11. Undicesimo Atto

FINGERE DI TE


Fino all'ultimo, la sua mente fu assillata dai soliti dubbi: doveva presentarsi all'appuntamento, oppure fingere di non aver ricevuto il suo messaggio? Sapeva di doversi tirar fuori da quel circolo vizioso, ma forse non era abbastanza forte da arrestarne il corso. Si era comunque imposta di non rispondergli e di obbedire al suo istinto atavico. Dopo aver cenato, si accorse che le ventuno erano ormai passate da un pezzo. Su due piedi, decise di presentarsi nei pressi del parco e vi accostò la vettura. Era convinta che lui se ne fosse già andato, ciononostante varcò l'ingresso che ospitava quell'immensa distesa costituita da specie floreali di ogni tipo, immersa negli odori inebrianti di quella natura che, tutt'attorno, cresceva felice e rigogliosa.

Sulle prime non vide nessuno. Ma quando una figura misteriosa – che un lampione illuminava appena – avanzò, a piccoli passi, verso di lei, Kristen si immobilizzò.

«Pensavo che non saresti venuta; difatti, stavo quasi per andarmene.»

L'altra scrollò le spalle, mentre il solito nodo in gola le impedì quasi di rispondergli a piena voce. «Non so nemmeno io perché l'abbia fatto. Avevo tutta l'intenzione di restarmene a casa, questa sera.»

«Possiamo sederci un attimo?» la invitò Marcus, mentre con l'indice indicava una panchina che si trovava a pochi metri da loro.

«Che cosa volevi dirmi?» gli chiese lei, seguendolo con una certa indecisione. Non sapeva proprio cosa aspettarsi.

Lui la fissò appena negli occhi, ma non disse una sola parola. Distolse lo sguardo e si adagiò su di un muricciolo. Non raggiunsero mai quella panchina. Kristen rimase in piedi di fronte a lui, cercando di ricacciare la terribile agitazione che le scuoteva le membra.

«Avete fatto pace?» si costrinse a chiedergli, visto che lui non si decideva a parlare. «Se così fosse, sono contenta per te», aggiunse poi, in un secondo momento.

Kristen si sentì morire dentro. Era ovvio che, sebbene da una parte ne fosse più che sollevata, dall'altra percepiva nuovamente il retrogusto di una sconfitta che all'inizio si era fatta portavoce di allettanti promesse – comunque subito smentite.

«Lo sei davvero?» ribatté lui, le mani in tasca. Anche quella sera faceva piuttosto freddo, e alla donna parve che Marcus, di tanto in tanto, stesse tremando come una foglia. «Comunque, no. Non abbiamo chiarito. Tu... tu lo vorresti?»

Kristen increspò le labbra in un sorriso perplesso, le sopracciglia inarcate. «Sarebbe la cosa più giusta», si costrinse a dire, senza conferire una particolare sfumatura nella voce. «Senti», proseguì poi, tentando di accantonare la solita tentazione di divorargli le sue splendide labbra, «tu sei un uomo impegnato. E io non ho nessun diritto di decidere per te.»

Lui abbassò il capo, l'aria contrita. «Hai ragione. Mi... mi dispiace tanto averti messa in questa situazione.»

«Non è solo colpa tua. L'abbiamo voluto entrambi. Anzi, non avrei mai dovuto chiederti di salire a casa mia, quella sera.»

Marcus trasse un lungo sospiro. «Il problema è proprio questo. Io sono molto contento che tu l'abbia fatto, invece», le confessò. «Non rimpiango proprio niente, di quella notte. E non ho rimpianto nemmeno le successive. Dopo tanto tempo, sono tornato a sentirmi un uomo... sì, insomma, un uomo piacente e più sicuro di se stesso, e tutto grazie a te. Avevo quasi scordato cosa significasse sentirsi desiderati. Ma non è solo questo», rifletté, la fronte leggermente aggrottata. «Lo so che non ci conosciamo per niente; eppure, in certi momenti, mi sembra di conoscerti da sempre. Non abbiamo parlato molto, è vero, però... però con te sento di aver raggiunto un livello di intimità – e non mi riferisco tanto a quella fisica – spaventosamente forte, tanto da spingermi addirittura a rivelarti che fossi stato adottato. Con mia moglie, be'... inutile dire che non sussiste più da tempo, questo genere di intimità. Tantomeno quella fisica. Della serie... hai presente il sesso imposto? Sì, quello forzato; quello che si deve fare più per obbligo, piuttosto che per trarne piacere e appagamento. Ma di quel piacere e di quell'appagamento che ti legano indissolubilmente a quella persona, e non fini a loro stessi. Come ultimamente è capitato a me.»

Kristen si ritrovò a riflettere a lungo sulle parole di Marcus. Conosceva benissimo la sensazione da lui descritta. Non aveva forse vissuto la stessa situazione con il suo ex? Fare l'amore con lui non era più piacevole come un tempo, ma bensì un'autentica tortura. E lo era da entrambe le parti. Il cosiddetto sesso riparatore non costituiva certo un'alternativa al restare insieme, se poi, di base, mancavano l'affetto sincero e la stima reciproca. Certo, alcune volte ci si poteva pure accontentare della superficie e rifiutarsi di vedere tutto quello che, effettivamente, non andava, ma fino a che punto? E fino a quando – e per quanto tempo – si poteva fingere che quel tutto andasse bene?

«Forse dovreste solo parlare», gli suggerì Kristen. Cos'altro avrebbe dovuto dirgli? Lei non poteva certo confessargli che anche lei stessa condivideva le medesime sensazioni. Che grazie a lui era tornata a guardarsi allo specchio, a riscoprire la propria sensualità di donna. Con che faccia avrebbe potuto confidargli tutte quelle cose?

«Lei ha eretto un muro. E io... e io mi sento sempre più rifiutato. In effetti, adesso che ci penso... si sta comportando molto freddamente, con me. Nell'ultimo anno non ha fatto altro. Ho cercato di concederle più spazio, di condividere con lei i miei progetti futuri, ma non è servito a niente. Ho spesso avuto la sensazione che fosse con me, senza stare davvero con me. Le ho chiesto persino se... sì, insomma, le ho chiesto se fosse tuttora convinta di non volere un figlio da me. Sì, lo so che fare un bambino non rappresenta la soluzione ai problemi e, anzi, li amplifica persino, se la coppia che li desidera non è affettivamente solida.»

A Kristen si mozzò il respiro. «Lei non... a lei non piacerebbe diventare madre?»

«A quanto pare no. Scelta legittima, per carità. Sono del parere che una donna non debba sentirsi meno donna per il semplice fatto che ha scelto di non avere bambini. Non pensi anche tu?»

«Sì, ma... a te sarebbe piaciuto, quindi?»

Lui fece spallucce. «Diciamo di sì. Non mi sarebbe dispiaciuto. Però io non ho mai insistito. Ne abbiamo parlato di sfuggita qualche volta, e io sapevo benissimo che i bambini non erano esattamente il suo argomento preferito. Ma non è stato per questo motivo, se il nostro rapporto è entrato in crisi. Negli ultimi due anni, mio malgrado, mi sono spesso ritrovato a dubitare dei suoi sentimenti per me.»

«So bene cosa si prova. Sono stata con un uomo per ben otto anni, e molto spesso ho pensato di mettere su famiglia con lui. Soltanto che... be', alla fine ha preferito correre da un'altra.»

«Mi dispiace tanto», rispose prontamente lui. «Hai tanto amore da dare. Ho avuto modo di appurarlo.»

Quell'affermazione la scosse nel profondo. Ciononostante, si sforzò di rispondergli con la massima noncuranza. «Io non ci credo più da un pezzo, nell'amore», sputò, malcelando la propria amarezza. «L'amore è... l'amore è un sentimento così volubile. Nel tempo cambia tante volte forma, fino a trasformarsi completamente in un qualcosa che magari non riconosciamo più. E forse, come tutte le cose, è destinato a finire. Le proprie passioni, invece... quelle no. Quelle rimangono per sempre.»

Lui le si avvicinò, le sue iridi fisse in quelle verdognole di lei. «Eppure sono certo che qualsiasi uomo, al tuo fianco, si sentirebbe molto fortunato. E comunque... forse neppure io ci credo più.» Azzardò una fugace carezza sulla guancia e Kristen, intontita dalla sua voce come dal suo sguardo, lo trovò dolcissimo. Come sarebbe stato bello baciarlo lì, in quel momento, i loro volti parzialmente illuminati da quel timido spicchio di luna che spuntava tra le grosse nuvole scure. Il cielo prometteva, di lì a poco, pioggia a palate; ciononostante, le sarebbe piaciuto rimanere là per l'eternità.

Marcus aveva ritratto la mano quasi subito, forse temendo di aver osato troppo. Per una buona mezz'ora, decisero di passeggiare nei meandri del parco e, di tanto in tanto, si scambiavano qualche parola e osservazione, mentre l'attrazione che Kristen continuava a provare per lui non osava abbandonare il suo corpo. Era un'autentica sofferenza stargli vicino senza poterlo toccare. Non ricordava di aver mai desiderato così disperatamente neppure Herbert, e questo la fece, per un attimo, dubitare del profondo sentimento che aveva provato per lui, per quanto lo stesso non potesse, ovviamente, misurarsi in via esclusiva tramite la componente fisica. Forse, il desiderio spasmodico che sentiva per Marcus riguardava l'inconfutabile evidenza che lui fosse, di fatto, irraggiungibile.

Lei non avrebbe mai potuto averlo. Lei non era stata altro che la sua amante; la compagna occasionale di una qualche notte vissuta in totale spensieratezza, nonché in totale disinteresse per il mondo circostante e per i soliti problemi quotidiani. Lei era stata il suo diversivo, il suo antidoto contro un'esistenza piatta poggiata su un matrimonio altrettanto insoddisfacente. Pur non potendo negare che il suo corposo discorso l'avesse sorpresa – e non meno impressionata – in positivo, Kristen faceva un'immensa fatica a guardare a quella situazione sotto una prospettiva diversa. D'altronde, come avrebbe potuto? Non era una stupida. Qualche altra, focosa nottata, e Marcus si sarebbe – finalmente – stancato di lei; e quindi, per dirla in altri termini, le avrebbe rifilato un sonoro bye bye con tanto di pernacchia.

Be', oddio, magari riguardo alla pernacchia stava esagerando. O magari no.

«Verresti un momento in macchina con me?» le domandò lui d'un tratto, interrompendo di netto il filo dei suoi pensieri. «Vorrei farti vedere una cosa.»

Kristen annuì meccanicamente, tant'è che Marcus le rifece la domanda, forse convinto che lei non l'avesse sentito.

«D'accordo», rispose lei, seguendolo con calma.

Non appena presero posto, Marcus aprì il cruscotto e da questo vi estrasse un libro. «L'altro giorno l'ho ritrovato nella vecchia soffitta», le disse, con un mezzo sorriso. «Questo saggio divulgativo lo lessi tutto d'un fiato, avevo solo quattordici anni quando lo ricevetti per regalo.»

Kristen ne accarezzò la copertina a sfondo bianco con devozione. Su di essa vi era raffigurato un tripudio di meravigliose specie marine.

«Sarebbe questo il campo che ti interessa? La biologia marina?» domandò lei, affascinata. In quel momento, nei suoi occhi di uomo vide riflesso il volto del bambino che un tempo era stato, e questo le suscitò una tenerezza infinita.

«Proprio così», rispose lui.

Kristen glielo rese, accompagnando l'azione con un sorriso. «Insegui il tuo sogno, Marcus.»

Quel monito incoraggiante sortì, nel cuore di lui, una sincera emozione; un'emozione che a Kristen sembrò di toccare con mano. Le si avvicinò con estrema cautela, quindi le sussurrò, a pochi centimetri dalle labbra, lo sguardo penetrante: «E tu insegui il tuo. Qualunque esso sia.»

Quasi senza rendersene conto, le labbra dell'uno presero a divorare quelle dell'altro in una lotta impari e senza tempo. A tratti sembrava di assistere a un vero e proprio inseguimento, disegnato ad arte da quelle labbra che non smettevano di assaporarsi, di cercarsi, di compenetrarsi – come fossero preda di uno sfrenato corteggiamento. Si baciarono a lungo, riprendendo fiato giusto di tanto in tanto, e tanto a lungo restarono abbracciati, ascoltando l'uno il pesante respiro dell'altro, che alla fine suscitò in entrambi la voglia profonda di appartenersi di nuovo nel corpo, allo stesso modo con cui le loro anime si erano, per la prima volta, davvero incontrate.

Forse, persino riconosciute.

Con un semplice scatto, Marcus tirò più indietro il sedile e permise a Kristen di accomodarsi sopra di lui, accompagnato dall'inebriante profluvio di baci che spesso lo portava a sospirare di piacere. Lui le scostò il cappotto e, mentre lei si sbarazzava della gonna e tentava, invano, di fare lo stesso con le calze, le sbottonò con calma la camicetta, incontrando di nuovo il suo seno. La privò del morbido top che indossava ed ebbe cura di ricoprirla con il cappotto, onde evitare che qualcheduno passasse accanto alla vettura di Marcus – per quanto il vicolo nel quale parcheggiava risultasse deserto, esisteva sempre un certo margine di rischio – e magari si mettesse a fare il voyeur. Kristen lasciò perdere le calze e si sistemò alla bell'e meglio il cappotto sopra le spalle: per sua fortuna, era abbastanza lungo da ricoprirle parzialmente anche le gambe, garantendo una discrezione quasi totale.

Non che non le mancasse un contatto più intimo con Marcus, ma per questa volta s'impose di farne a meno. Gli sollevò appena il maglione estraendolo da sotto la cintura, quindi saggiò la sua pelle con le dita, arrivando fin sopra ai pettorali. Marcus rabbrividì al suo tocco, e Kristen cominciò naturalmente a muoversi contro il suo corpo. L'altro non resistette e si slacciò i pantaloni, mentre le sue labbra tanto affamate correvano sul suo seno. Quest'ultimo rispondeva con gratitudine e vivo entusiasmo agli affondi incessanti di Marcus.

«Sei bellissima», mormorò, mentre le succhiava con avidità il capezzolo sinistro e le sosteneva la schiena. Con l'altra mano sfilò invece il membro costretto nei boxer. Non appena lei gli si strinse di più, lo sentì e proruppe in un gemito soffocato.

Era duro come il granito, caldo come un tizzone ardente. Dritto come un fuso.

Impazzì alla constatazione e riprese a combattere con le calze abbinate alla gonna, che le stavano dando il tormento.

Perché diamine ho deciso di mettermele?

Marcus si prodigò per aiutarla, ma nell'impeto della passione i collant si strapparono. Lui non fece nemmeno in tempo a chiederle scusa, che la donna lo zittì con un lungo bacio. Si unirono giusto qualche istante dopo e si tennero stretti stretti, gli ansiti e i gemiti che riempivano l'abitacolo, una cascata di baci ad attenuarne la melodia.

Kristen, dopo chissà quanto tempo, si sentì nuovamente una donna felice. Percepiva l'affetto di Marcus da ogni sua carezza, da ogni suo bacio. Da ogni sua spinta, di volta in volta più profonda e incisiva. Sperava tanto che lui percepisse le stesse cose. Kristen credeva di sì. Ma se anche qualcosa l'avesse smentita, allora avrebbe semplicemente finto.

Finto di aver ragione, finto di non essere caduta in una trappola d'amore.

Finto che lui fosse coinvolto nell'intrigante – quanto intricata – faccenda tanto quanto lei.

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