza contare che mi ha persino telefonato il signor Hunt. Adesso mi tocca richiamarlo.»

In quel preciso istante, vide Ramona arrossire fino alla punta dei capelli. «Che ti prende?» le chiese. Mise su un sorrisetto. «C'entra Hunt?»

«Lui... lui è stato qui. Poco prima che arrivassi.»

«E...?» la incalzò Kristen.

«Mi ha pregato di farti sapere che ti aspetta oggi al Road House, verso le diciassette.»

«E...?» Il sorriso di Kristen si allargò ancora di più.

«E niente!» sbottò Ramona.

«Ma come niente? Potevi approfittarne e chiedergli un autografo, no? Era la tua occasione!»

«Lo so, ma non mi sembrava il caso!»

«Posso capirlo. Ma resta il fatto che vederlo ti ha sconvolta.»

«E ci credo! Quell'uomo ha parlato con me! Con me, te ne rendi conto?»

«E così, tutto d'un colpo, hai preso a balbettare e sei andata a fuoco», ridacchiò Kristen. Non aveva mai visto Ramona in quello stato.

«Lui è il mio idolo!» si difese l'altra, sfuggendo al suo sguardo.

«Ed è un fico», aggiunse l'amica.

«Mai quanto Jeremy, però», puntualizzò Ramona. «Solo che... mi ha colto di sorpresa, ecco tutto. E il suo fascino non passa inosservato, come ben sai.»

«Nemmeno il suo conto in banca, se è per questo. Non che questo lo renda un uomo felice, certo. L'ultima volta che ci ho parlato, si è deciso a confessarmi che il suo rapporto con Jane si è incrinato a causa del fatto che non riuscissero ad avere un figlio. E tuttora, le cose non sembrano andare molto bene.»

«Mmh... strano, perché a me è sembrato davvero euforico, questa mattina.»

«Euforico? Nel senso che era felice?»

«Così mi è parso.»

«Dev'essere stato perché gli ho dato una speranza riguardo all'adozione di Robert.»

«Che hai fatto? Ma sei pazza? Se davvero è in crisi nera con sua moglie, come ti è venuto in mente di—»

«Marcus.»

Ramona aggrottò le sopracciglia. «Che c'entra lui, adesso?»

«Lui c'entra eccome. Io... dare una chance a quell'uomo è il minimo che io possa fare per... per scontare la mia colpa.»

«Non ti seguo.»

«Io... mi sono permessa di chiedere a Thomas se avesse mai pensato di lasciare sua moglie in virtù della crisi che stavano affrontando.»

«Tu hai fatto questo?»

«Sì, lo so. Sono andata decisamente oltre. Ma anche lui, se è per questo. Nessuno mi aveva mai chiesto di parlare in un posto che fosse diverso dal mio ufficio di questioni tanto delicate come affido, adozioni e assimilati. Lui, però, aveva bisogno di farlo proprio lì, nel Road House. In un secondo momento, ho capito il perché. Aveva bisogno di illudersi che la moglie fosse accanto a lui. Di aggrapparsi a un qualcosa che gli fosse familiare, mentre mi raccontava nei dettagli del suo rapporto con lei. Perché il Road House è il loro posto.»

«Quindi la ama ancora», completò Ramona.

«Non ha mai smesso. Sono sicura del fatto che non l'abbia mai tradita. I suoi occhi non mentivano.»

«E gli occhi di Marcus?»

Quella domanda la spiazzò. L'espressione di Kristen si fece più dura. «Ram, lui sta tradendo. Lui non ha scelto la strada più difficile. Lui non ha scelto di restare, di attendere che passasse la tempesta.»

«Quindi, mi stai dicendo che per lui sei solo un passatempo.»

Adesso che sono con te, mi rendo conto dell'immensa fortuna che ho avuto nell'incontrarti. Se solo fosse successo prima.

Non ridevo così tanto da un'eternità. E quell'eternità è finita solo grazie a te.

Grazie di cuore, Kris. In mezzo a tutto questo buio, tu sei quella luce che non mi sarei mai aspettato di trovare in fondo al mio tunnel.

A Kristen salirono – di nuovo – le lacrime agli occhi. Si affrettò a ricacciarle indietro, mentre la domanda di Ramona continuava a martellarle la testa. Gli occhi di Marcus? Nei suoi occhi coesistevano luci e ombre. Passione e malinconia. Speranza e rassegnazione. Testimoni di un sanguinoso conflitto che, adesso più che mai, si agitava in lei come un tornado. Ma negli ultimi tempi, in quegli occhi azzurri, lei ci aveva visto soltanto la luce. Quella stessa luce di cui risplendevano i suoi quando stava con lui. Quando fingeva che lui fosse libero.

«Perseverare è diabolico», farfugliò Kristen. «E io ho perseverato. Ho perseverato nell'errore, e non mi sembra giusto voltarmi dall'altra parte. Thomas mi ha pregato di aiutarlo a salvare il suo matrimonio. Forse ne sto distruggendo un altro, ma almeno il suo posso cercare di—»

«Kris, tu non stai distruggendo niente. Chi ti dice che Marcus non ci abbia provato fino in fondo? Magari, non ha ancora trovato la forza di divorziare perché—»

«Perché è ancora innamorato di lei», completò Kristen. Nel profondo, ne era assolutamente convinta. Anche se...

«Ne sei sicura? Io ho l'impressione che ci siano tante di quelle cose, che tu non mi hai detto... Che cosa provi tu? Perché, scusami tanto, credo sia inutile che—»

Il cellulare di Kristen squillò all'improvviso, arrestando sul nascere le congetture dell'amica. L'altra sospirò di sollievo, ma non appena vide il mittente della chiamata, si allarmò non poco. «Pronto?»

«Signorina Moore?»

«Sì, sono io. Mi dica. Novità su Robert?»

«Più di una. È ufficialmente fuori pericolo, e... mi ha chiesto di vederla.»

«Ha chiesto di me?»

«Be', non esattamente. Ci ha scritto un biglietto. C'era apposto il suo nome, quindi gli abbiamo chiesto se intendesse incontrarla. Ha fatto cenno di sì, quindi mi sono permesso di chiamarla.»

«Avete fatto bene.»

Quel familiare accenno di speranza che, in un primo momento, le era germogliata nel cuore, si spense quasi subito. A causa del suo passato difficile, Robert aveva smesso di parlare, tanto che spesso si esprimeva a gesti o, come detto dall'infermiera, scrivendo su dei fogli di carta. Nell'ultimo periodo, Kristen si era permessa di regalargli una lavagnetta magnetica completa di pennarelli, di modo che potesse imprimervi parte della sua arte. Robert adorava disegnare e, anche se preferiva dipingere su di un album, aveva apprezzato molto il suo pensiero. Peccato che non volesse ancora parlare. Avrebbe potuto superare quel blocco tramite l'aiuto di un valido specialista, certo, ma Kristen sospettava che quel sostegno non sarebbe stato sufficiente. Era qualcos'altro, ciò di cui avrebbe più avuto bisogno. O forse, qualcun altro.

«Vengo subito, allora», riprese, mentre afferrava la borsa e mimava un ci vediamo dopo alla sua amica. Anche stavolta, l'aveva scampata bella.

Kristen odiava a morte gli ospedali. Mal sopportava quell'odore di disinfettante che infestava i corridoi, come pure il bianco di quelle pareti, che contribuivano a dipingerli come dei luoghi del tutto asettici. Perlomeno, la stanza di Robert era sufficientemente illuminata da non permetterle di sentirsi come intrappolata in uno spazio a lei angusto; ma questo, forse, dipendeva dal fatto che avesse scelto sempre delle ottime giornate per andare a fargli visita. Fino a quel momento, Robert non aveva mai chiesto di lei. Doveva esserci un motivo preciso, se stavolta l'aveva fatto.

Bussò alla porta della sua stanza e, dopo qualche secondo, vi entrò. Due begli occhioni e un discreto sorriso la accolsero con più calore del solito. Kristen sorrise. Quel bambino di soli undici anni gli aveva preso il cuore. I capelli biondicci, gli occhi grigio-verdi, la bocca sottile, una cascata di lentiggini sul naso. Ogni singola volta che lo vedeva, le sembrava di cogliere un dettaglio in più, che in occasioni precedenti le era sfuggito.

«Buongiorno, Robert.» Si sporse verso di lui e lo baciò sulla guancia. «Come ti senti?»

Robert prese subito la lavagnetta che era posizionata di fianco al suo giaciglio e vi scrisse sopra un potrei stare meglio che la fece preoccupare.

«Non sei felice? Tra poco ti dimetteranno dall'ospedale. È questo, quello che conta di più, no?»

Lui scosse la testa, quindi riprese a scrivere. Non voglio tornare al Children's Home.

Kristen cercò di mostrarsi il più allegra possibile. «Purtroppo, dovrai tornarci e rimanerci per un po'. Ma ti prometto che io e Ramona faremo di tutto per affidarti a una famiglia che ti voglia bene. Forse ci vorrà un po', ma ti assicuro che sto facendo di tutto per darti quello che hai sempre sognato. Ti chiedo solo di fidarti di me.»

Lui cancellò quanto scritto prima e le rispose con un Io non voglio una famiglia.

«Non vuoi una famiglia?» domandò Kristen con aria confusa.

No. Io la mia famiglia ce l'ho già.

«Ovvero?»

Robert si prodigò nello scrivere, mentre l'altra osservò con scrupolosa attenzione il suo operato.

Thomas e Jane. Sono loro, la mia famiglia.

Kristen sorrise. «Gli vuoi davvero così bene?»

Il bambino annuì.

«Quindi vuoi solo loro.» Kristen sospirò. Poteva forse opporsi al volere di un ragazzino cui non era mai stato concesso il sacrosanto diritto di scegliere? «Vieni qui», gli disse. Lo abbracciò forte e lo tenne stretto per lungo tempo, come una qualsiasi madre avrebbe fatto con il proprio figlio. Lui ricambiò l'abbraccio. «Mi devi promettere una cosa, però», gli sussurrò nell'orecchio, a un certo punto. «Che avrai un pochino di pazienza e che, soprattutto, un giorno di questi mi farai sentire la tua vocina. Siamo intesi?»

Robert le regalò un sorriso pieno di gioia, e il suo viso s'illuminò di una luce che mai, in quegli occhi freschi e innocenti di bambino, aveva visto riflessa.

Kristen raggiunse il Road House poco dopo le diciassette. Quello che vide la paralizzò sul posto. Thomas Hunt non era da solo. Aveva preso posto in quello stesso tavolo cui avevano pranzato qualche giorno prima, ma accanto a lui c'era una figura femminile che riconobbe all'istante. La donna li osservò per un qualche momento, avendo cura di non farsi vedere.

Come se a quei due potesse importargli qualcosa, pensò.

Nessuno dei due avrebbe fatto caso a quanto c'era attorno a loro, erano troppo occupati a parlarsi e a ridere, nonché a scambiarsi sguardi languidi e pieni d'amore. Il vuoto interiore che Kristen sentiva di tanto in tanto si diramò ovunque. Invidiava tanto quella sintonia, quella perfetta comunione d'intenti.

C'erano riusciti. Avevano fatto pace. O almeno, così le sembrava.

Professionalità, Kris. Professionalità, si ripeté, mentre si avviava al cospetto di quei due.

Non appena la videro, si alzarono in piedi e le strinsero la mano. «Lei dev'essere Jane McMiller», esordì Kristen, forzando un sorriso. «Suo marito mi ha parlato molto di lei.» Capelli mossi, labbra laccate di un lipgloss dai toni chiari, un sorriso radioso. Occhi azzurri, pelle lattea. Una bellezza acqua e sapone, ma dai caratteri decisamente particolari.

Kristen si soffermò sullo sguardo di Thomas. La guardava con gli occhi di un dio che, estasiato, ammira la sua dea. La sua Dafne. L'ennesima Dafne che era tornata dal suo Apollo.

«Spero non abbia esagerato con le lusinghe, come suo solito», rispose lei. Non appena si sedettero, Kristen notò che non aveva ancora smesso di stringere a sé la mano del marito. «Sa, non sono stata esattamente una moglie modello, nell'ultimo anni e mezzo.»

Thomas le scoccò un'occhiata di sommo rimprovero. «Jane! Mi sembra che ne abbiamo già parlato, no? Ormai è tutto chiarito, non devi—»

Jane ricambiò il suo sguardo, ma a differenza di lui gli sorrise tranquilla. «Lasciami parlare, per favore. Signorina Moore, io... mi dispiace tantissimo per quello che è successo a Robert. Io avrei fatto di tutto per proteggerlo, ma la situazione ci è sfuggita di mano. Posso soltanto prometterle che non succederà più. Sa, io e mio marito non abbiamo mai smesso di volerci bene. Tanto che, delle volte, sono stata tremendamente gelosa di lei.»

«Gelosa... di me?» sussurrò Kristen, sbarrando di colpo gli occhi.

«Non posso nasconderglielo, sì. Sa, qualche settimana fa passavo da queste parti, e... vi ho visti pranzare insieme. Mi sono fatta i peggiori film mentali, e ho avuto persino il coraggio di pensare che Thomas mi stesse tradendo con lei. Non sapevo che facesse parte del Children's Home, perché, a quanto mi è stato detto, lei non ci lavora da molto tempo.»

«Più che altro, sono stata assente per lungo tempo dall'istituto per motivi personali. Proprio per questo, la signora Berry si è gentilmente offerta di gestirlo al posto mio fino a qualche mese fa.»

«Capisco. In ogni caso, non avrei mai dovuto credere che Thomas potesse farmi un torto del genere. Mi ama più di se stesso», farfugliò, emozionata. Guardò il marito di sottecchi, che le stava sorridendo. «Questa settimana, ha organizzato un bellissimo weekend a San Francisco, e... mi ha confessato tutto quanto. Quindi ci siamo riconciliati. Mi ha chiesto se volessi ancora adottare Robert, e che forse c'era ancora una speranza di poterlo avere con noi, però... mi ha anche detto che la decisione finale spetta solo a lei. Credo sia inutile ribadirle quanto Robert mi stia a cuore. E non vederlo per tutto questo tempo...» Fece spallucce. «Anche se dovesse ritenere che non siamo idonei all'—»

«Credo di aver sentito, o meglio, visto, abbastanza», intervenne Kristen, cercando di non lasciarsi sopraffare dalle emozioni. Non era sicura di essersi mai imbattuta in una coppia tanto affiatata. Insieme, dovevano essere il ritratto dell'amore puro. Non c'erano altre parole per definire gli sguardi, i sorrisi, le parole silenti che quei due si erano scambiati – e tutto nel giro di pochissimi minuti. Era inutile tirarla per le lunghe.

«Sono andata a trovare Robert, oggi. Lui desidera stare solo con voi, e io, be'... farò il possibile per accontentarlo.»

I due coniugi rimasero senza parole.

«Ci vorrà del tempo, questo è chiaro. In compenso, Robert mi ha promesso di tornare a parlare molto presto.»

Gli occhi di Jane si illuminarono. «Io... io non so come ringraziarla», pigolò, commossa.

«Non dovete ringraziarmi. Ringraziate Robert, piuttosto. Nel frattempo, però, cercate di non litigare più. D'accordo?»

Thomas ricambiò il suo sorriso. «Può contarci.»

Dopo aver sorseggiato un aperitivo, Thomas e Jane salutarono Kristen con addosso la viva speranza di rivederla presto, quindi si apprestarono a uscire, mano nella mano, dal Road House. In quell'istante, Kristen si ricordò di un piccolo dettaglio.

«Signora Hunt, le dispiace se le rubo suo marito per un secondo?

Jane non batté ciglio. «Fate presto, però, che devo assolutamente vedere Robert!» Strizzò il palmo di Thomas per l'ennesima volta e li lasciò soli.

Kristen estrasse un'agendina e una penna a sfera dalla borsa. Al diavolo la professionalità, pensò. «Signor Hunt, mi scusi il mio poco tatto, ma... potrebbe farmi un autografo?»

Thomas scoppiò a ridere. «Ma certo, signorina. Poteva anche chiedermelo prima, però.»

«Non è per me», si affrettò a chiarire Kristen. «È per la mia migliore amica. Sa, quella ragazza con la quale ha parlato nel mio ufficio stamattina.»

«La sua collega?»

«Esattamente. Lei ha visto tutti i suoi film, è una sua fan sfegatata. Avrebbe voluto chiederglielo proprio stamane, però... sa, non voleva essere indelicata.»

Thomas annuì, un guizzo di sincera sorpresa negli occhi. Stava per apporre la propria firma sull'agendina, ma all'ultimo istante ci ripensò. «Facciamo così. Io le faccio questo benedetto autografo, e lei, da questo momento in poi, smette di darmi del lei. Mi fa sentire vecchio. Ovviamente, anche mia moglie sarebbe felice se desse anche a lei del tu.

Kristen sorrise. «Affare fatto. Lo stesso vale per voi, allora.»

Thomas scarabocchiò la propria firma e le porse l'agendina. «Certo. Grazie infinite, Kristen. Io e Jane ti saremo per sempre riconoscenti. Sei stata la nostra luce. A presto.»

Thomas fece per andarsene, quando si voltò nuovamente. «Il mio prossimo film uscirà nelle sale quest'estate. In teoria, queste sono informazioni riservate. Perciò, se proprio vuoi dirlo alla tua amica, assicurati che non ne faccia parola con nessuno.»

Kristen annuì, mentre Thomas scompariva dalla sua vista. «A presto», sussurrò, le lacrime agli occhi. Finalmente, si lasciò andare, permettendo alle sue guance di bagnarsi appena.

Sei stata la nostra luce.

Uscì dal locale e si perse a guardare le suggestive sfumature di un tramonto che le infuse un senso di tranquillità del tutto inaspettato.

Adesso sì, che lo sapeva. Sapeva benissimo cos'avrebbe dovuto fare per tornare a brillare sul serio.

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