Aereoporto
Eccola, l'ultima volta che varcherò la soglia della nostra casa. Stavolta non sto andando a lavorare, non c'è Lele in macchina che sta suonando il clacson, svegliando tutti i vicini per farmi sbrigare. Non c'è la sua motocicletta parcheggiata, non c'è più nulla.
Arrivo vicino alla mia auto, una panda vecchio modello, l'unica che mi potevo permettere e mi volto verso casa per dargli un'ultima occhiata. Dimensioni modeste, color beige, pittura un po' troppo rovinata, sul lato una scritta con la bomboletta fatta da Lele. I poliziotti ci avevano chiesto se volevamo denunciare chi ci avesse rovinato la casa e quando gli dicemmo che eravamo stati noi stessi l'espressione dei piedi piatti fu quella più imbarazzata e disperata su questa terra.
Non è il massimo la nostra casetta, lo so, ma due ragazzini questo si possono permettere. Nulla è come nei libri, come nei sogni, se vuoi qualcosa qui devi lavorare mattina e sera per permettertelo. Ci sono le tasse, il mutuo, una serie di pagamenti che da piccola neanche immaginavo esistessero. Ma mi sono impegnata, ho messo tutta me stessa e lavorando siamo riusciti a comprarla e ne vado fiera. Vedo centinaia e centinaia di uomini in giacca e cravatta che mi guardano malissimo per il mio aspetto fisico e perché fumo qualche canna di troppo, poi li vedo dirigersi verso il bar dove lavoro la mattina a non fare assolutamente niente. La sera li vido in giro sempre che parlottano tra loro e mi giudicano. Dovrebbero giudicarsi da soli, io almeno il pane a casa lo porto con le mie forze e mi sballo pure, unisco il dovere al piacere, mentre loro che fanno? Camminano vestiti eleganti, nelle loro auto sportive comprate con i soldi di papà e giudicano gli altri.
Comunque sia ormai è tempo di lasciare questa casa e tutto il mio mondo. A mal in cuore mi volto verso la mia auto, apro la porta e sedendomi accendo il motore. Ora o mai più. Non ero mai arrivata a questo punto, di solito arriva Lele che con forza mi riporta a casa, ma non stavolta. Mi avvio verso l'aereoporto per non pensarci troppo.
Di traffico ce n'è ben poco e arrivo subito a destinazione. Parcheggio l'auto che in confronto alle altre sembra una carigatura. Un giorno mi permetterò una range rover, oppure una jeep guadagnata con il mio lavoro.
Entro in quest'enorme edificio tutto fatto di finestre, è veramente molto bello, elegante e moderno. Anche se non sembra, amo questo genere di cose. Con i miei super anfibi neri, le calze a rete nere, il mio vestito che arriva a metà coscia nero e la mia felpa, indovinate un po', nera, cammino su questo pavimento quasi specchiato.
Faccio il chek in e tutte le cose che si fanno qui in aereoporto e finalmente dopo un 40 minuti di controlli posso dirigermi all'aereo.
Il viaggio che cambierà di nuovo la mia vita, un altro stravolgimento, stavolta posso davvero ricominciare, gettarmi il passato alle spalle e scoprire una nuova me e...ma che cazzo. Ovviamente i miei sogni ad occhi aperti devono essere sempre interrotti da un principe tutto tatuato con il baffetto che impreca al posto di parlare.
Mi sta cercando, lo vedo girarsi e rigirarsi su sé stesso e imprecare ad alta voce. Tutti lo guardano ma a lui non importa, non è mai importato. Salgo velocemente la scaletta per salire sull'aereo prima che possa vedermi. Cammino spostandomi tra le hostess vestite di blu e mi lancio su un sedite al centro dell'aereo sul lato del finestrino. Sorrido per essere riuscita a vincere contro quell'altra che voleva il mio posto e guardo fuori.
È ancora lì, che cosa aspetta ad andarsene? Vorrei urlargli di buttarsi sotto la prima macchina che trova ma non voglio dargli corda. Lo devo ignorare. Sarebbe capace di legarsi sull'ala dell'aereo e farsi tutto il viaggio fino a Roma fuori. Sicuramente Clara gli avrà detto che ero diretta in aereoporto e così lui ovviamente mi ha seguita.
Mentre lo fisso vedo che sta guardando gli oblò dell'aereo uno ad uno. Sta per arrivare al mio. Cosa devo fare? Mi nascondo? Mi metto un sacco in testa? Bacio uno sconosciuto per fargli capire che l'ho dimenticato? Cosa? Cosa? Troppo tardi. Posa il suo sguardo sul mio e vedo un'espressione di rabbia manifestarsi sul suo viso. Perfetto, ho scatenato ancora una volta il leone che è in lui. La sicurezza dice a tutti di allontanarsi dall'aereo e sicuramente Lele rimarrà lì piantato o scatenerà una rissa. Al contrario di quanto mi aspettavo sparisce tra la folla.
Il suono di un messaggio sul mio telefono mi fa ritornare con la testa sull'aereo. Un messaggio di Lele.
Ex di merda: Senti piccola, ti do due possibilità. O mi dici all'istante dove sei diretta o ti giuro che in una settimana scopro dove merda stai e ti riporto a casa trascinandoti.
Lui e le sue minacce del cazzo. Sarebbe in grado di minacciarmi di uccidermi e poi non riuscirebbe neanche a lasciarmi un graffio.
Faccio una cosa che avrei dovuto fare durante altri litigi. Cancello i messaggi prima di rileggerli tutti e deprimermi e passo tutto il tempo del viaggio a cancellare le foto con lui. Beh, 5 anni di ricordi sono un po' tanti da cancellare, perciò il viaggio per Roma lo passo tutto al telefono.
Sbuffo al solo pensare che sto già sprecando il mio tempo per fare qualcosa in cui ha a che fare lui. Cancello tutto. Non lascio neanche una foto.
Quando il pilota annuncia che stiamo per arrivare a destinazione guardo l'ultima foto che mi è rimasta, una foto dell'inizio. Non ero ancora come sono adesso, l'influenza di Lele non mi aveva ancora colpita. Avevo un vestitino rosa, le converse argento brillantate e ridevo un sacco, lui, tutto vestito di nero e tatuato mi guardava come si guarda una delle sette meraviglie del mondo. Questa ce l'aveva scattata il suo amico Christian, stavamo seduti su degli scalini e non posso far altro che notare quanto io non c'entrassi nulla con quello che avevo intorno. Stavo entrando in un mondo che non era il mio, nel mondo in cui mi trovo adesso. Cancello quest'ultima foto proprio quando arrivo a Roma, nella mia nuova vita.
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