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"We're happy here in the happy house
To forget ourselves and pretend all's well"
Happy House / Siouxsie and The Banshees
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Prudence
Da quando i suoi genitori si erano decisi a comprare una televisione, ogni volta che Prudence non era costretta ad andare a scuola, si appollaiava sulla poltrona in salotto a guardare Good Morning UK!. Due ore di pettegolezzi e notizie scandalose, e poi un'ora intera di cartoni animati. Non avrebbe mai ammesso a nessuno che li guardava ancora. Che figura ci avrebbe fatto, mentre ciabattava con i suoi tacchi preferiti e la sigaretta tra le labbra, a dire che non vedeva l'ora del weekend o delle vacanze solo per stare a casa a guardare Mazinga Z?
Aspettava sempre con una certa eccitazione quei giorni, quando poteva sottrarsi alle divise, ai professori, ai compagni, e vivere di cartoni giapponesi fatti di robot e animali parlanti, e a volte avere anche il lusso di poter uscire e vedere Roger. Poterlo fare per quattro giorni di fila durante una settimana qualunque di fine aprile –quando normalmente l'anno scolastico iniziava a farsi insostenibile, non solo pesante – era un evento più unico che raro.
Forse tutto quel malessere non era stato inutile. Svegliarsi alla mattina con lo stomaco in subbuglio e le gambe deboli era niente in confronto alla ricompensa di qualche giorno di meritate ferie. Si era stupita quando Theresa le aveva concesso di rimanere a casa da scuola. Chiaro che non te ne vai a spasso come fai sempre. Se non vai a scuola non esci. Prudence non aveva ribattuto. Non era necessario.
La sveglia del quarto giorno di reclusione la fece svegliare come rinata. Delle pene infernali che aveva passato quasi tutta la settimana non c'era più traccia. Aprì gli occhi senza nausee incessanti, fitte alla pancia e alle reni. Tutto scomparso dal giorno alla notte.
Scese dal letto senza trascinare i piedi come una carcerata, senza doversi aggrappare ad ogni mobile che trovava per non piegarsi in due dal dolore, e senza dover rigettare il suo intero stomaco ogni due ore.
Ora, invece che sentirlo contorcersi e contrarsi, lo sentiva solo brontolare. Reclamava cibo vero, e subito. Non i discutibili rice pudding di sua madre, l'unica cosa che era riuscita a buttare giù negli ultimi giorni.
Scesele scale che conducevano al corridoio d'ingresso, precipitandosi in cucina. Non solo aveva casa tutta per sé fino al tardo pomeriggio, ma non era nemmeno costretta a starsene raggomitolata tutto il giorno, tremendamente annoiata ma in condizione pietose, incapace di fare qualsiasi cosa.
Lasciò il piatto ormai vuoto in bilico sul bracciolo della poltrona, e corse alla porta d'ingresso. Sistemò i capelli dietro le orecchie un'ultima volta. Sperava di avere un aspetto almeno presentabile, anche se non era truccata e acconciata come suo solito. Tolse il catenaccio alla porta, e saltò al collo di Roger non appena ebbe aperto la porta.
-Stai meglio, eh?- batté la mano sulla testa di Prudence, e le diede un bacio sulla fronte. -Vedi che dovevi solo riposarti? Ma tu non mi dai mai retta-
-Sì che ti ascolto, smettila-
La televisione nel soggiorno era ancora sintonizzata sul canale di Good Morning UK. -Gesù Cristo, ma davvero ti guardi quella roba?-
-E' interessante- ribatté Prudence. Chiuse la porta alle spalle di Roger, e poi tornò a dirigersi verso la sua poltrona. Doveva finire la sua colazione e guardare il suo programma preferito. Per quelle due ore niente l'avrebbe smossa dalla sua posizione. Non capiva come Roger riuscisse a vivere senza televisione; più volte gli aveva chiesto perché non se ne comprasse una, e le risposte variavano da costano troppo a fanno vedere solo robaccia. Almeno in radio passano bella musica.
-Vuoi qualcosa da mangiare? Mi sono appena fatta la colazione, ho ancora fuori le cose- chiese, speranzosa.
Gli sarebbe piaciuto cucinare per lui. Fare qualsiasi cosa per lui, in realtà. Sua madre le aveva sempre insegnato che il modo migliore pertenersi un uomo era servirlo e riverirlo come un re. Non per nulla lei e Paul erano sposati da più di vent'anni.
Ed è anche un tuo dovere, oltre che per tenertelo stretto. La maggior parte delle volte sarà tuo marito che lavora come un mulo. Il minimo che puoi fare è farlo sentire accolto quando torna a casa. Non stare a guardare me, che sono costretta a lavorare. Non è normale, e, seme lo chiedi onestamente, non è nemmeno giusto. Io dovrei stare a casa fare cose da donna, rammendare, stirare, crescere i miei figli...come ha fatto mia madre prima di me. Ma cosa ci vuoi fare? Ormai non campiamo più con un solo stipendio. Vedi di trovarti un uomo ricco, Prudence.
-Manon preoccuparti. Ho mangiato tornato da lavoro-
Roger non era così ricco, e nemmeno la lasciava fare tutte quelle cose chele aveva insegnato sua madre. Ogni tanto si chiedeva se stesse sbagliando qualcosa.
-Sicuro?-
-Sì, tesoro. Stai tranquilla- Si sedette a terra, appoggiando la guancia alle ginocchia di Prudence e allungando le gambe davanti a lui, giusto in tempo per la sigla di Good Morning UK!
"Intanto, continuano i festeggiamenti per il giubileo d'argento della Regina..."
La televisione gracchiò all'improvviso, prima che le immagini si trasformassero nella schermata grigia di statico. Prudence sbuffò. Ultimamente succedeva spesso. A volte bastava un colpo ben assestato sul mobile per farla funzionare di nuovo, ma spesso era costretta aspegnere la tv, per poterla riaccendere solo diverse ore dopo.
-Roger-
Non arrivò nessuna risposta. Era ancora seduto a terra, appoggiato a lei, e di lui riusciva a vedere solo i capelli neri sparsi sulle spalle, e le gambe incrociate davanti a lui. Mosse leggermente le gambe, cercando di attirare la sua attenzione.
-Roger?-
Vide le sue spalle sussultare. -Sì?-
-Stavi dormendo?-
-Ho lavorato tutta notte. Sono tornato a casa alle sei e ho dormito un'ora scarsa. Ho sonno- Appoggiò la nuca sulla poltrona, sbadigliando sonoramente. Prudence passò una mano fra i suoi capelli.
-Potevi stare a casa. Non sapevo facessi ancora la notte, se no non ti chiedevo di venire qui- disse, e per un istante fece anche finta di crederci. Anche se, in fondo, lo sapeva benissimo che non era vero. Voleva vederlo, e questa era una ragione sufficiente anche per smuovere una montagna, figuriamoci se non lo era per saltare qualche ora di sonno.
Roger le circondò le gambe con un braccio, pizzicandole una coscia. -Che amore che sei-
Scostò con violenza la gamba, ripiegandola contro il petto. -Mi fai male-mugugnò. -Ti diverti?- lui annuì, con un mezzo sorriso dipinto sul volto.
-Ma smettila, tanto lo so che in realtà ti piace- allungò il braccio che fino a poco prima le stringeva le gambe, dandole un'altra pizzicata sulla coscia. Prudence si rannicchiò su se stessa. -Non è vero. E tu sei un bastardo- corrugò le sopracciglia in un'espressione offesa. -Finiscila-
Roger si alzò da terra, e solo in quel momento Prudence notò che aveva ancora addosso gli abiti da lavoro. La maglia tutta macchiata di polvere e fuliggine con le maniche arrotolate fin sopra ai gomiti, i pantaloni sformati e cadenti, con un mazzo di chiavi appeso all'unico passante della cintura ancora integro. Per un attimo si sentì davvero in colpa. Ma non fece in tempo a dire nulla, perché Roger sembrava essersi improvvisamente ripreso dal sonno di cui si lamentava poco prima. La afferrò per le caviglie, facendola scivolare lungo la poltrona, tra le sue proteste.
-Cosa stai facendo, maiale...-
Le circondò i fianchi con le braccia, tirandola su di peso.
-Stai zitta-
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